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una storia originale di Andrej Koymasky


IL BEL RAGAZZO CAPITOLO 2 - DA LEANDRO, E POI...

Serafino parcheggiò la moto davanti alla porta della villa, dove c'erano altre due moto parcheggiate, e suonò alla porta. Venne ad aprire Marta, la vecchia donna di servizio di Leandro.

"Oh, Serafino! Vieni." disse la donna con un sorriso sdentato ma dolce, la sua voce un po' gracchiante eppure gentile.

Marta era un'istituzione, seconda solo a Leandro, lì dentro. Se il fotografo era una specie di padre-zio per tutti, Marta era una specie di nonna-zia. Nessuno ne conosceva veramente la storia, fra i ragazzi ne circolavano diverse versioni. Doveva avere sui sessanta anni, poco più. Pareva che fosse a servizio di Leandro, e vivesse con lui nella villa, da prima che ognuno dei ragazzi fosse nato.

La versione che sembrava più credibile a Serafino era che Leandro l'avesse trovata che chiedeva l'elemosina dalle parti del Portico di Ottavia. Invece di darle qualche moneta e disinteressarsene, si diceva che Leandro le avesse offerto un pasto in una trattoria e avesse parlato con lei. E che alla fine le avesse proposto di lavorare per lui.

Si diceva che era stata abbandonata dal marito, o cacciata da casa, quando l'uomo s'era fatto un'amante giovane. Si diceva anche che avesse avuto un figlio, morto quando aveva quindici anni: pare che fosse caduto da una barca al largo di Tor Vaianica e affogato. Qualcuno invece diceva che l'aveva affogato il padre quando aveva scoperto che il figlio era un "frocio"... Sembrava una cosa incredibile, ma a volte la realtà supera la fantasia.

All'inizio i ragazzi erano un po' imbarazzati nel vederla girare fra loro, seminudi o anche completamente nudi, ma Marta li guardava con occhi puri, velati da una lieve tristezza ma illuminati da un senso di affetto, di protezione. Sì, protezione, attenzione. E quante volte lei aveva rammendato, lavato, stirato gli abiti dei ragazzi, mentre questi posavano. Quante volte, a tavola, s'era preoccupata che mangiassero bene e a sufficienza...

"Tutto bene, Serafino?" gli chiese la donna, mentre lui si spogliava nella stanza in cui ognuno dei ragazzi aveva un armadietto da spogliatoio a disposizione.

"Sì, Marta, tutto bene. E tu?"

"Oh, io... tolte le cose che non vanno, il resto va tutto benone!"

Serafino sorrise: "Gli altri sono già arrivati?"

"Solo Ugo e Ettore. Emiliano ha avvertito che arriva più tardi. Sono tutti giù al pesco. Ettore mi preoccupa un po'..."

"Ah sì? E perché?"

"Non lo so, ma... Ho paura che... che prende la roba. Ha certi occhi che... Buchi sulle braccia non ne ha, però..."

"Sniffa?" chiese stupito Serafino.

"Mica ci giuro... però... E se è vero, e se Leandro se ne accorge... Mica puoi vedere di capire se ho ragione o se mi sbaglio? Magari fra voi ragazzi... Io gliel'ho chiesto, ma ha detto di no... Però s'è messo a ridere come un cretinetti; mica m'ha guardato stupito che glielo chiedevo." disse con espressione preoccupata, sfregandosi le mani come per asciugarsele.

"Cercherò di capire, Marta, d'accordo. Non ti preoccupare."

"Tu sei un bravo ragazzo, oltre che il più bello di tutti. Beh, adesso ho da fare. Ci vediamo." disse e uscì dalla stanza.

Serafino si tolse anche le mutande, indossò un paio di slip da bagno, infilò le ciabatte da spiaggia e uscì nel giardino. Scese fino "al pesco". Leandro stava spostando alcuni attrezzi di scena, aiutato da Ugo ed Ettore. Salutò tutti con uno squillante "Ciao!"

"Oh, Serafino! Apri quella cesta e tira fuori i costumi." gli disse Leandro con un sorriso.

Serafino eseguì: erano costumi teatrali da antichi romani.

"E che, dobbiamo usare questi?" chiese un po' stupito.

"Agli americani piacciono le scene dell'antica Roma. M'hanno chiesto di farne alcune. Sai, imperatore e pretoriano, legionari, patrizi e schiavi... Più tardi deve venire uno nuovo che ho trovato, un bel ragazzo mulatto, per la parte dello schiavo." gli spiegò Leandro ad alta voce mentre con gli altri due spostava colonne di carta-pesta e anfore.

Serafino sorrise: "Pare divertente." disse estraendo i costumi, guardandoli, poi disponendoli a uno a uno sulle grucce e appendendoli all'espositore di tubi cromati. "Belli. Li hai comprati?"

"No, presi in affitto da un amico, un costumista di Cinecittà. Trattali bene, che sennò devo ripagarli per nuovi."

"Certo. Chi viene, oltre Emiliano e il mulatto?"

"Claudio, Simone e Luigi, ma dopo pranzo." gli disse Leandro. "Non mi piace che lo chiamate 'il mulatto', si chiama Omar."

Quando tutto fu pronto, Leandro estrasse le macchine fotografiche dagli astucci, e studiò alcune inquadrature.

Serafino s'avvicinò a Ettore. "Come tira?" gli chiese, studiandolo senza averne l'aria.

"Al solito." rispose laconico il ragazzo.

"Hai un'aria scocciata... qualche problema?"

"Ce l'avresti tu pure, se la tua ragazza ti dice che pensa d'essere incinta..." mormorò Ettore.

"Cazzo, ma non hai usato il guanto?"

"S'è rotto... proprio mentre venivo."

"Sfiga nera... Per questo io preferisco farlo con un maschio... Non corro rischi." gli disse con un risolino.

Ettore ridacchiò: "Tu preferisci farlo con un maschio perché sei frocio dalla testa ai piedi, poche palle." Poi tornò serio: "Se quella è davvero incinta, cazzo... Hai idea quanto costa un aborto? Dove li trovo i soldi? E se invece mi scodella un figlio... Come la metti la metti: sono nei casini."

"Ma magari non è incinta. Ne hai parlato con Leandro?"

"Macché. Prima voglio sapere se è solo un falso allarme o che. Certo che se è incinta... i suoi mi obbligano a sposarla."

"Beh... non è detto."

"O sposarla, o cambiare aria in fretta, te lo dico io. Ma che potevo fare, più che usare il guanto, eh?"

"Farle anche prendere la pillola... farle mettere la spirale..." disse Serafino.

"La pillola la fa vomitare, dice. E a comprare la spirale si vergogna. E così..."

Serafino per un po' non disse niente. Leandro fece loro indossare i costumi da legionari, ma lasciandoli a petto nudo e iniziò a scattare alcune foto.

Mentre le scattava solo a Ugo, Serafino tornò alla carica. "Ettore..." gli chiese sottovoce, "sai mica dove posso comprare un po' di roba?"

Il compagno lo guardò sorpreso: "Da quando in qua tu... cazzo, se ti sente Leandro..."

"Non è per me, per un amico."

"Erba?"

"Anche e qualcosa più... tipo... zucchero."

"Ma che, sei matto? Erba, magari... posso procurartene un po', ma quello schifo..."

"Chi vende erba, sa anche dove trovare il resto." insisté Serafino.

"No, no. Io non ne voglio sapere. Né per me né per un amico. Cazzo, Serafino, non fare stronzate. Tieniti alla larga."

"Tu non c'hai mai provato?"

"Qualche canna, niente di più. E manco troppo spesso. No, non Ettore, che cazzo!"

Serafino tirò un sospiro di sollievo. Doveva avvertire Marta che tutto il problema di Ettore veniva dalla paura d'aver ingravidato la sua ragazza.

Continuarono a posare per Leandro, finché dalla villa Marta suonò la campanella per avvertirli che il pranzo era pronto. Posarono i costumi, Leandro ripose le macchine fotografiche e tutti e quattro salirono fino alla villa. Con la scusa di aiutarla a portare le pentole, Serafino seguì Marta in cucina e le disse quanto aveva scoperto.

"Dio santo, ti ringrazio!" esclamò la donna accennando a un segno di croce. "Una gravidanza, si risolve. Senti, Serafino, se davvero la ragazza è incinta, dì a Ettore di venire a parlamene, eh? Prima di prendere decisioni stronze."

"D'accordo."

Stavano finendo di pranzare, quando arrivarono prima Omar, il ragazzo mulatto, poi Emiliano e infine anche Claudio, Luigi e Simone.

Luigi e Simone s'erano messi assieme da sette mesi circa. Anche se tutti e due continuavano a fare marchette, s'erano innamorati uno dell'altro.

Il ragazzo mulatto, Omar, era decisamente sensuale, aveva una bella faccia, un corpo un po' magro, ma proporzionato. Aveva ventuno anni. Era gay ma non faceva marchette: non ne aveva bisogno, il padre era un medico e gli dava abbastanza soldi. Voleva diventare un fotomodello e attore. Faceva già qualche spot pubblicitario. Leandro l'aveva conosciuto pochi giorni prima, quando era andato ad affittare i costumi a Cinecittà. Omar stava facendo la coda per un provino.

Nel pomeriggio scattarono altre foto, sia soli che in gruppo. Quando Leandro chiese a Emiliano di andare su in villa a prendere altre suppellettili, questi chiese ad alta voce: "Può venire con me anche Serafino, a darmi una mano?"

Leandro gli lanciò un'occhiata e fece un cenno di assenso.

Mentre i due ragazzi salivano verso la villa, Serafino gli chiese: "Hai voglia?"

"Cazzo! Altroché. Ti va, no?" chiese con un sorrisetto incerto, gli occhi brillanti di libidine.

Serafino sorrise e mentre entravano in villa gli carezzò il culetto: "T'ho mai detto di no? Mi sono mai tirato indietro?"

Emiliano ridacchiò: "Indietro, tu? No no, ti piace spingerlo avanti, ficcarlo dentro al mio culetto, direi."

Andarono nel magazzino e Emiliano si tolse lesto il costume, prese dalla scatola dei preservativi una bustina e la porse all'amico: "Dai, svelto! Abbiamo poco tempo." Si appoggiò con le mani sul davanzale della finestra e sporse in fuori il sedere. "Dai!" lo incitò di nuovo, girando indietro la testa e sorridendogli allettante.

Serafino gli si addossò, gli carezzò il bel culetto, lo afferrò per la vita e con poche spinte esperte gli si immerse dentro. Emiliano gli si spinse contro con un basso "aaahhh" di piacere. Serafino cominciò a stantuffargli dentro con energia.

"Sì, sì, così... Perché non ti vuoi mettere con me, Serafino? Ti piace fottermi, no? Luigi e Simone si sono messi assieme, no? Ooohhh che bello... dai!"

"Lo sai che non voglio legarmi. Mi piace mettertelo, sì, però... Va bene così. Hai un culetto delizioso."

"Ti interessa solo il mio culetto. Se ti metti con me... ti giuro che non guardo più nessun ragazzo. Giuro!"

"Ma io no. Io non mollo il mio lavoro..." gli disse Serafino continuando a dargli dentro con crescente piacere.

"Possiamo fare abbastanza soldi solo con le foto, no?"

"Ma a me piace anche il resto. Smettila di insistere. Goditi quello che ti posso dare, no?" gli sussurrò pizzicandogli i capezzoli.

Sapeva che non doveva masturbarlo: ogni volta Emiliano veniva solo a farsi fottere, senza bisogno di toccarsi, di masturbarsi. Erano talmente intenti in quella scopata, e guardavano entrambi fuori dai vetri della finestra, che non notarono Marta passare davanti alla porta semiaperta.

La donna si fermò un attimo, li guardò con un tenero sorriso, scosse il capo, accostò silenziosamente il battente della porta e si allontanò. Quando quei due ragazzi si trovavano e si potevano appartare, non mancavano mai di scopare. Si chiese perché non si mettessero assieme. Quando Simone e Luigi avevano annunciato che si erano messi assieme, lei era stata contenta per loro. Li vide riemergere dopo alcuni minuti, trasportando fuori quanto Leandro aveva detto loro di andare a prendere.

Poco prima dell'ora di cena, Leandro disse ai ragazzi che saliva per un momento in villa.

Appena si fu allontanato, Ettore disse ridacchiando: "È andato a spararsi una pugnetta, ci scommetto! Avete visto come gli si era gonfiata la patta?"

Claudio disse: "Io non capisco perché non si prova a fare nessuno di noi... Io, se me lo chiede, gli direi di sì."

"Per quanto ne so io, non s'è mai fatto nessuno di noi ragazzi." disse Serafino.

"Mica scoperà con Marta, no?" chiese Ugo.

"Ma va! Leandro è frocio come e più di noi. Beh, a parte Ettore il figaiolo. E Dario che non dice mai di no né a maschi né a femmine, purché paghino bene." disse Simone.

"A proposito, è da un po' che non vedo Dario. Qualcuno di voi ne sa qualcosa?" chiese Serafino.

"Pare che un riccone tedesco se l'è preso sul suo yacht per un mese." disse Simone.

"Come cameriere?" chiese Claudio.

"No, come ragazzo da letto. Com'è che dicono gli americani? Un boy-toy, o toy-boy, non mi ricordo." rispose Simone.

Omar chiese: "M'ha detto Leandro che non fa mai foto porno, e che non vi chiede mai di fare marchette, non vi procura mai clienti. È proprio così?"

"Sacrosanta verità. E se chi compra le sue foto glielo chiede, risponde che gli dispiace ma non è quello il suo lavoro." spiegò Serafino. "E non fa così solo per non avere grane con la legge, sai sfruttamento della prostituzione e cazzate simili, ma perché lui è un fotografo, un artista, non un magnaccia. In passato la polizia è venuta più volte a fare perquisizioni, interrogatori, ma non hanno mai trovato niente contro di lui. E adesso, finalmente, pare che lo lasciano in pace."

"Ho visto il foglio che ha appeso nella stanza dove ci si spoglia..." disse Omar. "Così avevo pensato che m'avesse detto una bugia."

"No, no, quelli sono proprio solo consigli per il nostro bene." disse Emiliano. "Sono i dodici comandamenti..."

Serafino si ricordava bene quando era comparso quel grande foglio all'interno della porta dello spogliatoio, e i commenti scherzosi che loro ragazzi avevano fatto leggendoli.

"FOR THE BOYS

  1. Non promettere mai niente che non puoi mantenere.
  2. Se hai un cliente, accordati prima su prezzo, durata del lavoro e posto. Rispetta l'accordo. Se non vi mettete d'accordo, lascia perdere subito.
  3. Tu e il tuo cliente non siete solo le due parti di un contratto verbale, siete prima di tutto due esseri umani.
  4. Dì sempre a qualcuno dove vai e con chi. La prudenza non è mai troppa.
  5. Non sfruttare nessuno e non lasciarti sfruttare da nessuno.
  6. Non ti sottomettere a pratiche sessuali che non ti piacciono. Non sottomettere il tuo cliente a pratiche sessuali che non gli piacciono. Non usare violenza e non subire violenza in nessun caso.
  7. Non promettere mai amore a un cliente, non chiedergli mai amore. Un cliente è solo un cliente, non il principe azzurro.
  8. Il tuo cliente non è né tuo padre, né il tuo amante, né il tuo assistente sociale. Non lo scocciare coi tuoi problemi. Ma stai a sentire i suoi: a volte hanno bisogno più di questo che di sesso e comunque ti pagano.
  9. Se il tuo cliente è disonesto o violento, avverti gli altri ragazzi. Se noti qualcosa di sospetto in un cliente, mollalo in fretta e parlane con gli altri ragazzi.
  10. Evita la droga più della peste: se vuoi sballare, fallo col sesso, non con la droga. Dare via il culo può essere piacevole, dare via il cervello è sicuramente da stronzi.
  11. Usa sempre il preservativo e fai solo sesso sicuro (SSS). Con le malattie sessuali non si scherza. E l'aids è sempre in agguato.
  12. Non coinvolgere MAI, per nessun motivo un minorenne nel tuo lavoro. Il tuo deve essere un lavoro, un servizio a pagamento, ma mai un'attività criminale."

Uno dei ragazzi, un giorno, aveva aggiunto la sua firma in calce, così poco alla volta, l'avevano firmato tutti. Quasi fosse un contratto fra di loro più che una serie di consigli da parte di Leandro. Alcuni di quelli che avevano firmato, ormai non venivano più a posare. Ma qualcuno dei vecchi ragazzi andava a trovare, di tanto in tanto, Leandro e Marta, che per loro erano diventati l'unica famiglia che avessero mai avuto.

Non tutti i "vecchi" erano finiti bene, uno era stato ammazzato alle Terme di Caracalla, due erano in galera per spaccio, rapina, tentato omicidio. Ma altri avevano messo su famiglia, avevano figli, uno era diventato un attore abbastanza apprezzato, un altro era un calciatore di serie B. Altri quattro avevano formato una jazz-band e giravano a suonare per i castelli... parecchi di loro s'erano sistemati grazie all'aiuto di Leandro.

Dopo la cena, fecero ancora qualche posa "in notturno", poi i ragazzi si salutarono, presero le loro moto dando un passaggio a chi non l'aveva e lasciarono la villa di Fregene. Serafino dette un passaggio a Claudio.

"Dove ti porto?"

"Villa Borghese, va bene."

"Fai marchette, stasera?"

"Sicuro. Forse ci trovo un cliente che paga bene, un avvocato. Gli piace farsi ammanettare e poi farsi fottere. Un tipo strano."

"Non mi piacciono i giochi con le manette..." gli disse Serafino.

"Bah, finché si fa ammanettare lui... E poi paga bene. Vuole solo che non vengo troppo in fretta... e che poi gli schizzo in faccia."

"Mah... contento lui!"

Arrivati a Villa Borghese, Serafino lasciò la moto fuori e si inoltrò nel parco semibuio con Claudio. Non aveva ancora voglia di andare a dormire, preferiva fare due chiacchiere con l'amico. Claudio gli era simpatico. Sedettero su una panchina, non lontani da un lampione.

"Tu non hai famiglia, vero? Vivi da solo, no?" gli chiese Claudio.

"Non so nemmeno cos'è una famiglia, io. Sono stato dimenticato davanti alla tivù da prima che imparassi a camminare. Saprei descrivere il televisore che avevamo molto meglio della faccia di mia madre o mio padre."

"Dove sono, adesso, tuo padre e tua madre?"

"E chi lo sa? Mio padre è scomparso quando avevo dodici anni. Uscito di casa per comprare le sigarette, non è più tornato. Forse sta ancora cercando la marca che gli piace."

"E tua madre?"

"Scomparsa lei pure. Avevo sedici anni. Una sera torno a casa e c'era solo una lettera sul tavolo della cucina, con un po' di soldi, che mi diceva che se ne andava e di arrangiarmi."

"Cazzo... e perché?"

"E chi lo sa? Non c'era un perché. Non l'aveva scritto. Non ne aveva mai parlato prima di quella sera."

"E tu?"

"Ho pensato che non potevo restare lì: ci sarebbero state le bollette da pagare, l'affitto. Così ho riempito due borsoni con la mia roba e me ne sono andato."

"Dove? Da chi?"

"Prima alla stazione per lasciare i due borsoni nel deposito a monete. Poi mi sono messo a battere."

"Lì alla stazione?"

"Certo."

"Ma tu... l'avevi già fatto?" gli chiese Claudio.

"No, mai. Però un anno prima, quando frequentavo la seconda dell'alberghiero, un mio compagno di classe m'aveva insegnato a fare le cose... Io avevo già capito che a me piacevano i ragazzi e non le ragazze. E lui m'aveva detto che quando aveva bisogno di soldi faceva qualche marchetta, e così..."

"E hai trovato subito?"

"Sì, già quella prima sera."

"Beh, bello come sei... ci credo... Com'era?"

"Chi, il mio primo cliente? E chi se lo ricorda più. Mica è come il primo amore che non si scorda mai. Comunque ne trovavo, clienti, facilmente. Qualcuno voleva tornare con me, così ho capito che mi dovevo comprare un cellulare, per i contatti. E quando un cliente mi piaceva e mi chiedeva di tornare con lui, gli davo il numero del mio cellulare."

"E dove dormivi?"

"Qualche volta a casa di un cliente, se no, avevo conosciuto un paio di marchette come me, due ragazzi simpatici che mi hanno preso con loro. Siamo ancora amici."

"E com'è che hai conosciuto Leandro?"

"M'ha trovato lui. Quando avevo diciotto anni, qualche sera lavoravo come cubista in un disco gay o in un altro, già allora, oppure andavo a battere. E così una sera lui m'ha visto e m'ha proposto di posare per lui."

"Lo fai ancora, il cubista?"

"Quasi mai, anche se non ho smesso. E ormai faccio marchette solo per appuntamento, quasi tutti clienti fissi. Ho un giro discreto. Gente a posto, piena di grana e che paga bene."

"Quanto?"

"Dipende. Anche cinquecento euro, se mi fermo tutta la notte."

"Caaaazzo, è parecchio! Beh, tu puoi chiederli, bello come sei. Dovrei fare anche io così, cioè col telefonino." disse Claudio. Poi videro arrivare qualcuno. "Oh, eccolo, quello è il mio avvocato. Ci vediamo, Serafino. Grazie per il passaggio."

Serafino gli fece un cenno di saluto, poi lo guardò andare verso l'uomo, salutarlo e allontanarsi con lui. L'uomo gli aveva messo un braccio sulle spalle, in un gesto che pareva più di possesso che amichevole, pensò. Quando scomparvero alla vista, Serafino si alzò, tornò alla sua moto e andò a casa.

Dopo la consueta doccia serale, andò a guardare la TV. Fece un po' di zapping ma non c'era niente che gli sembrasse interessante. Ripensò a Omar, il mulatto, e si disse che gli sarebbe piaciuto provarci con lui. Se solo fosse stato un po' più in carne, sarebbe stato anche più bello. Leandro aveva detto che un po' magro era perfetto per la parte di schiavo...

Era la prima volta che facevano fotografie in costume. Era stato divertente, pensò con un sorriso. Ripensò a Emiliano che voleva mettersi con lui... Gli piaceva molto fotterlo, era vero, e era un caro amico però... davvero non se la sentiva di legarsi a lui. Ne a lui né a nessuno. Ci teneva troppo alla propria libertà.

Prima o poi avrebbe dovuto trovarsi un mestiere, un lavoro. Poteva andare avanti ancora qualche anno, ma mica poi molti... Ma c'era tempo per pensarci... non avrebbe saputo che fare, d'altronde. Se almeno avesse potuto finire gli studi, prendersi il diploma dell'alberghiero...

Tutta la sua bellezza, per quanto prendesse cura del proprio corpo, prima o poi sarebbe sfiorita. Non era certo un problema immediato, dopo tutto aveva solo ventuno anni... ma sapeva che il tempo passa anche troppo in fretta. Anche Leandro a volte lo diceva ai suoi ragazzi. Avrebbe dovuto parlarne con lui, una volta o l'altra. A chi altri, sennò? Una volta o l'altra... prima o poi...

Spense la TV e andò a buttarsi sul letto. Sì, gli sarebbe piaciuto scopare almeno una volta con Omar, il bel mulatto. Se magari gli capitava di posare ancora assieme, doveva provarci. Aveva una bella stanga, fra le gambe, più scura del resto della pelle, liscia, vellutata... Aveva anche una bella faccia... sì doveva solo prendere qualche chilo in più. E aveva anche un sorriso gradevole, un po' timido, un po' da monello, un po' dolce, un po'...

Si addormentò con l'immagine di Omar nella mente.


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