Afragola era coperta di locandine che annunciavano il nostro spettacolo. In evidenza c'erano i nomi del capocomico, della soubrette, della sciantosa, dei due cantanti... Ma c'erano anche tutti i nostri nomi, compresi quelli dell'attrezzista e della costumista e per ultimo quello di Alfredo Fazio, definito come "adetto loggistico"... con una D e due G!
Per non fare torti, Gennaro aveva fatto preparare dalla tipografia due manifesti, in modo che in uno veniva prima Viola poi Rosa, prima Nino poi Raffaele e viceversa nell'altro. Sotto la grande intestazione "Compagnia del Gran Varieté - di Gennaro Fazio", c'era una parte bianca con una cornicetta in stile liberty su cui si incollava di volta in volta la striscetta con il nome e l'indirizzo del teatro.
Nel pomeriggio, come deciso, andammo a portare i nostri bagagli nell'albergo. C'erano due camere piccole a due letti, tre a tre letti e due a quattro letti.
Gennaro decise che le otto donne si sarebbero suddivise nelle due camere con quattro letti, e logicamente in una andò Rosa e nell'altra Viola, che mai avrebbero dormito nella stessa stanza e che si scelsero ognuna tre compagne.
Poi assegnò a Nino e Raffaele le due camerette piccole a due letti, e Nino si scelse Antonello, il sassofono soprano... e Raffaele volle me. Lo fece come se scegliesse a caso, con aria indifferente... Io mi sentii morire per l'emozione e faticai un sacco a non far vedere a nessuno quanto ero emozionato, rispondendo, come se non mi importasse: "Come volete."
Ma giuro che il cuore mi faceva le capriole in petto. Raffaele aveva scelto me! Portai la mia valigia di cartone in camera. Mentre entravo, Raffaele stava già uscendone e mi disse: "Io ho scelto il letto verso la finestra..."
"Va bene." gli risposi ed entrai a sistemare le mie poche cose. Poi raggiunsi gli altri in teatro per fare le prove sommarie prima del primo spettacolo.
Raffaele pareva non interessarsi a me... probabilmente faceva bene, eppure io quasi mendicavo un suo sguardo. Il maestro De Angelis dovette richiamarmi un paio di volte: "Che hai, oggi, Gaetano! Cerca di concentrarti di più..."
"Sì, maestro, scusate..." risposi, la coda fra le gambe.
Durante le prove, una delle ballerine di fila perse l'equilibrio e cadde addosso a un'altra, che a sua volta cadde. Viola si arrabbiò molto... ma Rosario le disse, con espressione misteriosa e un sorrisetto divertito, che quella caduta era stata provvidenziale.
Lo spettacolo filò liscio, senza cadute né errori. Nino fece piangere le donne, Raffaele fece esaltare uomini e donne, Gennaro, Sebastiano e Rosario esilararono l'uditorio, Viola e Rosa ottennero applausi a non finire... La solita routine.
A cena, vidi che Rosario discuteva animatamente, ma sottovoce, con Viola, ma nel rumore dell'allegra tavolata, non capii di che stessero discutendo. Gennaro dava gli ordini a Freduzzo, che doveva andare a prendere i necessari accordi nella città successiva, Rosa faceva la spiritosa con Sebastiano... E io mi mangiavo con gli occhi Raffaele che, nuovamente, pareva non degnarmi di uno sguardo e chiacchierava quietamente con il maestro De Angelis.
Dopo aver fatto due passi per digerire, tornammo in teatro per lo spettacolo serale. Andò tutto bene, io riuscii a suonare senza distrarmi. Raffaele in scena, alla fine della sua esibizione, rifece il giochetto del lancio della moneta e mi lanciò uno sguardo, rapido ma intenso, che mi fece girare il cuore come quella moneta!
E finalmente ci augurammo la buona notte e andammo in camera. E io ricominciai quasi a tremare, tanto mi sentivo emozionato.
Mentre cominciavamo a toglierci gli abiti da dosso, Raffaele mi disse: "Hai visto, Gaetano, che la moneta che m'hai procurato mi ha portato fortuna?"
"Ma no, tu canti bene e sei padrone della scena, la fortuna tua è tutta lì!" gli dissi io guardandolo.
Aveva indosso solo la maglietta e le mutande. Si sfilò anche la maglietta restando a petto nudo... e pensai che era troppo bello! Si passò le mani sull'ampio petto e mi sorrise.
"No, non mi riferivo soltanto all'esibizione... ma al fatto di averti qui con me..." mi disse guardandomi dritto negli occhi, con un sorriso lieve ma... meraviglioso.
"Anch'io sono contento." mormorai, balbettando quasi.
"Sì, lo so. Tu e io abbiamo molto in comune... non è vero?"
"Molto?"
"Sì, molto... ma non ancora abbastanza."
"Che... che vuoi... dire?" gli chiesi mentre dentro la testa mi si scatenava un temporale di pensieri e di emozioni...
Lui era in piedi fra i nostri letti e io ero al di là del mio.
"Non ti levi la maglietta per... per dormire? Farà caldo, 'stanotte." mi disse con voce bassa e calda.
Me la levai in fretta e, non lo so dove trovai la sfacciataggine di dirlo, ma mormorai, emozionato: "Io mi leverei pure tutto... Se lo fai tu pure."
"Sì? Bene..." disse e, infilati i pollici sotto l'elastico delle mutande, iniziò a farsele calare lentamente... molto lentamente, guardandomi negli occhi e sorridendomi.
I miei occhi correvano come impazziti dai suoi alle sue mutande che scendevano... scendevano... e già si iniziavano a vedere i peli del suo pube...
"Non te le levi, tu?" mi chiese con voce calda.
Annuii, inghiotti a vuoto e me le levai quasi di fretta, restando così nudo di fronte a lui, mentre il mio membro si sollevava lentamente ma inesorabilmente. Il suo sorriso si accentuò e finalmente anche il suo membro apparve alla mia vista. Si liberò dalle mutande, poi sollevò un braccio verso di me, attraverso il mio letto, e mi sfiorò il petto.
"Si 'nu bello guaglione... Gaetano! Vieni qui."
Salii in ginocchio sul letto, trovandomi davanti a lui, tremante, emozionato come mai ero stato. Dentro di me una voce cantava: "I' te vurria vasà!"
"Cu 'ammore, è facile tutt' 'o ddifficile." mi disse mentre mi poneva le mani sulla vita e mi tirava a sé.
"Sì?" mormorai, la voce quasi strozzata in gola.
"Ammore, ho detto... non solo... 'n'avventura, i' vurria da te."
"Sì..."
"Vuoi che io sia l'ommo tujo?"
"Sì!"
Non riuscivo a dire più di quella breve sillaba, ero troppo emozionato. Mi tirò a sé e mi sussurrò: "Vàsame!"
Chiusi gli occhi e sentii le sue labbra sulle mie, ardenti come brace, morbide come petali di rosa, e mi abbandonai contro di lui, petto contro petto, il capo lievemente arrovesciato indietro... ubriacandomi al suo bacio sempre più passionale.
Mi strinse a sé, e sentii il suo "pate d' 'e criature" premermi contro, sfregarsi sul mio.
"Tremi?" mi chiese con voce calda.
"Non è un sogno?" gli chiesi in un sussurro, riaprendo gli occhi e perdendomi nei suoi occhi verde-azzurri.
"No... il sogno ha ancora da venire... Se sarai mio, lo costruiremo assieme, il nostro sogno."
"Tuo..." mormorai e mai suono fu più bello.
"Dalla prima volta che t'ho visto, m'hai scombussolato tutto, dentro al cuore."
"Tuo..." ripetei, ubriaco di emozione.
"Statte accuorto, però... io so' 'n ommo geluso!" mi disse ma il suo sorriso pareva smentire le sue parole.
"Solo tuo..." gli dissi.
"E io pure, tuo solo."
Mi baciò di nuovo, e le nostre lingue giocavano a nascondino, ora nella mia bocca ora nella sua. S'incontravano, si carezzavano un poco e poi scappavano, ora una, ora l'altra. Lentamente, mi si addossò, chinandosi su di me, sospingendomi sul letto e stendendomisi sopra. Mi avvolse fra le sue braccia e le sue gambe.
"Mi vuoi?" gli chiesi sottovoce.
"E tu? Mi vuoi a me?"
"Sei tu l'ommo!"
"E tu non sei più un guaglioncello. Ti voglio fare mio, e voglio che tu mi fai tuo."
"Tutto come ti piace a te, Raffaele." mormorai, fremente.
Lo sentivo sopra di me, intorno a me, e lo volevo dentro di me! Le sue mani mi toccavano e mi facevano vibrare come le corde del mio mandolino. No, non stavo sognando, ero lì con lui, così caldo, forte, appassionato, e sentivo il suo desiderio bruciante come il sole d'estate a mezzogiorno!
Mi si stese di fianco e mi fece girare il bacino, sospingendomi la gamba superiore verso il petto, mi si addossò, mettendosi su un fianco dietro a me, e me lo spinse fra le natiche, sfregandocelo ritto e duro, caldo e forte, finché trovò la porta del piacere e iniziò a varcarla.
Emisi un sospiro lieto. Continuando a spingermelo dentro, rovesciò il torso su me e cercò le mie labbra con le sue. Ci baciammo e lo sentivo avanzare in me, riempirmi di sé, forte e sicuro, e mi sentii morire per la felicità. Quando mi fu dentro, iniziò a muoversi avanti e indietro con vigorose e calme spinte, facendomi fremere per il forte piacere, continuando a baciarmi.
Raffaele era mio e io ero suo! Mi sentivo in paradiso. Ero talmente contento che mi veniva quasi da piangere. Allontanò le labbra dalle mie e mi guardò, radioso.
"Maronna, se si' bbello!" mormorò, e la sua voce fu più dolce di una carezza.
"E so' tuo... tutto tuo... finalmente!"
"Sì, e io tuo. Oh, Gaetano, amore mio!"
Quasi all'improvviso venne, e contai sei, sette... dieci getti di lava bollente! Mi baciò di nuovo, mentre si calmava, carezzandomi. Poi si sfilò da me, e con un sorriso pieno di letizia, mi poggiò lieve una mano su un guancia e disse: "E adesso... tocca a te!"
Si stese sulla schiena e si portò le gambe contro il petto: "Dai, Ti voglio tutto dentro." sussurrò guardandomi con occhi luminosi.
M'inginocchiai davanti a lui e gli calai sopra. Mi accolse e il suo sorriso si fece anche più bello, mentre scivolavo in lui.
"Ooh, mio Gaetano... Eccoti, che bello! Dai... dai!" mi incitò.
Mentre mi agitavo in lui, mi carezzava il petto, i fianchi, le braccia su cui mi sostenevo, e mi guardava sempre più contento, e mi sembrava che stesse diventando sempre più bello...
Non durai molto, tanto ero eccitato. Mi scaricai in lui con una forte spinta, tendendomi tutto come l'arco che lancia le frecce... poi con un lungo sospiro felice, mi rilassai su di lui che mi avvolse di nuovo con le braccia e le gambe. Ci baciammo.
Quando fui un po' più calmo, gli chiesi: "Ma com'hai fatto a capire che... che io sognavo proprio... proprio questo?"
"Me l'hanno detto i tuoi occhi. E se prima era la tua bellezza che risvegliava il desiderio nella mia carne, poi è stato il tuo sorriso e il tuo sguardo che ha risvegliato il desiderio nel mio cuore."
"Maronna mia, Raffaele, quanto sei bello!"
"No, io lo so che bello non sono. Sei tu che mi fai bello, Gaetano mio. Che mi fai sentire bello."
"M'hai detto che... che non vuoi solamente un'avventura con me."
"Certo che no. Io sento che è amore quello che provo per te."
"Tutto così... in pochi giorni."
"I miracoli non chiedono tempo."
"I miracoli... è vero. E io che... ero geloso quando quelle smorfiosette delle ballerine ti facevano gli occhi dolci!" gli dissi carezzando il suo bel petto.
"Ma non ce n'era, per loro, non ce n'è mai stato."
"Tu l'hai già fatto con una donna?"
"Una volta sola, più di dieci anni fa. O piuttosto è lei che l'ha voluto fare con me. Prima... non l'avevo mai fatto... con nessuno. Ma poi, il capocomico del varietà dove avevo cominciato a lavorare, ci provò con me e capii che non sono n' ommo da femmene."
"E... ne hai avuti tanti... di ragazzi?"
"Che, sei geloso del passato?" mi chiese sorridendo.
"No... basta che non me lo fai essere del futuro."
"Ti giuro che non ne avrai mai motivo."
"Ma ne hai avuti tanti?"
"Quanti ne puoi contare su una mano."
"Cinque? Compreso me?"
"Sì, e compresa quella donna. Lei, il mio capocomico, poi due altri, e ora te."
"Erano ragazzi, quei due, o uomini?"
"Ragazzi."
"E perché non sei rimasto con loro?"
Mi guardò come se avessi fatto una domanda sciocca: "Ma perché non c'era amore, con loro. C'era solo godimento, divertimento. Erano solamente uno sfogo, loro per me, ma anche io per loro."
"Io credevo che tu manco t'eri accorto di me... non mi guardavi..."
"Eccome se ti guardavo... ma quando gli altri non se n'accorgevano."
"Gli altri... ma nemmeno io."
"Non stiamo quasi mai soli."
"Cos'è che ti piace, di me?"
"Che sei uomo, e no 'na mezza femmena, o un femmeniello. Non c'ho proprio niente, io, contro i femmenielli, però... non fanno per me. Se volessi una femmina, lo farei con una femmina."
"Sono pochi quelli come te..."
"E quanti ne vuoi? Non ti basto io?" mi chiese scherzosamente.
"Sì... Meglio di te non potevo trovare."
"M'hai levato le parole dalla bocca."
"Mi ami?"
"Te l'ho detto."
"E ripetimelo. Mi piace."
"Ti amo, Gaetano mio, tutto mio."
"Anche io ti amo!"
Ci addormentammo così, mezzi abbracciati, sul mio letto. Fu lui a svegliarmi la mattina dopo, baciandomi. Mentre ci rivestivamo, scombussolò le lenzuola del suo letto, per far vedere che lui aveva dormito lì. Poi scendemmo con gli altri per fare colazione, e andammo a fare le prove in teatro, mentre Freduzzo partiva con la sua motocicletta.
Rosario salì sul palco dove c'era già Viola con le sei ballerine. "Gliel'hai detto il numero che dobbiamo mettere su?" le chiese.
"Sì, ma mi sa che c'hanno capito poco, 'ste gallinelle."
Allora Rosario ci chiese di suonare uno dei brani del balletto, un 4/4, suonandolo abbastanza lento. Attaccammo e Rosario chiese a Marisa di fare i passi classici. Poi la fece fermare, e li eseguì lui, in modo un po' goffo ma chiaro, contando ad alta voce: uno, due, tre e quattro. Ma dopo tre volte che lo faceva, cadde, poi si rialzò, sempre contando.
"Allora, avete visto come sono caduto e mi sono rialzato, no? Uno: la prima della fila è come se volesse fare 'a mossa ma perdesse il ritmo; due: mani roteate in avanti come per non perdere l'equilibrio; tre, culo indietro e gambe larghe e urta la seconda col culo; quattro: colpo di grancassa, patapunfete, a terra, le braccia larghe e indietro. E così, al tre della ballerina davanti, uno: la seconda ballerina fa le stesse mosse... Sono quattordici battute in tutto. Poi la quindicesima e sedicesima battute, restate immobili, e si muove solo Viola. Infine, uno: tutte puntano le mani in avanti, a terra, sincronizzate; due: tutte puntate i piedi, le gambe larghe, il culo in su; tre: tutte dritte; quattro: in posizione per continuare a ballare... Il tutto dura cinque tempi di quattro battute ciascuno. Chiaro? Proviamo..."
Le ragazze, un po' indecise, provarono a eseguire e Viola con Rosario le correggevano, e facevano ripetere, mentre noi si suonava sempre più veloci, fino a riprendere il ritmo normale. Quando finalmente tutte lo eseguirono bene, perfettamente sincronizzate, gli altri della compagnia dalla platea applaudirono. L'effetto era esilarante ma perfetto. Così nel balletto introducemmo quello che chiamammo 'o patapunfete, e che poi fu interpretato in modi anche a volte molto diversi, da altre Compagnie di Varietà.
Quando nello spettacolo del pomeriggio le ballerine presentarono per la prima volta il numero de 'o patapunfete, gli spettatori risero e applaudirono a non finire.
Poi Gennaro e Sebastiano fecero la gag degli scapoli che prendono moglie.
Due amici, scapoli incorreggibili, sono ormai da anni ospiti abitudinari del casino locale. Anche quando vanno in vacanza, immancabilmente insieme, non visitano né musei né monumenti, ma solamente i bordelli del posto.
Un giorno uno dei due, stanco di questo modo di vivere, dice all'amico: "Forse è ora che ci sposiamo... Che ne dici?"
"Chi, io e tu?" chiede l'altro, sgranando gli occhi.
"Ma no, cretino!"
"Ah! Ma... e chi?"
"Ma dai, io e tu lo sappiamo bene, le donne sono tutte uguali, una vale l'altra..."
Così, qualche mese dopo, si sposano e partono per il viaggio di nozze; sempre insieme, ovviamente.
La prima sera, si ritirano ognuno in camera con la propria signora, ma dopo poco si rincontrano nel corridoio, con un'espressione tutt'altro che allegra.
"Che t'è successo?"
"Eh, sapessi... la forza dell'abitudine... Appena mi sono alzato dal letto ho preso cinquanta lire e le ho date a mia moglie! E lei mi ha tirato un ceffone che ancora mi fa male..."
"Beato te... A me invece ha dato cinque lire di resto!"
Dopo questa gag e la macchietta del manichino fatta in modo magistrale dal nostro Rosario, Raffaele finalmente si esibì, ora lo vedevo e lo sapevo bene... per me!
Quando andammo a cena, mi misi a sedere accanto a lui, ma nessuno ci fece caso, perché, a parte Gennaro che era sempre a capotavola, noi ci si sedeva sempre dove capitava. Sotto il tavolo, lui di tanto in tanto spingeva la gamba contro la mia... Mi faceva eccitare da matti, quella specie di segreto gioco, nascosto dal tavolo, proprio lì in mezzo ai compagni.
"Che c'hai, stasera, Gaetano, che pare che te s'è appicciate le stelle int' a ll'uocchie?" mi chiese a un certo punto Gilda che era seduta di fronte a me.
"Sento che me sta venenno 'a freve..." le risposi cercando di dissimulare meglio la mia felicità e di assumere un'aria, se non sofferente, più... normale.
"Dice ch'è 'a freve... 'a freve! I' pienzo che è piuttosto 'a capa 'e sotta che gli fa perdere 'a capa 'e còppa!" disse Rodolfo, prima indicandosi fra le gambe, poi battendo l'indice sulla tempia.
"Ah sì? E chi è ca te fa 'st'effetto, Gaetano, eh?" mi chiese Rosa, che era seduta dall'altra parte di me, con una risatina maliziosa.
"Magari proprio chi mi sta così vicino..." risposi io in tono quieto.
"Sentitelo quant'è galante!" esclamò Rosa ridendo. "Ma tu sei troppo giovane, per me. Anche se... c'ho solo due anni più di te... Ma la donna avrebbe da essere sempre più giovane dell'uomo..."
"Due anni?" interloquì Viola, in tono leggero, ma in cui si sentiva il veleno. "Ma se Gaetano non c'ha ancora ventitré anni e tu hai passato i ventotto e vai per i trenta!"
"Ma che bugiarda! Tu piuttosto li hai pure passati, i trenta!" esclamò seccata Rosa.
"Io ne ho ventisei, non me ne levo e non me ne metto. Tiriamo fuori i documenti e vediamo?" la provocò Viola.
"Che non te ne levi, ci credo, ma che non te ne metti è sbagliato: la verità è che nessuno te lo mette!"
"Ma senti 'sta zoccola! Che ne sai tu quanti spasimanti c'ho io, eh? Se volessi, il letto mio non sarebbe mai vuoto! Pensa per te, piuttosto, che tu l'ommeni l'hai da pagà per portarteli a letto!"
"Vìdite 'o ttuio e nun vede' chello 'e l'autre. A' altare sgarrupàto nun s'appicciano cannèle." rispose Rosa.
"Basta, basta per carità di dio!" esclamò Gennaro. "Chiudete quella fogna ch'avete pe' bocca! Se non la smettete, vi licenzio a tutt'e due e mi cerco un'altra soubrette e un'altra sciantosa."
"E che fai senza di me, eh? Chiudi baracca e burattini, te lo dico io!" rispose Rosa.
"E dove la trovi una soubrette come me? Licenziami e farai fallimento." rincarò la dose Viola.
"Preferisco finire fallito che finire pazzo! Vado a fare il caffettiere ambulante, piuttosto che sopportarvi ancora!" ribatté Gennaro. "Siete due vere artiste, ognuna nel suo campo è la migliore. Che bisogno avete di beccarvi sempre come due vipere?"
"Le vipere non si beccano, a dire 'o vero!" disse Sebastiano e tutti scoppiammo a ridere e la tensione si allentò. "E voi due, fate la pace, che siamo tutti sulla stessa barca, e se v'agitate troppo, si va tutti a fondo! Ch'abbiamo fatto nei due anni quando la compagnia s'era dovuta sciogliere, eh?"
Nino allora disse: "Io andavo a cantare ai matrimoni... e guadagnavo in un mese meno che con la Compagnia Fazio in una settimana."
Io aggiunsi: "E io vendevo struffoli e suonavo alle feste, ma preferisco far parte del mondo del varietà!"
"E io facevo la sarta, ma un giorno no... e l'altro nemmeno..." disse Maria.
"E io facevo 'o pazzariello..." disse Sebastiano.
"Ho messo insieme la migliore Compagnia di tutta la regione. Se avessimo abbastanza soldi, ci si potrebbe comprare un teatro tutto nostro. Cerchiamo di andare d'accordo e di aiutarci mutuamente." disse Gennaro. "Bello juoco, dura poco. Cu 'o judizio se campa 'a casa! Nun scordatelo mai!"
Tornò la pace. Dopo la cena, facemmo l'ultimo spettacolo ad Afragola. Nuovamente 'o patapunfete riscosse un notevole successo. E di nuovo io guardai incantato Raffaele durante la sua esibizione. Finito lo spettacolo imballammo tutto, in modo di essere pronti la mattina seguente a caricare e ripartire per la tappa seguente.
Finalmente potemmo dare la buonanotte e salire in camera. Mentre Raffaele chiudeva a chiave la porta, io mi denudai come un fulmine e salii sul letto, in attesa, con un lieto sorriso.
"Ehi, tutta questa fretta?" mi chiese Raffaele iniziando a spogliarsi e sorridendomi.
"Hai visto che m'hai fatto fare, a tavola, a farmi piedino? Per colpa mia Rosa e Viola si sono messe a litigare."
"Quelle non hanno di sicuro bisogno di te per mettersi a litigare. E poi... ti piaceva, no, come ti spingevo la gamba contro la tua, sotto al tavolo?"
"Ancora un po' e m'infilavo sotto il tavolo fra le tue gambe, te lo tiravo fuori e te lo succhiavo!"
"Goloso!" rise Raffaele.
Qant'è bello Raffaele mio quando ride. Anche ora che sono passati tanti anni!
Finalmente nudo e già eccitato, salì lui pure sul letto e demmo inizio al nostro numero speciale...
"Io ne ho avuti un po' più di te, e tutti maschi, ma con nessuno mai è stato bello come con te!" gli dissi, pieno di desiderio.