logoMatt & Andrej Koymasky Home
una storia originale di Andrej Koymasky


SAPEVA VERAMENTE AMARE CAPITOLO 10 - SCIOCCHI DUBBI

Una sera, Micheal era dovuto andare a casa dei suoi perché il padre stava male, Brian era nel salotto di Aine e parlava con lei.

"Oggi Stanley è venuto a dare le dimissioni." disse Aine.

"Ah sì? Non lo sapevo, non mi aveva detto niente... Come mai?"

"Credo che abbia avuto un'offerta di lavoro a Londra. Ha detto che si trasferisce là con la famiglia."

"Passa alla concorrenza?" chiese Brian.

"Probabile. Perciò ho deciso che prendi tu il suo posto. E che incaricherò l'agenzia di mandarci i curricula di alcuni giovani designer. Dovrai fare tu il colloquio e decidere chi assumere. Ne sceglierai un paio."

"Bene."

"Sbaglio o... fra un mese circa sono tre anni che tu e Micheal state assieme?"

"Sì, il quattordici maggio." rispose con un sorriso Brian.

Ma Aine percepì una nota stonata nel sorriso del giovanotto. "Qualcosa non va?" chiese lievemente preoccupata.

"No... Non proprio..."

"Cioè sì. Cosa?"

"Mi sembra... non lo so, ma... è come se..." iniziò a dire esitante, poi quasi in fretta, abbassando la voce, disse: "Ho paura che si stia stancando di me."

"Chi? Micheal? Ma via! È stato per venti anni con mio marito... Non è di sicuro il tipo che si stanca!"

"Ma io non sono Tomas... Lui... lui era un uomo eccezionale."

"Certo che non sei Tomas. Sei Brian. E Micheal ora è innamorato di Brian, non di un secondo Tomas. Non credi che sia solo la preoccupazione per la malattia del padre che te lo fa sembrare... diverso dal solito?"

"È da prima che sapesse che è ammalato che ho questa sensazione."

"Non... cioè... a letto non è più..." chiese lievemente imbarazzata.

"No, no, da quel lato, nessun problema. No... ma ho l'impressione che... di non dargli tutto quello che merita, che desidera."

"Chiunque è innamorato, solitamente, ha questi timori. Secondo me ti stai solo creando stupidi problemi che non esistono. Non ne hai parlato con lui?"

"No... sai... non voglio che si senta... oppresso dai miei timori. Non voglio fargli la lagna."

"Che sciocco sei! Io non ho avuto per niente questa impressione. Non ho notato niente di diverso nel suo comportamento. Cos'è che ti fa pensare che si stia stancando di te?"

"Mah... niente di concreto. Anche per questo non gliene ho parlato, non saprei cosa dirgli."

"Quello che hai detto a me, né più né meno. Io, fossi in te, ne parlerei con lui. Se sono stata bene con Tomas è anche perché fra noi due si parlava sempre di tutto... Beh... 'quasi' tutto." concluse con un lieve sorriso.

Brian capì che si riferiva alla relazione fra Tomas e Micheal.

Aine riprese: "Non sarà mica che sei tu che ti stai stancando di lui e che perciò proietti su di lui i tuoi sentimenti?"

Brian la guardò stupito: "No! No, Aine, io sono innamorato di lui anche più di prima. Davvero. Buon dio, più imparo a conoscerlo, più sto bene con lui, più mi piace, più penso di essere fortunato a stare con lui."

"Ma allora, santo dio, da dove vengono i tuoi timori?"

"Non lo so... non lo so, ma ci sono." gemette quasi Brian, con aria desolata.

Aine gli posò una mano sulla sua in una lieve carezza. Poi fece un breve sospiro. "Vedi, Brian... Posso sbagliarmi ma... per quello che ne capisco della vita, per l'esperienza che ho, una coppia comincia ad andare in crisi quando uno dei due inizia a chiedersi che cosa l'altro non gli dà, non fa per lui, e non viceversa.

"Se la relazione fra Tomas e me, o fra Micheal e Tomas è durata tanto a lungo, e non per routine, ma per amore, è perché ognuno di noi tre si è sempre preoccupato e occupato di dare all'altro tutto ciò che poteva e di cui l'altro aveva bisogno. Dare, non ricevere.

"Una volta, proprio poco dopo che avevo conosciuto Micheal, lui aveva paragonato la... inusuale relazione con Tomas che ci amava tutti e due, con le tre guglie della cattedrale di San Finbarre... la loro armonia, la loro bellezza era ciò che dava vita a quella cattedrale, a quella che Micheal definì la nostra cattedrale dell'amore.

"Quanto più facile dovrebbe essere quando le... guglie sono solo due, come nel vostro caso. Tu poco fa mi hai detto una cosa: ho l'impressione di non dargli tutto ciò di cui ha bisogno, che si merita. Questo è l'atteggiamento giusto. Purché sia però vissuto con... levità. Sono sicura che se tu continui a cercare di dargli quanto sai e puoi, senza chiederti quanto ti sa e può dare, non ci sarà nessun problema.

"Non ci sarà nessun problema, dico, perché so che Micheal è buono e generoso, e si preoccupa solo di dare a chi ama tutto quanto sa e può dare. E secondo me Micheal ti ama. Non si sta affatto stancando di te. Non hai notato il lungo sguardo con cui ti ha salutato quando ha dovuto andare via? Quello sguardo era più di una carezza... secondo me era lo sguardo di un innamorato che deve separarsi da chi ama."

"Perciò... dici che mi sto facendo problemi che non ci sono?" chiese Brian con un accento di speranza nella voce.

"Proprio così. Oltretutto, fra Micheal e me c'è ormai più che amicizia e confidenza: se avesse avuto il minimo problema nei tuoi confronti, sono sicura che me ne avrebbe parlato, o almeno accennato. E credo che comunque io me ne sarei accorta. Davvero, Brian, io credo..."

Furono interrotti dal suono del telefonino di Brian che, scusatosi con uno sguardo, lo prese e rispose.

"Sì, Brian." disse.

"Amore! Sono Micheal."

"Oh, ciao. Come stai? Come sta tuo padre?"

"L'abbiamo appena portato in ospedale. Lo stanno visitando. Lo sai che... già mi manchi, amore?"

"Ti manco?" Brian chiese sottovoce, emozionato.

"Sì, specialmente in un momento come questo. E perché non so se potrò tornare presto o no. Certo non subito. È la prima volta che siamo separati."

"Già. Anche tu mi manchi."

"Sabato... se io dovessi ancora restare qua... verresti a passare il week-end con me?"

"Sì, certo. Mi fissi eventualmente una camera in albergo?"

"No, vieni a casa dei miei. Sanno che stiamo assieme e mamma sarebbe contenta di conoscerti, finalmente."

"Davvero ti manco?" chiese nuovamente Brian.

"Che domande! Che cosa ho fatto per fartelo dubitare?" chiese, dolce, la voce di Micheal dal telefonino.

"No... niente... è che... fa piacere sentirselo dire."

"Mi sento... dimezzato a non averti qui con me. Dio, è proprio vero che uno capisce a pieno l'importanza delle cose quando gli vengono a mancare, anche solo per un poco. C'è qui mamma, mi dice di salutarti."

"Ricambia. Ti voglio tanto bene, Micheal..."

"Lo so. Per fortuna. Anche io. Ti richiamo quando i medici ci dicono qualcosa. In un modo o nell'altro, sabato ci vediamo, d'accordo?"

"Sì, certo. Auguri per tuo padre."

"Grazie. Ciao."

"Ciao."

Richiuso il telefonino, Brian guardò Aine che gli sorrise.

"Scommetto che questa telefonata ti ha fatto bene più di tutte le mie chiacchiere!" gli disse.

"O piuttosto... è stata come la ciliegina sulla torta."

"Vuole che vai da lui, vero?"

"Sì, per il week-end, se non potesse tornare lui. Dice che sua madre sarebbe contenta di conoscermi."

"Vedi? Ti pare che ti vorrebbe presentare ai suoi se si stesse stancando di te?" gli chiese Aine con un sorriso.

"Forse... forse le mie paure venivano dal fatto che le mie precedenti relazioni erano durate tutte e tre solo un paio di anni e..."

"...e ti chiedevi se non fosse colpa tua e se non stesse finendo anche questa volta." completò Aine.

"Sì. Dio, adesso mi sento tanto sciocco!"

Aine lo abbracciò brevemente e gli disse: "Un delizioso sciocco, comunque. Non ti fasciare la testa prima che sia rotta, no? E quando vi vedrete, raccontagli tutto, parlane con lui, anche se ora ti pare che il problema sia superato."

"Lo farò. Sì, lo farò."


Così, già il venerdì sera terminato il lavoro, Brian raggiunse Micheal.

La madre lo accolse con semplicità: "Così finalmente ti conosco, Brian. Posso darti del tu, no? Micheal ci ha parlato tanto di te. Vieni, vieni, tra poco metto in tavola. Vi lascio soli per un po', devo finire di spignattare..." disse con un ampio sorriso e andò in cucina.

Micheal gli cinse le spalle e lo baciò: "Grazie per essere venuto. Mi sei mancato tanto!"

"Anche tu, amore..." disse Brian e, come aveva promesso ad Aine, gli raccontò dei suoi dubbi, anche se ora erano svaniti.

Micheal lo ascoltò, poi disse: "Mi dispiace se per colpa mia hai avuto questo problema. Hai fatto bene a parlarmene. Io voglio solo che tu sia felice."

"E io che sia felice tu, amore. E non è stato per colpa tua..."

Si baciarono di nuovo.

"Ma dimmi, che ha avuto esattamente, tuo padre?"

"Un'ischemia miocardica."

"Cioè? Cosa significa?" chiese Brian.

"Significa che l'apporto di ossigeno al miocardio, cioè la parte muscolare del cuore, era inferiore al necessario e questo gli aveva provocato un infarto. Purtroppo Tomas ne è morto. Papà l'hanno soccorso in tempo, invece."

"Dovrà restare a lungo in ospedale?"

"No. Gli hanno fatto un bypass aortocoronarico e lo dimetteranno fra tre o quattro giorni, poi dovrà fare un periodo riabilitativo di circa due settimane."

"E non avrà più problemi?"

"Il recupero completo può richiedere fino a due mesi dopo l'intervento, perché nel primo periodo il corpo utilizza la maggior parte delle risorse a disposizione per recuperare dal trauma chirurgico. Comunque, appena lo rimandano a casa, potrò tornare a Cork. Dovrai avere ancora qualche giorno di pazienza..."

"Non preoccuparti per me."

"Come potrei non preoccuparmi per te?"

La madre tornò dalla cucina: "A tavola, ragazzi!" annunciò.

Mangiarono e durante la cena la madre di Micheal a un certo punto disse: "Grazie per essere venuto, Brian: hai fatto tornare il sorriso al mio Micheal. Sono davvero contenta di aver finalmente conosciuto il ragazzo di mio figlio."

Brian sorrise: "Anche io sono contento di averla conosciuta, mrs O'Brien."

"Eh no, se io ti chiamo per nome, devi chiamarmi anche tu per nome. Giusto? Fai parte della famiglia, no?"

"D'accordo, Marion."

"Domani, quando andiamo in ospedale da papà, verrai anche tu. Anche Ryan avrà piacere di conoscerti, finalmente. Micheal ci aveva mandato la tua foto quando gliel'abbiamo chiesta; una bella foto, ma devo dirti che di persona sei pure meglio."

"Grazie... è bello sentirsi così... accolti."

"Beh, si dice che noi gente di campagna siamo accoglienti, no?" ribatté con semplicità la madre.

Quando, più tardi, Brian e Micheal si ritirarono dopo aver dato la buonanotte alla madre, questi chiese: "Allora, che ne pensi di mia madre?"

"Mi piace un sacco. Soprattutto la semplicità e naturalezza con cui mi ha accolto... nonostante io sia un ragazzo."

"Quando, da ragazzo, ho detto loro che sono gay, ne hanno parlato con me tranquillamente, mi hanno accettato subito così come sono. Perciò, logicamente, hanno accettato prima Tomas, il mio uomo, e ora te, il mio ragazzo... I miei sanno che ti voglio bene e che tu ne vuoi a me, perciò ti vogliono bene."

"Sì, me ne sono accorto, ed è una bella sensazione. Anche Aine ci vuole bene. Sai... in un certo senso... non c'ero abituato. Voglio dire... come t'ho detto, i miei zii, che m'hanno allevato, non accetterebbero mai né la mia sessualità né perciò il mio uomo. Uno... si abitua a questa situazione, ma certamente non è gradevole. O, più che abituarsi, uno la subisce."

Mentre parlavano, si erano spogliati e si erano infilati nel letto. Si abbracciarono e cominciarono a fare l'amore. Quando più tardi, finalmente appagati, giacquero semiabbracciati, Micheal gli chiese: "Sono riuscito a scacciare tutti i tuoi dubbi?"

"Sì..." rispose con un dolce sorriso Brian. "Completamente."

"Bene. Vedi, quand'ero un ragazzino, e vivevo ancora qui con i miei, una volta avevo rubato alcune monete dal barattolo della mamma, per comprarmi un giocattolo che desideravo. Poi, pentito, ero andato a confessarmi. Il prete m'aveva detto: devi giurare che non lo farai mai più. Io ci ho pensato un poco, poi ho detto: non posso. Certo che non vorrei farlo mai più, ma come posso giurare? Lui allora mi fa: se non sei pentito, non ti posso dare l'assoluzione. E io: se non ero pentito non venivo a confessarmi. Ma non posso giurare..."

"Giusto. E allora?"

"E allora non m'ha dato l'assoluzione. Eppure, dopo quella volta, io non ho mai più rubato neppure una spilla. Però non lo potevo giurare. No, non potevo proprio, non sarebbe stato onesto. Potevo solo promettere che avrei fatto del mio meglio per non sbagliare di nuovo, capisci?"

"Sì, certo."

"Ecco. Nello stesso modo, Brian, io non ti posso giurare che ti amerò per sempre. Però ti posso promettere che farò del mio meglio per darti il mio amore, giorno dopo giorno. Ti posso promettere che ce la metterò tutta. E anche da te, non chiedo niente altro."

Brian sorrise: "Ho capito. Sì, è giusto così. E anche io ti faccio la stessa promessa. Sì, faro del mio meglio. E se ci aiuteremo l'un l'altro, magari ci riusciremo, no?"

"Proprio così. E per questo, per poterci aiutare l'un l'altro, dobbiamo dirci sempre tutto."

"Proprio quello che mi ha detto Aine. Eppure... Tomas a lei non aveva detto tutto... non le aveva mai parlato di te."

"Avrebbe dovuto farlo prima di chiedere ad Aine di sposarlo. Non ne era ancora innamorato, perciò aveva pensato che non fosse necessario. Giusto o sbagliato che fosse, quando s'è accorto che si stava innamorando anche di lei, ne ha parlato con me, ma non ha avuto il coraggio di parlarne con lei."

"Forse temeva di metterla di fronte al fatto compiuto, dato che fra loro c'era il vincolo del matrimonio. Nei tuoi confronti, in fondo, era più... libero."

"Per quanto Tomas fosse un uomo eccezionale, non era certamente un uomo perfetto. Nessuno di noi lo è. Anche se non ero completamente d'accordo con lui, dopo averne discusso, ho accettato la sua scelta."

"Comunque... dopo tutto ha funzionato, no? Da quello che sia tu che Aine mi avete detto, vi ha amato entrambi, vi ha veramente amato."

"Sì, Tomas era un uomo che sapeva veramente amare. Nonostante i suoi limiti. O compresi i suoi limiti, chi sa?"

"Come si fa a imparare ad amare davvero?" chiese Brian.

Micheal sorrise: "E chi lo sa? Non credo che esista un metodo per imparare ad amare. Ma l'amore secondo me è un qualcosa che si impara e si crea in ogni istante, non ci cade addosso dall'alto all'improvviso. Si impara, si coltiva. Credo che il primo, essenziale passo è accettare noi stessi per come siamo, rispettarci, amarci. È diverso da essere narcisisti. Ma solo se ci accettiamo possiamo eventualmente cambiare, in meglio.

"Allora, siamo pronti a fare il secondo passo. Amare significa accettare l'altro così come è, imparare a vedere in lui solamente quello che c'è di più bello, imparare ad ammirare il suo sorriso, imparare a sentire e ascoltare le parole deliziose che pronuncia per te o per gli altri, imparare a rispettarlo nella sua diversità, a rassicurarlo, a consolarlo, a vegliare su lui.

"Tu prendi una persona che ti piace, un collega, un amico, chiunque... e cerca di vedere tutte le qualità che ha. Cerca di percepire quello che di più bello c'è in lei e ringraziala, almeno dentro il tuo cuore, per i doni che ti sta dando. Impara ad amarla al di là del suo aspetto fisico, impara ad amarla perdonando le sue debolezze, le sue incomprensioni. Impara ad amarla accettando che è diversa da come la vorresti."

"Meno male che hai detto che non sai come si impara ad amare. Hai tracciato un programma di vita..." gli disse Brian, carezzandolo.

"Più ami, e più sei capace di amare. E più gente ami, più sei capace di amare ognuno."

"Ma l'amore con l'a maiuscola, l'amore a due... come quello che c'è fra te e me?"

"Non è diverso dagli altri, se non per l'intensità e per la completa condivisione di tutto, che si manifesta attraverso il corpo, il sesso. L'anelito a diventare 'uno'. Vedi, la completa sincerità con l'altro viene proprio come conseguenza di questo anelito a essere uno. Non puoi mentire a te stesso, no? Avere segreti con te stesso, giusto? Se hai un dubbio, un'incertezza, un problema, non lo puoi nascondere a te stesso. Perciò, se lo fai con la persona che ami, con cui vuoi essere uno, è come se mentissi a te stesso."

"Dimmi una cosa, Micheal..."

"Sì?"

"Perché fra genitori e figli, fra insegnanti e allievi, fra amici, non si parla mai di cosa è l'amore? E nemmeno fra amanti?"

"Me lo sono chiesto spesso anche io... Con Tomas ne parlavamo. Oh, beh, mica continuamente, ma capitava abbastanza spesso. Sai, specialmente quando si sentiva dire, o si leggevano frasi come: in amore vince chi fugge... chi non è geloso non ama veramente... e altre baggianate del genere. Io, all'inizio, avevo quasi pudore a parlare di amore... uno stupido pudore."

"Anche io... Però... mi piace che ora ne stiamo parlando. Anche se capisco che non basta parlarne, che alle parole devono seguire i fatti. Prima hai detto che l'amore fra due amanti è talmente grande che 'deve' essere espresso anche attraverso il sesso, attraverso il corpo."

"Sì, certo. Non può essere altrimenti."

"Voglio imparare ad amare davvero!"

"Stiamo imparando, assieme."

"E mi piacerebbe se qualcuno potesse dire di me, un giorno, che ero un uomo che sapeva veramente amare. Come tu spesso dici di Tomas... sapeva veramente amare, nonostante i suoi limiti."

"Forse un giorno qualcuno lo dirà di noi... o forse no. Non ha molta importanza. Non per noi, per lo meno."

"Ma forse è importante per chi la dice questa frase, no? Per chi dà questo giudizio su qualcun altro. Perché significa che ha imparato a 'riconoscere' l'amore."

Micheal sorrise: "Penso che sia proprio così. Dire di qualcuno questa frase è come erigergli un monumento. E i monumenti non servono mai a coloro in onore dei quali li si erige, ma per gli altri."

Brian si accoccolò contro il corpo del suo uomo, sentendosi beato. Sì, ne era sicuro, quella sera avevano compiuto assieme un passo importante perché forse, un giorno, qualcuno potesse dire di loro, di tutti e due: "Micheal e Brian? Erano due uomini che sapevano veramente amare!"


F I N E


Pagina precedente
back
Copertina
INDICE
15oScaffale

shelf 1


navigation map
recommend
corner
corner
If you can't use the map, use these links.
HALL Lounge Livingroom Memorial
Our Bedroom Guestroom Library Workshop
Links Awards Map
corner
corner


© Matt & Andrej Koymasky, 2015