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una storia originale di Andrej Koymasky


ALBERGO A ORE CAPITOLO 2
SCHIAVI DEL RACKET

Accanto al pullman arrivarono, una dopo l'altra, alcune auto e ne scesero uomini che salutavano con abbracci e pacche sulle spalle il capo-comitiva. Tutti gli ospiti del pullman guardavano dai finestrini quella gente, chiedendosi chi fosse.

Anca aveva un foglio in mano. Cominciò a chiamare le poche donne del gruppo e disse loro di lasciare i bagagli a bordo e di scendere. Erano presentate a alcuni degli uomini arrivati in auto, vi salivano e partivano. Poi fecero scendere le ragazzine, che andarono via tutte e due nella stessa auto.

"Perché non prendono i loro bagagli?" chiese sottovoce Petru a Costica.

"Forse glieli portano dopo." rispose pensieroso il compagno.

Poi furono chiamati gli uomini a gruppetti di due o tre e anche questi si allontanarono a bordo delle auto che erano arrivate. Ora a bordo erano rimasti solamente i nove ragazzini.

Ne chiamarono tre che salirono su un'auto e partirono, poi furono chiamati Costica, Petru e un altro.

Scesi dal pullman, il pope disse loro: "Questo è Dragos Matei, il vostro responsabile. Salite sulla sua auto e obbeditegli in tutto e per tutto."

"Dove ci porta?" chiese Costica.

"A casa, dove abiterete." rispose secco il pope.

"E i nostri bagagli?" chiese l'altro ragazzo.

"Vostri? Quelli servivano solo per farvi passare la dogana. Non ne avrete bisogno, Dragos penserà a tutto." disse seccamente il capo-comitiva che frattanto s'era avvicinato.

Salirono tutti e tre sul sedile posteriore dell'auto che Dragos aveva indicato loro. Accanto al posto di guida era seduto un ragazzo più o meno ventenne, che li salutò in romeno e chiese loro i nomi, senza presentarsi.

Poi anche Dragos salì in macchina, consegnò al compagno i tre passaporti dei ragazzi, mise in moto e partì.

Quello seduto accanto a lui, gli disse: "Niente male, questi tre..."

"Sì, Adam. Gli ho detto chiaro e tondo che non volevo più roba di seconda scelta. Questa volta ci hanno trattato bene."

Petru pensò che era curioso che parlassero di loro come di "roba"...

Si fermarono in una strada stretta, con case vecchie di due, tre, massimo quattro piani, dalle facciate scrostate. I due sospinsero i tre ragazzi nel portoncino di una casa di due piani e fecero salire loro tutte le scale. Il più giovane, che si chiamava Adam Vasile, estrasse una chiave e aprì una porta.

Si trovarono nel sottotetto, in una stanza con una ventina di armadietti da spogliatoio e un'altra porta, anche questa chiusa a chiave. Adam aprì anche la seconda porta e Dragos sospinse dentro i tre ragazzi seguendoli.

Erano in un'unica grande stanza, illuminata da quattro piccoli abbaini. A terra, da un lato, c'era una fila di materassi, stesi uno accanto all'altro; dalla parte opposta un lungo tavolo con una ventina di sgabelli e di fronte un grosso lavello quadro a terra, un secchio di plastica rossa e una tazza da cesso con fogli di giornale appesi ad un chiodo; nella parte centrale, di fronte alla porta dello spogliatoio, c'era un piccolo, vecchio montacarichi di legno.

Sui materassi erano stesi sette ragazzi con indosso solo mutande e canottiera, che pareva dormissero. Adam richiuse a chiave la porta.

Dragos ordinò ai tre ragazzi di sedere, prese uno degli sgabelli e sedette di fronte a loro. Adam prese un altro sgabello e gli sedette a fianco.

"Bene, ragazzi, questa è casa vostra. Da questo momento voi tre appartenete a me. Dovete guadagnarvi da mangiare e i soldi per restituirmi quanto vi ho pagato. Se ne guadagnate di più, potete mandare i soldi alle vostre famiglie. Finché non compite i sedici anni, andrete a chiedere l'elemosina e dovrete portare almeno trentamila lire al giorno. Almeno, altrimenti non vi avanzerà niente da mandare a casa. Poi, quando avrete compiuto sedici anni, andrete a battere la strada, e allora dovrete portarmi almeno settantamila lire al giorno."

"Ma... ci avevano detto... Io dovevo fare il cameriere!" protestò Petru.

"E io..." disse Abel, l'altro ragazzo.

"Prima regola: non dovete mai contraddirmi, farmi incazzare, disubbidire, oppure..." disse senza alzare la voce Dragos poi, senza girarsi verso i materassi, chiamò: "Fane! Vieni qui!"

Uno dei ragazzi stesi sui materassi si alzò e, a piedi nudi, andò immediatamente accanto a Dragos: "Eccomi."

I tre ragazzi spalancarono gli occhi: Fane doveva avere sui diciassette anni, aveva il volto tumefatto e ampi lividi sia sulle braccia che sulle gambe.

"Fane non mi portava abbastanza soldi. Per la prima volta l'ho sgridato, la seconda l'ho punito come vedete. La terza non sarà capace di alzarsi dal materasso, chiaro? Ci sarà una terza volta, Fane?"

"No... no no..." disse con uno sguardo spaventato il povero ragazzo.

"Bene, torna a sdraiarti, adesso. Dunque, dicevamo..." riprese Dragos, con espressione tranquilla, "Per circa un anno andrete a mendicare e frattanto imparerete un po' di italiano. Per chiedere l'elemosina non è necessario parlare. Il vostro capo sarà Horatiu Roder, che conoscerete più tardi. Poi, quando comincerete a vendere il culo..."

"Ma io... io... non voglio..." iniziò a dire balbettando Abel.

Dragos guardò Adam, che si alzò in piedi, si sfilò con calma glaciale la cintura dei calzoni e la fece schioccare come una frusta, avvicinandosi ad Abel.

"Stavi dicendo, tu?" gli chiese Dragos.

"Io... io... non ho mai..." balbettò Abel.

Adam calò di colpo la cintura e lo colpì, e Abel, cercando di evitare la staffilata, cadde a terra gridando: "No... no..."

Petru e Costica tremavano, gli occhi sbarrati, spostando rapidamente lo sguardo dal compagno a Dragos ad Adam.

"Non ti ho detto di metterti a terra." disse con voce fredda e calma Dragos. "Torna subito sul tuo sgabello."

"Sì... sì..." gemette Abel e tornò a sedere, guardando preoccupato Adam, che, con espressione tranquilla, fece schioccare di nuovo la cintura ma non lo colpì.

"Dunque, dicevamo..." riprese Dragos con espressione annoiata, "... e non mi interrompete più. Horatiu vi insegnerà a mendicare. Poi passerete sotto Adam che coordina i ragazzi che vendono il culo, chiaro?"

I tre ragazzi lo guardarono, spaventati, in silenzio.

"Chiaro?" chiese di nuovo Dragos e Adam fece schioccare ancora una volta la cintura.

"Sì..." dissero quasi in coro, precipitosamente, i tre ragazzi.

"Un avvertimento: se vedete i poliziotti... ce n'è di diversi tipi qui in Italia, dovete girare alla larga, sennò finite in galera e... i clandestini, qui in Italia, fanno sempre una brutta fine... specialmente quelli giovani come voi... In galera diventano le puttane di tutti, e gratis... devono darlo a dieci venti uomini ogni giorno."

Costica alzò la mano come se fosse stato a scuola, per chiedere il permesso di parlare.

"Che vuoi?" gli chiese Dragos mentre Adam, senza rimettersi la cintura ai calzoni, sedeva di nuovo.

"Ma noi siamo venuti qui col passaporto... signore. Per lavorare... signore." disse con un filo di voce.

"I vostri passaporti li ho io. Ma siete clandestini, perché non avete un contratto di lavoro. Finché vi proteggo io, nessun problema. Altrimenti... Lavorate bene e manderete i soldi alle vostre famiglie. Per questo siete qui, no? Dalla galera... a parte fare le puttane gratis, mica potete mandare niente alle vostre famiglie."

Petru alzò la mano per fare la sua domanda, anche sapendo che stava rischiando. Dragos annuì. Il ragazzo chiese: "E chi ci dice che i soldi li mandate davvero alla nostra famiglia?"

"Primo, che io sono un uomo di parola, e secondo, che Horatiu o Adam viene con voi all'ufficio postale a fare il versamento da mandare alle vostre famiglie, una volta al mese o quando ne avete abbastanza da mandare. Tutto quello che guadagnate oltre il minimo che vi ho detto e che dovete dare a me lo potete mandare a casa."

"E quanti siamo, in tutti?" chiese Petru.

"Non vedo che te ne frega, ma... Undici, con voi tre, per mendicare e sette, compreso Fane che per adesso non può lavorare, come avete visto, per vendere il culo. Ci stiamo espandendo, con la prossima spedizione arriveranno altri due o tre ragazzi. Poi siamo al completo... se non perdiamo nessuno."

"Perdere... signore?" chiese Costica.

"Morto... o in galera. O troppo vecchio per vendere il culo, ma c'è tempo, per questo."

"Ma... quando torniamo a casa... in Romania?" chiese con un filo di voce Abel.

"Quando sarete abbastanza grandi e ricchi... diciamo fra quindici, venti, venticinque anni... Se non finite in galera o se non vi dobbiamo... far fuori prima." spiegò, sempre tranquillo, Dragos.

Abel cominciò silenziosamente a piangere. Costica e Petru si scambiarono un'occhiata, spaventati, ma non dissero nulla. Il quadro era abbastanza chiaro e tutt'altro che allegro.

Dragos continuò: "Se lavorerete bene, starete bene. Mangerete meglio che a casa. E quando comincerete a vendere il culo vestirete anche bene. Avete qualche domanda, ragazzi?"

I tre scossero la testa.

"Bene, ragazzi. Io devo andare a occuparmi degli affari. Vi lascio con Adam, che vi spiega il resto... le regole della casa." disse Dragos e uscì.

Adam allora disse: "Qui dentro si sta solo in mutande e canottiera. Adesso venite di là, vi spogliate e mettete i vostri vestiti negli armadietti che vi do."

"Scusi, signore..." chiese Petru, "Ma dove sono gli altri? E perché quelli stanno a letto? Stanno tutti male?"

Adam rise: "No, gli altri sono in giro a mendicare, tornano a sera. E quelli dormono, perché a dare via il culo si lavora a sera e di notte. Venite a spogliarvi."

I tre ragazzini lo seguirono nella prima stanza, dove Adam assegnò loro armadietti vuoti. Si tolsero le scarpe, le calze, e tutti gli abiti, restando tutti e tre in mutande e canottiera.

Frattanto Adam diceva: "Seguite le regole e starete bene. Guardate me: ho cominciato come voi, sei anni fa. Sono stato il terzo ragazzo a lavorare per Dragos. Non fatelo mai incazzare, obbedite e non avrete problemi. Se non lavorate bene o se lo fate incazzare... Dragos è paziente... la prima volta vi dà o vi fa dare qualche cinghiata, la seconda vi pesta come ha dovuto fare con Fane... la terza... è meglio che non ci sia una terza volta." concluse e con il pollice, fece un segno eloquente, brusco, in orizzontale sulla gola.

I tre ragazzetti tremavano ed erano pallidi.

"I migliori, come me, invece," riprese mentre li riportava nella grande stanza comune, richiudendo a chiave la porta dello spogliatoio, "hanno una bella vita, quando hanno dimostrato che ci sanno fare e che sono fidati e senza grilli per il capo. Per i miei ventuno anni, Dragos mi compra la moto. È meglio di un padre, con chi è in gamba."

"Ma tu... vendi anche tu il culo?" gli chiese Petru.

"Solo a gente ricca e importante, ormai. Il mio lavoro è dirigere i ragazzi che battono, che fanno marchette."

"Ma dobbiamo tutti vendere il culo, prima o poi?" gli chiese Costica, in tono abbattuto.

"Vi conviene, si guadagna molto di più. Non vuoi mandare i soldi a casa, tu?" Poi disse: "Qui, se non volete vivere in un porcile, vi conviene tenere pulito voi. Ma sono cazzi vostri. E quando andrete a battere, dovrete anche lavarvi bene, per non puzzare. Finché mendicate... cazzi vostri e di chi vi sta vicino."

Li fece sedere e sedette di fronte a loro.

"Tu, come ti chiami, biondino?"

"Abel Bessai..." gemette con un filo di voce.

"Abel... quanti anni hai?"

"Qua... quattordici..."

"Allora dovrai mendicare per due anni. L'hai mai preso in culo?"

"N... no... mai..."

"Sarà meglio che impari, allora, in questi due anni... Fattelo mettere da uno dei tuoi compagni. E tu? Come ti chiami?"

"Costica Moscaluc, e ho quindici anni."

"Tu Costica, allora, mendicherai solo per un anno. E tu, l'hai mai preso in culo?"

"S... sì... da mio fratello."

"Bene. E tu?"

"Petru Florea, ho anche io quindici anni e l'ho preso in culo da due miei fratelli e l'ho messo in culo a uno." disse tutto d'un fiato.

Adam rise: "Sei il più sveglio dei tre. Mi piaci. Mi sa che tu sarai uno dei favoriti di Dragos."

"Me lo metterà in culo?"

Adam rise di nuovo: "No. Dragos è sposato, non ha bisogno di culetti."

"Allora... tu?" chiese Petru.

"No, neanche io. Mi sono fatto la ragazza. Lei batte il marciapiedi per un compare di Dragos. Quando avremo abbastanza soldi, magari me la sposo e mettiamo su una casa come questa anche noi. A te piace, Petru, prenderlo in culo?"

"Sì, ma anche metterlo."

"Allora, magari, vedi di far abituare lui... Abel. Prima si abitua, meglio è."

Petru guardò Abel e annuì, serio.

"Io e Horatiu, che conoscerete più tardi, abbiamo la camera qui sotto, dove va quel montacarichi. Se c'è un problema grave, potete provare a chiamare di lì, ma cercate di non scocciarci per cazzatelle. Se uno di noi due è in stanza, veniamo su. Da lì vi mandiamo su da mangiare, tre volte al giorno, alle otto, alle quattordici e alle venti. Dopo mangiato se per caso avanzasse qualcosa, lo rimettete nel montacarichi e lo mandate giù. Qui dentro, la gerarchia funziona così: prima di tutti viene Dragos, poi Horatiu, poi io, poi gli altri in ordine di età e, se hanno la stessa età, di anzianità..."

"Io e Costica abbiamo la stessa età e la stessa anzianità..." disse Petru.

"Vedete chi è nato prima, no?" rispose Adam, allegramente, e si alzò in piedi prendendo la cintura.

Abel si riparò con le braccia. Adam rise e se la infilò nei passanti e la agganciò. Poi senza dire nulla, uscì, chiudendo a chiave la porta.

"Chiedere l'elemosina e fare le puttane... altro che fare il cameriere!" disse a bassa voce Petru.

"Io provo a scappare..." sussurrò Costica.

"E come fai, se siamo chiusi a chiave e senza vestiti, senza documenti e non parliamo una parola di italiano?" gli chiese Petru.

"Per mendicare ci devono dare i vestiti e portare fuori e appena so un po' di italiano..." disse Costica.

Fane si alzò dal materasso e andò a sedere davanti a loro, dove prima era seduto Adam.

"Non ci provare nemmeno e non ti far sentire o... Due anni fa uno di noi ha provato a scappare e... sui giornali... c'era scritto che l'hanno trovato morto... E se non guadagni bene... guardami... Te la perdona per una settimana, non di più. Guardami bene... e non mi ha nemmeno ridotto troppo male... perché devo andare a vendere di nuovo il culo in fretta. Da loro... non si scappa." disse in tono abbattuto.

"Quant'è che sei qui, tu?" gli chiese Petru.

"Tre anni. Avevo la sua età, quando sono arrivato." disse indicando Abel. "Allora eravamo solo in nove in tutto e Adam dormiva ancora qui con noi."

"È... difficile, guadagnare bene?" gli chiese Petru.

"Se sai fare pietà quando mendichi... e se vai con tutti, anche quelli che ti fanno schifo quando vendi il culo... no, puoi anche guadagnare bene."

"E è vero che ci lasciano mandare i soldi a casa?" chiese ancora Petru.

"Sì, è vero. Devi dargli trenta se mendichi e settanta se fai marchette. Trenta a mendicare, non è facile ma è possibile, settanta a vendersi è più facile, all'aperto ne chiedi venti per fartelo succhiare, quaranta se succhi o lo metti in culo e cinquanta se lo pigli in culo e in camera cento, qualsiasi cosa. Mendicare... c'è chi ti dà solo cinquanta o cento lire, chi anche cinquecento... ce ne vuole a farne trentamila... Horatiu comunque vi spiega i trucchi e vi porta nei posti migliori. I più piccoli di solito guadagnano di più. Vendere il culo... beh, dipende. Quando sarà ora, Adam vi spiega i modi e i posti e tutte le tariffe."

"Ti fa tanto male?" gli chiese Abel, indicandogli i lividi.

"Bene no... M'ha pestato solo l'altrieri."

"Perché t'ha pestato?"

"Perché in sette giorni avevo fatto solo duecentodieci... invece che quattrocentonovanta. Se una sera fai solo trenta, la sera dopo è meglio che fai centodieci... I conti si fanno a fine settimana. Se la settimana prima ne hai fatte cinquecento, quella dopo va bene anche quattrocentottanta... però così non mandi niente a casa. Perché i conti per casa si fanno una volta al mese."

"Ma... e soldi per noi... da metterci in tasca?" chiese Petru.

"Quello che non mandi a casa. Ma dove li tieni? Gli armadietti sono aperti e chiunque te li può fregare." gli spiegò Fane.

"Era meglio se restavo a casa..." sussurrò Abel.

"Perché, cosa avevi meglio di qui?" gli chiese Fane.

"Potevo crepare di fame a modo mio..." rispose Abel, tirando su con il naso.

"Qui almeno si mangia regolarmente." disse Fane.

"E ti pestano." commentò Costica.

"Avevo solo da dire di sì a tutti i clienti..." rispose Fane facendo spallucce. "Ero proprio come te, quando sono arrivato qui... Ti chiami Abel, giusto?"

Abel annuì.

"Vedrai che non sarà tanto male..." gli sussurrò Fane, chinandosi in avanti, allungando un braccio e carezzandogli i capelli. "Sarà meglio che se restavamo a casa nostra in Romania, comunque."

"Se lo dici tu..." disse Abel, cercando di sorridergli, ma gli venne fuori una smorfia.

"E tu," aggiunse poi Fane, rivolto a Costica, "non pensare nemmeno a scappare e non ne parlare mai... Mai, capito?"

Costica lo guardò negli occhi per diversi secondi, ma alla fine annuì.

"Io ho fame... non ci hanno dato il pranzo." protestò Petru.

"Tra poco dovrebbero tornare i ragazzi che mendicano e ci dovrebbero mandare su la roba da sotto." disse Fane. "Loro si alzeranno..." aggiunse indicando gli altri sei che ancora dormivano, "e qui ci sarà un bel casino. Ci saranno sia Horatiu che Adam... Mentre mangiamo, Horatiu prenderà i soldi che i piccoli hanno guadagnato stamattina e segnerà tutto sul suo registro. Poi i piccoli usciranno per il secondo turno e noi... loro, si laveranno lì... e si prepareranno... Poi si aspetterà la cena... poi i grandi usciranno per andare a battere e Dragos, o la moglie, e Adam li porterà nei posti dove devono aspettare i clienti. I piccoli andranno a dormire... Domattina la colazione... e anche voi tre, Horatiu vi porterà dove dovete andare a mendicare... I grandi si metteranno a dormire... e tutto sarà come oggi, e come domani e come ogni giorno."

Petru notò che Fane diceva queste parole in tono basso, non triste ma... rassegnato.

Fane riprese: "Quando non si può fare il nostro lavoro... come me adesso o se si è troppo malati... le ore non passano mai... ci si annoia... Sempre qui dentro... E d'estate qui sotto i tetti c'è un caldo che sudi come una fontana... e d'inverno c'è un freddo che... Quando comincia a fare freddo, ci danno qualche coperta... ma ci si scalda di più uno con l'altro."

"Come a casa..." disse Petru. "Ci si scaldava fra fratelli."

"Anche noi." commentò Costica.

"E a casa mia, pure." disse Abel.

"E magari, sotto le coperte, qualcuno di noi scopa, per scaldarsi anche di più... oltre che il corpo, anche il cuore." commentò Fane con un lieve sorriso.

"Come a casa, sì, proprio come a casa." disse Petru.

"Ma almeno qui si mangia regolarmente e si guadagna qualcosa." disse Fane. "E possiamo mandare un po' di soldi a casa... in modo che i nostri possono stare un po' meglio. Io devo solo... dire di sì a tutti... anche a quelli che... che gli vorrei dire di no. Quelli di noi che guadagnano di più, Adam li sposta in zone migliori. Più guadagni e più guadagni... meno guadagni e peggio vai."

"Come sono... gli altri?" chiese Costica accennando verso i ragazzi che ancora dormivano.

"Come vuoi che siano? Come le mele su un albero: belle, brutte, dolci, acerbe, bacate, mature... Quelle marce, il contadino le stacca e le getta via. Fatti i fatti tuoi, non rompere, obbedisci a chi devi obbedire, fatti rispettare... Cerca di non litigare, di far smettere chi litiga o i capi si incazzano e ce la fanno pagare..."

"E menano?" chiese Abel un po' spaventato.

"Se litighiamo, ci fanno semplicemente saltare un pasto... o due... o tre... finché impariamo."

Una voce che proveniva dai materassi li interruppe: "Ehi Fane, sono i tre nuovi?"

Si girarono a guardare: uno dei grandi era seduto sul materasso e si grattava il petto, i capelli scarmigliati, e li guardava. Altri si stavano svegliando.

"Sì, Danut; sono Costica, Abel e Petru..." disse Fane.

Quello si alzò e si avvicinò al quartetto, guardandoli, esaminandoli. Era un ragazzo sui diciannove, venti anni. Petru notò con un sorrisetto che aveva un'erezione. Il ragazzo andò a sedere sulla tazza del cesso e si svuotò. Gli altri si alzarono, uno dopo l'altro ed andarono a sedere attorno al grande tavolo. La soffitta si animò. Qualcuno chiacchierava e rideva, altri avevano ancora gli occhi vuoti per il sonno e sedevano in silenzio.

Iniziarono ad arrivare alcuni dei piccoli. Richiami, battute, un po' di curiosità verso i nuovi, ma non molta. Appena uno si alzava dalla tazza del cesso, vi gettava una secchiata d'acqua e un altro ne prendeva il posto.

Uno dei piccoli andò a sedere sulle gambe di uno dei grandi e gli disse qualcosa sorridendo. Il grande gli carezzò i capelli.

"Stanno assieme, quei due?" chiese Costica a Fane, mettendo uno contro l'altro i due indici tesi, nel simbolo universale che indica una coppia.

"Sono fratelli. Sono gli ultimi due arrivati, prima di voi tre... più o meno otto mesi fa. Vengono da Oradea."

Arrivò un giovanotto alto e lievemente corpulento, sui venticinque anni. Aveva una biro sull'orecchia e un libro nero in mano.

Fane sussurrò ai tre: "Lui è Horatiu Roder. Il capo dei piccoli. Dopo pranzo vi spiegherà come e dove andrete a mendicare. Se non lo fate incazzare, è un pezzo di pane. Fatelo incazzare e... il pane vi andrà per traverso."

Horatiu si avvicinò ai tre ragazzi: "In piedi." disse semplicemente. Poi chiese loro i nomi, mentre controllava sul suo libro. "Dopo pranzo vi spiegherò quello che avete da fare. Tu, Abel, se ci saprai fare, farai più soldi di tutti, con quel tuo faccino triste da meschinello. Sì, non male i nuovi acquisti di Dragos." sentenziò e andò a occuparsi di altri fra i piccoli che arrivavano.

Finalmente si sentì cigolare il montacarichi e tutti si precipitarono rumorosamente a prendere posto attorno al tavolo, meno tre dei grandi che restarono accanto al montacarichi e che cominciarono a distribuire il cibo.

Petru trovò che era una strana scena, con una metà in mutande e canottiera e l'altra metà coi vestiti indosso. Abel sedette accanto a Fane, Costica accanto a Petru. Il pranzo consisteva in un pezzo di pane, un tocco di formaggio, sei o sette fette di salame e due pomodori a testa. Uno dei grandi aveva riempito alcune bottiglie di plastica con l'acqua del rubinetto e le aveva messe a tavola. Non avevano bicchieri e bevevano tutti alla bottiglia. Non avevano neppure posate né piatti.

"D'inverno ci danno anche una ciotola di roba calda da mangiare." spiegò Fane ad Abel.

Costica si chinò verso Petru: "Mi sa che Fane si vuole fare Abel..."

Petru fece spallucce e addentò il pane: aveva un sapore diverso da quello che mangiavano in Romania, pareva più buono, era più soffice. Il formaggio invece era meno saporito. Il salame buono e i pomodori dolci...

In fondo al lungo tavolo era seduto Horatiu con il suo quaderno nero. Chiamava uno a uno i piccoli, che si vuotavano le tasche e gli mettevano davanti i soldi, li contava a bassa voce, scriveva il totale sulla pagina e li metteva in una scatola di latta.

Quelli che avevano finito di mangiare, uscivano per tornare a mendicare. Dragos e la moglie, con due auto, li portavano nei posti loro assegnati. A poco a poco la soffitta si svuotò e rimasero solo i grandi e i tre nuovi con Horatiu.

Mentre il giovanotto cominciava a spiegare loro i trucchi del "mestiere", i grandi si denudavano e andavano, uno dopo l'altro, a mettersi in piedi dentro al lavello e si lavavano con un pezzo di sapone di marsiglia. Da qualche parte era comparso un grande asciugamano e un pettine. Poi, nudi come erano, o andavano a sedere sui materassi o al tavolo e chiacchieravano sottovoce fra loro.

A volte li si sentiva ridacchiare. Due giocavano, sottovoce, alla morra. Altri due, al tavolo, giocavano a braccio di ferro. Fane aveva preso una scopa e ramazzava il pavimento di cemento.

A sera tornò Adam Vasile che portò i grandi, a parte Fane, nello spogliatoio a vestirsi. Cominciarono a tornare i piccoli, che prima davano a Horatiu i soldi guadagnati nel pomeriggio, poi andavano a spogliarsi e tornavano nella stanza comune in mutande e canottiera, a piedi nudi.

"Così, domani mattina cominciate a lavorare anche voi tre." disse Fane.

"Sì. Ha detto Horatiu che a me mi porta nella piazza del duomo, che lì dovrei fare abbastanza soldi..." gli disse Abel, sedendogli accanto.

"E voi due?" chiese Fane.

"Io alla stazione centrale." disse Petru.

"E io a porta Venezia." disse Costica. Poi aggiunse: "Ha detto Adam che stanotte Abel dorme con me..."

"Non posso dormire con Fane?" chiese il ragazzetto con occhi imploranti.

"Tutti e tre assieme... va bene?" gli disse Fane con un sorriso.

"Sì... va bene..." disse il ragazzetto, guardando con espressione lievemente preoccupata Costica, perché sapeva, aveva capito perché Adam voleva che dormisse con lui.

"Vedrai che... andrà tutto bene." gli sussurrò Fane.

Così cominciò la vita dei tre ragazzi romeni in Italia, nella casa di Dragos.


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