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una storia originale di Andrej Koymasky


IL BEL RAGAZZO CAPITOLO 4 - RAFFAELE, IL POLIZIOTTO

Uscì dalla casa dell'architetto alle otto e quindici della mattina seguente. Mentre scendeva l'elegante scala, aprì la busta e controllò il denaro, poi lo trasferì nel portafogli. Non controllava mai di fronte ai suoi clienti, non gli sembrava gentile. Solo una volta gli era capitato di trovare nella busta meno denaro di quanto pattuito.

Quando quel cliente gli aveva telefonato per un altro appuntamento, aveva rifiutato, spiegandogliene il motivo. Se l'altro si fosse scusato, avesse detto che doveva essere stato un errore, avrebbe capito e ci sarebbe tornato. Ma l'altro gli disse, in tono arrogante, che la somma era quella pattuita e che o gli era caduta una banconota o stava facendo il furbo. Serafino aveva semplicemente troncato la conversazione spegnendo il cellulare e non era mai più andato da quello.

Prima di tornare a casa, entrò in un bar per fare colazione. L'architetto non gliela offriva mai. Non che fosse importante, ma era un piccolo gesto che alcuni altri clienti compivano, quando passava la notte con loro, e che gli faceva piacere. "Forse perché mi fa sentire meno puttana..." si disse a mezza voce ridacchiando.

Nessuno dei suoi clienti lo trattava da puttana, o li avrebbe cancellati dalla lista. Uno, addirittura, il portaborse di un senatore di Forza Italia, ogni volta che lo lasciava, gli diceva "grazie di tutto"... Beh, era carino da parte sua.

"Il tuo senatore lo sa che ti piacciono i ragazzi?" gli aveva chiesto una volta.

"Ci mancherebbe altro, mi licenzierebbe in tronco." aveva risposto l'uomo.

"Avresti dovuto rispondermi: sì, certo, e non gliene importa proprio niente." gli aveva detto Serafino.

"Perché?"

"Perché se io ti avessi voluto ricattare, m'avresti dato in mano una notizia utile."

"So che tu non lo faresti. Ho avuto ottime referenze sul tuo conto, e ormai ti conosco un po'." aveva risposto l'uomo.

"Referenze? E da chi?" aveva chiesto Serafino, incuriosito.

"Si dice il peccato ma non il peccatore. Fra noi, sai com'è... ci si passano le notizie utili. E chi m'aveva dato il tuo numero di cellulare è uno che ti conosceva bene."

"Conosceva? Cioè... non mi frequenta più?"

"Stai cercando di capire chi è... perciò non ti rispondo." aveva risposto l'uomo con un sorrisetto.

Fatta colazione con un cappuccino e un panino di caprese, fece due passi a piedi per rilassarsi un po' e guardare le vetrine. Aveva dormito poco, ma avrebbe recuperato facendo un sonnellino nel pomeriggio. Si fermò davanti alla vetrina di un libraio e si soffermò a guardare i titoli esposti.

Un libricino attirò il suo sguardo: "Independence Gay - Alle origini del Gay Pride" di Massimo Consoli. Sulla copertina verde, sotto al titolo, c'era la foto di due poliziotti che tenevano per le braccia un ragazzo, mentre un terzo gli si avvicinava con aria minacciosa. Poliziotti americani. Decise di comprarlo. Costava meno di sette euro. Lo sfogliò rapidamente e notò, con un briciolo di delusione, che non conteneva fotografie. Beh, poco male. Centoventisette pagine: l'avrebbe letto in poco tempo.

Poi vide una vetrina di abbigliamento intimo maschile che esponeva alcuni capi di Eros Veneziani. Pensò che poteva comprarsi qualcosa per rinnovare il guardaroba "da lavoro"... Entrò e scelse una canotta e due slip neri, del tipo "vedi e non vedi", molto sexy. Il commesso, con uno sguardo chiaramente speranzoso, gli chiese se desiderasse provarli.

"No, grazie, sono esattamente della mia misura." rispose e andò alla cassa a pagare i quasi cento euro che costavano. Poi tornò al banco a ritirare i suoi acquisti.

"Le staranno divinamente, indosso... Farà impazzire la sua ragazza, glielo garantisco..." disse il giovanotto con voce suadente, mentre gli infilava le due scatole in un sacchetto, senza togliergli gli occhi di dosso.

Serafino lo guardò divertito, gli fece l'occhietto ed uscì. Quando si girò, il commesso era dietro il vetro della porta che ancora lo guardava o, per meglio dire, lo spogliava con gli occhi. Serafino gli fece "ciao ciao" con la mano e si allontanò.

Tornò alla moto, mise gli acquisti nel bauletto e andò a casa. Accese la radio, si cambiò e si mise a fare le pulizie nell'appartamento.

Verso le undici suonò il cellulare. Vide che era Emiliano. Rispose.

"Ciao, culetto d'oro!"

"Ciao, Serafino. Senti, sei libero stasera?"

"Cos'è, hai voglia?" gli chiese allegramente.

"Beh, sono quattro giorni che non... Ma non è per quello... non solo per quello. Stasera all'Alien, in via Velletri... sai dov'è, no?"

"Certo."

"A mezzanotte c'è lo spettacolo di tre miei amici e mi hanno dato due biglietti invito. Ti va di venirci?"

"Che spettacolo? Le solite travestite che si credono Marilyn Monroe e che cantano in play-back?"

"No. I miei amici fanno un numero di danze erotiche sudamericane. Sono forti, davvero... Vieni?"

"Sono anche fighi, almeno?"

"Da sbavarci dietro!" esclamò Emiliano.

"Te li sei fatti tutti e tre?" gli chiese Serafino divertito.

"No... purtroppo sono tutti e tre... come me. Lo prendono solo... Ma sono molto in gamba, sai?"

"A prenderlo?"

"A ballare, stupido! Vieni, allora?"

"Mah... perché no. Dove ci vediamo?"

"Alle undici e trenta davanti all'ingresso, OK?"

"OK."

A sera, Serafino si preparò per andare al disco gay. Si chiese che cosa indossare. Poiché non aveva intenzione di "rimorchiare", di fare colpo su nessuno, decise per qualcosa di molto semplice: una camicia a rigoni verticali celesti e grigio-chiaro, un paio di pantaloni dello stesso grigio e scarpe da ginnastica anche grigie. Si controllò allo specchio. Decise di lasciare aperti i primi tre bottoni e mettere una collanina giro-collo celeste. Soddisfatto, andò all'Alien.

Emiliano era già lì di fronte che lo aspettava. Guardò l'orologio: "Puntuale come al solito." commentò con un sorriso.

"Il lupo perde il velo ma non il pizzo..." gli disse Serafino.

"Hahaha, spiritoso! Dai, entriamo."

Il locale era già abbastanza affollato, anche se non troppo. Salutarono qualche amico e si spostarono verso il bancone del bar.

"Cosa mi offri?" gli chiese Emiliano.

"Un bicchiere d'acqua on the rocks... Cosa vuoi, dai."

"Un succo di pomodoro condito."

Serafino ne ordinò due e porse un bicchiere all'amico. Si girò e scandagliò il locale con gli occhi. A un tratto dette una gomitata a Emiliano.

"Ehi, me lo fai rovesciare addosso!" protestò l'amico.

"Guarda là..." indicò, "quello in piedi contro il muro con la polo bianca, i calzoni neri e un bicchiere verde in mano..."

"Quale? Ah, quello che assomiglia a Raoul Bova? Cazzo che bonazzo!"

"Sì, lui. È un poliziotto e si chiama Raffaele..."

"Un poliziotto? Ma va! Qui, in borghese? Che ci fa?"

"È gay lui pure. Cercherà di rimorchiare, no?"

"Lo conosci? È un tuo cliente? Ci hai già scopato? Scopa bene? È attivo o passivo? Me lo presenti?"

"Ehi ehi ehi, calma, ragazzo! No che non lo conosco."

"Ma se hai detto che è un poliziotto e che si chiama Raffaele!"

Serafino allora gli raccontò quello che era accaduto alcune notti prima e quello che aveva potuto ascoltare.

"Beh... poliziotto o no, io un giro con quello me lo farei eccome, cazzo!" commentò Emiliano. "Ehi, sta guardando verso di noi... Sei sicuro che non ti aveva visto?"

"Sicurissimo."

"Ma ho l'impressione che non guardi noi, ma te. Non ti leva gli occhi da dosso... Mi sa che gli piaci. D'altronde... a me non conviene mai andare a rimorchiare assieme a te, bello come sei mi rovini la piazza."

"Se lo vuoi, te lo lascio."

"Ma se non fa che guardare te! Tu non ce lo faresti un giro?"

"Anche due. Però non..."

"E allora lanciati, no?"

"Ma no. Sono venuto con te..."

"E magari, se ci separiamo, riesco a rimorchiare anche io. Senti, Serafino, se ci si perde di vista, rimorchiato o no, ci si manda un sms, d'accordo?"

Serafino fece spallucce. Emiliano si allontanò lentamente, guardandosi attorno. Serafino si spostò nella direzione opposta, ma senza più guardare verso il poliziotto. Da una parte si sentiva attratto, ma dall'altra non gli interessava veramente. Non un poliziotto. Anche perché certamente quello non avrebbe avuto i mezzi per pagarsi una marchetta cara come lui.

Decise di cercarsi un posto a sedere in modo di godersi lo spettacolo, quando fosse cominciato. Se fossero stati puntuali, cosa di cui dubitava parecchio, doveva cominciare dopo poco. Sedette su una poltroncina vuota. Da una parte c'era un gruppo di tre checche di mezza età rumorose, che facevano battute ad alta voce. Dall'altra una coppia tipo "papà e figlio", cioè un uomo sui sessanta con un ragazzo che doveva a mala pena avere diciotto anni.

In pista diverse coppie ballavano e si strusciavano: in quel momento il DJ stava mettendo lenti. Serafino sorseggiava tranquillamente il suo succo di pomodoro e guardava le coppie ballare. Lui non andava spesso all'Alien, perciò non conosceva quasi nessuno, e dubitava che qualcuno dei suoi clienti ci andasse: solitamente o erano tipi che non andavano nei disco o andavano in posti più riservati ed esclusivi.

Dopo un po', una delle tre checche chiese a Serafino se aveva da accendere e lui rispose che non fumava.

"Oh, cara, non bevi alcolici, non fumi e non vai a donne! Sei una santarellina!" gli disse quello e gli girò le spalle.

Serafino fece spallucce.

Il "papà" gli chiese: "Solo?"

"Eh?"

"Sei solo o aspetti qualcuno?"

"Sono solo..."

"Al mio ragazzo piaci molto e se..."

"... e non cerco compagnia." precisò Serafino, in tono gentile ma fermo e tornò a guardare quelli che ballavano.

La musica finì e la pista si vuotò. Il DJ annunciò il primo numero della serata: il "famoso" Mikal Of Ogratis avrebbe fatto uno strip-tease. Serafino sorrise per il gioco di parole. Arrivò sulla pista da ballo un bel ragazzo sui venticinque anni, vestito in frac e cappello a cilindro e, su una classica base musicale da spogliarello, eseguì il suo numero, fino a restare nudo, ma quando si tolse anche il tanga, lo sostituì rapidamente coprendosi i genitali con il cappello a cilindro e, in uno scroscio di applausi, si ritirò.

Non era niente male, aveva un bel corpo, proporzionato e dalle movenze molto sensuali. Poi fu annunciata "la" cantante, una drag queen, che però non cantò in playback e che aveva una voce abbastanza bella. Cantò, logicamente, "My Way"... Serafino pensò che era meglio di altre che aveva visto in passato, anche se non eccezionale.

Poi arrivarono i tre ballerini amici di Emiliano, il trio "Los Muchachos". Indossavano solo calzoni bianchi molto attillati sul bacino e ampi sulle caviglie, ed erano a petto e piedi nudi. Cantarono e ballarono diverse canzoni sudamericane abbastanza originali, in modo decisamente erotico. Aveva ragione Emiliano, erano bravi. Serafino li applaudì più di quanto avesse fatto per gli altri.

Infine arrivò una checca, vestito con uno smoking di lustrini, che raccontò diverse barzellette a soggetto gay, in modo decisamente divertente. Le tre checche sedute accanto a Serafino gli facevano la clack, anche se non ce n'era bisogno, perché il tizio era in gamba.

E finalmente il DJ rimise musica da discoteca e la pista gradualmente si riempì. Serafino si alzò ed andò a ballare, da solo. Vide Emiliano che si agitava davanti a un bel fusto dall'aria un po' da borgataro, e si chiese se l'avesse agganciato. Capì di aver intuito giusto quando l'amico gli strizzò l'occhio e gli fece ok con una mano.

Ballando, girò lentamente su se stesso... e si trovò di fronte il poliziotto, che gli sorrise. Istintivamente rispose al sorriso. Ballarono per un po' uno di fronte all'altro. "Si muove bene, il poliziotto centometrista," pensò. Ballava in modo molto sciolto, fluido, perfettamente a tempo, e sottilmente sensuale. E ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, gli faceva un bel sorriso.

Quando, dopo un po', Serafino lasciò la pista da ballo, il poliziotto lo seguì e gli si affiancò: "Ciao." gli disse.

"Ciao. Balli molto bene."

"Grazie. Anche tu. Mi chiamo Raffaele."

Fu un po' stupito che si fosse presentato con il suo vero nome. "Io sono Serafino. Sai che assomigli..."

"Oh no, anche tu! Sto cominciando a odiare Raoul Bova!" disse il poliziotto sollevando gli occhi al soffitto, con espressione buffa.

"Scusa. Scommetto che sei stanco di sentirtelo dire. Vieni spesso qui?"

"No. Il mio ex ragazzo è quello che ha fatto lo strip-tease e ci teneva che venissi a vederlo."

"Ex?" chiese Serafino incuriosito.

"Non mi andava che facesse... questo lavoro." rispose Raffaele

"E tu... che lavoro fai?"

"Impiegato statale. Niente di interessante."

Serafino sorrise: in fondo anche senza dirgli il suo vero lavoro, non aveva detto una bugia.

"E tu?" gli chiese Raffaele.

Stava per rispondere: la marchetta, e invece disse: "Il disoccupato."

"Difficile trovare un lavoro, purtroppo, in questo periodo..."

"Eh."

"Posso offrirti un drink?"

"Grazie."

Andarono al bancone. "Cosa desideri?"

"Un gin fizz, grazie."

Raffaele ordinò, pagò e gli porse un bicchiere. "Ti va se chiacchieriamo un po'?"

Serafino annuì. Andarono a cercare un angolo tranquillo e sedettero.

"E tu, ci vieni spesso qui?" gli chiese Raffaele.

"No. Abbastanza di rado. Né qui né altrove."

"Beh, se sei disoccupato... Vivi in famiglia?"

"No, da solo."

"E come fai per..."

"Lavoretti... quando capita." rispose Serafino.

"In nero, logicamente." disse Raffaele annuendo. "Che titolo di studio hai?"

"Terza media. Ho dovuto smettere di studiare quando avevo sedici anni. Non ho cultura, io."

"La cultura... la vera cultura non è quella che uno si fa sui libri."

"Ah no? E qual è allora?"

"Cultura è quello che rimane quando ti sei scordato tutto ciò che hai letto, secondo me. Cultura è quello che impari dalla vita e che fai tuo. Cultura non è sapere latino e greco."

A Serafino piacque quella definizione e annuì con un sorriso.

"È tutta la sera che ti osservo. Mi piace come sorridi."

"E come sorrido?" gli chiese Serafino.

"Hai un sorriso dolce e pulito."

Pulito! Pensò con ironia Serafino. "E dopo lo spogliarellista? È molto che l'hai mollato?"

"Poco più di un anno. Non ho nessuno."

"L'hai mollato perché... sei geloso?"

"No. Perché... non mi andava che facesse quel lavoro." ribadì Raffaele.

"Ma siete rimasti in contatto, se t'ha invitato e sei venuto a vederlo." notò Serafino.

"Sì. Mica è un criminale che dovevo cancellarlo, no? Voglio dire... se a lui piace farlo... Essere amici... non ho nessun problema, ma non il mio ragazzo. Diciamo che il mio ragazzo deve offrire la sua nudità solo a me."

"Beh... ma allora non doveva nemmeno andare al mare e farsi vedere da altri?" gli chiese Serafino con lieve sarcasmo.

"Che c'entra. Lo spogliarello è vendere erotismo, no? È farsi desiderare. È esibirsi... nel senso di esibizionismo."

"Mica è contro la legge."

"Certo che no, ma... ma non il mio ragazzo. Assolutamente no."

"Ma... accettava le avance degli spettatori?"

"No. Non credo proprio. Diceva di no e io gli credo. Comunque... non mi andava... vedere, sapere come gli altri lo guardavano... e come gli gridavano: nudo, nudo, nudo... Sarò forse all'antica, però non lo sopportavo. Avrei preferito che facesse il muratore, il cameriere, lo spazzino, qualsiasi cosa. Ma lui voleva continuare e così..."

"Ma gli volevi bene? Eri innamorato?"

"Sicuro che ero innamorato di lui. E in fondo gli voglio ancora bene. Un po'."

"Ma quando ti sei messo con lui, non sapevi che lavoro faceva?"

"No, ha cominciato dopo che stavamo assieme. Me l'ha detto solo dopo che ha cominciato... invitandomi nel locale in cui lo faceva."

"Qui a Roma?"

"Sì."

"Quanto tempo siete stati assieme?"

"Quasi due anni. Quando l'ho conosciuto aveva ventuno anni."

"La mia età... Quindi adesso ha ventitré anni, quasi ventiquattro."

"Esatto."

"E stasera, guardarlo, che effetto ti ha fatto?"

"Un po' di desiderio... un po' di fastidio... anche un po' di ammirazione, perchè mi pare bravo, comunque. Ma non parliamo solo di me o di lui. Parlami un po' di te."

"Che vuoi sapere?"

"Tutto."

Serafino rise. "In tutto questo casino... mi sa che perderei la voce e tu sentiresti una parola sì e una no."

"E allora... perché non usciamo?"

"Per andare dove?"

"Il tempo è discreto... e di notte Roma è bella... possiamo passeggiare un po', se ti va."

"Io sono venuto in moto, l'ho parcheggiata qui vicino."

"Possiamo fare un giro e quando vuoi tornare a casa, torniamo fino a qui. Se hai voglia di uscire con me."

"E perché no? Andiamo."

Uscirono. Camminavano lentamente, fianco a fianco, girando a caso per i vicoli deserti, facendo tratti sulle vie di scorrimento su cui qualche frettoloso automobilista notturno, infrangendo una manciata di articoli del codice della strada, sfrecciava rincorrendo qualche sconosciuta meta. E parlavano.

Serafino era in parte incuriosito, in parte divertito e si chiedeva quanto ci avrebbe messo, l'attraente poliziotto, a chiedergli di scopare. Lo ascoltava, un po' stupito di trovare in lui un misto di saggezza e ingenuità, di certezze pre-confezionate e di dubbi appena affioranti, di luoghi comuni e di intuizioni geniali.

Ma per lui restava fondamentalmente un poliziotto, cioè un "servo del potere", pagato per opprimere quelli che socialmente sono più deboli. Serafino non aveva questa convinzione per un'ideologia di estrema sinistra, lui si definiva un "animale apolitico", ma gli veniva dal fatto di aver dovuto vivere nella strada e arrangiarsi, dal fatto di essersi dovuto nascondere alle cosiddette "forze dell'ordine" fin quando era diventato maggiorenne.

Raffaele era indubbiamente un bel giovanotto, ma restava un avversario, se non un nemico, per lui e per tutti i ragazzi di vita. Uno di quelli mandati a perseguitare Leandro, uno di quelli che facevano retate per rompere l'anima a prostitute e marchette. La longa-manus di una legge che si accanisce verso l'extra-comunitario clandestino che deve vendere senza permesso accendini per sopravvivere, ma che non tocca il grasso capitalista, straniero o nazionale, che si arricchisce sfruttando i poveri.

Perciò Serafino, continuando a passeggiare e chiacchierare con lui, era diviso fra due contrastanti sentimenti: un'istintiva attrazione per quel bel giovanotto e un razionale disprezzo verso il poliziotto. Ma, da astuto e consumato attore quale era diventato per poter sopravvivere, gli dava corda, giocando per istintiva furbizia la parte del ragazzo ingenuo, pulito, gentile, come intuiva che sarebbe piaciuto al bel Raffaele.

"Mi hai detto che non hai il ragazzo, tu, vero?" Raffaele gli chiese ad un certo punto.

"Non ce l'ho, no."

"Mai avuto?"

"Mai."

"Preferisci... divertirti?"

"Non ho ancora mai... a parte da adolescente con un compagno di classe... ma solo cose da ragazzini..." disse a bassa voce Serafino, rammaricandosi di non poter arrossire a comando, fingendo di mostrare imbarazzo.

"Cioè, davvero... non hai ancora... fatto l'amore?"

"Non mi credi? No... è che... non mi va di fare come i cani che... si danno un'annusatina e si zompano addosso... e dopo è come se non si fossero mai incontrati. Non è che non... che non ne sento... come dire... La voglia certe volte viene... anche forte, però io... Per ora mi accontento di guardare e di sognare e..."

"Ma non hai amici gay?"

"Sì... qualcuno... pochi."

"E fra loro?"

"I loro discorsi... ho scopato qua, ho scopato là... mi sono fatto quello, mi sono fatto quell'altro... pare che tutto stia lì, per loro... Non mi piace. E allora... mi accontento di... fantasticare e di... fare da solo. Almeno per ora." rispose Serafino fingendo un imbarazzo che logicamente non provava.

"Perciò non hai ancora mai..." disse Raffaele, ma nella sua voce non c'era meraviglia, non irrisione ma una certa tenerezza.

"Una sola volta..." inventò Serafino. "Ma non mi è piaciuta. Avevo diciassette anni e due... mi hanno... anche se non volevo..."

"E non li hai denunciati?"

"Denunciati! Non li leggi i giornali, tu? Non vedi che la vittima passa per colpevole, se il vero colpevole ha buoni avvocati? E quei due... si potevano pagare i migliori avvocati di Roma, se li avessi denunciati, te lo garantisco. Perciò..." inventò Serafino, continuando a recitare la parte che aveva scelto di fare.

"Cavolo, ma è... Però sì, li leggo i giornali e... purtroppo hai ragione tu. Che società di merda!"

"E se andavo dai carramba o dai poliziotti, non credi che avrebbero prima di tutto sospettato di me? Non lo sai il disprezzo che c'è per quelli come noi?"

Raffaele non rispose. Camminava guardando in terra, davanti a sé. Dopo un breve silenzio, disse: "Non sono tutti così, però. Anche fra i poliziotti ce n'è che... che capiscono..."

Serafino lo guardò per un attimo, poi anche lui abbassò lo sguardo: "Ma che capiscono? Loro... mica sono mai passati per certe esperienze. Loro... Legge e ordine. Ma la legge dei ricchi, l'ordine dei potenti. Invece di fare retate di evasori fiscali, fanno retate di povere ragazze e ragazzi costretti a battere il marciapiede per mangiare."

"Non tutti sono così." ripeté Raffaele a bassa voce.

"E se anche uno non è così, che ci può fare? Disobbedire agli ordini? Sono anche loro incastrati nell'ingranaggio di questa società di merda, no? Sai perché li mandano sempre in due, al minimo? Perché così si controllano a vicenda. Ma sì, dopo tutto... sono dei poveracci anche loro. Devono portare a casa, a fine mese, qualche euro alla famiglia. Non li giudico, però... però non mi stanno simpatici."

"Forse... forse perché non ne conosci nessuno." azzardò Raffaele. "Ce n'è di... di umani."

"E allora, presentamene uno, e ti crederò. Ma no, non dico che non ce n'è come dici tu, ma quando hanno la divisa addosso e la pistola al fianco... anche loro... devono scordarsi di essere uomini, no? Robo-cop... Tu ne conosci qualcuno?" chiese Serafino.

"Sì, e... e ti garantisco che... non sono tutti come pensi." rispose Raffaele, esitante.

Ma intanto, mica mi dici ancora che tu sei un poliziotto... pensò con sarcasmo Serafino. "Non ti credo." gli disse.

"Serafino... io... Io sono un poliziotto!" gli disse fermandosi, girandosi verso di lui e guardandolo negli occhi.


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