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una storia originale di Andrej Koymasky


SAPEVA VERAMENTE AMARE CAPITOLO 5 - RECIPROCHE CONFIDENZE

Aine e Micheal presero a frequentarsi. Dapprima solo di tanto in tanto, ma via via sempre più spesso. Si stava formando una specie di "complicità" colorata da simpatia e da crescente, reciproca fiducia. Le prime volte, più che altro, ricordavano Tomas, ciascuno donando all'altro i propri ricordi, le proprie esperienze. Ma questo li portò gradualmente anche a parlare di sé.

"Mi avevi detto che sei stato tu a... sedurre Tomas, vero?"

"Sì, Aine."

"Ti va di dirmi come... come era avvenuto? Tu avevi solo diciotto anni, giusto? E Tomas trentatré."

"Sì. Ci si è conosciuti un inverno, in un rifugio in montagna. C'ero andato con il mio ragazzo di allora; cioè, no, non era esattamente il mio ragazzo ma un amico, gay come me, ventenne, con cui ci si scambiava qualche tenerezza... con cui... insomma, facevo anche l'amore.

"Tomas si era reso conto chiaramente di quale fosse il rapporto fra noi due. Era difficile non capirlo, dato che si dormiva nella stessa stanza e che con Luke, il mio amico, si stava spesso semiabbracciati... in modo... decisamente intimo. Ma non aveva reagito male, al contrario, ci trattava esattamente come una qualsiasi coppia che si conosce casualmente.

"Io mi ero sentito subito affascinato dalla personalità di Tomas... e anche dal suo aspetto fisico, si capisce. Era un gran bell'uomo. Quando ci si cambiava nella stanza con i letti a castello, avevo modo di vederlo seminudo: aveva un bel corpo, atletico, muscoloso, dalla pelle glabra, ma con le gambe coperte da una lieve peluria e io lo trovavo estremamente erotico..."

"Sì, è vero: a me piaceva molto anche questo dettaglio..." disse Aine con un lieve sorriso. "Anche a me sembrava molto erotico."

"Tutto il suo modo di fare aveva un che di erotico... il suo sorriso... la sua voce... il suo sguardo... O forse non proprio erotico, ma sicuramente affascinante, attraente, sensuale."

"Proprio così..." mormorò Aine in tono sognante.

"Perciò... cominciai a fargli la corte... dapprima quasi istintivamente, quasi per gioco, ma poi... decisi che lo volevo sedurre. Passammo solo cinque giorni assieme in quel rifugio. Tutto ciò che ero riuscito a fare in quel breve periodo era stato far nascere fra Tomas e me una specie di... intesa, diciamo un sentimento di amicizia. Ma io volevo di più. Molto di più.

"Ci eravamo scambiati gli indirizzi, il numero di telefono... Ci incontrammo ancora... lo corteggiai. Gradualmente la nostra amicizia si colorò di una crescente intimità. Da una parte avrei voluto fare con lui una... il passo definitivo, ma dall'altra temevo, se l'avessi fatto, di allontanarlo da me.

"Lui, come ho detto, aveva capito chiaramente che io sono gay, ma io non riuscivo a capire di lui, a parte che era restato vedovo da poco, aveva due figli piccoli, ed evidentemente non aveva pregiudizi nel confronto dei gay. Il fatto che fosse stato sposato poteva voler dire che era off limits per me, ma... non mi volevo arrendere."

Aine lo interruppe: "Hai una fotografia... di quei tempi?"

"Di Tomas e me?"

"Anche solo tua... per vedere... per capire cosa... come ti vedeva Tomas." rispose Aine un po' incerta.

"Oh, come mi vedeva Tomas... non è detto che corrispondesse a come ero in realtà o a una mia immagine di quel tempo."

"Comunque... non hai una foto di quando avevi diciotto anni?" insistette Aine.

Micheal sorrise, andò a frugare in un cassetto poi tornò porgendole una vecchia fotografia formato cartolina. "Qui avevo diciannove anni..." le disse.

"Quindi stavi già con lui..." notò la donna prendendola e guardandola. "Eri un gran bel ragazzo! Cioè... volevo dire... anche adesso sei un bel giovanotto, un bell'uomo. Ma devo dire che eri già molto bello."

"Grazie." disse con semplicità Micheal sedendo di nuovo.

"E... come... Voglio dire... tu hai detto che lui non aveva mai avuto... che non era mai stato con uno del suo sesso, prima di te..."

"Sì, è così. Voi sapere come è successo?"

Aine annuì, guardandolo negli occhi, quasi come se volesse leggervi la risposta prima ancora che lui ne parlasse.

"Eravamo andati a vedere Another Country, con Rupert Everett... Era appena uscito. L'hai visto, tu?"

"No..."

"Una storia che comincia in un college... con un amore omosessuale fra due studenti."

"Ti ci aveva portato lui?"

"No, io. Avevo pensato che... parlandone poi con lui... capisci?"

"Ti sarebbe stato più facile dirgli quello che provavi per lui?"

"Sì."

"E... ha funzionato."

"C'era una bella scena... su una barca... si abbracciavano... Noi due eravamo nella sua auto, appena arrivati sotto casa mia... Gli ho ricordato quella scena e... gli ho detto che... mi sarebbe piaciuto stare su quella barca con lui... essere abbracciato così."

"E Tomas?"

"Mi tirò lievemente a sé e mi abbracciò... Mi stesi un po' di fianco, appoggiandomi al suo petto, quasi come nel film... Il volante sorreggeva la mia testa."

"E lì... in auto..."

"No. Però, nel semibuio della via... trovai il coraggio di dirgli quello che provavo per lui. Tomas mi carezzò... lievemente... senza dire niente... Lo tirai giù a me... ci baciammo... Un bacio lieve, eppure..."

"Lì nella via?"

"Sì. Era notte, era deserta. E io ero deciso... anche se un po' impaurito per aver osato... Il cuore mi batteva tanto forte da scoppiare. Ma Tomas non rifiutò il mio bacio. Un bacio lieve, è vero, però..." ripeté Micheal come in un eco, lo sguardo perso nel vuoto come se rivedesse la scena, un lieve sorriso sulle belle labbra.

"E?" chiese Aine in un sussurro.

"Mi tirai su di nuovo, gli chiesi scusa, però gli ripetei che io mi ero innamorato di lui." disse Micheal sottovoce. "Non avevo il coraggio di guardarlo. Attendevo... Tomas mi carezzò una mano, una carezza lieve... e mi disse che... che anche lui stava provando... attrazione nei miei confronti. Gli chiesi se fosse solo attrazione e lui rispose... quasi in un sussurro... quasi come se lui stesso fosse stupito per quanto mi stava dicendo... mi disse che anche lui si stava innamorando di me."

"E poi?"

"Mi diede la buona notte... un congedo. Lo guardai con una muta, ma certamente eloquente richiesta negli occhi. Lui mi chiese di... di dargli un po' di tempo. Ci salutammo... Stavo scendendo dalla sua auto, sentendomi completamente sottosopra, le orecchie mi bruciavano, le tempie mi pulsavano, la testa mi girava. Lui mi trattenne prendendomi una mano, mi sorrise e mi disse che anche lui era innamorato di me e ripeté che... aveva solo bisogno di un po' di tempo.

"Meno di quanto temessi. Mi telefonò due giorni dopo, chiedendomi se mi andava di tornare lassù in montagna, nella baita in cui ci eravamo incontrati la prima volta, per passarci il week-end. Non sapevo che, con la scusa che saremmo stati una comitiva, l'aveva prenotata tutta... Cosicché in realtà c'eravamo solo noi due. E lassù, finalmente... facemmo l'amore. Iniziò così la nostra relazione.

"All'inizio era... sbilanciata. Non tanto per l'età, per i nostri quindici anni di differenza. Ma perché, l'ho capito più tardi, si dovrebbe entrare in una relazione solo quando si è pronti a dare. Ma si può essere capaci di dare solo quando si è diventati adulti, cioè quando ci si è dati da soli tutto ciò di cui ognuno di noi ha bisogno. Quando tutti e due hanno ancora bisogno di ricevere, la relazione non può reggere. Nel nostro caso, Tomas era pronto a dare... io avevo ancora bisogno di ricevere. Quindi, almeno inizialmente, la nostra relazione si basò solo su di lui.

"Però, proprio grazie al suo amore... maturai, finché anche io fui capace, pronto a dare. Finché anche io capii che amare non è dire: sei mio, ma al contrario dire onestamente: sono tuo. Finché capii che la vera felicità per me era vederlo felice, farlo felice. Fu un'evoluzione graduale, che avvenne grazie al fatto che mi chiedevo che cosa mi piaceva di più in lui e che, perciò, cercai di far miei i suoi valori... Non so se sto riuscendo a... spiegarti le cose."

"Penso di sì. Ma... fisicamente... fin dal primo momento..."

"Oh, quello funzionò subito, nonostante per lui fosse la prima volta. Il lato fisico è importante, certo, ma non essenziale."

"Tomas... sapeva fare l'amore."

"Sì, Aine, è vero, ma soprattutto... sapeva dare amore, sapeva amare... anche con il corpo. Ti faceva sentire amato."

"Già. Ma... avevi venti anni quanto... quando Tomas ha conosciuto me, vero? Come te lo disse? Ti diceva sempre tutto? O l'hai scoperto tu?"

"Mi diceva sempre tutto. Mi raccontò come t'aveva conosciuto. Sentii, capii presto che si sentiva attratto da te, dalla tua personalità."

"E... non ti sei sentito geloso? Non hai temuto per la vostra relazione?"

"No. Avevo già imparato ad amarlo... sapevo già che io ero suo e non lui mio. E capivo che tu potevi dargli qualcosa che io non potevo: rifare una famiglia, soprattutto per i suoi figli, la luce dei suoi occhi."

"Già. Mi ha sposato più per dare una madre ai figli che per avere una moglie..."

"Forse all'inizio, almeno in parte, poteva anche essere così. Ma poi, conoscendoti meglio, si è anche innamorato di te, credimi."

"Non lo dici solo per... per consolarmi? O solo per... difendere la memoria di Tomas?"

"No. Sii onesta: lo sai bene che ti amava, lo sai perfettamente quanto ti amava."

"Per me è ancora un po' difficile... Se non avessi scoperto di te... certo... l'avrei pensato anche io. Ma forse hai ragione tu. Il fatto è che, per lo meno nella nostra civiltà, si dà un grandissimo valore alla monogamia e perciò... perciò si pensa che una una relazione di coppia non possa, non debba essere un triangolo. Mi sento ancora un po' confusa, capisci?"

"Sì, certo, ti capisco. Io ho avuto tutto il tempo per capire. A te è piovuta addosso così all'improvviso. Aine... non sto dicendo che il triangolo sia... giusto. Dico solo che può anche esserlo, quando è sostenuto da un forte amore. Penso anche che sia molto difficile che un triangolo possa funzionare. Se ha funzionato, è soprattutto per merito di Tomas."

"E per merito tuo. Io... io non so... non credo che... che avrei saputo accettare. Come hai detto, forse è per questo che Tomas non m'ha mai parlato, lasciato sospettare di te. Forse perché sapeva che non sarei stata in grado di capire, di accettare."

"Se non ti avesse amato veramente, è probabile che avresti sospettato, se non di me, per lo meno che avesse un'altra donna."

"Non ho mai avuto motivo per sospettarlo."

"Perché ti ha sempre dato tutto ciò di cui avevi bisogno. E non dico solo materialmente, fisicamente, ma anche sul piano affettivo."

"Sai... ora che ci penso... è vero: la prima volta che Tomas mi ha detto: ti amo, non è stata prima di sposarci, ma dopo... Prima... diceva solo: ti voglio bene... mi piaci... sto bene con te."

"Tomas è sempre stato molto attento al valore delle parole, non ha mai detto nulla alla leggera."

Aine fece un risolino e scosse il capo, guardando Micheal con espressione lievemente divertita.

"Che c'è?" le chiese il giovanotto.

"È che... stiamo parlando come due vedove inconsolabili... ma due vedove... dello stesso uomo."

"Un po' lo è."

"Ma io... l'ho potuto piangere... pubblicamente. L'ho accompagnato al cimitero. Ho ricevuto le condoglianze... ho avuto vicino a me i suoi figli, i suoi dipendenti, i suoi amici, i nostri amici. Tu no... Niente di tutto questo."

"E ho saputo della sua morte dal giornale. Ma che importa? Ho sempre saputo che il nostro amore non poteva avere, non avrebbe mai potuto avere un... riconoscimento pubblico. Anche ora che i tempi sono un po' cambiati, essendo lui sposato, non avrei mai potuto avere più di quanto ho avuto. Passeggiare sottobraccio, poggiargli il capo sulla spalla mentre eravamo al cinema, chiamarlo amore ad alta voce, per la strada, carezzargli la mano al ristorante..."

"Io invece... avevo tutto questo. Ed ora... mi ha lasciata ricca, ho una bella casa, ho la sua fabbrica. Mentre tu sei qui, solo, in questo appartamentino così modesto."

"Che importa? Che conta, quando so di aver avuto il suo amore? Il resto... sono solo cose secondarie. Specialmente le cose materiali, la bella casa, i soldi, la fabbrica..."

"Sei un ragazzo molto dolce e molto in gamba."

"Grazie."

"Sai... sono... sono contenta di averti conosciuto."

"Grazie. Io... un po' ti conoscevo già, perché Tomas mi parlava spesso di te. Mi parlava di tutto ciò che amava. Te, i figli, i suoi dipendenti, la sua fabbrica..."

"Chissà come sarebbe stato se io fossi stata in grado di accettare, di capire... Per colpa mia... non ha mai potuto parlare di te con me."

"Si può imputare a colpa solo ciò che si fa, volontariamente, di sbagliato."

"Diciamo, allora, per causa mia."

"Il passato è passato. Ora sei qui... Ora sai... ed hai capito, hai accettato, no?"

"Sto capendo... sto accettando... Grazie a te. Sei un ragazzo molto in gamba." ripeté Aine facendogli un sorriso lieve. "Capisco che... che fosse innamorato di te... anche di te."

"Però ti fa ancora soffrire sapere che non eri la sola."

"Sempre meno. Non è facile cambiare così di colpo tutte le proprie prospettive, tutte le proprie sicurezze, capisci?"

"Sì, certo. Forse sarebbe stato meglio, per te, se non avessi mai scoperto nulla di me."

"Non lo so. No. Se Tomas ha sempre conservato tutte le tue lettere, i tuoi messaggi... Non credo al destino, ma... Ora conosco una parte importante della sua vita... ora lo conosco meglio."

"Un po' meglio, sì. Il fascino di una relazione sta anche nel fatto che non si finisce mai di scoprire qualcosa di nuovo riguardo all'altro."

"Non ti manca?"

"Sì... certo che mi manca. E a te?"

"Anche. Molto. Anche aver preso il suo posto in fabbrica mi sta facendo scoprire cose nuove su Tomas. Sai che lo stimavano e gli volevano bene tutti, là dentro?"

"Non esito a crederlo, perché lui si occupava sempre di tutti i suoi dipendenti. Non era un padrone paternalista."

"No, è vero. Come non era il marito-padrone in casa. Come è stato un buon padre, un ottimo padre per Sean e Deirdre. Ma a te... ha dato davvero abbastanza?"

"Non saremmo rimasti assieme per venti anni, se non fosse stato così." le rispose Micheal con un lieve sorriso.

"Posso farti una domanda... forse un po' troppo intima?"

"Sì?"

"Ma... c'era ancora passione fra voi due... fisicamente, voglio dire."

"Sì. Era sempre molto bello fare l'amore con lui."

"Sì, è vero... anche per me." annuì Aine arrossendo lievemente.

Micheal sorrise nel notare quel leggero rossore. Istintivamente stese una mano e carezzò quella della donna. Aine sollevò gli occhi e gli sorrise, quasi timidamente.

Si ritrovavano sempre più spesso, e ogni volta rivelavano uno all'altra sempre nuovi dettagli della loro vita con Tomas. Gradualmente iniziarono anche a parlare sempre più di se stessi, dei loro sentimenti, delle loro esperienze anche al di fuori della relazione con Tomas.

Stavano molto bene assieme e stava nascendo fra loro una vera amicizia. Aine iniziò anche a parlare con Micheal del suo lavoro per dirigere la fabbrica di arredamenti e lui a volte le dava qualche consiglio, rivelando così di essere bene al corrente di tutto quanto riguardava la fabbrica.

"Davi consigli anche a Tomas, riguardo alla fabbrica?" gli chiese un giorno Aine.

"Quando capitava. Come d'altronde facevi anche tu, no?"

"Sì, è vero."

"Sai se aveva dato l'aumento di stipendio a Flavio Marzi, il capo-contabile, quel giovanotto italiano? Poco prima di morire mi aveva detto che voleva farlo, che lo meritava abbondantemente."

"È vero, ne aveva parlato anche a me. Non lo so, devo controllare. Grazie per avermelo ricordato. A volte mi sento un po' sopraffatta da tutte le cose che bisogna curare, vedere, decidere... Nonostante Robert e Stanley e gli altri mi diano una valida mano."

"Tomas era eccezionale anche in questo."

"Sì, e io mi sento un po'... inadeguata." disse Aine sottovoce. Fece un sospiro, poi lo guardò dritto negli occhi: "Micheal, perché non vendi il tuo taxi e non vieni a lavorare con me nella fabbrica? Assieme... dovremmo riuscire a mandarla avanti come avrebbe fatto Tomas."

"Io?" le chiese stupito. "Ma io... so solo fare il tassista."

"E io sapevo solo fare la moglie di un industriale. Dico sul serio, Micheal. Mi sentirei molto più... sicura se tu venissi a lavorare con me. Come mio... collaboratore."

"Hai già un ottimo segretario."

"Sì, d'accordo, ma è, appunto, solo un segretario. Dopo tutto, tu avresti lo stesso mio diritto di gestire la fabbrica, dopo che hai donato venti anni della tua vita a Tomas. E, più ti conosco, più ti apprezzo."

"Buon dio, Aine... non lo so... Mi hai preso in contropiede. E poi..."

"Mi solleveresti di un gran peso. In due, sono sicura, cela possiamo fare. È già un po' che ci penso, e ho notato che tu ne sai sul lavoro di Tomas almeno quanto me. Ti prego... Se non per me... fallo per Tomas. Per l'ordinaria amministrazione ci dividiamo i compiti e per le decisioni più importanti, le prendiamo assieme."

"E se non andiamo d'accordo? In due... non si avrebbe mai una maggioranza."

"Possiamo almeno provarci, no? E se vedi che non ti va... puoi sempre tornare a fare il tassista. Ma non credo che avremo problemi."

Aine dovette insistere per alcuni giorni, ma alla fine la spuntò. Così, appena Micheal le disse che accettava di lavorare per lei, fece preparare un ufficio accanto al suo, comunicante.

Mentre Micheal si occupò principalmente della produzione e dei laboratori, Aine si dedicò alla parte finanziaria che le era più congeniale.

Dopo un anno di lavoro in comune, durante il quale non era sorto alcun problema, Aine, tirando le somme assieme a Micheal, soddisfatta, gli fece una nuova proposta.

"Siccome ero la moglie di Tomas e avevamo la comunione dei beni, tutto quello che era suo è diventato mio e dei suoi figli. Ora... io vorrei che parte di quanto Tomas possedeva fosse tuo, ma se faccio una donazione o un vendita, ci pagheremmo troppe tasse..."

"Aine! Ma non ha senso... che dici? Mi stai già pagando un ottimo stipendio come tuo collaboratore e..."

"Sì che ha senso, invece. Oltretutto la fabbrica sta andando bene, anzi meglio, proprio da quando ci sei tu."

"Grazie. Perciò va bene così, no?"

"No. Una parte deve essere tua... No, non mi interrompere. Ho deciso. E ho trovato il modo per farti essere comproprietario senza farci dissanguare dal fisco, e in modo perfettamente legale. Basta che tu accetti."

"Cosa?"

"Sposiamoci in comunione dei beni. Tutto qui."

Micheal la guardò con aria talmente sbalordita che Aine scoppiò a ridere.

"Scherzi?" chiese Micheal.

"Proprio per niente."

"Ma io sono gay, lo sai. Che marito sarei, per te? Tomas era bisessuale, per lui era diverso."

"Saresti mio marito... solo per la legge. Non ti sto chiedendo di scopare con me."

"Ma se tu... se ti volessi risposare, farti una famiglia."

"Non credo, non mi interessa. E comunque, se mai, ne parleremo. Non capisci che è la soluzione ideale? Non ti pago più uno stipendio: dividiamo i guadagni, semplicemente. L'unica clausola è che né io né tu possiamo vendere la nostra parte: dopo di noi deve restare tutto ai figli di Tomas."

"Aine..." il giovanotto gemette quasi. "ma è una pazzia..."

"Può darsi, ma il mondo non è degli audaci?"

"Ma Sean a Deirdre? Come la prenderanno?"

"Mi hanno già dato la procura generale per la loro parte, subito dopo la morte del padre, perché a loro non interessa occuparsi della fabbrica. Io dividerei con te solo la mia parte, logicamente. E assieme continuiamo a gestire il tutto."

"No, Aine... non... non ha senso... Capisco il motivo per cui... ma a me non importa avere parte di quanto era di Tomas. E poi... se tu ti innamorassi di un altro... o io..."

"Non credo proprio che a me interesserebbe... E tu saresti comunque libero, se trovi un nuovo compagno... Non sarei io a oppormi, davvero."

"No, Aine. Ti ringrazio, sei molto gentile, ma non posso accettare."

"Ma io sto bene con te e... e mi piacerebbe che tu dirigessi la fabbrica con me. Ormai è un anno che ci si conosce. Ti vorrei al mio fianco. Tu conosci bene la fabbrica e come Tomas la dirigeva."

"Se davvero ci tieni, puoi sempre promuovermi a vice direttore generale. Questo... credo che lo potrei accettare."


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