logoMatt & Andrej Koymasky Home
una storia originale di Andrej Koymasky


ALBERGO A ORE CAPITOLO 6
UN GESTO ESTREMO

Un giorno la sventura bussò nuovamente alle porte dell'albergo dei Vizzini.

La signora Adele si sentì improvvisamente male, riuscì appena ad aggirare il bancone e si afflosciò su una delle poltroncine del bar. Per fortuna Fane era lì e, visto il volto pallido e sofferente della donna, corse a chiamare il figlio.

Mario telefonò subito al 118 chiedendo un'ambulanza, e quando il medico arrivò, disse che dovevano portarla immediatamente in ospedale. La visitarono e trovarono che la signora Adele era ammalata di cuore: dissero che doveva essere ricoverata e operata con urgenza e che speravano di poter intervenire in tempo per salvarla. Petru, sentita la notizia, pensò che forse la donna aveva pianto e gridato troppo.

Però i medici dissero anche che lì in ospedale non potevano operarla subito, avevano già troppi casi urgenti e avrebbe dovuto aspettare troppo a lungo, consigliarono perciò di portarla immediatamente in una clinica privata.

Mario, con un'espressione spaventata che fece stringere il cuore a Petru, telefonò alla madama dell'assegno, quella che una volta al mese passava a riscuotere la sua percentuale sugli affari e le espose il problema.

Madama Becarelli accettò immediatamente di fare loro un nuovo prestito e Petru andò da lei per ritirare l'assegno. Abitava in una casa di corso Venezia a Milano, arredata con un lusso pacchiano, sovraccarica di ninnoli e soprammobili, le pareti coperte di quadri più di quelle di un museo.

Seguì un periodo molto difficile: senza la signora Adele e senza Mario, che stava giorno e notte in clinica per assistere la madre, era impossibile tenere aperto l'albergo che perciò dovette chiudere per tre settimane.

Ma nonostante l'operazione avesse avuto esito positivo, la signora Adele non si riprendeva, e la clinica costava molto, i soldi del nuovo prestito stavano per finire.

Allora Mario radunò la nonna, Petru e Fane e disse loro che dovevano assolutamente riaprire l'albergo. Così Petru si trovò promosso al rango di portiere, imparò a registrare i clienti e a farli pagare. Mario si alternava fra la clinica e l'albergo, quasi non dormiva ed era sempre più stanco e teso.

A volte i clienti, rendendosi conto che Petru era un extra-comunitario, lo trattavano con disprezzo e gli facevano battute cattive, ma Petru sopportava e faceva finta di nulla, e soprattutto non diceva nulla a Mario per non creargli nuovi problemi.

Ma un giorno Petru dovette discutere con forza con un cliente che aveva pagato solo per un'ora e era stato con la sua compagna in camera per tre ore. Quando era uscito, Petru gli aveva chiesto, gentilmente, di pagare la differenza.

L'uomo si era rifiutato e stava per andarsene, ma Petru saltò agilmente oltre il bancone e gli sbarrò la strada.

"Mi scusi, signore, ma lei deve pagare la differenza!" gli disse in tono cortese ma deciso.

"Ma non mi rompere i marroni, sporco extra-comunitario!" aveva risposto l'uomo con arroganza.

"Mi scusi, io sarò anche extra-comunitario, sarò anche sporco benché mi lavo ogni giorno, ma lei deve pagare quanto è giusto pagare." ribadì Petru, per nulla intimorito.

"Io i soldi li do alla padrona, non a te, pezzo di merda! Lasciami passare!"

"La padrona è in ospedale e..." iniziò a dire Petru, senza spostarsi.

In quel momento Mario uscì come un furia scatenata dalla cucina, dove era con la nonna, spostò Petru, afferrò quel cliente per la cravatta e la serrò con tale forza da farlo diventare paonazzo.

"Fuori di qui, il pezzo di merda è lei, e puzza troppo! Me ne frego dei suoi soldi, della sua disonestà e della sua cafonaggine! Ma guai a lei se prova a mettere ancora una volta il suo naso qui dentro! Vada a scopare le sue ragazze nei prati, o in un altro albergo, se le tira il cazzo! Fuori!" gli gridò lasciandolo, spingendolo via e facendosi da parte.

Quando l'uomo uscì, seguito dalla ragazza, Mario si rivolse a Petru: "Ti chiedo scusa io per la sua idiozia, ma quello non si azzarderà mai più a trattarti così!"

"Ma quel signore..."

"Non è un signore, è solo una merda!" reagì Mario.

Petru non l'aveva mai visto così arrabbiato, tanto furibondo. "... quel signore..." riprese, "era uno dei nostri migliori clienti, faceva molte consumazioni e veniva spesso..."

"Ha fatto consumazioni, oggi?"

"No, ma... di solito pagava più in consumazioni che per la camera e..."

"Comunque non me ne frega proprio niente. Nessuno deve mancarti di rispetto! Tu sei più di un fratello per me, sei più prezioso di un amico, sei... Se mancava di rispetto a me, ti giuro che mi faceva meno rabbia. E comunque, nessuno deve mancare di rispetto a chi lavora qui dentro."

Da quel giorno, se già non fosse stato così prima, Petru non solo amò Mario ma lo adorò letteralmente: si sarebbe fatto uccidere per lui, per averlo difeso con tanta veemenza e determinazione.


Petru aveva notato che le ragazze che gli uomini portavano in quell'albergo, erano sempre più spesso straniere, e a volte anche ragazze nigeriane... Le italiane erano sempre più rare, e solo i clienti più ricchi arrivavano ancora con ragazze italiane molto giovani, che a Petru parevano liceali.

La cosa che lo aveva colpito era che fra le ragazze, quelle che si rivolgevano a lui in modo più gentile, erano quasi sempre proprio le italiane. Le altre, le extra-comunitarie, spesso lo trattavano con maggiore razzismo di certi clienti.

Di solito, da quando Mario gli aveva affidato la reception e la cassa, era Petru che una volta alla settimana andava in banca a fare i versamenti sul conto dell'albergo. Mario aveva paura di tenere troppi soldi in casa, perciò circa due volte al giorno metteva gli incassi in un nascondiglio che conoscevano solo loro due. La mattina di ogni martedì, appena prendeva servizio, Petru toglieva il denaro necessario per eseguire i pagamenti e fare la spesa e andava a depositare il resto.

Una mattina verso le dieci, Petru vide entrare due ragazzi giovani, dai tratti fini e anche belli; dovevano essere entrambi sui venti anni. Erano vestiti con abiti firmati ma con sobria eleganza. Uno era un biondino e l'altro aveva morbidi capelli castani. Erano entrati quasi esitando, guardandosi intorno come smarriti, poi s'erano avvicinati al banco della reception e quello con i capelli castani e bellissimi occhi verdi, aveva sorriso timidamente a Petru.

"Mi scusi, ma... ci hanno detto che qui... si può prendere in affitto una stanza anche per... poche ore. Anche se siamo... due ragazzi."

Petru provò tenerezza per il pudore e la timidezza con cui quel ragazzo aveva posto la sua domanda. Perciò sorrise gentilmente, cercando di metterli a loro agio: "Certamente, non vi è nessun problema. Il minimo è per un'ora, e comunque le nostre tariffe sono qui..." disse, porgendo loro un cartoncino.

Quello che aveva parlato, chiese al biondino, sottovoce: "Va bene per... due ore? Bastano, no?"

L'amico sorrise e annuì. Petru intuì che per i due ragazzi quella non doveva essere semplicemente un'avventura, ma che dovevano amarsi. Probabilmente non avevano un posto dove potersi dimostrare il reciproco amore, e provò un grande senso di tenerezza.

Allora prese la chiave della stanza numero undici, la più bella del primo piano, che di solito riservavano ai clienti abituali più generosi e ricchi. In quella stanza c'era sempre un vaso con fiori freschi e una ciotola con cioccolatini assortiti.

"Si paga anticipato, penso..." disse il ragazzo dai capelli castani, prendendo la chiave.

"Sì, si usa così." rispose Petru.

Il biondino estrasse il portafogli e depose sul bancone la tariffa. Petru ringraziò, mise via il denaro e disse: "Se volete, poco prima che siano scadute le due ore, posso farvi uno squillo in camera..."

"Non importa, grazie." rispose il biondino che aveva dolcissimi occhi cerulei.

"Potete salire da quella scala. È la prima camera a sinistra." disse loro Petru.

Li guardò salire e la sua impressione che fossero due innamorati, si rafforzò. Si chiese se anche lui avrebbe potuto avere, un giorno, un ragazzo che lo guardava con quegli occhi pieni d'amore.

Gli sembrò che la dolce mattina di fine aprile fosse divenuta anche più luminosa e dolce. Chissà quanto avevano dovuto attendere, quei due ragazzi, prima di trovare un posto dove scambiarsi il proprio amore, donarsi il proprio desiderio.

Una ventina di minuti più tardi, arrivò una coppia, un uomo con una ragazza, quasi certamente una prostituta. Anche questo era un cliente nuovo, ma doveva essere già informato, perché chiese una camera per un'ora, pagò, prese la chiave e salì, seguito dalla ragazza che faceva dondolare la sua borsetta almeno quanto le sue anche.

Che differenza fra quelle due coppie! pensò Petru, e non solo perché i due ragazzi erano gay come lui. Quei due ragazzi si amavano, l'aveva letto nei loro occhi. La ragazza invece aveva un'aria annoiata e l'uomo che era salito con lei aveva lo sguardo del gatto che ha visto un topo e pensa di divertircisi prima di azzannarlo.

Alle undici scese una coppia che era arrivata verso le nove e trenta e gli rese la chiave. Poi alle undici e quindici scese anche la coppia che era arrivata alle dieci e venti, e uscì. Perciò restavano solo i due ragazzi della camera undici. Petru era sicuro che sarebbero scesi puntuali a mezzogiorno, sfruttando completamente le due ore per cui avevano pagato. Chiamò la cameriera che era di turno e la mandò a pulire le due stanze che erano state appena liberate.

Poco prima di mezzogiorno tornò Mario dalla clinica.

"Come va la mamma?" gli chiese Petru.

"Al solito... Nessun miglioramento."

"Non sono potuto passare in banca, stamattina. Vuoi andarci tu?"

"Preferirei che ci vai tu subito dopo pranzo. Sto io alla reception. Adesso vedo se la nonna ha voglia di preparare il pranzo, se no cucino io qualcosa."

Petru guardò l'orologio a muro e vide che mezzogiorno era passato da quasi cinque minuti... Avrebbe dovuto avvertire i due ragazzi... ma decise di lasciarli stare ancora per un po': dopo tutto le altre stanze erano tutte disponibili, non c'era nessuna fretta. Che si godessero l'un l'altro...

Mario tornò: "La nonna ha detto che ci pensa lei a cucinare. Però non mi va di andare in banca, adesso."

"No no, nessun problema, ci vado io subito dopo pranzo."

Petru guardò di nuovo l'orologio: era mezzogiorno e venti. Allora decise di chiamare la stanza numero undici per avvertire i ragazzi che avrebbero dovuto lasciare la camera, oppure pagare un'ora di più.

Digitò il numero undici e attese. Non rispose nessuno... Petru pensò che forse erano sotto la doccia, assieme, preparandosi per uscire. Lasciò squillare ancora un po' il telefono, poi mise giù. Avrebbe richiamato a mezzogiorno e mezzo. Se uscivano subito, non gli avrebbe chiesto l'ora in più... dopo tutto Mario non sapeva a che ora erano arrivati.

Mario andò verso il bar: "Vuoi un aperitivo, Petru?"

"No, grazie."

Mentre si versava l'aperitivo, chiese: "E Fane? È in camera sua?"

"No, dovrebbe essere nel retro che pulisce. Non c'era quando hai parcheggiato?"

"Ho lasciato l'auto qui sulla via; pensavo che forse sarei dovuto passare io in banca." disse tornando al bancone e iniziò a sorseggiare lentamente il suo aperitivo.

Petru guardò nuovamente l'orologio e richiamò la stanza numero undici. Ancora nessuna risposta.

"Mario, ci sono due ragazzi alla undici, volevo avvertirli che è scaduto il tempo ma non rispondono..."

"Prendi il passpartout e vai su. Prima di aprire, bussa."

"Sì, certo." disse Petru prendendo la chiave universale e salì sorridendo.

Magari s'erano semplicemente addormentati, pensò... il telefono aveva uno squillo molto discreto e probabilmente non li aveva svegliati. Bussò alla undici. Bussò con più forza. Infine si decise ad aprire, ed entrando disse ad alta voce: "Scusate..."

Si fermò sentendosi il cuore raggelare. I due ragazzi se n'erano andati... lasciando solo i loro corpi sul letto! Erano nudi, abbracciati, il sole faceva brillare i loro capelli... Erano belli come due angeli... Ma se ne erano andati!

Gli altri clienti, quando aveva cominciato a lavorare in quell'albergo, a volte se ne andavano lasciando i loro bagagli. Quei due ragazzi no... se n'erano andati lasciando solo i due corpi sul letto. E dai loro polsi era fluita via la vita, tingendo di porpora regale le lenzuola.

Petru si sentì mancare. Avrebbe voluto urlare, ma dalla sua gola bloccata quasi non usciva neppure il respiro. Arretrò lentamente, gli occhi fissi su quei due corpi teneramente abbracciati, per l'ultima volta... per sempre. Chiuse la porta e, come in trance, scese la scala.

Mario lo guardò e chiese: "Li hai avver... Che è successo, Petru?" chiese interrompendosi e guardando il suo volto esangue, rigato di lacrime.

"Si... si sono... uccisi, Mario..." singhiozzò Petru. "Dobbiamo chiamare la polizia..."

"Uccisi? Sei sicuro? Come?"

Petru si passò il pollice della destra sul polso della sinistra, in un gesto eloquente.

"Buon dio... Forse sono ancora vivi..." esclamò Mario uscendo in fretta da dietro il bancone.

"No... tutto il sangue... le lenzuola... tutte rosse..."

"Tu chiama subito un'ambulanza, poi la polizia. Io vado a vedere se respirano ancora... Ci sono altri clienti? Bisogna mandarli via subito."

"No, nessun altro."

Mario corse su per le scale, facendo i gradini a due a due. Petru chiamò il 118 e avvertì di mandare un'ambulanza, spiegando che due clienti s'erano tagliati le vene in una stanza dell'albergo. Poi chiamò il 113 e ripeté il messaggio alla polizia, avvertendoli che aveva già chiamato lui l'ambulanza.

Mario scese, pallido come un cencio, guardò Petru con espressione smarrita e, con voce rotta, disse una sola parola: "Perché?"

"Probabilmente... le famiglie... non gli permettevano di... di amarsi liberamente." mormorò Petru, e anche lui cominciò a piangere silenziosamente.

Sentirono le sirene. Arrivò prima l'ambulanza. Petru accompagnò su il medico e tre infermieri, li fece entrare, ma restò fuori, in corridoio. Non avrebbe sopportato di vedere ancora una volta quei due poveri corpi privi di vita. Poi si sentirono le sirene della polizia. Mario fece salire i poliziotti. Aveva messo sulla porta dell'albergo il cartello "chiuso".

Dopo un po', scese il personale medico, trasportando i due cadaveri avvolti nelle lenzuola bianche di bucato e rosse di sangue... Dietro di loro, scese anche Petru.

Si appoggiò al bancone. "Perché morire a vent'anni... e proprio in un albergo a ore?" chiese gemendo.

"Poveri ragazzi..." mormorò Mario.

Scesero due dei poliziotti e dissero che gli altri stavano finendo di fare i rilevamenti. Poi chiesero quando quei due clienti fossero arrivati, che cosa avessero detto, chi si era accorto che erano morti e come... Petru e Mario risposero a tutte le domande.

Poi Mario chiese all'agente: "Hanno lasciato uno scritto, qualcosa, una lettera? Perché l'hanno fatto?"

"No, niente. Nei loro abiti ci sono solo i documenti, nella stanza non c'è nessuna lettera. Si sono ammazzati perché... erano due froci, è evidente."

"E tutti i froci si dovrebbero ammazzare, agente?" gli chiese Mario con espressione dura.

Il poliziotto lo guardò con espressione strana e non rispose. Fece loro altre domande, finché scesero gli altri. Avvertirono che avevano sigillato la porta della stanza e che doveva restare chiusa finché non fosse venuto il magistrato inquirente a fare il sopralluogo, e che loro due avrebbero dovuto deporre tutto quanto sapevano.

Quando se ne andarono, Mario mormorò: "Speriamo che almeno... che almeno li seppelliscano assieme, poveri ragazzi."

Petru rispose: "Ne dubito, ma comunque, ora, non li può separare più niente e nessuno. Sono uniti per sempre. E questa volta, si può dire: per sempre."

Frattanto, sentite le sirene, erano arrivati prima Fane, poi la nonna e la cameriera, chiedendo che cosa fosse successo. Mario aveva detto loro che due clienti s'erano suicidati nella stanza numero undici.

"E che facciamo, ora?" chiese nonna Felicita, con espressione smarrita, quando furono soli.

"Non possiamo riaprire finché non viene il magistrato a indagare." rispose Mario. Poi disse alla cameriera di tornare a casa e di dire alle altre due ragazze di non andare al lavoro. "Non ti preoccupare, vi pago ugualmente. Non è colpa vostra se non potete venire a lavorare. Vi farò sapere quando potete tornare."

"Verrà fuori sui giornali e... e magari i clienti non vorranno venire più, dove è successa una cosa così." disse Fane.

"O piuttosto ne verranno anche più di prima per... per soddisfare la loro curiosità morbosa... e chiederanno di avere proprio la stanza numero undici..." disse amaramente Mario.

"No!" esclamò Petru. "No..." ripeté in tono basso. "Non possiamo darla a nessuno, quella stanza... A nessuno."

"Ma è la migliore..." disse Fane.

"Ne faremo un'altra che sarà la migliore... Ma io sono d'accordo con Petru. Quella stanza... appartiene a loro due, ormai. Anche se non so come si chiamano."

"Lo leggeremo sui giornali..." disse amaramente Petru.

"Non dire niente a tua madre, quando la vai a trovare." disse nonna Felicita.

"Lo verrebbe a sapere dai giornali. No, è meglio che glielo dica io." disse Mario.

"Forse hai ragione. Il pranzo è quasi pronto."

"E chi se la sente di mangiare, nonna?"

"E invece... invece dovete mangiare, ragazzi. Dovete essere forti... Avremo da fronteggiare non pochi problemi nei prossimi giorni, specialmente tu e Petru." disse in tono gentile ma deciso la nonna.

Il giudice istruttore arrivò il giorno seguente. I giornali erano già pieni delle foto dei due ragazzi: il biondino era il figlio di un primario e quello coi capelli castani era il figlio di un industriale. E i giornali titolavano "Patetico dramma omosessuale: due ragazzi della Milano bene si tagliano le vene."

Stranamente, i giornali non riportavano il nome dell'albergo, né dicevano che si trattava di un albergo a ore. Evidentemente le famiglie dei due ragazzi erano riuscite a non far trapelare quella notizia o a bloccarla.

Quando madama Becarelli andò a ritirare i soldi, Mario la mise al corrente sull'accaduto.

La donna disse: "Che sfiga che quei due sono venuti ad ammazzarsi proprio qui! Ma che cazzo, non potevano andare a gettarsi nel Naviglio! Fortunatamente nessun giornale ha pubblicato il nome dell'albergo e hanno scritto solo che è nella cintura milanese. Quando potete riaprire, dite a tutti che avevate chiuso per... per lavori."

"Sì, è meglio. Non voglio avere il corteo della gente morbosa che magari vuole anche andare a scopare proprio in quella camera! Ma la gente del posto ha visto il via vai della polizia..." disse Mario.

"Direte che c'è stato un furto... Io incaricherò l'avvocato Balestra di fare in modo che tolgano i sigilli alla stanza al più presto in modo che potete riaprire."

"Ma le cameriere sanno quello che è veramente accaduto..." le fece notare Petru. "E immagino che ne avranno parlato a chissà quanti..."

"Datemi il loro indirizzo, che ci vado io a parlare con le ragazze. L'importante è che da ora in poi, eventualmente, smentiscano." disse madama Becarelli.

Appena riaprirono, i clienti ricominciarono ad affluire. Gli affari ripresero come prima. Avevano allestito la camera ventuno, al piano superiore come camera per i vip, e avevano tolto il numero undici dalla porta della camera del doppio suicidio, ed era stata ripulita e vuotata, poi chiusa.

Il ricovero della signora Adele continuava ormai da sei mesi, mesi estenuanti. Mario era depresso ed era dimagrito sia a causa della salute della madre che pareva non migliorare, sia perché i soldi parevano non essere mai sufficienti nonostante la clientela non mancasse. Petru era sempre più preoccupato per la salute di Mario. Avrebbe voluto fare qualcosa per lui, ma davvero non sapeva che cosa fare.

Allora un giorno, sentendosi troppo in pena, Petru pensò di chiedere consiglio a nonna Felicita. In un momento in cui Mario era alla reception e Fane era in servizio, avendo visto che la vecchia stava riposando nel giardinetto, seduta sulla sua solita sedia, Petru prese uno sgabello e andò a sedere accanto a lei.

"Signora Felicita, io sono molto preoccupato per Mario."

"Sì..."

"Vorrei fare qualcosa per lui, ma non so da dove cominciare."

"Gli vuoi bene, eh?"

"Sì, certo... Siamo quasi cresciuti insieme."

"Continua a volergli bene... a stargli vicino. Non puoi fare molto di più. Continua a volergli bene anche se lui non è ancora capace di rendertelo."

"Ma no, signora Felicita: Mario mi vuole bene, mi ha sempre difeso, si è sempre preso cura di me."

"Sì, è vero, ma non come tu avresti desiderato, sperato."

"Ma non è vero, signora Felicita."

"Forse non è ancora pronto a rispondere al tuo amore come vorresti. Devi avere pazienza. Prima se n'è andato suo padre, ora c'è sua madre che non viene fuori dal suo stato. Il povero Mario è sempre stato schiacciato dai pesi della vita. Non ha ancora avuto il tempo e la forza di leggere nel proprio cuore, di capire... che forse ha bisogno del tuo amore ma anche di darti il suo."

Petru era stupito per il lungo discorso della vecchia, ma ribadì: "Ma Mario mi vuole bene... quasi come a un fratello."

"Ma non è così che tu vorresti essere amato, no? Non come un fratello... ma di più. E anche il mio Mario ha bisogno di più, anche se non se ne è ancora accorto." disse la donna, annuendo con espressione stanca.

"Cosa... vuole dire, signora Felicita?" chiese Petru trattenendo il respiro, guardandola stupito.

"Quello che non si può dire ma che capita a volte... fra due uomini. Mi sono sempre chiesta quanto ci metterà, il mio Mario, a capirlo... a capirsi. Tu, per la vita che hai avuto, l'hai potuto capire assai presto. Mario, non ancora."

"Vuole dire che..."

"Che vi vedrei molto bene assieme, ragazzo mio. Mi prometti che saprai aspettare?"

Petru ricordò l'analoga promessa che il marito della vecchia, il signor Carlo, gli aveva fatto fare poco prima di morire.

Poiché non rispondeva, la nonna insisté: "Mi prometti che saprai aspettare che il mio Mario... capisca?"

"Sì, signora Felicita. Sì, lo prometto."

"Bene. Grazie. E allora... tu continua a volergli bene, a stargli vicino. Non puoi fare molto di più, per ora." ribadì la donna.

"Ma lei, signora Felicita... pensa che sia giusto che... che due uomini... due ragazzi..."

"Giusto? È sbagliato tutto quello che fa del male agli altri o a noi stessi. Tutto il resto è giusto, no? Ne ho viste tante, nella mia vita... E ho visto quante ingiustizie si fanno perché si pretende di far vivere gli altri secondo le nostre idee. Quei due ragazzi... quelli di cui non si deve parlare... quelli della camera undici... li hanno uccisi i loro genitori, perché volevano obbligarli a vivere come a loro sembrava giusto ma che non era giusto per quei due poveri ragazzi. I loro genitori e tutti quelli che decidono cosa è giusto e cosa no, li hanno uccisi. A chi facevano del male, quei poverelli, se si amavano?"

Petru assentì, pensieroso. Poi chiese: "Ma come fa, lei, signora Felicita, a sapere che Mario è... come me?"

"Quando uno ascolta, invece di parlare, osserva, invece di guardare, cerca di capire, invece di giudicare... vede cose che gli altri non sanno o non vogliono vedere. Questo è sempre stato il limite della povera Adele."

"E lei pensa che forse un giorno..."

"E chi lo sa, mio caro ragazzo? Non lo penso, però lo spero. Quando Mario aprirà gli occhi... quando si capirà e si accetterà... se tu sarai lì vicino a lui, forse sarà anche capace di accettare il tuo amore silenzioso e paziente e di ricambiarlo. Ma chi lo sa? Possiamo solo sperare."

Petru annuì, poi disse, sottovoce: "Grazie, signora Felicita. Continuerò a stargli vicino e a volergli bene."

"Per ora non puoi fare molto di più." assentì la vecchia.

Petru rientrò nell'albergo. Mario era sempre seduto dietro il bancone, e stava rivedendo i conti. Aveva un'espressione preoccupata.

Quando vide rientrare Petru, sollevò lo sguardo e gli disse: "Tra poco vado in clinica a vedere mia madre. Stai tu alla reception?"

"Certamente, non ti preoccupare."

"Non so come faremmo ad andare avanti, qui, se non ci fossi tu. E dire che mamma t'aveva assunto quasi più per fare un piacere a don Cesare che per altro. Nessuno di noi immaginava la fortuna che ci stava capitando, assumendo te."

"La fortuna più grande è mia, Mario. Grazie a voi, e a te in particolare, ho potuto lasciare una brutta vita e cominciare a vivere per davvero. Potrai sempre contare su di me."

"Lo so... L'hai dimostrato, in questi anni. Se non c'eri tu, io avrei abbandonato tutto, avrei smesso di lottare da un pezzo."

"Vorrei essere capace di fare di più per voi... per te..." mormorò Petru.

Mario gli fece un sorriso stanco, poi disse: "Di più? Nessuno di noi è superman. Quello che stai facendo è... molto più di quanto ci si può aspettare. Spero, un giorno, di poterti ripagare per tutto quanto hai fatto e fai."

Petru avrebbe voluto abbracciarlo, dirgli quanto lo amava, ma, come gli aveva appena detto nonna Felicita, capiva che Mario non era ancora pronto per capire, per accettare. Perciò semplicemente sorrise, senza dire nulla.


Pagina precedente
back
Copertina
INDICE
15oScaffale

shelf 1

Pagina seguente
next


navigation map
recommend
corner
corner
If you can't use the map, use these links.
HALL Lounge Livingroom Memorial
Our Bedroom Guestroom Library Workshop
Links Awards Map
corner
corner


© Matt & Andrej Koymasky, 2015