Appena fu solo, Serafino tornò in camera e tirò fuori la cinepresa dal nascondiglio. La collegò allo schermo a cristalli liquidi da diciassette pollici e guardò quanto aveva registrato. L'inquadratura del letto era abbastanza chiara, erano tutti e due ben riconoscibili e la scena iniziava con Raffaele ancora vestito, inginocchiato fra le sue gambe che gli faceva un pompino.
Serafino, rivendendo la scena, si eccitò e al tempo stesso si sentì strano. Pensò che era... bella. E che...
Rimase a guardare, assorto, sentendosi rimescolare tutto dentro. Vide come Raffaele aveva fatto a spogliarsi senza che lui se ne accorgesse, poi quando lui lo tirava sul letto... Non c'era il sonoro, ma Serafino ricordava ogni parola che s'erano detti... Rivide ogni gesto, rivisse ogni sorriso, ogni carezza.
Voleva smettere di guardare, ma non ci riusciva, voleva spegnere tutto ma non ne era capace. Qualcosa si agitava dentro di lui, qualcosa a cui non riusciva a dare un nome.
S'era fatto tardi. Finite di vedere le riprese, finalmente spense tutto e andò a letto. Ma sul nero schermo delle palpebre chiuse era come se rivedesse le scene carpite dalla cinepresa nascosta.
Nonostante il contenuto fosse di fatto analogo a quello di un film pornografico, le scene erano belle e non avevano niente di morboso, di osceno. C'era invece una delicatezza, una dolcezza, una tenerezza che traspariva malgrado il soggetto.
Serafino si addormentò così, con un sorriso ebete sul viso. Fece tutto un sonno e quando si svegliò si sentiva fresco e riposato. Scese dal letto e andò a farsi una doccia. Poi andò a prepararsi la colazione. Passando nel soggiorno, vide la telecamera e lo schermo a cristalli liquidi; doveva rimetterli a posto e cambiare la cartuccia di memoria della cinepresa.
Fatta la colazione, andò a vestirsi. Poi tornò in soggiorno. Rivide il bicchiere con il rametto di orchidee bianche: erano davvero splendide. Peccato che non avessero odore...
"Un po' come te, di bell'aspetto e senza anima." sentì una voce sussurrare dentro di lui.
Sedette davanti al tavolo e il suo sguardo si spostava dalla cinepresa alle orchidee. Si sentiva strano... irrequieto... turbato. Nonostante avesse fatto la doccia, mangiato una buona colazione, si sentiva come intontito e insoddisfatto. Gli pesava di non riuscire a coordinare i pensieri, o meglio non riuscire ad afferrarli, a metterli a fuoco.
Sentì il telefonino suonare. Si alzò e lo andò a prendere. Quando l'accese vide che c'erano tre messaggini e una chiamata. Rispose subito alla chiamata.
"Si?" disse a voce bassa.
"Serafino?" chiese la voce di Alessio.
"E chi, sennò? Ciao Ale."
"Che hai? Mica t'ho svegliato, no? sono già le undici!"
"Macché. Che vuoi?"
"Allora, l'hai fatta la ripresa della scopata con il poliziotto? È venuta bene? Quando ce la fai vedere?"
Serafino sentì che non poteva, non voleva far vedere quanto aveva registrato a nessuno, che non avrebbe sopportato le risa e i lazzi dei compagni, le battute pesanti, gli scherzi salaci. Non poteva... profanare quelle scene. No, non poteva, non doveva.
"Macché, devo aver sbagliato qualcosa, non si vede niente." rispose d'impulso.
"Che imbranato sei. Beh, pazienza. Quello viene di nuovo, no? Riuscirà meglio la prossima volta." gli disse allegramente l'amico.
"Eh, vedremo."
"Ma che hai? Hai una voce strana..."
"Strana? Come strana?"
"Stai bene?"
"Ma sì, certo, benissimo."
"Mah... sarà il segnale debole, allora. 'Ste trappole funzionano come vogliono. Beh, ciao. Facci sapere quando riesci a fare una bella ripresa, così ci facciamo quattro risate assieme."
"Sì, certo. Ciao." rispose sentendosi lievemente infastidito.
Chiuse la comunicazione, quindi controllò i tre messaggi. Provenivano tutti e tre da Raffaele.
Il primo l'aveva mandato poco dopo essere uscito da casa sua: "Grazie, amore mio grande, è stato meraviglioso. A presto. R."
Il secondo alle quattro e trentasette di notte: "Ti penso e già mi manchi. Adesso starai dormendo e spero che fai sogni meravigliosi. Vorrei averti fra le mie braccia e guardarti dormire, vegliare su di te, invece di fare la guardia alle ombre della notte. Che la tua vita sia tutta senza ombre. R."
Il terzo era delle otto e dodici: "Dove eri nascosto, amore mio? Perché ti ho trovato solo ora? Prima di andare a dormire volevo dirti che hai reso bella la mia vita, e spero di saper rendere altrettanto bella la tua. Ti bacio, a presto. R."
"Cazzo, Raffaele è completamente cotto di me..." disse a mezza voce, stupito, guardando il piccolo schermo del telefonino.
Ma lui? Che cosa lo faceva sentire così strano? Perché aveva detto ad Alessio che la ripresa non era venuta? Cosa aveva Raffaele che lo turbava in quel modo?
Fu come un lampo di comprensione, come un'insegna al neon che improvvisa s'accende nella notte e lampeggia due o tre volte prima di restare accesa.
"Raffaele è il primo, l'unico, che ti tratta da essere umano!" gli disse una voce dentro di sé, gli segnalò l'invisibile insegna al neon.
"Per tutti gli altri sei un oggetto di piacere, da sfruttare al meglio, un lavoratore dal sesso da ricompensare per i suoi servizi... o al meglio un complice nella ricerca del godimento fine a se stesso..."
Per Raffaele no: era innanzitutto un essere umano da rispettare, da amare. La sua tenerezza, la sua gentilezza erano spontanee, vere, genuine, erano il suo vero dono. E allora anche il sesso, anche la scopata, diventava un dono, un dono genuino.
Raffaele gli dava il suo rispetto, e Serafino sentiva che non poteva mancargli di rispetto.
"Raffaele ti sta dando il suo amore... e tu... e tu... tu..." lo accusava la voce interiore.
Si fermò trattenendo il respiro. Sentiva una tempesta scatenarsi nella mente, addensarsi nel cuore.
"E tu? E tu? E tu?"
Se Serafino fosse stato un ragazzo di chiesa, se avesse conosciuto il Nuovo Testamento, avrebbe potuto paragonare quanto stava accadendo dentro di lui alla caduta di Paolo sulla via di Damasco. Il persecutore, il fanatico fariseo era caduto da cavallo, era stato abbagliato da una luce... s'era improvvisamente convertito.
La tempesta cessò come d'incanto, una strana quiete, un incredibile silenzio scese in lui, una luce sfolgorò e lacrime scesero dai suoi occhi.
"Chi sei, Raffaele?"
"Sono colui che volevi deridere."
"Chi sei tu, Raffaele?"
"Sono l'amore. Alzati, prendi la tua vita in mano, e vieni a camminare con me."
La luce scomparve e Serafino, attraverso le lacrime, rivide la cinepresa, il rametto di bianche orchidee così belle ma senza odore.
Uscì di casa quasi di corsa, inforcò la moto e corse, corse fuori città, corse verso il lido, corse fino a Fregene, alla villa di Leandro. S'attaccò al campanello e suonò due, tre, quattro volte, con urgenza.
"Vengo, vengo che diamine, vengo!" gridò dall'interno la voce di Marta. La porta si aprì e la vecchia lo guardò con espressione attonita: "Serafino! Che hai? Entra..."
"C'è Leandro?"
"Sì, sta sviluppando le foto di ieri... tra poco ci si mette a tavola. Vieni... Ma che hai? Che t'è successo, ragazzo mio?"
"Niente... tutto... troppo..."
"Buon dio, è come se... come se hai visto una fantasima." gli disse prendendolo per un gomito, quasi istintivamente a sorreggerlo, e lo guidò nella cucina. "Tu hai bisogno di un cordiale..."
"No... chiama Leandro, per favore."
"Sì, sì, certo, subito. Ma davvero non hai bisogno di niente?"
"Un bicchiere d'acqua, va bene."
La vecchia gliene pose uno colmo davanti, gli gettò un'occhiata guardandolo iniziare a bere come un assetato, e corse a chiamare Leandro. Dopo poco tornarono tutti e due.
"Serafino... mi dice Marta... Ma che hai, ragazzo?" gli chiese l'uomo sedendo al tavolo, di fronte a lui. Anche Marta sedette, accanto a Leandro.
Allora Serafino raccontò tutto ai due, dalla prima volta che aveva visto, di notte al parco, Raffaele, fino a quella mattina. Fu come confessarsi, disse tutto quanto aveva pensato, sentito nei vari momenti di quella breve eppure lunga storia. Non si accorse che Marta s'era dovuta alzare un paio di volte per accudire ai fornelli, non la vide fare cenno a Claudio, che s'era affacciato alla porta, di andare via e di fare silenzio. Non vide neppure le espressioni che Leandro faceva. Il suo sguardo era perso nel vuoto.
Quando finalmente tacque, Marta era nuovamente seduta al tavolo e gli aveva riempito di nuovo il bicchiere d'acqua fresca. Serafino la bevve a grandi sorsate, come per spegnere un fuoco interiore. Tirò su con il naso, si terse gli occhi umidi col dorso delle mani e guardò Leandro.
"Che mi piglia, Leandro? Che devo fare?"
"Lo sai bene, che ti piglia... Quanto a cosa devi fare..."
"Lo so?"
"Certo che lo sai. In tutto quello che m'hai detto... sai qual è la parola che hai pronunciato più spesso?"
"Raffaele?"
Leandro scosse il capo facendo un lieve sorriso.
"Io?"
Di nuovo l'uomo scosse il capo.
"Quale, allora?"
"Amore. L'amore che non hai mai avuto, l'amore che nessuno t'ha mai dato, l'amore in cui non credevi, l'amore che Raffaele ti offre, l'amore di cui hai sete, l'amore che temi di provare per la prima volta, l'amore che sai di avere per lui... Dall'inizio alla fine, a volte dandogli un altro nome, non hai fatto che parlare d'amore."
"Amore?" chiese Serafino a bassa voce, stupito.
"Amore, sì."
"Ma... ma lui... lui ama un Serafino che non esiste. Se sapesse di me, della mia vita... come ha lasciato quello spogliarellista, tanto più lascerebbe me... mi odierebbe."
"Ma tu, ora, ti sei accorto che lo ami. E non lo vuoi perdere, ora che l'hai trovato."
Serafino lo guardò negli occhi poi annuì. "Ma come posso... rifarmi una vita, ormai?"
"La risposta la conosci..."
"Smettere di... andare coi clienti... con altri... Smettere di venire a posare per te... Ma non so fare niente altro, io..."
"Ma vuoi davvero smettere?"
"Per Raffaele... per me e Raffaele... Aiutami, Leandro! Ti prego... aiutami!"
"Che lavoro vorresti fare?"
"Qualsiasi cosa che mi dà da vivere. Qualsiasi lavoro... decente. Ma pensi che davvero..."
"Non lo so, non conosco il futuro, ma... che altro puoi fare se vuoi... accettare, ricambiare quanto Raffaele ti offre?"
"Ma che posso fare? Non so fare niente, io..."
"Sai guidare la moto, no?" gli disse con un sorriso lieve Leandro. "Non ti andrebbe di fare il pony express?"
"Sì, certo... Sì, devo cercare..."
"Un mio amico ha un'agenzia di pony express e sono sicuro che se glielo chiedo..."
"Gay? Poi... vorrà... sapendo di me..."
"Gay, sì. Ma una persona molto corretta. A parte che da venti anni sta con lo stesso uomo. Allora, vuoi che gli telefono?"
Serafino lo guardò con espressione supplichevole: "Sì, ti prego, sì..."
"Resta a pranzo con noi, Serafino. Mentre Marta e Claudio apparecchiano, noi andiamo nel mio studio a telefonare. Va bene?"
"Sì, grazie..." sussurrò Serafino.
Andarono nello studio del fotografo, mentre Marta chiamava a gran voce Claudio. Leandro sedette alla scrivania, fece cenno a Serafino di sedere e prese la sua agenda. Trovò il numero e lo digitò.
"Cristiano? Sono Leandro Forleo... Bene grazie, e tu? E Edo? Ottimo... Come no... Sì, grazie, sia io che Marta... Ascolta, ti devo chiedere un grosso favore... Giusto... Ascolta, ho un ragazzo che cerca lavoro... Sì, uno dei miei modelli... No, non fa marchette..." disse e fece l'occhiolino a Serafino. "Ma vuole smettere di posare e cerca altro. Vero che lo prendi come pony express? Certo che garantisco io per lui... al cento per cento... Ah, va giusto bene... Altroché, ha la moto e la guida bene... Sì, abita a Roma... Molto bene... sì, bene... Certo, non dubitare... Ti ringrazio e a buon rendere... Te lo mando oggi pomeriggio... Sicuro... Un abbraccio a Edo... Ciao."
"Mi prende?" gli chiese Serafino.
"Dice che aveva giusto bisogno di un ragazzo in più. Ecco, ti scrivo qui il suo indirizzo. Ti aspetta in ufficio alle quattro. Ti spiega com'è organizzato il lavoro e da domattina cominci a lavorare per lui."
"Perché gli hai detto che non faccio marchette?"
"Meglio così. Non è necessario che lo sappia. Tanto più che da un bel pezzo non vai più a battere il marciapiede, perciò..."
"Dio, Leandro, non so come ringraziarti. Sei un angelo!"
"Faccio quello che posso, e tu lo meriti più di molti altri. Mi dispiace solo di perdere uno splendido modello, ma fai bene a dare un taglio a tutto."
"Come mai hai trovato subito un lavoro per me ma non per Claudio?"
"Sì che ho trovato un lavoro anche per Claudio: mi aiuta a curare il giardino, aiuta Marta a tenere pulita la villa, gli do vitto e alloggio e gli pago un regolare stipendio, con tanto di contributi. Oltre alle foto, si capisce."
"Tu sei davvero un angelo, Leandro!"
"Sono solo un essere umano. Uno che sente come dato sulla propria guancia lo schiaffo dato sulla guancia di qualsiasi altra persona. Uno che quando la sera va a letto e può dire di non aver reso infelice nessuno durante la giornata, si dice che è stata una bella giornata."
"E allora... spero di diventare anche io un essere umano come te!"
"Mi sa che sei sempre stato sulla buona strada. Tu non sei solo bello fisicamente, Serafino. Nonostante tutto, sei pulito dentro. Se mai io avessi potuto sposarmi e avere un figlio, mi sarebbe piaciuto che fosse stato come te."
Serafino era commosso. Andarono a tavola. Vide che Claudio era allegro, loquace. Pensò che davvero Leandro e Marta, per i "ragazzi", avevano preso il posto dei genitori che molti di loro non avevano avuto. Lui per primo. Quando lasciò Fregene, si sentiva come rinato. Vedeva che il futuro ora gli sorrideva veramente e anche lui sorrise al futuro.
Stava scendendo dalla moto per andare all'appuntamento con Cristiano Fusato, quando ricevette un messaggino.
"Dove sei? Non ti fai vivo? Tutto bene? R."
Digitò subito la risposta: "Forse ho trovato lavoro. Ti farò sapere..." esitò un attimo, poi aggiunse: "Mi manchi, amore! S."
Incatenò moto e casco a una palina e fece per entrare nell'agenzia, quando giunse un altro messaggino.
"Tengo le dita incrociate per te. Ti amo! R."
Rispose: "Ti farò sapere. A presto. S."
Così Serafino iniziò a lavorare come pony express. La paga non era alta, una parte era fissa e una parte dipendeva da quante corse faceva. C'era poi un rimborso spese per la moto. Aveva assistenza medica e versamenti per la pensione. Insomma, tutto regolare. Appena tornò a casa, cancellò completamente la cartuccia con la ripresa della notte di sesso... di amore con Raffaele
E finalmente lo incontrò di nuovo. Come le altre volte, Raffaele si presentò da lui con un regalo. Appena entrato, si abbracciarono e si baciarono e Serafino sentì che ora quei baci erano anche più belli delle altre volte. Si sentiva un uomo nuovo, si sentiva lieve, felice.
E per la prima volta poté pronunciare le parole "magiche", mettendoci tutto il proprio cuore, la propria anima, il proprio sentimento: "Ti amo, Raffaele, ti amo!" e si sentì talmente felice che grossi lucciconi tremolarono negli angoli dei suoi occhi.
Raffaele glieli asciugò con le labbra, lieve, delicato, tenero, stringendolo a sé.
"Vieni... di là?" gli chiese Serafino.
"Ehi, quanta fretta, oggi!" gli disse con un sorriso lieto il giovanotto.
"Sì!" disse Serafino e, per la prima volta, arrossì lievemente.
Lo prese per mano e lo portò in camera. Appena giunti accanto al letto, gli sfilò la T-shirt e gli carezzò il petto nudo, glabro, ampio. Passò le dita sui capezzoli che subito si inturgidirono, si chinò e glieli leccò, li sfregò fra le labbra, li mordicchiò godendosi il lieve mugolio con cui Raffaele lo lasciava fare. Lo baciò sul bel petto ampio, poi su su, sul collo, finché le loro labbra si incontrarono di nuovo.
Poi lo sospinse sul letto e gli si stese sopra, stringendolo fra le braccia. Sentì sotto di sé il membro indurirsi e fremette; mosse il bacino in modo di sfregarglisi contro lieve, e sentì come scariche di elettricità percorrerlo su e giù per il corpo, intensificarsi fra le sue gambe, risalire ed esplodergli nel cervello.
Raffaele lo fece sollevare un poco e gli sbottonò la camicia, gliela sfilò e gli carezzo la schiena, passando lieve un'unghia lungo la spina dorsale. Serafino scese a leccargli di nuovo il petto, i capezzoli, poi giù giù il ventre incavato e sodo. Si soffermò sull'ombelico e frattanto s'industriava per aprirgli i calzoni. Sentì il respiro di Raffaele farsi più forte, quasi un ansito continuo.
Aperta la patta, vide la telina dei boxer tesa dall'erezione. Vi posò le labbra e ve le sfregò per tutta la lunghezza del bel membro ancora imprigionato. Poi sbottonò anche i boxer e liberato il forte membro, che saltò su ritto e sodo, vi appoggiò la lingua e lo leccò su e giù. Ne sentì il lieve odore di maschio e gli sembrò ineffabile.
Raffaele gemette: "Oh, Serafino... Che hai, oggi? Oh... sei fantastico!"
"Ti amo!" ripeté Serafino, più per sentire la bellezza di quelle due paroline che altro.
Gli abbassò pantaloni e boxer, con lievi strattoni veloci: lo voleva vedere completamente nudo, voleva che anche i suoi occhi godessero del suo corpo.
"Aspetta..." sussurrò Raffaele.
Lo fece scivolare a lato, si alzò a sedere sul letto, si tolse scarpe e calze, finì di togliersi calzoni e boxer e fu finalmente completamente nudo.
"Dio, quanto sei bello!" mormorò Serafino.
Sì, lo vedeva bello più che mai, così maschio. Sì, i suoi occhi godevano a quella vista. Rispose al suo sorriso. Raffaele gli aprì i calzoni, chinato su di lui e baciandolo di nuovo. Glieli sfilò e glieli tolse assieme alle scarpe, che gettò a terra. Poi gli fece scendere lentamente anche gli slip gonfi e tesi, e lo carezzò lieve fra le gambe, sui testicoli, sul membro durissimo che fremette a quel lieve tocco sapiente. Poi Raffaele si chinò sul suo pube e si fece scivolare in bocca il bel membro del ragazzo, mentre con le mani a coppa gli stringeva le piccole natiche.
Serafino sussultò. Gli carezzò i capelli e mormorò: "Oh, Raffaele... Raffaele... Raffaele..."
Le mani dell'avvenente giovanotto spaziavano sul suo ventre, sul suo petto, mentre muoveva su e giù il capo. Serafino gli sfregò di nuovo i capezzoli, chiudendo gli occhi per assaporare meglio quanto stava accadendo.
"Raffaele... ti voglio tutto dentro di me... Per favore..."
Mentre lui si preparava, infilandosi il profilattico, Serafino si girò sul ventre e divaricò le gambe, in fremente attesa. Sentì la sua lingua percorrergli la schiena, lungo la spina dorsale, poi intrufolarsi nel solco fra i glutei frementi, bagnarlo, prepararlo...
"Oh dio, prendimi, Raffaele, mettimelo, per favore..."
Sì, ne aveva bisogno, ora, perché voleva essere finalmente suo. Per la prima volta, Serafino si stava donando a un altro. All'uomo che amava, che lo amava, e che non lo stava usando.
Raffaele gli si stese sopra e il suo membro si aprì la via fra le tenere chiappette sode. Sfregò su e giù con movimenti lenti, teneri eppure virili, mentre gli infilava le mani sotto il corpo a sfregargli i capezzoli, a impastargli delicatamente i genitali. Lo baciò sul collo e iniziò a spingere. Serafino si rilassò felice e spinse in su con il bacino.
Ma Raffaele si fermò: "Aspetta, devo metterci il gel lubrificante..." gli sussurrò, "... non voglio farti male."
"No, non m'importa! Non ti preoccupare. Prendimi... per favore... fammi tuo... tutto tuo... solo tuo."
"No..." insisté Raffaele, che non immaginava che il problema non esistesse.
Si rimise in ginocchio fra le gambe del ragazzo, prese la bustina di gel, la strappò e lo applicò con delicatezza, saggiando il foro con le dita... Poi lo fece girare. Serafino capì come voleva prenderlo e gli sorrise lieto. Gli poggiò le caviglie sulle spalle offrendoglisi così, senza parole.
Raffaele sentì che era pronto ad accoglierlo in sé. Puntò il membro sul foro e scese su di lui, lentamente, controllandosi, sorridendogli e spiandone la reazione. E lo penetrò con una spinta continua, ed entrò lentamente, lentamente, fino in fondo. Si fermò e gli sorrise.
Serafino si sentiva in paradiso. Sì, sì, ora lo sapeva: quello non era sesso, era amore! Era piacere vero, profondo, totale. Raffaele si chinò su di lui, Serafino sollevò il capo per incontrarlo, e accolse la lingua del suo uomo... sì, il suo uomo, ora poteva dirlo.
Raffaele iniziò a muoversi con cautela. Gli scivolava fuori, poi si spingeva nuovamente dentro, e ancora, e ancora... Serafino faceva ruotare lievemente il bacino, per sentirlo meglio e per dargli un maggiore piacere, mentre gli carezzava la forte schiena, arcuata su di lui. Dentro e fuori, dentro e fuori...
"Dai..." lo incitò Serafino con un sorriso estasiato.
Raffaele lo prese per le spalle e iniziò a muoversi con maggiore vigore, in un ritmo crescente. I suoi colpi si fecero via via più forti, rapidi. Serafino sentì di essere suo, tutto suo, finalmente e veramente suo. Pensò che era bello appartenere a qualcuno... La sua eccitazione era tale quale mai aveva provato in vita sua.
"Raffaele... sto per... sto per... venire..." mugolò sorpreso, stupito, meravigliato che stesse per accadere senza essersi nemmeno toccato.
I suoi colpi si fecero ancora più forti e veloci e scese di nuovo a baciarlo. Serafino sentì il suo orgasmo giungere, salire dai suoi testicoli al cervello, scendere di nuovo come un fiume in piena, soffermarsi sul ventre e infine esplodere in una sinfonia di getti e di mugolii.
E allora anche l'orgasmo di Raffaele esplose in una serie di spinte e di bassi gemiti di piacere... piacere che Serafino, ne era cosciente, gli stava donando. Il giovane uomo diede gli ultimi colpi, poi si fermò restandogli ben piantato dentro, lo strinse fra le braccia e gli diede un nuovo, lunghissimo, dolcissimo bacio.
Poi gli si tolse da sopra, si sfilò il preservativo pieno e lo appoggiò con cautela sul comodino, prese nuovamente Serafino fra le braccia e si stese con lui su un fianco. Lo guardò negli occhi luminosi con occhi brillanti. Entrambi ancora ansimavano lievemente. Raffaele gli carezzò una guancia.
"Dio, quant'è stato bello..." mormorò.
"Sì..."
"Ma sei venuto anche tu... ora non riesci a..."
"Questa volta ti puoi fermare, no?"
"Sì."
"E allora... più tardi..."
"Prometti?"
"Ti amo, Raffaele!"
"Anche io ti amo, angelo mio!"
"Solo tuo, solo tuo!" disse Serafino, stupito per la bellezza e profondità di quelle semplici parole.
"E io tuo, amore."
Serafino gli si raggomitolò contro, godendone la forza, il calore, l'odore.
"È bello stare così..." mormorò commosso.
Era per lui un'esperienza del tutto nuova. Con i clienti, e anche con gli amici, non c'erano mai stati né i bei preliminari né quei dolci momenti dopo essersi uniti. Serafino pensò confusamente che, grazie all'amore di Raffaele, per Raffaele, era diventato un uomo nuovo!