logoMatt & Andrej Koymasky Home
una storia originale di Andrej Koymasky


LIONE, AMORE MIO CAPITOLO 4 - IL CANADESE E LA SESSUALITÀ

Conobbi Jacques: era davvero un ragazzo delizioso. Feci i complimenti, di cuore, a Bernard. Poi un giorno mi invitarono a pranzo a casa loro così conobbi anche i genitori e i due fratelli maggiori di Jacques. Tutta la famiglia era molto gradevole e, neanche a dirlo, di mentalità molto aperta.

Dopo il pranzo, mentre si stava seduti in salotto, il notaio mi disse: "Così, il mio Jacques le ha portato via Bernard..."

Credo che arrossii, comunque risposi: "Fra noi c'era solo una buona amicizia. Sono contento che Bernard abbia trovato qualcosa di... più serio e valido."

"Mi aveva detto Bernard che lei è una persona squisita. Lei frequenta lettere alla Catho, non è vero?"

"Sì, è così. Mi piace molto."

"Quindi nel primo anno ha avuto come insegnante di fonetica e fonologia il professor Michel Charbonneau, giusto?"

"Sì, esatto. Un ottimo professore, molto paziente. È grazie alle sue lezioni se sono riuscito a perdere il mio accento italiano."

"Infatti, lei potrebbe benissimo passare per un nativo francese, anzi, direi per un lionese. Conosce anche l'argot di Lione?"

"Lo sto imparando... Mi piace." gli dissi con un lieve sorriso.

"Il professor Charbonneau è un mio caro amico fin dai tempi in cui si frequentava assieme il liceo. Abbiamo studiato tutti e due all'Institution des Chartreux. Poi abbiamo preso strade diverse, ma non ci si è mai persi di vista. Fra l'altro, ha sposato una cugina di mia moglie, e questo ha rafforzato il legame fra le nostre famiglie."

Chiacchierammo fino a metà pomeriggio, poi uscii con Jacques e Bernard.

"Hai una famiglia incredibile, straordinaria, Jacques," gli dissi, "per aver accettato così sia la tua sessualità, che Bernard in casa, e per come hanno trattato anche me."

"Sì, me ne rendo conto. Una fortuna molto rara, è vero. Quando hanno capito di me, due anni fa, ne hanno discusso con me, si sono documentati... e hanno capito che nonostante quello che affermano alcuni luminari della scienza, non siamo malati o viziosi, ma semplicemente una... variante legittima della sessualità umana. Allora, io avevo un'amicizia... diciamo come quella che c'era fra te e Bernard, con Fabien Charbonneau, che è del '47 come me."

"Anche il professor Charbonneau ha un figlio come noi?" gli chiesi un po' stupito.

"Sì, e anche lui lo ha accettato, esattamente come mio padre ha accettato me. So che ne hanno discusso molto fra di loro, mio padre e mia madre con i genitori di Fabien."

"Sono sicuro che i miei genitori non capirebbero, non accetterebbero mai." commentai.

"Né i miei, di sicuro." aggiunse Bernard. "Ed è così bello poter vivere con il mio Jacques, nella casa dei genitori, con la loro benedizione. È veramente fantastico."

Per le vacanze invernali tornai come al solito a Torino, usando la navetta ferroviaria fra Modane e Bardonecchia. Incontrai Carlo e Filippo: ora vivevano assieme e parevano più uniti che mai. Mi fece molto piacere. Raccontai loro di me, della mia vita a Lione, dei miei amici.

Anche quei giorni passarono e presi la strada del ritorno. Fra Modane e Chambery nevicava, montai le catene e procedetti abbastanza lentamente, con molta prudenza, perché comunque slittavo un po', ogni tanto. Quando arrivai a Chambery, aveva smesso di nevicare e la strada era abbastanza pulita. Pranzai alla periferia della città. Tolsi le catene e continuai un po' più velocemente. Fra La Tour du Pin e Bourgoin, vidi un ragazzo con zaino e chitarra accanto a lui, che faceva l'autostop. Mi fermai. Mi disse che andava a Lione, perciò gli diedi un passaggio.

Era un canadese-francese del Quebec, aveva diciannove anni e, prima di iscriversi all'università, aveva deciso di passare un anno in Francia. Aveva un'aria simpatica. Si stava chiacchierando del più e del meno, quando improvvisamente il motore tossì, la macchina procedette a strattoni per alcuni metri poi il motore morì.

Prima tentai di rimetterla in moto con il motorino d'avviamento. Poi provammo a scendere e a spingerla con la marcia dentro, lo sportello aperto, pronto a saltarci dentro se fosse ripartita. Ma dopo diverse prove, desistemmo.

"Che si fa, adesso?" mi chiese il ragazzo.

"Provo a fermare un'auto e chiedere se può fermarsi a un telefono o a Bourgoin e mandarmi il carro attrezzi."

"Ah, sì, bene."

"Senti, comunque a te conviene riprendere a fare l'autostop. Non so per quanto tempo dovrò restare fermo qui."

"No, no, sei stato gentile con me, perciò... insieme nella buona e nella cattiva sorte. Io comunque non ho un orario da seguire, sono libero."

Insistei un po', ma la spuntò lui. Comunque mi fece molto piacere. Segnalammo alle auto di passaggio di fermarsi, ma prima che un automobilista ci chiedesse se avevamo bisogno di qualcosa, era passata quasi un'ora ed eravamo mezzo congelati. Il tizio ci assicurò che avrebbe avvertito l'officina auto a Bourgoin e ci avrebbe mandato un soccorso.

Sedemmo in auto, in attesa, e ci mettemmo a chiacchierare per far passare il tempo. Nonostante fossi preoccupato per le condizioni dell'auto, e per la spesa che avrei dovuto sostenere per farla riparare, non potevo evitare di guardarlo e di pensare che quel ragazzo mi piaceva, e di conseguenza sentirmi lievemente eccitato. Passò un'altra ora prima che vedessimo finalmente spuntare il carro attrezzi.

Il meccanico diede un'occhiata al motore, poi manovrò, si mise davanti alla mia auto, l'agganciò, ci disse di salire e ci portò fino alla sua officina a Bourgoin. Era già metà pomeriggio e iniziava a imbrunire.

Dato che c'era un bar davanti all'officina, decidemmo di andarci a sedere là, per toglierci il freddo dalle ossa, e dicemmo al meccanico di chiamarci quando avesse capito il guasto e mi poteva dire quanto tempo e quanti franchi ci volevano per ripararlo.

Dopo una mezz'oretta tornò, mi spiegò il problema e mi disse che pensava in un'ora e mezzo, due, di potermela rimettere a posto. Però non avevo con me abbastanza denaro... Il ragazzo canadese mi disse che mi poteva prestare lui la differenza, che gli avrei reso il giorno dopo, a Lione, andando in banca. Lo ringraziai e accettai.

Mangiammo qualcosa e bevemmo un paio di caffè caldi, continuando a chiacchierare. Per lo meno, non essendo solo, il tempo passava più in fretta e, nonostante tutto, gradevolmente. Il meccanico ci mise due ore e un quarto per rimettere in sesto la mia povera Cinquecento.

Così, finalmente, riprendemmo la strada.

"Dove dormi, questa notte? Hai prenotato un albergo?"

"No... Se non arriviamo troppo tardi, vedo se mi accettano all'ostello della gioventù. Ho qui due indirizzi..."

"Se arriviamo troppo tardi, e se non hai problemi, puoi dormire con me, anche se il letto è a una sola piazza."

"Grazie, vedremo. Se non fosse inverno, mi arrangerei, ma... fa freddo."

Quando arrivammo alle porte di Lione, mi fermai per farlo telefonare. L'Auberges de Jeunesse di Lyon-Vénissieux era pieno, c'era una scolaresca che lo occupava tutto. Allora telefonò a quello del Vieux Lyon ma non rispose nessuno: erano giusto le dieci di sera.

"Senti," gli dissi, "per questa notte dormi con me. Staremo un po' stretti, ma..."

"Ci terremo caldo." mi disse con un sorriso tranquillo.

Così lo portai alla Maison des Etudiants e lo feci salire con me. Eravamo tutti e due stanchi. Però mi chiese se c'era una doccia, perché erano tre giorni che non poteva lavarsi decentemente. Gli detti il mio asciugamano da bagno, estrasse dallo zaino il necessario per lavarsi e gli mostrai dov'era la stanza da bagno.

Dopo una mezz'ora scarsa, tornò, la pelle lievemente arrossata per il contrasto fra il corpo freddo e l'acqua calda. Era bianco e rosa come una pesca matura. Pensai che avrei dovuto dormire girato verso il muro, per non cedere alla tentazione.

"Mi vado a lavare i denti, vado al gabinetto, poi ci mettiamo a letto, d'accordo?" gli dissi.

Annuì con un sorriso. Quando tornai, s'era già infilato sotto le coperte. Ne sporgeva solo parte del torso e vidi che era a petto nudo.

"Non avrai freddo, così?" gli chiesi.

"No, la stanza è calda e in due, come hai detto tu, ci scaldiamo. Vieni?"

Annuii, mi spogliai restando solo in mutande, lui sorridendo (invitante?) scostò la coperta per farmi salire. Spensi la luce e mi stesi; lui sistemò la coperta, poi, girato verso di me, mi chiese: "Io ti piaccio, vero?"

"Eh? Uhm... sì..."

"Ci speravo. Anche tu mi piaci." disse e spostò la mano poggiandola sul mio petto in una carezza.

Mi si addossò e sentii che aveva già un'erezione. Cominciai a eccitarmi anche io.

"All'ostello della gioventù m'avevano detto che c'era posto... t'ho detto una bugia... perché volevo venire a letto con te." disse allegramente.

"Ma come hai capito che io..."

"Da come mi guardavi." sussurrò e con l'altra mano mi saggiò fra le gambe, sentendo la mia incipiente erezione.

Allora mi venne sopra, mi abbracciò e posò le labbra sulle mie. Gli cinsi la schiena fra le braccia stringendolo a me e schiusi le labbra per accogliere il suo bacio. Lui strinse le gambe attorno alle mie e mi baciò dapprima lievemente, poi in modo sempre più caldo.

"Sarà una bella notte... vedrai che non avremo freddo."

"Penso proprio di no." risposi sorridendo.

Scesi con le mani a palpargli il sedere, poi gli forzai giù le mutande. Sollevò un po' il bacino per facilitarmi il compito, poi scese a togliermi le mie. Mi baciò di nuovo mentre sfregava il membro contro il mio.

"Ti piace metterlo o prenderlo?" mi chiese.

"Tutt'e due. E a te?"

"Perfetto." disse e mi mordicchiò lieve il labbro superiore, mentre infilava le mani fra i nostri petti per stuzzicarmi delicatamente i capezzoli.

Pensai che per avere diciannove anni, ci sapeva fare... e che era un peccato che fosse solo di passaggio. Durante lo sfortunato viaggio di avvicinamento a Lione ne avevo apprezzato il buon carattere, l'apertura mentale e l'intelligenza, e ora ne stavo apprezzando le altre qualità che sommate alle prime, ne avrebbero fatto un buon compagno.

Quando, dopo diverse piacevolissime acrobazie raggiungemmo entrambi il piacere, ci rilassammo e piombammo entrambi in un profondo sonno: fra viaggio e sesso eravamo davvero esausti.

La mattina seguente ci svegliammo tardi. Vestitici, lo portai a fare colazione, quindi andammo in banca dove ritirai un po' di soldi in modo di rendergli quanto mi aveva prestato.

Poi gli feci visitare i punti più interessanti di Lione, comprese le "traboules", cioè i passaggi che avevo scoperto che permettono di andare da una via a un'altra attraverso gli immobili di un isolato, gli offrii anche il pranzo in una piccola trattoria tradizionale che c'era accanto all'Homme de la Roche e infine lo accompagnai fino a oltre Vaise, sulla strada per Parigi. Mi lasciò il suo indirizzo in Canada, e cominciò a fare l'autostop. Quando vidi che era stato caricato, tornai indietro.

Quando ripresero i corsi all'università, rividi finalmente il "mio" Billel.

Mi ero messo in testa di riuscire a scoprire se potessi avere una qualche speranza con il mio bel compagno di corso o no. Ormai erano più di due anni che lo conoscevo, c'era fra noi una certa amicizia, anche se essenzialmente basata sulla comune frequenza dei corsi, e nonostante il mio costante desiderio nei suoi confronti, non avevo mai fatto nulla per creare una maggiore intimità fra di noi.

Ma ogni volta che tentavo anche semplicemente di sfiorare con lui l'argomento del sesso, pareva sfuggire. Mi chiesi se questo provenisse da un'estrema timidezza riguardo a certi argomenti, oppure dalla sua religione, dato che avevo capito che, nonostante frequentasse l'università cattolica, era di religione islamica.

Anche quando gli altri compagni facevano battute a sfondo sessuale, Billel pareva quasi non coglierle, e comunque non esserne interessato minimamente, non apprezzarle.

Certe volte pensavo, specialmente quando si facevano due passi assieme lungo la Saône, soli io e lui, che quasi quasi gli dichiaravo chiaro e tondo: io sono omosessuale. Ma di fatto non ne avevo mai avuto il coraggio. Oggi può sembrare una cosa strana, ma sto parlando di quasi quaranta anni fa.

Insomma, il tempo passava e non riuscivo a decidermi, né lui mi dava il minimo appiglio, anzi, pareva quasi evitare accuratamente di darmene. Tanto che mi chiesi anche se per caso avesse capito che sono omosessuale e che, proprio per questo, evitava il discorso sesso.

È vero che a volte ci si crea una situazione di paranoia che non ha motivo di esistere, ma è anche vero che a volte si rischia di fare errori per troppa superficialità. Trovare un equilibrio fra questi due estremi, non è sempre facile e certamente non lo era per me nei confronti di Billel.

Gli raccontai "l'avventura" avuta con il canadese, cioè da quando gli avevo dato un passaggio a quando l'avevo ospitato per la notte nella mia stanza e anzi nel mio letto, fino a quando l'avevo lasciato sulla strada per Parigi, senza dirgli, logicamente, che avevamo fatto sesso.

Billel mi disse: "Tu sei sempre molto gentile verso tutti. È stato fortunato quel ragazzo a trovare te."

"Beh, sono stato più fortunato io, perché quando mi si è rotta l'auto, se lui avesse continuato a fare l'autostop invece di restare con me, sarebbe arrivato a Lione a un'ora decente per trovare un posto in uno dei due alberghi della gioventù."

"Ma quel ragazzo ha fatto bene a non lasciarti da solo, dopo che tu gli avevi gentilmente dato un passaggio. Lui ha incontrato una persona gentile e anche tu hai trovato una persona gentile, e questo è molto bello, specialmente ai nostri tempi in cui sembra che ognuno pensi solo a se stesso."

"Sì... d'accordo." gli dissi.

"Ed avete condiviso una parte delle vostre vite, cosa che credo che nessuno di voi due dimenticherà. Mentre chissà quanti passaggi in auto dati e ricevuti si dimenticano assai in fretta."

Decisi di tentare il tutto per tutto, e, in tono scherzoso e leggero, gli dissi: "Certo, sarebbe stato diverso se, invece di un ragazzo, fosse stata una ragazza."

Billel, in tono serio, mi disse: "Ma certamente, anche con una ragazza occidentale, benché siano più libere delle nostre, non avresti potuto darle ospitalità nella tua stanza e ancora meno nel tuo letto."

Un po' deluso che non avesse colto... o non avesse voluto cogliere, quanto sottintendevo, gli dissi: "Ma chissà quanti nostri coetanei, al posto mio, avrebbero preferito, sognato, che quell'autostoppista canadese fosse stato una ragazza e portarsela a letto."

"Sì, lo so... ma tu sei un ragazzo a posto, non sei immorale come alcuni nostri compagni. Per questo mi piaci e posso esserti amico. Non ho mai apprezzato certi scherzi pesanti sulle ragazze, sul sesso: sono volgari. La sessualità è una cosa seria, su cui e con cui non si scherza."

Bene, a questo punto ero... incastrato, non avevo più spazio di manovra.

Ma, con mia sorpresa, Billel continuò: "Io, a differenza anche di molti ragazzi algerini, non solo francesi, non solo voglio sposarmi con una ragazza che non è mai andata con un uomo, ma anche io voglio arrivare al matrimonio senza mai essere andato con una donna. Cioè, secondo me, o tutti e due o nessuno di due. Oh, so che anche fra i miei compagni arabi o nord-africani pochi la pensano così... Lo so che nella mentalità corrente al maschio è permesso tutto e alla donna nulla... Ma io non sono d'accordo."

Riuscii solo a dire: "Ah." e a pensare: "Rassegnati: Billel è irrimediabilmente eterosessuale. Rassegnati, Osvaldo."

"Perciò..." comunque azzardai, "... tu non sei ancora mai andato con una donna?"

"No, logicamente. Come neppure tu, penso."

"Neanche io, è vero." dissi.

"Ne ero sicuro." mi disse con un dolce sorriso. "Tu infatti non solo hai un atteggiamento rispettoso verso le nostre compagne di corso, ma non hai mai fatto battute stupide o sporche, quando si era fra noi compagni, a proposito delle compagne o della sessualità... proprio come me. Anche tu vuoi arrivare vergine al matrimonio."

Oh, povero me! pensai... Se tu, Billel, sapessi la vera ragione per cui non sono mai andato a letto con una ragazza...

Beh, mi dissi, Billel è irrimediabilmente eterosessuale, comunque resta un caro amico... accontentiamoci. Bernard è ormai accasato e Billel è intoccabile. Pazienza!

Nonostante in fondo io avessi solo ventuno anni, quindi fossi appena diventato maggiorenne per la legge italiana, mi chiedevo quando avrei trovato l'amore... "Se" l'avrei mai trovato... Mi sembrava che il tempo, e le occasioni, mi sfuggissero fra le mani.

Arrivai a pensare che se avessi fatto innamorare Bernard di me, non si sarebbe innamorato del suo Jacques e che ora, invece di essersi messo con lui, sarebbe stato ancora con me. Ma, onestamente, come potevo far innamorare di me Bernard senza innamorarmi io di lui? E uno, può decidere di innamorarsi? No, logicamente.

Fra Bernard e me, pur essendoci amicizia e pur essendoci stata una buona sessualità, non era mai scoccata la fatidica scintilla. Avevo letto in uno dei libri di Bernard che secondo i mistici sufi, l'uomo è composto di quattro parti: il corpo, la psiche, l'anima e l'ambiente.

Forse con Bernard s'era creata un'armonia fra i nostri corpi e le nostre psiche, ma non fra le nostre anime né fra i nostri ambienti.

L'ambiente, per quanto avevo capito, non è solo quanto ci circonda, la "stanza" o il "luogo" in cui siamo, ma anche tutte le nostre relazioni con gli altri. D'altronde, chi è che aveva detto che ogni uomo "diviene" e quindi via via "è" in base alle relazioni che ha?

Allora forse, per far nascere l'amore ci deve anche essere armonia delle anime, e per farlo durare armonia degli "ambienti"?

E queste quattro armonie, devono preesistere o si possono creare?

Ma questi sono miei pensieri e interrogativi che mi posi in seguito, non erano certo quanto occupava la mia mente e il mio cuore in quei giorni di cui sto raccontando.

Sia come sia, uscito dall'università andai alle poste centrali per spedire un pacchetto ai miei a Torino. Quando uscii dopo una coda non troppo lunga, notai, accanto alla Tour de la Charité un carretto che faceva le crêpes e le gaufres, con sopra l'insegna, dipinta in belle e grandi lettere: "Les meilleures gaufres de Lyon", così decisi di andare a comprarmene una, spolverata di zucchero a velo vanigliato. Sono uno dei dolci che apprezzo di più.

Stavo sgranocchiandomi quella gaufre calda, grande come un libro, un piacere quasi lascivo, e mi avviavo a passo lento, per gustarla meglio, verso il ponte de la Guillotière, quando mi sono sentito toccare su una spalla. Mi sono girato ed era Claude, l'elettricista.

"Ehi, Claude!" lo salutai con un sorriso.

"Ti ricordi ancora il mio nome?"

"Sì, certo. Come stai? E il tuo capo... amico?"

"Ci siamo lasciati... O, piuttosto, l'ho lasciato io."

"Come mai? Qualche problema?"

"No... cioè... sì. M'ero stancato di fare la ruota di scorta. Non è possibile avere una vera relazione con un uomo sposato, perché per lui viene prima la famiglia."

"È naturale, penso. Specialmente nel nostro caso. Un uomo sposato può anche lasciare la sua famiglia per farsene un'altra, con un'altra donna, ma con noi... due uomini non possono fare una famiglia." gli dissi.

"E perché no? Un uomo e una donna che si sposano, sono una famiglia anche se non hanno figli, o anche quando i figli sono grandi e se ne vanno. Perciò, perché dici che due uomini non possono essere una famiglia?"

Riflettei un attimo, poi dovetti ammettere che non aveva torto. L'unica reale differenza era che due uomini non si potevano sposare. Gli chiesi: "Ma lavori ancora con lui? Non è difficile?"

"Infatti ho cambiato lavoro. Adesso mi hanno assunto alla Foire de Lyon, sempre come elettricista."

"E... sei solo?" gli chiesi, sperando di poter combinare di nuovo un bell'incontro di sesso con lui.

Fece un sorriso tenero: "No, ho trovato, credo, l'uomo giusto. Adesso vivo con lui, vicino al Musée Guimet. Lui affitta barche all'imbarcadero del parco. Ha trentasei anni... Stiamo molto bene assieme."

"E..." gli chiesi, un po' speranzoso, "... qualche volta gli metti un cornetto?"

"No, con lui non mi viene nemmeno voglia. Forse perché viviamo insieme, forse perché ci sto bene. Dovevo capirlo prima che l'altro non andava bene per me, proprio perché ogni tanto mi veniva voglia di tradirlo e... e non ne ero per niente pentito, dopo, anzi... Ma dimmi di te, piuttosto. Sempre bene i tuoi studi? Ce l'hai tu un amichetto?"

"Sì, gli studi vanno bene, ormai dovrei laurearmi. E no, non ho nessuno, adesso. Ma in fondo non ho mai avuto un vero ragazzo. Ho solo avuto un amico con cui stavo bene e ci si divertiva. Voglio dire... non ho ancora conosciuto il... il vero amore."

"Ah, l'amore, l'amore! Io... onestamente non lo so se con Alphonse c'è... vero amore. So solo che lui è la persona più importante per me e io lo sono per lui."

"E siete fedeli l'uno all'altro."

"Logicamente. Però... non lo so ma... non è che ci sono romanticherie fra noi. Sai, quelle cose da innamorati. C'è... tenerezza, piacere di stare, di vivere assieme."

"L'amore, credo, non è solo quello che ci fanno vedere al cinema, fatto di grandi passioni e di belle frasi romantiche, di poetici chiari di luna e di dolci tramonti. L'amore, secondo me, è sapere che l'altro ha bisogno di noi e perciò dargli tutto quanto siamo capaci di dargli. È voler stare con l'altro anche... domani."

"Beh... allora..." ammise Claude con un sorriso lieto, "allora Alphonse e io forse ci amiamo anche se non ce ne siamo accorti. Beh, sono contento di averti rivisto. Auguri per i tuoi studi e per i tuoi amori."

"Auguri a te, Claude, anche per la tua relazione con il tuo uomo. Sono contento anche io di averti rivisto." gli dissi con un sorriso, anche se ero un po' deluso, perché avevo sperato che avrebbe avuto voglia di fare un salto da me.

Presi la strada del ritorno, passando lungo il ponte de la Guillotière e, come tutte le altre volte, battei con la chiave sul mancorrente, godendomi gli squillanti ed allegri "uiiiinnnn..." che ne traevo: era un po' come esprimere un senso di "appartenenza", perché solo gli habitué del posto conoscevano quel piccolo segreto.

Una città è "tua", o forse tu sei "suo", proprio quando ne conosci quei piccoli segreti che né il turista né il passante frettoloso scopre mai. Il risuonare del mancorrente del ponte, le traboules, certe scorciatoie, il conoscere quella botteguccia seminascosta all'interno di un cortile, quel fregio scolpito nell'angolo di una casa in un vicolo appartato... tutto ciò fa di te parte viva di una città.

I monumenti, i musei, i palazzi, i parchi, eccetera sono certamente importanti, ma non sono altro che il vestito della festa di una città. I suoi angoli segreti, le sue caratteristiche nascoste, cioè le sue ossa, le sue vene, il suo cuore, non si mostrano, non si notano, ma ne costituiscono la vera essenza, il vero carattere e la personalità. Ne sono l'anima.

E Lione, lo sentivo, mi stava entrando nel sangue e io stavo entrando nel sangue della città. Una sensazione assai gradevole. Di appartenenza, appunto.

Ma io anelavo anche a un altro tipo di appartenenza: quella di coppia, quella che si sperimenta con la persona amata. Quell'appartenenza che, legandoti a un altro, ti rende veramente libero. Sembra un ossimoro, ma lo è solo apparentemente.

Mentre salivo le scale per andare in camera mia, incrociai Mariano, lo spagnolo. Non c'era mai stata vera amicizia con lui, che ora stava seguendo un corso di specializzazione, ma semplice cameratismo dato che si abitava nella stessa residenza.

Mi fermò e mi disse, col suo forte accento spagnolo che ancora non aveva perso: "Ehi, Osvaldo, sai il nuovo arrivato, quel Guillaume Bazin che sta al tuo piano, l'alsaziano..."

"Sì?" gli chiesi, un po' incuriosito dal suo tono da cospiratore.

"Ebbene, ho scoperto che è un maricon!"

"Un che?"

"Un pédé, un omosessuale."

"Ah. E con ciò? E come puoi esserne sicuro? T'ha fatto una proposta?"

"Noooo! Ha solo da provarci e gli faccio vedere io. A me i pédé fanno schifo!"

"Ma davvero? E perché?"

"Sono solo dei degenerati, dei viziosi."

"Non più viziosi di te che ti vanti di scopare le ragazze dopo averle illuse e poi le mandi a quel paese!" gli dissi un po' seccato.

"Che c'entra! Quello se lo fa mettere in culo dai maschi, non capisci? Una cosa schifosa! Da degenerati."

"E a te, cosa toglie, se gli piace e se non lo fa in pubblico. Dov'è il tuo problema?" gli chiesi, sottolineando il "tuo".

"Ma scherzi? A me quei pervertiti mi disgustano! Non mi dire che tu li tolleri!"

"E tu non mi dire che sei disgustato da Catullo, Petronio, Abu-Nuwas, Michelangelo, Leonardo da Vinci, Shakespeare e tanti altri fino a Rimbaud, Genet, Jarman! Ammesso che tu sappia chi sono..." conclusi con ironia.

"Ma che c'entra: quelli sono artisti e si sa che gli artisti sono sregolati, senza morale."

Lo guardai un po' sorpreso, poi gli dissi, con sarcasmo: "Allora dirò a Guillaume di diventare un artista! Ma poi, dimmi, come fai ad essere tanto sicuro che Guillaume sia omosessuale?"

"Ma non lo vedi? Così delicatino, effeminato, raffinato... E poi, l'ho sentito poco fa, mentre passavo dietro alla sua porta, che diceva a un suo amichetto di spingerglielo tutto dentro, di metterci più energia."

"Magari stavano solo riempiendo una valigia e non riuscivano a chiuderla."

"Sì! E gli asini volano!"

In quella Guillaume stava scendendo le scale con un altro ragazzo, che aveva una piccola valigia in mano, e gli stava dicendo: "Hai visto che c'è entrato tutto? Dì a nostra sorella che oltre a lavarli, li rammendi, per favore."

Li salutai con un cenno, poi guardai Mariano con aria divertita: "Eh, caro Mariano, forse gli asini volano davvero... Tu per primo!"

Mariano mi guardò confuso: "Ma io pensavo... credevo..."

"Sei un gran cretino! E quello era suo fratello. E tu che vai a origliare dietro alle porte come una pettegola! E comunque, se anche Guillaume fosse un pédé, se non altro è più gentile ed educato, più civile di te. Ti pare di essere tanto migliore di lui? E che ne sai che magari sono anche io un pédé? Ti farei schifo, ti disgusterei?"

"Ma tu... tu non sei pédé, vero?" mi chiese.

"Ma, scusa, Mariano, te ne frega tanto? Tutto il valore di un uomo, per te, è dove mette il suo cazzo, come lo usa? Cos'è, per caso hai qualche dubbio riguardo alla tua sessualità?" gli dissi e lo lasciai lì, per le scale, andandomene in camera mia.


Pagina precedente
back
Copertina
INDICE
15oScaffale

shelf 1

Pagina seguente
next


navigation map
recommend
corner
corner
If you can't use the map, use these links.
HALL Lounge Livingroom Memorial
Our Bedroom Guestroom Library Workshop
Links Awards Map
corner
corner


© Matt & Andrej Koymasky, 2015