La vita nell'albergo continuava a trascorrere serena e tranquilla, nonostante la signora Adele dovesse continuamente lottare con i conti e i bilanci e continuasse a gridare e a piangere.
Poi, un brutto giorno, nonno Carlo si ammalò, e Mario smise di frequentare la scuola per assisterlo e per eseguire il lavori che il vecchio non era più in grado di fare. Infatti in ospedale lo avevano dimesso perché aveva un male incurabile e i Vizzini non potevano pagarsi un'infermiera a tempo pieno. Anzi, dovettero licenziare una delle tre cameriere; ciò non ostante, cercare di stare nei conti pareva un'impresa sempre più disperata.
Il povero signor Carlo durò pochi mesi e si spense come un lumicino che ha esaurito il suo olio. Quando Petru era andato a trovarlo in ospedale, dove l'avevano riportato pochi giorni prima che morisse, il vecchio gli prese una mano.
Con un filo di voce, gli disse: "Petru... noi ti abbiamo sempre trattato bene, no? Anche se Adele brontola sempre..."
"Sì, signor Carlo, meglio che se ero parte di vostra famiglia."
"Eh... perché... un po' ne fai parte, ormai. E allora io ti devo chiedere una cosa..."
"Dite e io faccio tutto che posso!"
"Resta sempre vicino a Mario, per favore. Io non posso più curarmi di lui e se so che tu lo farai, morirò più tranquillo."
"Sì, signor Carlo, può morire molto tranquillo, io resto vicino a Mario. Non posso dire per sempre, che signor Carlo dice che non si deve dire sempre e mai, ma finché Mario non mi manda via, io non lo lascio. Giuro."
"Grazie. Sei un buon ragazzo. Da lassù ti guarderò, come guarderò il mio Mario."
Pochi giorni dopo, il vecchio morì. Per la prima volta Petru andò al cimitero, dove sotterrarono il signor Carlo accanto alla tomba del figlio Sandro. I Vizzini avevano un fazzoletto di terra al cimitero, su cui non avevano potuto far costruire una cappella come avrebbero voluto, per mancanza di soldi, ma che apparteneva alla famiglia: l'aveva comprata proprio il signor Carlo, che perciò a volte diceva, scherzando, che era un possidente terriero.
Le reazioni dei membri della famiglia alla morte del vecchio furono molto diverse: ciascuno mostrò il suo dispiacere in modo differente. La signora Felicita sembrò divenire anche più taciturna, e in cucina aggiunse, accanto alla cornice con la foto del figlio, quella con la foto del marito. La signora Adele ora gridava di meno ma piangeva più spesso di prima. Sembrava che, con la malattia del suocero, avesse esaurito le sue energie.
Mario era letteralmente distrutto. Era in uno stato pietoso e Petru soffriva nel vederlo stare così male. Cercava in ogni modo di alleviarlo dei nuovi compiti che il ragazzo si era assunto dopo la morte del nonno. Petru vedeva la signora Adele, a sera tardi, passare sempre più ore a fare e rifare i conti e la donna aveva un'espressione via via più tetra.
Il colpo finale per i Vizzini giunse un giorno, quando si presentò l'ufficiale giudiziario a notificare l'ordine di sfratto. L'albergo era stato venduto dalla società anonima a un signore di Milano, che non accettava più dilazioni o riduzioni nei pagamenti e che perciò aveva ottenuto da un giudice lo sfratto.
La signora Adele si oppose all'ordine di sfratto e prese un avvocato per fare ricorso; ma nell'attesa l'albergo fu chiuso e tutti i clienti dovettero andarsene via. Le ultime due cameriere furono licenziate e Petru temeva di doversene andare anche lui. Ma la signora Felicita e Mario convinsero la madre a farlo restare, riducendogli la pur bassa paga, ma facendolo ancora figurare come impiegato, sì che non fosse espulso dall'Italia.
Petru ringraziò, e rimase l'unico inquilino dell'albergo chiuso, assieme ai tre Vizzini.
La signora Adele era sempre in giro, aveva venduto alcuni mobili, poi anche tutti i gioielli e l'oro che aveva, compreso quello della signora Felicita, per pagare l'avvocato che doveva aiutarli a restare nell'albergo e a farlo riaprire. Petru disse che, dato che comunque gli davano vitto e alloggio, finché non avessero potuto riaprire l'albergo, lui rinunciava alla sua paga. I Vizzini gli furono molto grati. Ora Petru mangiava sempre a tavola con loro, in cucina.
È vero che aver rinunciato alla paga gli impediva di mandare denaro alla sua famiglia, ma inviò loro una lettera spiegando il problema e assicurandoli che appena avesse potuto ricominciare a prendere un salario, avrebbe nuovamente mandato loro i soldi. Questa volta, dopo una decina di giorni, ricevette una lettera da suo fratello Costel, in cui gli diceva di non preoccuparsi, perché le cose non andavano molto male, infatti Doru e Florin avevano trovato lavoro in fabbrica e ora potevano dare una mano in casa.
Venne l'inverno e la signora Adele decise che, per risparmiare, non avrebbero acceso l'impianto di riscaldamento: semplicemente si coprirono di più durante il giorno e la notte aggiunsero altre coperte sui loro letti. L'unico problema era lavarsi con l'acqua fredda: invece di fare la doccia, si lavavano tutti facendo semplici spugnature, scaldando solo una pentola d'acqua in cucina e portandola su in bagno.
Un pomeriggio si presentò nell'albergo una signora che indossava un'elegante e costosa pelliccia, aveva gioielli vistosi e un trucco un po' volgare. Era magra e alta, si muoveva con l'autorità di una regina, ma non con la stessa grazia, anzi, al contrario...
La donna si presentò come un'amica dell'avvocato che si occupava del problema dell'albergo e dello sfratto, e la signora Adele la fece accomodare nel bar. Petru era seduto in un angolo della sala da pranzo, accanto alla finestra, e stava leggendo un fumetto lasciato da qualche vecchio cliente, così le due donne non lo videro. Perciò poté ascoltare, se pure involontariamente, tutta la conversazione. Notò che la nuova arrivata, che si era presentata come "signora Becarelli", senza dire il nome di battesimo, dava del tu alla signora Adele, che invece continuava a risponderle dandole del lei.
"L'avvocato Balestra, un mio caro amico da molti anni, mi ha relazionato sul tuo problema con questo albergo..."
"Sì?"
"E assieme abbiamo trovato una ottima soluzione per farlo riaprire: ti anticiperemo noi i soldi per pagare tutti gli arretrati all'attuale proprietario, così lo potrai riaprire."
"Voi? Lei e l'avvocato? E perché dovreste farlo? Non è una piccola somma, purtroppo."
"Perché, se farai quello che ti diciamo, guadagnerai molto più di prima, potrai perciò restituirci la somma e anche poi darci una ragionevole percentuale dei tuoi guadagni. L'avvocato e io vogliamo fare un investimento."
"Un investimento? Ma come potrò guadagnare più di prima? Lei non ha idea se non ho cercato in tutti i modi di far fruttare questo maledetto albergo, ma..."
"Sei stata troppo... buona con i clienti, e perciò sciocca. Troppo buono è uguale a coglione, scusa se non ho peli sulla lingua. Non è con quegli spiantati che potevi far fruttare l'albergo. Vedi, questo albergo è comodo, abbastanza vasto, facilmente raggiungibile da Milano e... Ci sono molte... coppiette che hanno bisogno di una stanza in cui appartarsi per qualche ora."
La signora Adele, con voce bassa e stupita, chiese: "Un albergo a ore? Ma è una cosa che... E poi io... io ho un figlio ancora minorenne e non mi piace che..."
"Capisco se fosse una figlia..." rise la signora impellicciata, "ma di che ti preoccupi? Che problema c'è? Anzi, potrai fargli riprendere gli studi e..."
"Ma veramente... io... io non mi sento di..."
"Ma via, dopo tutto è un lavoro come un altro, no? Tu devi solo dare le chiavi delle stanze e prendere i soldi."
"Dio, che vergogna... Anche di fronte a mio figlio... così giovane... Lei non capisce che..."
"Oh, che ti credi, i ragazzi d'oggi sono molto più intelligenti e aperti, per non dire scafati, di quelli della nostra generazione. Mica sono più ingenuotti come erano ai nostri tempi."
"Ma come fare, comunque a... Prima che la voce si sparga... che arrivino abbastanza clienti... passerà parecchio tempo e..."
"Oh, a questo ci penso io, non ti devi preoccupare. Conosco parecchie ragazze che o per mestiere o per arrotondare, si porterebbero volentieri qui il cliente."
"Un giro di... di... prostitute?" chiese la signora Adele a voce ancora più bassa.
"Ma no, non proprio prostitute! Ragazze di vita, ragazze libere... E logicamente anche loro mi danno una percentuale. Solo che ci mancava un posto adatto per allargare i nostri affari. E il tuo albergo è davvero ideale."
"Ideale! Una casa di appuntamenti... È una cosa che viola la legge, signora."
"Ma no! Nessuno può impedire a un uomo e una donna di prendere una stanza in un albergo, no? E quello che fanno quando sono in camera... sono solo affari loro. Fidati di me, sia io che l'avvocato sappiamo il fatto nostro. Guadagnerai bene, te l'assicuro, pagherai tutti i tuoi debiti, farai riprendere gli studi a tuo figlio e l'unica differenza è che lavorerai un po' più di notte che di giorno."
"Ma qui in paese, se si sapesse..."
"E che? A parte che siete un po' fuori paese, non darete disturbo a nessuno. E poi... tu fregatene no?"
"Ma il buon nome dei Vizzini... e poi mio figlio che è ancora così giovane."
"E che dai da mangiare a tuo figlio? Il vostro buon nome? Tu, voi, continuerete a lavorare come prima, dovrai solo organizzare un po' meglio le cose, in modo un po' diverso. Il bar dovrà lavorare molto di più, e puoi caricare sui prezzi delle bevande che ti ordineranno dalle camere, e invece la cucina e il ristorante molto meno. Tutto qui. Su, fammi fare un giro nelle stanze, fammi vedere in che stato è l'albergo."
Quando le due donne tornarono al bar, la madama disse alla signora Adele: "Direi che è perfetto, in discreto stato. Dovrai solo far mettere l'interfonico fra le stanze e il bar, per gli ordini, come ti ho detto. A molti piace consumare... prima o dopo essersi divertiti con le ragazze, o fare i grandiosi con loro offrendo whiskey o spumante. Le camere del primo e secondo piano che hanno il bagno, per la gente più ricca, per i clienti più... affezionati, e le stanze del terzo piano per le coppiette con meno soldi... Ti dico che funzionerà tutto a meraviglia."
"E... e lei... lei e l'avvocato... mi darete i soldi per pagare il mio debito con il proprietario?" chiese la signora Adele, quasi sottovoce.
"L'assegno è già pronto..." disse madama Becarelli, aprì la borsetta e lo tirò fuori porgendolo alla signora Adele. "L'avvocato Balestra, il mio caro amico, mi ha detto la somma che ti serve."
"Devo anche pagare l'avvocato e..."
"Lo pagherai a suo tempo, non ha fretta, aspetterà. Ci restituirai questa somma e pagherai il caro Balestra, vedrai, in meno tempo di quanto puoi immaginarti. Quando si fa un investimento, come facciamo lui e io aiutandoti, si sa che si deve aspettare un po' per goderne i frutti."
"Devo prima parlarne con mia suocera e mio figlio e..."
"Sei tu che decidi, no? Che vuoi che abbiano da dire una vecchia e un ragazzetto? Comunica loro semplicemente che... l'albergo riapre e la clientela... sarà un po' diversa da quella di prima. Soprattutto gente con più soldi e che pagherà per la camera sempre anticipato."
"Ma... e lei è disposta a darmi questo assegno, così, senza nessuna garanzia..."
"Logicamente mi farai una firmetta; il mio amico Balestra ha anche preparato una specie di contrattino..." disse madama Becarelli e tirò fuori dalla borsetta un foglio che porse alla signora Adele.
La donna lo lesse attentamente.
"Vedi," riprese la madama, "ottime condizioni; tu mi farai controllare i conti e, calcolato il guadagno netto, dopo levate le spese vive e per il vostro lavoro, prima ci restituisci il prestito con solo il dieci per cento di interessi, poi ci verserai solo il dieci per cento dei guadagni, dieci a me e dieci all'avvocato, si capisce. E ti resteranno abbastanza soldi per far studiare tuo figlio e per farvi una bella vita. Firma, su!"
La signora Adele, dopo averlo riletto attentamente, firmò. Madama Becarelli se ne andò soddisfatta.
Quella sera a tavola, la signora Adele annunciò il cambiamento e la ripresa delle attività. La signora Felicita non disse nulla e quando Adele insisté per avere il suo parere, rispose con poche parole.
"Hai già deciso, no? Hai firmato. Si farà come dici tu."
"E tu, Mario?" chiese la signora Adele.
"Come ha detto la nonna."
"Puoi riprendere a studiare, ma dovrai anche dare una mano. Ho deciso che ci compriamo una grossa lavatrice e laviamo la biancheria qui, per risparmiare, e la stiriamo... Tu, quando non sei a scuola, puoi stare alla reception e farti pagare e dare le chiavi. Petru dovrà imparare a rifare i letti, pulire bene, appena un cliente lascia la stanza, in modo da averle sempre pronte, se è vero che ci saranno... parecchi clienti."
Così Petru imparò a usare l'aspirapolvere e la lucidatrice, a rifare i letti, a vuotare i cestini con i preservativi, usando guanti di lattice per precauzione. La signora Adele gli fece anche fare una specie di uniforme da fattorino. Arrivarono gli elettricisti e installarono l'interfonico in tutte le stanze, con due centralini, uno alla reception e uno al bar.
Così, dopo pochi giorni, l'albergo riaprì e iniziarono ad arrivare i clienti: non erano più studenti o impiegatucci, operai o famigliole, ma coppie di uomini vestiti con una certa eleganza e ragazze piuttosto giovani, vestite alla moda, alcune in modo più "normale", altre in modo più sfacciato.
Qualche coppia si fermava anche meno di un'ora, che era la tariffa minima, altre invece stavano anche per qualche ora e queste erano quelle che facevano ordini al bar, dove stava la signora Adele. Era Petru che doveva poi salire con il vassoio con le bevande ordinate dalle coppiette. Per lo più erano caffè, ma più spesso anche whisky o spumante, e qualche volta panini o toast. Per quelli che si fermavano solo un'ora o due, non li registravano e le entrate erano in nero. Per gli altri registravano sempre solo l'uomo.
Petru preferiva le coppie che si fermavano per meno di un'ora, perché quando uscivano la stanza era quasi in ordine, doveva solo controllare che le lenzuola non si fossero sporcate e vuotare i cestini dai preservativi e dai fazzolettini di carta umidicci.
Quando invece le coppie si fermavano per qualche ora, le camere spesso sembravano campi di battaglia. Doveva allora sbrigarsi a cambiare le lenzuola e le federe, perché spesso c'era già una nuova coppia che aspettava al bar di poter usare la stanza. Infatti i clienti aumentavano sempre più.
La signora Adele dovette comprare un'altra lavatrice e assumere un paio di donne di servizio. Ma queste duravano poco, arrivavano e se ne andavano dopo pochi giorni, al massimo dopo qualche settimana, perché non sarebbe stata una buona referenza per loro aver lavorato in un albergo a ore.
Qualcuna delle ragazze invece ricompariva, però come accompagnatrice di un cliente: guadagnavano molto più così che a lavare e stirare le lenzuola o aiutare Petru a tenere pulite e in ordine le stanze.
Poiché il lavoro dopo alcuni mesi, era diventato molto e non smetteva né giorno né notte, la signora Adele decise che doveva trovare un altro ragazzo che facesse i turni con Petru.
La sorpresa di Petru fu grandissima, quando si vide arrivare come aiutante Fane Ciuntu, il suo vecchio compagno di sventura, che avrebbe fatto il turno di notte. I due ragazzi si salutarono con piacere. Anche per lui la signora Adele fece fare un'uniforme da fattorino. Appena furono soli, Petru gli chiese come mai fosse ancora in Italia e cosa avesse fatto in quegli anni.
"Quando c'è stata la retata a casa di Dragos, io stavo per rientrare, ma ho visto le auto della polizia e ho tagliato la corda, così a me non m'hanno preso. Per un po' sono tornato a battere, finché ho ritrovato un vecchio cliente che, in cambio di farmi avere il permesso di soggiorno come magazziniere nella sua ditta, mi ha proposto di andare a letto con lui ogni volta che gli andava... Logicamente ho accettato subito. Però ultimamente mi sono accorto che si stava stancando di me e così, prima che mi mandasse via, ho cercato un altro lavoro. Così ho sentito per caso che cercavano un ragazzo per un albergo a ore e... non sapevo che tu lavoravi qui. Mi chiedevo che fine avevi fatto."
"E Dragos e gli altri?"
"In galera per favoreggiamento di immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione minorile e sfruttamento della mendicità... mi pare che si dice."
"Hai notizie di Costica, Abel, Danut?"
"Abel l'hanno rimandato in Romania, dalla sua famiglia. Credo dai nonni, ma non ne sono sicuro. Danut ha trovato lavoro come muratore, e si è messo con un ragazzo polacco, un altro muratore come lui. Di Costica non ho notizie, credo che l'hanno messo in una comunità, ma non so dove e neanche che fine ha fatto poi... Ma ora, piuttosto, raccontami di te..."
Petru gli raccontò la sua storia, a partire da quando era stato preso dalla polizia, ma non gli disse, per prudenza, che era stato lui a vuotare il sacco riguardo a Dragos e alla sua organizzazione e a farli arrestare.
Passarono i mesi e Mario aveva finalmente finito gli studi e s'era diplomato, così ora lavorava a tempo pieno nell'albergo. La mattina presto, faceva i caffè e lavava i bicchieri, preparava le colazioni, si occupava delle sveglie e di avvertire i clienti che il tempo pagato era scaduto. A volte infatti le camere erano anche prese in affitto a notte fonda, e la coppia vi restava fino al mattino seguente. Poi lui si occupava della reception e della contabilità e la madre stava invece al bar.
Nel giro di tre anni di lavoro incessante, senza mai tirare il fiato, tutti i debiti furono pagati, così finalmente i guadagni aumentarono. La signora Adele allora fece imbiancare tutte le stanze, mettere le passatoie blu nei corridoi e per le scale, e fece togliere gli interfonici e mettere telefoni in tutte le stanze, oltre a televisori a colori.
Un giorno la signora Adele riuscì a trovare anche tre cameriere fisse, tre ragazze albanesi, due sorelle e una loro amica, che lavoravano sotto la supervisione della signora Felicita. Queste non se ne andarono, perché la signora Adele, soddisfatta del loro lavoro, le pagava bene e perché avevano bisogno del permesso di soggiorno. Solo proibì loro di andare a fare sesso coi clienti: non voleva rischiare di essere accusata di sfruttamento della prostituzione. Anche a Petru e Fane fu aumentato lo stipendio. Finalmente i soldi non mancavano.
Mario lavorava tutto il giorno, qualche volta sostituiva una delle cameriere che aveva il giorno libero, perciò non usciva mai, non aveva amici. Petru aveva preso la patente e andava periodicamente a fare le spese per l'albergo, a un cash and carry alle porte di Milano.
Qualche volta, ritagliandosi un po' di tempo quando c'erano meno clienti, cioè soprattutto la mattina, Petru e Fane facevano sesso. Era stato Fane a proporglielo, e Petru che, anche se segretamente, si sentiva sempre più innamorato di Mario, per un po' aveva nicchiato, resistito, ma poi la voglia era diventata troppo forte, così aveva ceduto. D'altronde Fane faceva bene l'amore.
Un giorno, si presentarono alla reception due uomini.
"Vorremo una camera."
Mario stava cercando il modo di spiegare loro che quello non era un albergo come gli altri, quando uno dei due chiese quanto fosse la tariffa per due ore. Mario allora capì che quelli avevano bisogno di un posto dove fare sesso... e così disse loro le tariffe e dette loro la chiave. Più tardi, ne parlò divertito con Petru.
Gradualmente, se pure non in modo cospicuo, il numero delle coppie di due uomini aumentò, grazie al passaparola. Spesso era un cliente benestante con un ragazzo di strada: Petru li riconosceva immediatamente, appena li vedeva, sia dal loro comportamento e atteggiamento, ma anche perché la maggioranza dei ragazzi era costituita da stranieri. Però non vide mai qualcuno dei ragazzi che aveva conosciuto nella zona di piazza Trento.
La signora Felicita stava invecchiando rapidamente, ma anche se poteva fare sempre meno lavori, continuava a dirigere le tre cameriere con competenza e con polso. Comunque la signora Adele decise di riprendere a dare la biancheria da letto da lavare a una lavanderia.
Aveva fatto ristrutturare il pianterreno, riducendo lo spazio della sala da pranzo e ampliando quello del bar, di cui aveva fatto rifare il bancone e lo scaffale dei liquori e in cui aveva ricavato alcuni separé. Il giardino era stato in parte trasformato in parcheggio, perché lungo la via non c'era sufficiente posto per tutte le auto dei clienti.
Petru un giorno ricevette una lettera da Stelian, con la notizia che suo fratello Doru si sposava. Perciò chiese alla signora Adele qualche giorno di permesso per tornare in Romania che gli disse che poteva dargliene al massimo cinque. Finalmente rivide così la sua famiglia. Padre e madre erano invecchiati, ma ora stavano discretamente bene: la casa era stata ripulita e messa in sesto, sia grazie ai soldi che Petru mandava loro, che al lavoro di Doru e Florin. Costel e Stelian frequentavano le scuole.
Fu contento di aver rivisto finalmente i suoi, e di aver assistito al matrimonio di Doru, che s'era sposato con una ragazza deliziosa, sia per bellezza fisica che per carattere. Però Petru non vedeva l'ora di tornare in Italia: ormai considerava più casa sua l'albergo e i Vizzini che Brasov e la sua vera famiglia. E soprattutto gli mancava, più che Fane, Mario... nonostante fra loro non ci fosse e non ci potesse essere niente.
Chiese notizie ai suoi di Anca Schisilescu e Bela Scherban. Seppe così che la donna era semplicemente scomparsa dalla città, mentre Bela Scherban era finito in galera per una grossa truffa. Petru sarebbe stato più contento se gli avessero detto che anche la Schisilescu era finita in galera... Ai suoi, comunque, a parte Costel, non raccontò nulla delle sue disavventure: si vergognava di dire che si era dovuto prostituire, nonostante non fosse colpa sua.
Tornò con l'autobus di linea fino a Milano, cambiando solo due volte, e riprese il suo lavoro: sì, indubbiamente, ormai stava meglio lì, si sentiva sempre più italiano. Non aveva più problemi con la lingua e solo un lieve accento poteva far capire che era straniero. Fane invece, nonostante fosse in Italia da un anno più di lui, si esprimeva ancora in modo piuttosto scorretto anche se comprensibile.
Mario era sempre più un gran bel ragazzo, non aveva perso la sua gentilezza e il suo lieve sorriso, e Petru se ne sentiva sempre più fortemente attratto. A volte provava la tentazione di parlarne con Fane, però non se la sentiva: gli pareva una cosa troppo personale, intima. Provava una specie di pudore per quel suo nascosto, ma vivissimo sentimento.
Una mattina, dopo che avevano fatto l'amore, Fane gli disse: "Sai che penso molto spesso ad Abel? Mi dispiace che la vita ci abbia divisi. Credo che mi sarei potuto innamorare di lui, se fossimo restati assieme."
"Un ragazzo molto dolce, Abel. Capisco che te ne saresti potuto innamorare. Speriamo che in Romania abbia una vita decente. Quando sono venuto a lavorare qui, Mario aveva più o meno l'età di Abel e ho pensato che un po' gli assomigliava, forse più per come sorrideva che fisicamente."
"Non hai torto, anche a me il sorriso di Mario a volte fa pensare a quello di Abel. Non ha una ragazza, Mario, vero?"
"Non esce mai, non va a ballare, non ha amici... come può farsi una ragazza restando sempre qui dentro?" gli disse Petru.
"Non hai pensato che in realtà potrebbe preferire i ragazzi alle ragazze?" gli chiese Fane.
"No, non credo proprio. Perché mi dici così, mica ci ha... provato con te?"
"No no, mai. No, è che, per esempio con le tre ragazze albanesi, non l'ho visto mai guardarle in quel certo modo... Eppure non sono male, nessuna delle tre."
"Non ha mai guardato in quel certo modo nessuno di noi due, eppure neanche noi due siamo niente male, no?" gli disse Petru con lieve ironia.
"Beh... se Mario ci provasse con me, io non gli direi mica di no." dichiarò Fane. "E tu?"
A Petru dette lievemente fastidio quella prospettiva, si sentì quasi geloso di Fane. Comunque rispose: "Certo che mi piacerebbe che ci provasse con me. Ma fino a ora non ci ha mai provato né con te né con me né, per quanto ne so, con nessuno."
"Magari non gli interessa il sesso. Ce n'è qualcuno fatto così, sai? Pochi, ma qualcuno ce n'è. Mica come noi due..." disse poi ridacchiando, mentre si rivestivano, indossando la livrea.
"A te non piacerebbe avere un ragazzo fisso?"
"Beh... tu un po' lo sei."
"Ma no, Fane. Voglio dire uno che ne sei innamorato e che è innamorato di te."
"E a chi non piacerebbe? Te l'ho detto che spesso penso ad Abel, no? Però, anche noi due, come Mario, finché stiamo tutto il giorno qui dentro a lavorare, dove lo troviamo il nostro bravo ragazzo a cui chiedere di metterci assieme?"
"Siamo ancora giovani... chissà che un giorno, magari, lo vediamo entrare dalla porta dell'albergo e..."
"Se entra dalla porta dell'albergo, non è certo da solo. E comunque, se ne entra uno, magari va bene per uno di noi due, ma l'altro resta a bocca asciutta."
"Bene, visto che qui entrano sempre in coppia, magari ce n'è uno per uno, per te e per me, no?" scherzò Petru.
"Ma fino a ora se due entrano qui, uno è sempre un uomo fatto, se non sfatto, e l'altro una marchetta..."
"Siamo stati marchette anche noi. Che vuol dire?"
"Comunque, per ora, mi piace scopare con te." gli disse Fane.
Poiché parlavano in romeno, potevano continuare quel loro discorso senza problemi anche mentre scendevano le scale, anche se c'era qualcuno che li poteva sentire, ma certamente non capire.
"Eh, ti devi accontentare." gli disse Petru, con un risolino.
"Non sei troppo male, tu. Peccato solo che pare che il dio dell'amore non ci voglia proprio lanciare le sue frecce!" rise Fane.
"Che avete voi due da fare salotto!" li investì la signora Adele che era comparsa in fondo alle scale. "Mica vi do uno stipendio per perdere tempo, no?"
"Si sta proprio andando a lavorare, padrona..." le disse Fane. "Non abbiamo mai mangiato il vostro pane a sbufo."
Petru sorrise all'errore dell'amico, ma disse, con cortesia: "Io sto prendendo servizio, signora Adele, e Fane fra poco comincia il suo turno di riposo, ché lui ha fatto il turno di notte... Se non c'è qualcosa di speciale da fare... Lo sa, signora, che non ci siamo mai tirati indietro, quando c'è da lavorare."
"C'è sempre da lavorare qui." ribadì la padrona in tono secco e un po' acido, ma non insistette.
Quando Petru si trovò di fronte a Mario, che era seduto dietro al bancone della reception, il ragazzo gli disse: "Lasciala parlare, Petru. Mia madre non può certo lamentarsi di voi due, né degli altri, anche se si lamenta sempre di tutto e di tutti. Noi tre, oltre tutto, a differenza delle cameriere, non abbiamo mai neanche un giorno di riposo."
"Neanche tua madre o tua nonna si prendono mai un giorno di riposo. Se non hai ordini, Mario, io vado a ripulire il giardino e il parcheggio..." gli disse Petru con un sorriso.
"Sì, a quest'ora abbiamo solo tre camere occupate, posso occuparmene io, se necessario. Ti ricordi di controllare in dispensa se abbiamo tutte le scorte dei liquori, quando hai finito in giardino?"
"Senz'altro, Mario. Poi devo andare a comprare il pane fresco per i panini e i toast. Se mentre vado in paese ci sono altre commissioni da fare... altro da comprare, prima che vado fammi trovare la lista."
Fane chiese: "E io, Mario, prima di pranzo, devo fare qualcosa?"
"Sì, grazie. Pulisci bene dietro al bancone del bar, per favore. Tazze e bicchieri li ho già lavati io. Poi svuota e pulisci tutti i portacenere nel bar. Grazie."
Petru era uscito e stava per mettersi a pulire, quando vide la signora Felicita seduta in giardino, su una sedia. La vecchia gli fece cenno di avvicinarsi.
"Dica, signora Felicita..." disse Petru, premurosamente.
"Tu, Petru, mi devi promettere una cosa..."
"Dica..."
"Quando io sarò morta, andrai tu in cucina a mettere un lumino e un fiore davanti ai ritratti di mio figlio e di mio marito?"
"Certamente, signora Felicita, glielo prometto. Ma vedrà che lo farà lei ancora per molti anni."
"Grazie. Sei un caro ragazzo. Sarà come dio vorrà." rispose la vecchia.