logoMatt & Andrej Koymasky Home
una storia originale di Andrej Koymasky


IL BEL RAGAZZO CAPITOLO 6 - IL POLIZIOTTO INNAMORATO

Durante una pausa in cui Leandro fotografava altri modelli, dopo essersi appartati e aver fatto sesso, Emiliano gli chiese: "Allora, Serafino, hai scopato con il poliziotto?"

"Non ancora, ma sono sicuro che manca poco." rispose con un sorrisetto astuto. "Lo sto cuocendo a lento fuoco."

"Cioè?"

"Non voglio solo portarmelo a letto e poi fregarlo."

"E cosa altro? Ricattarlo?"

"No, il ricatto no, sarebbe una cosa schifosa. No. Voglio solo farlo innamorare di me poi pigliarlo per il culo, sputtanarlo. Così il colpo poi è più grosso."

"Cazzo! Mi fai quasi paura. Dopotutto, che t'ha fatto? D'accordo. È un poliziotto, e tutti i poliziotti sono... merda. Almeno con noi ragazzi di vita. Però... dopo tutto è anche un uomo, e giocare coi suoi sentimenti... Non ti pare che è..."

"No, non mi pare."

"Dopotutto, tu m'hai detto che ha lasciato scappare Alessio, no? Quindi non è poi così carogna quel poliziotto."

"No era Valerio. A me non interessa Raffaele. È il poliziotto che voglio fregare."

"Come se non fosse la stessa cosa. E dai! Una cosa è giocare un po' con lui, un'altra è giocare coi suoi sentimenti."

"Emiliano... che, mi stai diventando sentimentale?"

"Cos'è l'ottavo peccato capitale? La terza regola di Leandro dice che tu e il tuo cliente siete prima di tutto due esseri umani."

"Non è un mio cliente, mica mi paga."

"Non fare il finto tonto con me. Peggio pure, no? Non mi piace la piega che vuoi dare a questa storia, onestamente."

"Mica lo faccio per fare piacere a te. Piace a me e tanto basta." tagliò corto Serafino. "Per fare piacere a te, te lo metto in culo. Accontentati."

Emiliano lo guardò un po' accigliato e scosse il capo: "Quando vuoi, sei più testardo di un mulo. Comunque non mi piace, te lo dico e te lo ripeto."

"E piantala di rompere!" gli disse, rimettendosi gli slip da bagno e andò a raggiungere gli altri.

Omar gli si avvicinò e gli fece l'occhiolino: "Quando vieni di nuovo a fare un giro da me? Saranno dieci giorni dall'ultima volta."

"Dipende da te. Lo sai che io non mi tiro indietro, con chi mi piace. Ancora niente con quel restauratore? Lapo si chiama, no?"

"Sì, Lapo Bonaldi. Macché, ancora niente, purtroppo. Sennò mica lo chiedevo a te. Però... io col cavolo che mollo. Prima o poi vedrai che riesco a sedurlo."

"Mi stupisce che non ci sei ancora riuscito."

"È che ha avuto una brutta storia, prima, una storia finita male; e sai com'è, il gatto scottato ha paura del fuoco."

"I tuoi lo conoscono?"

"Certo, è il figlio di un amico di papà. Per questo ci siamo conosciuti."

"E gli piace, questo Lapo, ai tuoi?"

"Mica gli ho ancora detto che mi sono innamorato di lui. Comunque, gli va a genio e sono contenti che siamo diventati amici. Però manco lo sanno che anche Lapo è gay. Manco il padre di Lapo lo sa."

"E se vi mettete assieme, che fa, viene a vivere a casa tua?"

"Mica ne abbiamo ancora parlato, logicamente. Vedremo. Se sono papaveri, fioriranno, no?"

Serafino sorrise. Leandro lo chiamò per fare alcune pose da solo. Quando andò a rivestirsi per tornare a casa, controllò il telefonino e vide che c'erano tre messaggi. Erano tutti e tre di Raffaele. Li lesse.

Il primo diceva: "Ci sei? Ho voglia di parlare con te."

Il secondo: "Sei libero domattina?"

Il terzo: "Fatti vivo quando accendi il cellulare."

Serafino salutò i compagni, Leandro e Marta, uscì e si allontanò in moto. Poco dopo si fermò a lato della strada, si tolse il casco, prese il cellulare e provò a chiamare Raffaele. Dopo diversi squilli a vuoto stava per riagganciare, quando rispose.

"Ciao. Scusa se t'ho fatto aspettare ma sono di pattuglia... e ho dovuto dire che dovevo andare al cesso per poterti rispondere."

Serafino sorrise all'idea. "Domattina sono libero." disse semplicemente.

"Ci possiamo vedere, allora?" chiese in un tono di pieno speranza.

"Sì, certo. Dove?"

"Potrei... venire da te?"

Non l'aveva ancora mai fatto andare a casa sua... ma si disse che forse era ora di dirgli di sì: "Certo. A che ora vuoi venire?"

"Alle... nove. È troppo presto?"

"No, va bene. Allora ti aspetto."

"Grazie." disse in tono allegro Raffaele.

Ottimo, si disse Serafino, mentre riprendeva la strada. Tornato a casa, accese la TV: stavano trasmettendo riprese dei giochi olimpici di Atene. Lanciando un'occhiata ogni tanto al programma televisivo, si affaccendò a far scomparire tutto quello che poteva far capire la sua vera vita: l'album con le copie delle più belle foto scattategli da Leandro e alcune riviste in cui compariva anche lui, alcuni DVD di film porno, e anche gli oggetti più costosi che s'era comprato o che aveva ricevuto in regalo. Dopotutto, dovendo passare per disoccupato, non poteva avere in casa oggetti così costosi.

Rifece un giro per tutto l'alloggio per controllare che ogni cosa fosse come Raffaele poteva aspettarsi di trovare da lui. Poi andò in camera da letto e piazzò la videocamera digitale nel nascondiglio che aveva previsto e controllò che fosse puntata verso il letto. La ripresa fatta di mattina, con la luce del giorno, sarebbe venuta anche meglio, si disse soddisfatto.

Era sicuro che gli aveva chiesto se poteva andare a casa sua per poter scopare. Avrebbe dovuto fare il timido, l'inesperto... farsi conquistare con una certa difficoltà. Doveva recitare bene la sua parte. Doveva essere apparentemente timido, "pulito e dolce", come l'aveva definito Raffaele... ma in realtà sarebbe stato calcolatore e stratega. Era sicuro di riuscire.

Non aveva voglia di prepararsi la cena, perciò scese e andò alla solita trattoria. Alla cassa c'era il padre di Anna. Eugenio serviva in sala, come al solito la sera. Non c'erano molti avventori.

"Ciao, Genio. Dove mi metto?" chiese come le altre volte.

Eugenio gli fece un sorriso: "Oh, Serafino! Qui, se ti va bene. Vuoi il menu o..."

"No, fai tu. Anna?"

"Uscita col ragazzo."

"E tu? Non esci mai con la ragazza?"

"E chi ce l'ha?" gli rispose allegramente il ragazzo. "Io mica so' bello come te. Tu, piuttosto, ce l'hai?"

"No. E non la voglio." gli rispose guardandolo negli occhi.

"C'hai ragione! C'è tempo, no? All'età nostra è meglio divertirsi, finché si può."

"Parole sacrosante!" gli disse Serafino con un sorriso.

Mangiò, poi tornò a casa. Guardò ancora un po' la TV, aspettando di digerire. Poi fece un po' di esercizi con gli attrezzi, li ripose, si fece una doccia. Il solo asciugamano attorno ai fianchi, tornò a guardare la TV. Dopo il telegiornale di mezzanotte spense, andò in camera, mise la sveglia per le otto e andò a dormire. Non si addormentò subito: si sentiva elettrizzato a pensare alla mattina seguente.

Fu svegliato da un trillo, ma non era la sveglia, infatti mancava un quarto alle otto: era il suo telefonino. Lo prese e rispose con la voce impastata, senza neanche guardare chi chiamasse.

"Sono Claudio..."

"Eh?" chiese Serafino un po' confuso.

"Claudio Alpi... Ti ho svegliato?"

"Che ne pensi? Dovevo alzarmi, comunque. Che c'è?"

"Scusa, ma ho un problema e... ho pensato che tu forse..."

"Che problema?"

"I miei vecchi... stamattina hanno scoperto che faccio il mestiere e m'hanno sbattuto fuori di casa. E non so che fare... Se tu..."

"Senti Claudio, stamattina sono occupato e non so fino a che ora..."

"Beh... allora scusa... Ciao..."

"Ehi, no, aspetta! Mica t'ho detto che... Senti, Claudio, t'ho detto che non so a che ora, però appena sono libero ti chiamo e ci vediamo, d'accordo?"

"Davvero?" chiese il ragazzo un po' incerto.

"Sì, sì, davvero. Ce l'hai un po' di soldi in tasca?"

"Una settantina di euro..."

"Meglio di niente. Mi faccio vivo, OK? In giornata."

"Grazie. Scusa se t'ho svegliato."

"Lascia perdere. Hai provato a telefonare a Leandro?"

"Sì, ma non risponde nessuno."

"Ah, già, m'aveva detto che oggi doveva portare Marta a Terracina... Beh, ti richiamo."

"Grazie. Ciao. Grazie, eh?"

Serafino si alzò. Andò a fare la doccia, indossò le mutande e la canottiera più "normali" che aveva e andò a prepararsi la colazione. Poi tornò in bagno a lavarsi i denti e radersi. Finì di vestirsi scegliendo abiti semplici ma un po' attillati per mettere nel giusto risalto il corpo e si controllò allo specchio: ottimo!

Rifece il letto e guardò l'orologio. Erano le otto e trentacinque. Guardò nel cassetto del comodino: preservativi e gel lubrificante erano lì; confezioni nuove, dato che lui aveva detto a Raffaele di non aver avuto ancora sesso. Aprì le finestre di casa per cambiare l'aria. Il cielo era un po' coperto ma il tempo era mite. Controllò il termometro che teneva appeso fuori dalla finestra: ventidue gradi.

Fece un altro giro per casa per controllare che non ci fosse nulla di "compromettente" in vista. No, andava bene, poteva essere l'alloggio di un qualsiasi ragazzo disoccupato della sua età. La scena era pronta, il costume adatto, fra poco sarebbe iniziata la recita a beneficio dell'unico spettatore.

Finalmente suonarono alla porta. Andò ad aprire. Raffaele questa volta indossava una camicia bianca aperta sul collo e morbidi calzoni verde-bottiglia. Si salutarono con un sorriso.

"Vieni..." gli disse Serafino.

Raffaele entrò e gli porse un pacchetto: "Spero che ti piacciono i cioccolatini... a me piacciono e così..." gli disse.

"Grazie! Sì che mi piacciono." gli disse guidandolo nel piccolo soggiorno. "Accomodati."

Sedettero sul piccolo sofà-letto senza sponde. Serafino aprì il pacchetto. Dentro, oltre alla bella confezione di ottimi cioccolatini, c'era anche un CD. Erano canzoni di Yves Montand.

"La tredicesima traccia è per te. Le parole sono di Jacques Prévert..." gli disse Raffaele con un lieve sorriso.

Serafino l'aprì e lo infilò nel lettore, digitò il 13 ed ascoltò...

"Les enfants qui s'aiment s'embrassent debout
Contre les portes de la nuit
Et les passants qui passent les désignent du doigt
Mais les enfants qui s'aiment
Ne sont là pour personne
Et c'est seulement leur ombre
Qui tremble dans la nuit
Excitant la rage des passants
Leur rage, leur mépris, leurs rires et leur envie
Les enfants qui s'aiment ne sont là pour personne
Ils sont ailleurs, bien plus loin que la nuit
Bien plus haut que le jour
Dans l'éblouissante clarté de leur premier amour"

"Bella la musica... peccato che non capisco il francese. Che dice?" chiese Serafino.

Raffaele tolse un foglietto ripiegato dal taschino della camicia: "Pensavo che magari non lo sapevi e così... qui c'è la traduzione..." gli disse porgendoglielo.

Serafino spinse il tasto di ripetizione e mentre la canzone ricominciava, guardò il foglietto:

"I ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è soltanto la loro ombra
Che trema nella notte
Suscitando la rabbia dei passanti
La loro rabbia, il loro disprezzo, i loro risolini e la loro invidia.
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Loro sono altrove, ben più lontano della notte
Ben più in alto del sole
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore."

"Bella... molto bella..." mormorò Serafino.

"Non sembra scritta... per noi?" gli chiese Raffaele.

"Per noi?"

"Sì... perché tu mi piaci molto, Serafino."

Peccato che non si può arrossire a comando, pensò il ragazzo, ma sorrise fingendo un'aria lievemente imbarazzata. "Grazie." sussurrò. "Anche tu mi piaci... molto."

Raffaele gli tolse il foglietto dalle mani, lo fece alzare in piedi, lo prese fra le braccia e lo baciò lieve sulle labbra. Mentre Yves Montand continuava a cantare, lo strinse a sé e Serafino percepì l'incipiente erezione del poliziotto. Il suo corpo reagì immediatamente e anche lui si sentì gradevolmente eccitato.

"Tutto bene?" gli chiese Raffaele in un sussurro.

"Sì..."

Sì, andava tutto bene. Stranamente bene. Il regalo dato con semplicità, senza farlo piovere dall'alto come a volte facevano i clienti, quella canzone, quell'abbraccio lieve e tenero...

"Io... io, Serafino... se tu volessi... mi piacerebbe..."

"Vuoi... fare l'amore con me?" gli chiese, interpretando quella esitazione.

"Beh, sì, però... quello che volevo dire, prima... mi piacerebbe che tu fossi il mio ragazzo... Non ti sto chiedendo di... solo di... portarti a letto."

"Non ho mai avuto un ragazzo, io." si schermì Serafino.

"E non ti andrebbe di... di provarci con me?"

"Non so... forse... ma non so. Non m'aspettavo che tu... che... In fondo ci si è incontrati poche volte e..."

"Io, Serafino... io mi sono innamorato di te."

Bene! Più facile di quanto avesse pensato... In camera da letto tutto era pronto. Poteva cominciare il secondo atto.

"Vuoi... che andiamo di là... sul letto?" chiese fingendo un lieve timore, incertezza, imbarazzo.

"Non ancora... Non sono venuto da te per... per quello. Ma per dirti quello che sento, che provo... quello che spero da te. Tu non... non senti niente per me?"

"Mi piaci... sì che... sento..." rispose sfregandosi lievemente contro di lui, poi, per non sembrare troppo sfacciato, si ritrasse un poco e sussurrò: "Però... non mi sento ancora... Voglio dire... Ho voglia di te ma..." disse fingendosi confuso.

Raffaele sedette di nuovo e l'attirò a sederglisi sulle gambe, a cavalcioni, le ginocchia ripiegate sul sofà, ai suoi fianchi. Gli cinse la vita e lo attirò a sé.

"Non c'è fretta... specialmente se vuoi essere il mio ragazzo. Non sono venuto qui per quello." ripeté con dolcezza.

Cazzo, avrebbe dovuto fare meno il ritroso... pensò Serafino. Beh... anche se non è stamattina, sarà presto, si disse. Devo solo dargli corda. Non devo mostrargli che ho fretta, comunque.

"È che non... mi aspettavo... Mi piaci, e forse... Oh, Raffaele!" mormorò e gli si addossò, appoggiando la testa fra il collo e la spalla del giovanotto.

"Dimmi di sì... dimmi che ci vuoi almeno provare... ti prego..." Raffaele gli sussurrò all'orecchio, poi glielo mordicchiò.

Serafino ebbe un fremito di piacere. Raffaele gli prese il volto fra le mani, facendolo sollevare, e vi accostò il suo. Le loro labbra si sfiorarono, tenere, calde. Si schiusero come fiori al sole, si unirono. Le loro lingue uscirono lievi, timide, e si incontrarono, presero a giocherellare in un crescendo di piacere e di desiderio.

Indubbiamente Raffaele sapeva baciare, sapeva fare di un semplice bacio un atto pieno di sensualità. Serafino non aveva mai provato tanto piacere anche solo nel baciare. In tutta la sua non poca esperienza sessuale, non aveva mai sperimentato niente di simile.

Le mani di Raffaele spaziarono sapientemente sulla schiena di Serafino e una mano si soffermò sulla sua nuca, grattandola lievemente, come si fa con i gatti. Serafino fremette, sentì il membro dell'avvenente poliziotto palpitare sotto di lui, spingere. Spinse il proprio contro il suo ventre.

Raffaele staccò appena le labbra dalle sue e chiese in un sussurro: "Tutto bene?"

"Anche troppo..." rispose Serafino.

"Sai che non ho mai conosciuto un ragazzo come te?"

"Come me? Come?"

"Tenero... pulito... semplice... genuino..." gli disse prendendogli il volto fra le mani ed allontanando un po' il proprio per guardarlo negli occhi.

Serafino si accorse che gli occhi del giovanotto erano luminosi, brillanti, ma non di lussuria, di libidine come quelli di tanti dei suoi clienti. Pensò che erano belli... si chiese se fosse solo per il riflesso della luce mattutina.

"Allora..." insistette Raffaele guardandolo negli occhi, "... vuoi essere il mio ragazzo?"

"Io... te l'ho detto che non ho ancora mai... a parte quella volta da ragazzino..."

"Ha importanza? Non vorresti che sia io a... a essere il tuo primo ragazzo?"

"Sì... anche se... Fa... fa male quando... Perché tu vuoi... Vuoi, no?"

Raffaele sorrise: "E tu? Tu vuoi?"

"Sì, però... ho anche un po' paura. No, non di te, ma..." disse Serafino, poi infilò una mano fra i loro corpi e palpò l'erezione di Raffaele, poi la tolse quasi in fretta: "... di questo. È... grosso."

Raffaele gli scompigliò i capelli in un gesto affettuoso: "Non voglio saltarti addosso e... Però sì, mi piacerebbe... ma anche che tu lo fai con me, si capisce."

"Vuoi... adesso vuoi..."

"Non necessariamente adesso. Se vuoi essere il mio ragazzo... ci arriveremo e solo quando sarai pronto... solo quando sarai tu a chiedermelo."

"Io... anche adesso, ma..." disse Serafino e tornò con la mano a palpargli il membro.

Allora anche Raffaele si decise finalmente a toccarlo fra le gambe. Dapprima semplicemente gli mise la mano a coppa sul rigonfio dei calzoni, sfregando lievemente, poi lo palpò saggiandone la consistenza, la durezza. Infine Serafino sentì le dita frugare sulla patta, sbottonare l'unico bottone, far scendere la cerniera, infilarsi sotto gli slip a carezzare la sua erezione.

"Tutto bene?" gli chiese nuovamente Raffaele, in tono soffice.

"Sìiii..." esalò Serafino chiudendo gli occhi. Cazzo, datti da fare, no? si disse.

Sentì la mano iniziare a sbottonargli la camicia, poi sollevargli un poco la canottiera e carezzarlo sul ventre nudo, sul petto, sfregargli lievemente i capezzoli mentre l'altra mano lo masturbava con la giusta miscela di delicatezza e vigore. Si lasciò andare: era decisamente piacevole.

Quando i suoi clienti lo toccavano, aveva spesso la sensazione che le loro mani fossero ... rapaci. Non era così che lo toccava ora Raffaele. Sentiva in quelle mani una dolcezza, una tenerezza a cui non era abituato. Sì, era veramente piacevole. Beh, goditela... si disse ed emise un lieve sospiro.

"Tutto bene?" gli chiese per la quarta volta Raffaele, in un dolce sussurro.

"Sì..."

Serafino si chiese se dovesse darsi da fare anche lui o no. Poi pensò che forse un ragazzo "ingenuo", "inesperto" non l'avrebbe fatto. Perciò si trattenne. Però, onestamente, man mano che i toccamenti del poliziotto procedevano e aumentava la sua eccitazione, la voglia di toccarlo a sua volta in modo più intimo aumentava. Infine non seppe resistere oltre e gli sbottonò la camicia. Riaprì gli occhi e vide che il volto di Raffaele era lievemente arrossato. Bene, è su di giri, si disse.

Guardò il petto nudo, non indossava la canottiera, e pensò che era ben fatto, i muscoli ben definiti. Scostò i lembi della camicia: i capezzoli erano perfetti, l'areola grande come una moneta da due euro, lisci, in centro la lieve protuberanza rosa... Si chinò e vi posò le labbra. Raffaele fremette con forza. Serafino stuzzicò il capezzolo con la punta della lingua, lo strinse fra le labbra, lo mordicchiò lieve.

"Oh... Serafino..." mormorò il poliziotto con voce lievemente roca per il piacere.

Serafino gli aprì la patta dei calzoni, infilò le mani sotto i boxer e gli afferrò la fiera asta. La sentì guizzare, indurirsi ancora di più. Si chiese se dovesse portarlo sul letto, ma si disse di no, non ancora. Forse sarebbe stata una mossa troppo sfacciata da parte di un ragazzo "inesperto".

Il CD che Raffaele gli aveva regalato era giunto alla fine e aveva ripreso a suonare dall'inizio. E quando ripeté il brano "Les enfants qui s'aiment", il poliziotto venne in una serie di sussulti e di bassi gemiti. Serafino gli mise la mano a coppa sulla punta, per non farlo sporcare... ma venne anche lui, improvvisamente, senza riuscire a trattenersi e rendendo vana la sua precauzione, bagnando i propri abiti e quelli del bel giovanotto.

Si rilassarono quasi di colpo. Raffaele gli prese nuovamente il volto fra le mani e lo baciò a fondo, a lungo, carezzandogli la nuca e la schiena e stringendolo teneramente a sé. Serafino pensò confusamente che era stato bello.

Quando infine si staccarono, guardò fra i loro corpi. "Ti ho bagnato i vestiti... mi dispiace..." mormorò.

Raffaele sorrise e gli carezzò una guancia: "Poco male."

"Non puoi andare in giro così... E i miei vestiti non ti stanno, temo... Mi dispiace..."

"Hai la lavatrice?"

"Sì, ma poi..."

"E il ferro da stiro?"

"Anche..."

"Bene, allora gli diamo una lavata, li centrifughiamo, poi li asciugo stirandoli, se non è un problema."

"Sì, va bene... Vieni."

Lo condusse nel bagno. Si spogliarono ed infilarono tutto nella lavatrice, a temperatura bassa, ciclo breve. Erano entrambi completamente nudi. Si guardarono da capo a piedi, su e giù, più volte. Quasi contemporaneamente, dissero: "Quanto sei bello!"

"Mentre va la lavatrice, ci facciamo una doccia?" gli propose Raffaele.

"Sì."

Si lavarono l'un l'altro, senza sapone, solo per lavar via il seme che avevano indosso. Quando Serafino chiuse l'acqua, Raffaele lo prese fra le braccia e lo baciò.

"Allora... vuoi essere il mio ragazzo?"

"Sì..."

Suggellarono quel "sì" con un altro, lungo bacio. Poi si asciugarono e cinsero gli asciugamani ai fianchi. Presero i panni dalla lavatrice che aveva finito il ciclo e tornarono in soggiorno. Serafino tirò fuori l'asse da stiro e il ferro.

"Lascia fare a me..." gli disse Raffaele.

Il vapore si levava dagli abiti umidi man mano che Raffaele li stirava. Serafino li appendeva su alcune grucce perché finissero di asciugarsi. Quando li ebbe stirati tutti, Raffaele li stirò di nuovo per asciugarli completamente. Serafino lo guardava fare e notò che stirava con mosse esperte. Di tanto in tanto i loro sguardi si incontravano e si scambiavano un sorriso.

"Ecco fatto. Ci rivestiamo?" chiese Raffaele spegnendo il ferro da stiro.

"Hai fretta? Devi andare?"

Raffaele guardò l'orologio: "No, ho ancora un po' di tempo. Prendo servizio alle quattro e basta che vada verso le tre, per mettermi l'uniforme."

"Allora, possiamo fare pranzo assieme... Ho qualche provvista, posso cucinare qualcosa." propose Serafino.

"Volentieri. Allora... lasciamo gli abiti appesi, così siamo sicuri che sono del tutto asciutti quando ce li mettiamo."


Pagina precedente
back
Copertina
INDICE
15oScaffale

shelf 1

Pagina seguente
next


navigation map
recommend
corner
corner
If you can't use the map, use these links.
HALL Lounge Livingroom Memorial
Our Bedroom Guestroom Library Workshop
Links Awards Map
corner
corner


© Matt & Andrej Koymasky, 2015