"Ah. E così tu saresti un giornalista?"
"Sì, mister Bunyan."
"E come hai detto che ti chiami? Quanti anni hai, giornalista?" chiese il vecchio, giocherellando con la sua pipa spenta.
"Jule Taft. Ho ventisei anni, signore."
"E come mai non sei in guerra? Sei un raccomandato? Un imboscato?"
"No, signore. Sono stato riformato."
"Ventisei anni, eh? Ottantaquattro meno di me!"
"Mi scusi, signore... ho sentito dire che lei... è il più vecchio abitante di San Francisco, ma... avrebbe centodieci anni?"
"Avrei? Li ho!" tuonò il vecchio con insospettata energia. "Fai i tuoi conti, moccioso: io ero qui ai tempi del Primo Grande Incendio di San Francisco, e avevo quindici anni! Li sai fare i conti? L'ho visto con questi miei occhi... anche se ora riesco a mala pena a vedere dove sei e neanche se sei un bel ragazzo o se faresti scappare via un morto!"
"Mi scusi, signore, non intendevo offenderla."
Il vecchio rise e gli puntò contro la pipa, quasi come fosse stata una pistola: "Non ti conviene offendermi, se davvero vuoi scrivere la mia storia. Ma a chi mai può interessare, la mia storia, eh? Non ho inventato niente, non ho fondato niente, non ho fatto grandi fortune, non ho conosciuto grandi uomini e..."
"Ma è lei, signore, che aveva dato vita alla collana di libri chiamata Lavender Cowboy... C'era il suo nome su ogni fascicolo e..."
Il vecchio annuì: "Ce n'è ancora qualche copia in giro? Mi stupisce. In genere chi li comprava, poi li faceva sparire, per non essere compromesso... Specialmente quando... la cosiddetta civiltà... e il perbenismo ha invaso anche questo angolo di mondo. Eh, capirai... Se li hai letti, certamente capisci che cosa intendo dire."
"Ma... li ha scritti tutti lei?"
"Certamente. Beh... spesso ispirandomi alle storie che qualche cowboy o minatore o ragazzo di strada mi raccontava a quattr'occhi e... romanzandole un po'. Ma non era letteratura, quella. Erano solo... storie del cazzo, letteralmente... Infatti chi me le comprava lo faceva per menarsi il cazzo e sognare che... di essere uno dei protagonisti. Ehi, mica sei per caso un tipo che si scandalizza facilmente, tu, no?"
"No, signor Bunyan. Al contrario... anche io leggendole mi sono... immedesimato in uno o in un altro dei personaggi da lei così eroticamente descritti."
"Vuoi dire che sei un sodomita, come me? Anche tu preferisci i maschi alle femmine?"
"Sì, signor Bunyan, è così. Per questo lei e la sua vita, mi interessano molto."
Il vecchio rise di nuovo: "Purtroppo per me sei arrivato tardi... Io ho finalmente trovato la pace dell'uccello. Beh... ci ho messo parecchio tempo, a dire la verità, ma... E poi non ti posso vedere bene, non so nemmeno se, quando ancora mi funzionava, me lo avresti fatto rizzare o no. Ero piuttosto selettivo, sai? Non è che io scopassi con qualsiasi paio di calzoni ben imbottito. Neanche quando ho fatto la fame, neanche se mi offrivano monete sonanti."
Jule Taft prendeva note su un suo taccuino. Fred giocherellava sempre con la sua pipa spenta.
"Che stai facendo, ragazzo? Cos'è quel movimento proprio lì? Mica te lo starai menando proprio adesso, no?" chiese il vecchio, ridacchiando.
"No, signore, sto prendendo appunti sul mio calepino, che è appoggiato sulle mie gambe." rispose il giornalista, un po' imbarazzato.
"Ah, ecco cos'è il movimento che ho notato. Eh... questi miei occhi... Oddio, se te lo menavi... non è che a me avrebbe dato fastidio. Ma tu ce l'hai un ragazzo?"
"No, signore. O per meglio dire, non più, signore."
"E piantala con questo signore, signore. Non siamo nell'esercito. Chiamami Fred... dopo tutto, se vuoi scrivere questo tuo libro... dovremo passare parecchi giorni assieme. Dove abiti, ora? Qui a San Francisco, intendo."
"Sono sceso all'hotel Chancellor, in Powell Street."
"Ah... l'hanno costruito circa trenta anni fa, giusto? Sì, sì, mi pare di sì. Non ci giuro, però... Com'è che non hai più il ragazzo?"
"L'hanno richiamato sotto le armi. Ora sta combattendo in Europa. La sua nave è sul mare Mediterraneo."
"Dimmi quello che vuoi di San Francisco e te lo so individuare subito, ma fuori di qui... se non mi dicevi che è in Europa, per me quel mare poteva pure essere in Asia. Io non ho molta cultura. Sapevo appena leggere e scrivere e contare."
"Eppure, i suoi opuscoli erano scritti in un buon inglese..."
Fred rise di nuovo: "Oh, per quello c'era un professorino che me li correggeva. No, io non scrivevo così bene. Le idee, sì, le descrizioni, pure... Ma facevo tanti di quegli errori che il povero professorino a volte ci diventava matto! Però non è che si incazzava con me, era gentile. Te l'ho detto tante volte che 'than' e 'that' non sono la stessa cosa, che 'site' e 'sight' sono diversi, come anche 'tale' e 'tell'! Te lo vuoi fare entrare in quella testaccia? Mi diceva. Poveretto. Aveva cinque anni più di me ed è morto quarantacinque anni fa... Si chiamava Dick Amory... Io ce lo pigliavo in giro, per il nome. Tu non dovresti chiamarti Dick, ma Ass Amory! gli dicevo, visto che usi poco il tuo dick e invece ti piace fartelo mettere nell'ass."
"Era il suo amante?"
"No... Era solo un amico... Per ringraziarlo dell'aiuto che mi dava, ogni tanto lo fottevo, dato che gli piaceva, finché non si è fatto il suo uomo. No, non era il mio amante. L'unico vero amante che ho avuto, si chiamava Samuel Haynes, aveva due anni meno di me... ed è morto quarantuno anni fa, che ne aveva sessantasette. Era uno schiavo negro..."
"Ma qui in California non c'è mai stata la schiavitù..."
"Credi che non lo sappia, moccioso? Certo che qui no, per questo era scappato qui, nel Free State. Io avevo diciannove anni, e lui diciassette, quando ci siamo incontrati." disse, rimettendosi la pipa fra i denti.
"E... da quando vi siete incontrati..."
"No, non proprio subito, no. Però poi è durata finché quella puttana della morte se l'è portato via. Sì, la morte è la più grande puttana del mondo: prima o poi si porta a letto tutti, maschi e femmine, piccoli e vecchi, ricchi e pezzenti... E si fa pagare con quanto hai di più prezioso: la tua vita! Per ora sono riuscito a evitarla, quella baldracca, ma so che mi sta aspettando. Ehi, ma che cazzo scrivi? Queste storie te le racconterò a suo tempo. Sempre che quella mignotta non riesca a farmi andare a letto con lei prima che finisco di raccontarti tutto."
"Allora, Fred, accetta di dettarmi il suo libro?" gli chiese Jule con un gran sorriso.
"Contento, eh? Ma sì! E sarà il libro più pieno di sesso che ho mai scritto. Tutta la serie dei Lavender Cowboys impallidirà, in confronto. Perché tu ci metti tutto dentro, no? Mica gli farai la censura, no?"
"Temo che se mi farà descrizioni troppo dettagliate, nessun editore me lo pubblicherà mai..."
"Già... ho paura che hai ragione tu. Beh, io ti detto tutto come mi viene... magari senza entrare troppo in dettaglio... Poi, eventualmente, tu lo ripulisci un po'. Così va bene?"
"Sì, certamente. E se sarà pubblicato, e se avrà successo, dividerò i proventi del libro con lei, fifty-fifty... Se per lei va bene."
"Oh, per me... Ammesso che io riesco a vivere fino al giorno in cui sarà pubblicato... Darai la mia metà a quei poveri ragazzi che battono le strade, se si vogliono togliere dal giro, perché possano rifarsi una vita. Secondo me, chi lo fa perché gli piace, fa bene a farlo; ma nessuno mai dovrebbe esservi costretto dalla fame. Me lo prometti? Farai così?"
"Glielo prometto, Fred. Parola d'onore."
"Ma sì. D'altronde che ne so io se sei un uomo d'onore o no? Anche se, da come parli... penso che molto probabilmente lo sei."
"Da come parlo?"
"Non quello che dici, le parole, ma il tono della tua voce, le inflessioni, le pause. Molto raramente mi sono sbagliato. Tanto più da quando la mia vista è andata in pensione. Prima mi aiutava anche vedere come uno sorrideva, come guardava, come muoveva le mani o i piedi e come stava seduto... La gente non se ne accorge, ma parla più con il corpo che con la bocca. E proprio perché non se ne accorge, non riesce a dire bugie con il corpo. Sapessi quante fregature ho evitato, per saper ascoltare quello che dicevano i corpi!"
"È un'interessante teoria..."
"Ma che teoria e teoria!" esclamò il vecchio battendo seccamente la pipa contro il palmo della mano. "Io non ho proprio nessun cazzo di teoria! Io semplicemente sono capace di stare a sentire quello che un corpo... stavo a sentire, per meglio dire... quello che un corpo mi dice, malgrado chi quel corpo ha. Neanche un attore sarebbe riuscito a fregarmi. Ora, mi devo accontentare della voce."
"Ma, mi dica... Lei, Fred, stava con quel... Samuel e frattanto si portava anche a letto il professore... Dick?"
"Cos'è, mi vorresti fare la morale, moccioso? Sam... con lui era amore. Con gli altri... era solo sesso. Anche per lui era proprio così. Non c'erano problemi. Quando ci siamo accorti che eravamo innamorati come due piccioncini, quando ci siamo messi assieme, sapevamo che lui avrebbe dato la vita per me e io per lui. E io gliel'avrei data, la vita, se solo avessi potuto... Sì che gliel'avrei data! E magari ora ci sarebbe lui qui a parlare con te, e io starei a letto con quella puttana della morte, al cimitero, nel suo freddo letto. Ho avuto molti cari amici, ho scopato con innumerevoli uomini, ma ho avuto un solo amore, il mio Sam!"
"Dovevate essere una bella coppia, uno bianco e uno nero... Ma non avete mai avuto problemi?"
"Due sodomiti, specialmente se si amano, hanno sempre un sacco di problemi. E poi, uno bianco e uno nero... certo. Gli amici ci chiamavano black & white... E così, sai, quando ho scoperto che un certo Buchanan a Londra, proprio l'anno prima che morisse il mio Sam, aveva iniziato a vendere un whisky e l'aveva chiamato Black & White... ho cominciato a farmelo mandare e ogni giorno ne bevo un goccetto... due soli sorsi... uno per me e uno per il mio Sam. Non vado a portargli fiori al cimitero... io lo onoro così. Sono sicuro che Sam lo apprezza più di un fiore. Anche ai tempi del proibizionismo sono sempre riuscito a farmi mandare tutte le bottiglie di Black & White di cui avevo bisogno!"
"Certo è che lei, Fred, in centodieci anni, troppe deve averne viste, di cose!"
"E spero di campare ancora un anno. Mica per altro, ma centoundici, tre uno messi in fila... beh, mi piacerebbe. Oh, bada bene, se arrivo oltre i centoundici, mica mi lamento, eh? Sarà che sono un sodomita, ma a me, sinceramente, andare a letto con quella baldracca della morte, proprio non mi attira. Hai mai notato, ragazzo, che la morte è femmina? Oh, anche la vita. Ma l'amore è maschio. In inglese non è così evidente, ma se mastichi un po' di spagnolo, è chiaro, evidente. Buffo, no?"
"Lei fuma la pipa, Fred?"
"Che? Ah, la pipa... No... io non fumo. Quand'ero un ragazzino, per darmi le arie di uomo, m'ero comprato una pipa... no, in realtà ne avevo fregato una... e avevo anche provato a fumarla... Beh, ho vomitato anche l'anima. E allora, la tenevo sempre fra i denti o in mano, spenta, come se avessi appena smesso, o come se pensassi di accenderla più tardi... E così per me è diventata un'abitudine. Ormai mi sentirei più nudo senza la mia pipa che senza mutande." ridacchiò il vecchio.
"Vive solo, qui? In questa casa?"
"No, c'è Will. E poi i ragazzi... quelli che fanno il mestiere... sanno che in caso di necessità qui un letto, un piatto a tavola, un riparo ce l'hanno sempre. Perciò questa casa è un porto di mare. Se ti fermerai qui abbastanza a lungo, vedrai tu stesso. Oh, a volte vengono solo per salutarmi, per vedere se sono ancora vivo, per fare due chiacchiere. Mi chiamano nonno, sì, nonno Fred. E mi trattano come un nonno. E per me sono come nipotini."
"Ma non approfittano di lei?"
"Non più di quanto tu stai approfittando di me."
"Ma io..."
"No no, calmati. Voglio dire che no, non approfittano di me. Nessuno mai ha approfittato di Fred Bunyan. No. Al contrario, si preoccupano per me. Se uno di loro provasse a fare il furbo, se uno di loro provasse ad approfittarsi di me, saprebbe che avrebbe tutti gli altri contro, che non potrebbe più vivere qui in San Francisco. Sono passate generazioni di ragazzi di strada, qui da me. Sai, un paio di loro ora fa anche parte della polizia di San Francisco. Uno è consigliere comunale... Altri, purtroppo, hanno fatto una brutta fine. Ma fra i miei nipoti ho anche un medico, due pompieri, un libraio, tre bottegai, un paio di insegnanti e tanti... troppi, stanno facendo la guerra per cancellare dalla faccia della terra i nazisti e non so quanti me ne rimanderanno indietro interi o semplicemente vivi."
"E ha ancora contatti con tutti loro?"
"Con molti di loro, sì. Proprio come un nonno, no? Oh, beh... la maggioranza passa come le stelle filanti nella notte di San Lorenzo... Chissà dove sono, che fanno adesso. Ma in tanti anni, che vuoi, anche se solo una minoranza si affeziona veramente... si fa presto a metter su una bella squadra. Quello dei ragazzi di strada è un mondo fluttuante, impermanente. Affascinante. Sono come pianticelle strappate dalle rive da una corrente vorticosa, sballottati fra le onde del fiume... qualcuna riesce a toccare di nuovo le sponde del fiume, a fermarsi e mettere radici, a crescere... Altri... sono trascinati fino al mare, dove l'acqua salata gli impedisce di crescere e diventano cibo per i pesci."
"Il mare... l'acqua salata... è la vita che fanno?"
"No, stupido! Proprio non capisci niente, giornalista! La vita che fanno è la corrente del fiume che li trascina... Il mare è la nostra società, la nostra cosiddetta civiltà, le leggi, le regole, la religione, il perbenismo, l'ipocrisia che alla fine li frega!" disse quasi veementemente il vecchio, battendo, a ogni termine che enunciava, il fornello della pipa spenta contro il palmo dell'altra mano.
Per un po', il vecchio e il giovane restarono in silenzio.
Poi Jule chiese: "E lei, Fred... la sua casa, cosa siete nell'allegoria del fiume?"
"Un ramo steso di traverso, nella speranza che qualcuno ci si aggrappi abbastanza a lungo per cessare di essere sballottato dalle onde del fiume... Per trovare poi la forza di tornare a riva. Vedi, tu potresti dire che invece di un ramo, sarebbe più efficace metterci una rete, di traverso nel fiume, abbastanza fitta per ripescarli tutti, riportarli a riva e fargli mettere radici. Ma non funzionerebbe. La corrente prima o poi li afferra di nuovo e ciao! No. Se non sono loro a voler afferrare il ramo... è inutile. Come è inutile che li pianti tu dove pensi che possono crescere bene. No. Devono trovare loro il punto in cui fermarsi e mettere radici."
"Ma così, la maggioranza finisce in mare e... e diventano cibo per i pesci." obiettò Jule.
"E non credi, tu, giornalista, di correre lo stesso rischio? Non credi che tanti nostri illustri politici, predicatori, uomini... o donne si capisce, normali, ricchi, poveri, famosi, sconosciuti, impiegati, operai... non siano altro che cibo per pesci? Anche essere cibo per pesci è utile... Anche il mare è utile."
"Mi scusi, Fred, non la seguo più..."
"Vado troppo veloce?" ridacchiò Fred. "No... è che prendi troppo sul serio ciò che è solo un paragone, forse perché sei troppo istruito, troppo abituato a ragionare, alla razionalità. Le parabole non vanno sezionate con la mente, interpretate, vanno sentite col cuore. Nessuno dei miei ragazzi avrebbe avuto problemi a seguirmi. E poi... che ne sai tu che valga la pena di seguirmi? Non potrei essere un cieco che spiega a un sordo che cosa è un colore?"
"Lei mi confonde..."
"Vuol dire che sono ancora abbastanza in gamba, allora. No, no, Jule, non te la prendere. È solo che non hai ancora centodieci anni... Tu sei il primo giornalista che incontro, non me ne intendo di giornalisti e forse non so parlare il tuo linguaggio. So solo parlare il linguaggio dei ragazzi di strada, perché io sono fondamentalmente un ragazzo di strada. Da quando sono nato... Vedi, quando me ne andrò, non dovrebbero scavare la mia tomba in un bel giardino dove mettono tutti bene in fila quelli che se ne vanno, ma dovrebbero scavare una buca nella strada e sotterrami lì. Ma non lo faranno. No, non lo faranno, sia perché non lo capiscono, sia perché madama la legge, che è la cugina carnale di madama la morte, non lo permette."
"Lei, Fred, ce l'ha con l'ordine costituito, con la legge, con la società..."
"Io non ce l'ho con niente di tutto ciò. Come non ce l'ho con la pioggia, con il fuoco, con... Ce l'ho solo con le persone che si affidano a schemi schematicamente schematizzati. E comunque non ce l'ho con te, altrimenti non avrei accettato di raccontarti la mia vita. Ti rendi conto che... ma ti rendi conto che quando avrò finito di raccontarti la mia vita, tu sarai, dopo di me, quello che ne saprà più di tutti, anche dei miei ragazzi?"
"Sì, lo capisco..."
"Ti rendi conto che saprai cose che forse non ho mai raccontato a nessuno? E che quando te ne tornerai a casa... tu non sarai più lo stesso Jule Taft, giornalista, che s'è preso la briga di venire fino a San Francisco per conoscere un vecchio sodomita e mettere il naso nella sua vita? Che ti chiederai come fare a rendere giustizia a un vecchio matusalemme, quando dovrai tagliare parte di quanto t'ha raccontato e non saprai quali parti tagliare, perché quando poti un albero, se non lo fai bene, invece di rafforzarlo, rischi di farlo morire?"
"Temo di rendermene conto..."
"Ecco, hai detto una cosa giusta: temi! Ma dimmi, giornalista, mi hai detto che ti sei incuriosito riguardo a me quando ti sono capitati fra le mani alcuni dei vecchi opuscoli della mia serie Lavender Cowboy... Se penso che l'ultimo numero che ho stampato è stato circa quaranta anni fa... come hai fatto a trovarlo? E, ancora, dove l'hai trovato? E come t'è venuto in mente di venirmi a cercare? E perché?"
"Come credo di averle già detto, io sono un giornalista free-lance. Stavo facendo alcune ricerche sulla vita del capitano di industria Bennet Rowling, di Boston. Gli eredi mi hanno permesso di accedere all'archivio di famiglia, per cercare materiale inedito su questo grande uomo che s'è fatto dal nulla, un vero simbolo dell'American Dream..."
"Bennet Rowling di Boston? Mai sentito nominare. Chi era? Che faceva?"
"Il re dei lucidi per scarpe e dei prodotti per il mantenimento delle sellerie... Aveva iniziato come lustrascarpe ambulante, aveva inventato un lucido molto migliore degli altri allora in commercio e a poco a poco ha messo su la sua industria che ora dà lavoro a circa tremilasettecento persone."
"Ah, quindi anche lui era un ragazzo di strada..." disse con espressione compiaciuta il vecchio.
"Sì, è così. Era un trovatello che dall'età di otto anni si è guadagnato da vivere appunto lucidando scarpe per la via... e ora la sua industria fornisce i suoi prodotti anche all'Esercito degli Stati Uniti... Dunque, dicevo, fra le sue carte trovai una lettera che aveva ricevuto da un certo Humphrey Brooks, e che faceva chiaramente intendere che fra i due c'era stata una relazione affettiva..."
"Oh. Erano tutti e due dei sodomiti?" chiese interessato Fred.
"Risultava abbastanza evidente dal testo della lettera. Così, essendo anche io un... omosessuale..."
"Ah, già, adesso si deve dire così..." notò divertito il vecchio, "a me piace di più il buon vecchio termine sodomita!"
"... ho iniziato una ricerca parallela, personale, su questo aspetto della vita di Bennet Rowling e del suo amico, o amante, Humphrey Brooks. Così scoprii che Brooks era stato il suo segretario per dieci anni... Anche lui era venuto a mancare..."
"Aveva tirato le cuoia, cioè."
"Sì, e gli sopravviveva una vecchia sorella che, per mia fortuna, aveva conservato un paio di bauli del defunto fratello che contenevano le sue cose, e che non ebbe nessun problema a farmi andare nella soffitta, dove li conservava, per analizzarne il contenuto. Lì, oltre ad avere conferma riguardo alla relazione fa i due, a un certo punto mi resi conto che uno dei due bauli aveva un doppio fondo e così, fra altre cose, saltarono fuori una decina di opuscoli, di libretti della serie Lavender Cowboys. Li lessi... e fui stupito di trovare letteratura omosessuale che era stata pubblicata, a vedere le date, fra la fine dell'ottocento e l'inizio di questo secolo."
"Letteratura, poi! Erano solo racconti pruriginosi per mani solitarie!" rise Fred, agitando la mano in un eloquente gesto.
"... e in ogni opuscolo, sulla quarta di copertina, sotto il numero progressivo e la data, c'era la dizione: stampato a mano da Fred Bunyan in San Francisco, Ohio Street 5 - Spedizione in busta anonima, su richiesta - pagamento anticipato."
"Sì, Ohio Street... T'è andata bene che non ho cambiato indirizzo..."
"Proprio così. Non ci speravo, sinceramente. Comunque decisi di venire qui in San Francisco, sperando di trovare qualche traccia, e ho avuto la fortuna di trovare addirittura lei, l'autore!"
"E mi hai convinto a vuotare il sacco e raccontarti la mia vita. Però, prima, mi piacerebbe sapere qualcosa di più su di te. Hai detto che hai ventisei anni, vero?"
"Sì, esatto."
"E sei di Boston..."
"No, sono nativo di Lynn, a nord di Boston."
"Beh, sempre nel Massachusetts, no? E com'è che hai capito di essere un sodomita, o un omosessuale, come preferisci dire tu?"
"Avevo quindici anni... I miei mi avevano messo a studiare nella Haldane Boarding School di Boston, perché mio padre era sempre per mare e mia madre era ammalata..."
"Marinaio, tuo padre?"
"Capitano di una nave mercantile. Guadagnava abbastanza bene, anche i miei tre fratelli maggiori lavoravano sulla sua nave, ai suoi ordini. I soldi non mancavano, in casa. Perciò, quando mia madre si ammalò, mise lei in una clinica e me in collegio, e in casa rimase solo un'anziana sorella di mio padre, per tenerla aperta per quando tornavano loro..."
"Così tu finisti in collegio e lì..."
"Sì, e lì... Mi sentivo un po' solo, spaesato, all'inizio. Feci abbastanza presto amicizia con un compagno di due anni più grande di me, e quando tutti tornavano a casa per le vacanze, mi invitò ad andare a casa con lui e... beh, una volta che ero triste, perché io non vedevo più i miei da tempo... mi consolò e..."
"E siete finiti a letto assieme!"
"A dire il vero, quella prima volta non fu a letto... Eravamo andati a fare un giro fuori, con la sua bicicletta e quella di uno dei fratelli, e avevamo portato il cestino con il cibo per mangiare in campagna, o per meglio dire in collina e... Io ero triste perché mi sentivo abbandonato e... lui mi abbracciò e mi disse che non ero solo, che c'era lui e... e quell'abbraccio mi fece eccitare e... e lui se ne accorse e mi carezzò lì... Poi mi baciò e mi chiese se volevo essere il suo ragazzo."
"E tu ti sei calato i calzoni e..."
"Non proprio. Non subito. Mi piaceva come mi stringeva, mi baciava, mi toccava. Mi piaceva sentire il suo affetto e anche il suo desiderio. Lo toccai anche io e mi chiese se capivo che cosa lui avrebbe voluto da me, e perché eravamo tutti e due così eccitati fisicamente... e io... gli ho chiesto di spiegarmi e lui mi chiese se volevo fare l'amore con lui... e io gli dissi di sì."
"Allora, avevi già le idee chiare su... certi argomenti."
"No, per nulla affatto. Per me quello che stavamo facendo, cioè abbracciarci, toccarci, baciarci... era già fare l'amore. Ma lui mi spiegò che per due uomini fare l'amore era fare altro, di più... e che però era proibito... che doveva restare un segreto e... A me piaceva l'idea di avere un segreto da condividere con lui, mi sembrava che così si diventasse ancora più amici, se si condivideva un segreto. Perciò gli dissi che a me andava bene fare di più, anche se non sapevo ancora che cosa intendesse."
"Vuoi dirmi che a quindici anni eri così ingenuo, ancora?"
"Sì, è così."
"Ah. Io a undici anni sapevo già tutto. Ma forse perché io ero un ragazzo di campagna... vedevo cosa e come facevano i nostri animali fra loro... Beh, e allora?"
"E allora, lui prima mi spiegò che cosa fanno due uomini fra loro per fare l'amore."
"Così... a parole?"
"Sì. Voleva essere sicuro che io fossi d'accordo."
"Cioè ti spiegò cosa è un pompino e che due uomini se lo mettono in culo?" gli chiese lievemente stupito e divertito il vecchio.
"Sì."
"E tu?"
"Io gli dissi che per me andava bene, che se lui voleva fare quelle cose con me, io ci stavo. Allora, dopo altre carezze intime, lui mi disse di aprirgli i calzoni e tirarglielo fuori e lui lo fece a me, e ce lo toccammo così... e mi piaceva molto."
"Ma tu già ti facevi seghe da solo, no?"
"No... non proprio... Cioè, avevo scoperto, quando mi lavavo lì, che a sfregarlo mi dava un certo piacere e che se insistevo, il piacere diventava fortissimo finché versavo una cosa bianca..."
"Una cosa bianca? Ah, sì, ho capito. E poi?"
"E poi prima si chinò lui fra le mie gambe a darmi piacere, poi mi disse di farlo a lui e mi spiegò come farlo bene... e mi piaceva molto. Poi entrambi ci calammo i calzoni e ci togliemmo le camicie e le canottiere e ci sfregammo uno contro l'altro. Poi lui me lo mise fra le cosce, da davanti e mi disse di stringere e si agitò su e giù e mi piaceva. Poi lo fece fare a me."
"E non ve lo metteste nel culetto?"
"Sì, dopo un po' di volte che ci si limitava a questo. Lui mi preparò a lungo con la lingua, le dita e la saliva e mi fece stare in piedi, appoggiato con le mani al tronco di un albero e mi fece spingere indietro il culetto e me lo mise dentro."
"Ti ha fatto male?"
"No... No, forse perché m'aveva preparato bene, forse perché mi fidavo di lui e non avevo paura e mi rilassavo come mi diceva, forse perché non l'aveva troppo grosso e ci andò molto piano. Non so, forse un po' tutto ciò, ma mi piacque, fin da quella prima volta. Mi piaceva sentirmelo contro il corpo, stare fra le sue braccia, sentire il suo respiro sul mio collo, sentire il suo membro massaggiarmi dentro."
"Dovrei quasi scrivere un'altra storia ispirata a questo tuo racconto." ridacchiò il vecchio. "E se l'è fatto mettere anche lui?"
"No... Lui lo metteva solo. La prima volta che sono stato io a metterlo a un altro ragazzo, è stato quasi due anni dopo."
"Un altro compagno del collegio?"
"Sì, perché lui aveva finito ed era andato a studiare all'università. Ma è stato questo mio nuovo compagno che m'aveva chiesto se mi sarebbe piaciuto metterglielo."
"Così, chiaro e tondo?"
"Me lo fece capire. Erano appena stati espulsi due compagni che erano stati sorpresi in piena attività sessuale. Molti degli altri compagni facevano battutine sceme o pesanti oppure si fingevano scandalizzati. Ma lui mi disse che se quei due non erano degni di stare lì alla Haldane... almeno otto su dieci di noi avrebbero dovuto essere espulsi, compresi tanti di quelli che si dicevano scandalizzati. Io ne fui stupito, non credevo che fosse una cosa così... comune. Lui mi disse che erano stati stupidi quei due compagni a non farlo in un posto più sicuro. Gli chiesi che ne sapesse lui... Insomma, pian piano ne parlammo in modo sempre più esplicito e... Una parola tira un'altra..."
"Se l'è fatto mettere da te."
"Gli chiesi quali erano i posti sicuri... Mi portò nel deposito delle barche del team di canottaggio e mi fece vedere che era collegato con le cantine della scuola e mi spiegò che se ognuno entrava da una diversa porta, due ragazzi, dandosi appuntamento, si potevano incontrare in segreto: c'erano quattro vie di accesso, dal deposito delle barche, dalla legnaia e da due scale. Perciò anche se fosse arrivato qualcuno, ci si poteva separare in tempo e tagliare la corda. Mi ci portò... e lì mi chiese se non mi andava di provarci con lui, e quando dissi di sì, si calò lesto i calzoni e mi si offrì e..."
"E tu l'hai accontentato. Sì, interessante. Peccato che nessuno m'ha raccontato una simile storia quando ancora pubblicavo Lavender Cowboy... anche se non è una storia di cowboy. Ma non erano solo storie di cowboy, le mie. C'erano anche storie di minatori, di marinai, di carcerati, dei lavoratori della ferrovia, e altre, anche se molte erano di cowboy."
"Una delle sue storie che ho letto, era la storia di un prete cattolico e di un suo parrocchiano, mi pare che fosse intitolata..."
"All'ombra del campanile. Sì, me la ricordo. Una storia di oriundi messicani, ambientata a Tijuana."
"Sì, esatto. E come, una volta scoperti, siano scappati assieme in Arizona a Gila Bend, facendosi passare per padre e figlio. Una storia... molto torrida... eccitante."
"Quante volte te lo sei menato, leggendola?" gli chiese ridacchiando il vecchio.
"Almeno una volta per capitolo." rispose sorridendo il giornalista.
"Bene, Jule Taft. Ho una proposta per te: lascia l'albergo, vieni qui, scegliti una stanza. E da domani mattina comincio a dettarti la mia storia. Va bene?"
"Certamente, Fred. Ottimo. E preferisce che io la stenda in prima persona o in terza persona?"
"In prima persona, visto che è il mio racconto."
"Va bene. Porterò qui i miei quaderni e..."
"Vieni qui, adesso, fatti toccare."
"Scusi?"
Il vecchio rise: "No, non fra le gambe. Voglio toccarti solo il volto, per capire meglio come sei fatto. Quello che i miei occhi non sanno più distinguere, lo sapranno riconoscere le mie dita. Vieni qui, non avere problemi: il mio cazzo è ormai in pensione, come t'ho detto. Se mai, quando viene uno dei miei ragazzi a trovarmi, se vi piacete, te lo puoi portare in camera e scopare con lui... A meno che tu sia fedele al tuo amante che è in marina."
"Gli sarei fedele se fosse qui con me."
"Affari tuoi. Allora..." disse il vecchio e gli passò le dita sul volto, lievi e attente, poi disse: "Un bel ragazzo, sì... niente male. Sì... certamente qualcuno dei miei ragazzi ci proverà con te. Bene, ora puoi andare. Avverto Will di prepararti una stanza e domattina cominciamo."