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una storia originale di Andrej Koymasky


CENTOUNDICI CAPITOLO 5
LA SCOPERTA DELL'AMORE

L'idea del club non era stata male, perché introducemmo anche la regola che un nuovo "socio" veniva ammesso solo se era presentato da altri tre soci che ne assumevano la responsabilità. Questo fece sì che gradualmente la nostra clientela divenne più scelta. Non erano tutti sodomiti per piacere, ve n'erano anche per necessità, però avevano un atteggiamento gradevole anche questi ultimi. Il fatto era che le prostitute, benché aumentate di numero, erano ancora troppo poche.

I guadagni erano buoni, perciò gradualmente migliorammo l'aspetto del locale e aumentammo un po' i prezzi. Hernanda e Maria erano due validissimi aiuti ed erano diventate un po' come due sorelle maggiori per tutti i ragazzi. Molti di noi avevano imparato a comunicare con Maria con il linguaggio dei gesti.

Samuel gradualmente si rimise in carne, ed era sempre più attraente. Date le brutte avventure che aveva avuto in passato, io non avevo voluto che si mettesse a disposizione dei clienti, perciò, quando il locale era aperto, lo facevo restare in cucina. Continuava a dormire con me, stavamo semiabbracciati, però non avevo mai voluto spingere oltre le cose e lui, dopo quella prima volta, non mi si era più offerto. Credo che gli altri ragazzi pensassero che Samuel fosse il mio ragazzo, perciò neanche loro gli proposero mai di avere sesso.

A parte tre, anzi quattro dei ragazzi che erano restati con me fin dall'inizio, gli altri di tanto in tanto cambiavano. Questi quattro, perciò, divennero un po' i miei assistenti.

Io spesso mi sedevo a tavola con i nostri "soci" migliori e qualcuno di loro iniziò a raccontarmi le sue avventure, specialmente sessuali, e soprattutto, cosa che a me incuriosiva sempre, come avessero capito di essere sodomiti, come l'avessero accettato, e come avessero avuto le prime avventure o le più interessanti, belle, curiose. E durante le mattinate, iniziai a prendere appunti sui loro racconti, riempiendo presto diversi quadernetti che divennero, in seguito, la base per tanti miei racconti.

E qui entra in scena un altro personaggio che fu importante e prezioso nella mia vita.

Si chiamava Dick Amory, aveva quattro anni più di me, e lo conobbi perché una sera tre minatori mi chiesero di ammetterlo. Ero lievemente stupito, perché non aveva affatto l'aspetto del minatore, non solo per la raffinatezza dei suoi tratti, ma anche per gli abiti da cittadino che indossava e per il modo in cui parlava. Lo ammisi al club, e alla prima occasione andai a parlare con lui.

Venni così a sapere che era stato assunto come insegnante per i figli dei minatori, che si tassavano per dargli uno stipendio. In seguito fu poi assunto nella scuola pubblica di San Francisco.

Una sera, gli chiesi: "Mi scusi, mister Amory, ma lei è un sodomita o viene qui solo per curiosità? Non l'ho visto mai prenotare nessuno dei miei ragazzi."

Sorrise: "Un sodomita genuino e impenitente, glielo garantisco. Il fatto è che non mi sento attratto da ragazzi tanto giovani. Però mi piace il suo club, c'è un ambiente gradevole e soprattutto si può essere se stessi senza dover indossare una maschera."

"E come mai è stato assunto dai minatori? Era già qui o è stato fatto venire appositamente?"

"Vivevo nel Texas, ma dovetti fuggire prima che mi arrestassero perché venni a sapere per tempo, fortunatamente, che ero stato denunciato per sodomia... Così, misi nelle bisacce del mio cavallo le cose più importanti e preziose che avevo e scappai fino qui in California, dove sapevo che un mio cugino era venuto a cercar fortuna come minatore. Ci misi quasi un mese a rintracciarlo, passando di campo in campo ed ero praticamente alla fine delle mie risorse finanziarie, quando infine lo trovai. E lì, per guadagnare qualcosa, iniziai a occuparmi dei figli dei minatori e si sparse la voce che sono un professore diplomato e così..."

"Ma così giovane e già diplomato?" gli chiesi.

"In realtà appena diplomato da un anno. Non avevo ancora mai insegnato, in Texas, anche se pensavo di dedicarmi alla scuola. Avevo solo fatto poche sostituzioni di insegnanti ammalati prima di prendere la licenza."

"E le piace insegnare?"

"Sì, molto, perché un insegnante che si impegna, aiuta gli allievi a sviluppare le proprie capacità e quindi affrontare la vita con maggiori probabilità di cavarsela."

"Ma suo cugino è anche uno di noi?" gli chiesi.

"No, anche se ora sa di me, dato che mi sono messo con il suo compagno di baracca. Ma qui, fra i minatori, data la fortissima penuria di donne, nessuno fa caso a certe... relazioni. È un po' come fra i cowboy, che per mesi stanno lontano da ogni centro abitato, con le mandrie e solo fra loro. In un certo senso, come per un minatore sodomita questi accampamenti sono un paradiso, così lo è per un cowboy sodomita la vita nei pascoli. Sa, ho scoperto che fra cowboy non usano il temine sodomita ma il termine lavender cowboy.

"Qualcuno ha interpretato questo con il fatto che i cowboy sodomiti si riconoscono fra loro grazie al fazzolettone da collo color lavanda. Ma in realtà non è così. Viene invece, a mio parere, dal fatto che i cowboy che sono come noi amano profumare la loro biancheria con spighe di lavanda... Il colore del fazzolettone è venuto in seguito e non tutti i cowboy sodomiti mettono un fazzolettone color lavanda, né tutti quelli che hanno un fazzolettone color lavanda sono sodomiti."

Sì, proprio così, questa conversazione, cioè il parere di Dick Amory, in seguito mi ispirò il titolo della mia serie di opuscoli. Ma di questo ti racconterò quando arriverò ai fatti di quegli anni.

Il professorino, anche se aveva un aspetto un po' troppo raffinato, mi era simpatico perché sapeva una sacco di cose e te le sapeva spiegare... anzi, no, raccontare, senza darsi le arie di chi sa tutto. Sai, spesso la gente che ha studiato, quando afferma qualcosa, pare che stia proclamando le parole della bibbia, la parola di dio. Lui no. E anche quando doveva correggerti, lo faceva mettendo in risalto quello che di giusto o di bello o di interessante avevi detto.

Era un po' il suo carattere, quello di vedere sempre il lato bello delle cose, delle persone. Oh, mica era un ingenuo, no, e neanche un idealista. No no. Aveva i piedi ben piantati per terra. Era gentile, però quando aveva da dirti qualcosa, anche se sceglieva le parole per non offenderti, ti diceva sempre chiaro e tondo quello che pensava.

Insomma, non siamo diventati subito amici, c'è voluto un po' di tempo, però poi è nata fra noi un'amicizia a prova di tutto.

Quanto a Samuel...

Era con noi ormai da un anno circa, quando un giorno che i ragazzi erano tutti fuori e anche io, insomma che nel nostro locale non avrebbe dovuto esserci nessuno, io ci tornai perché suonando il banjo con un po' troppa energia avevo spezzato una delle corde e allora dovevo prenderne una di ricambio.

Così entro, vado verso il mio box, che come t'ho detto condividevo con Samuel, e sento dei gemiti leggeri. Lì per lì ho pensato che magari Samuel era lì dentro con uno degli altri ragazzi che scopava, e da una parte la cosa mi divertiva, ma dall'altra un po' mi seccava: perché, se aveva voglia di scopare con uno dei ragazzi, non erano andati nel box di quello?

Siccome, come quasi tutti noi, di solito si usavano mocassini, non è che si faceva rumore a camminare, tanto più che il pavimento mica c'era, era terra battuta. E così arrivai fino alla porta del mio box, della mia cameretta, e da una fessura spiai dentro per vedere con chi stava scopando...

Beh, Samuel era sul mio pagliericcio, quasi nudo, ma era da solo, e se lo stava menando... fin qui niente di strano, mi dirai tu... ma con l'altra mano aveva un paio di mie mutande premute sul naso che ne sentiva l'odore... Quindi ho capito che in pratica se lo stava menando pensando a me... che avrebbe voluto essere con me.

Uno dice: ma allora, se aveva voglia di farlo con te, tanto più che dormivate assieme e mezzo abbracciati, perché non ci ha mai provato, non te l'ha mai chiesto, non te l'ha mai fatto capire?

La risposta è semplice: Samuel, che era un ragazzo molto sensibile, aveva interpretato male il mio rispetto per lui, aveva capito cioè che a me non mi andava di farlo con lui. E perciò non mi aveva mai fatto capire niente.

Beh, il mio primo impulso, dato che oltretutto la scena m'aveva pure fatto arrapare, fu quello di andare dentro, spogliarmi e scopare con lui. Però qualcosa mi impedì di farlo. Forse non farlo vergognare di essere stato scoperto, non lo so... fatto sta che restai lì fermo a guardarlo... o meglio a spiarlo.

Finché venne e lo sentii mormorare, a voce bassa ma chiara nel silenzio del locale: "Fred... oh, Fred... amore... mio... Fred..."

Mi sentii come i brividi lungo la schiena, correre su e giù per la spina dorsale. Cioè... Samuel non solo se lo menava immaginando... sognando di farlo con me... ma era pure innamorato di me!

Rinunciai a prendere la corda del banjo e, silenzioso come ero entrato, uscii. Mi batteva il cuore, mi girava la testa.

Cioè, capisci, io da quando avevo imparato a scopare, non avevo mai pensato all'amore. Perché? Ma perché quando si parlava di amore, tutti parlavano di un maschio e di una femmina, no? Che fosse nel matrimonio, che fosse l'amante segreta, ma la grande passione, l'amore, per me era sempre e solo fra un maschio e una femmina.

Non è che pensassi che due maschi non potevano innamorarsi, non potevano amarsi, semplicemente non ci avevo mai pensato. E adesso scoprivo che invece era possibile.

Cioè, anche quando si parlava di avere un ragazzo fisso, significava semplicemente che uno scopava solo con quello, mica che erano innamorati. Sì, d'accordo, si dice fare l'amore, ma quello non c'entra, non conta. D'altronde anche i cosiddetti normali, dicono, no, per esempio, che la prima volta che hanno fatto l'amore è stato con una puttana e questo mica vuol dire che erano innamorati di una puttana, no? Cioè, dire fare all'amore è solo un modo più elegante per dire scopare, fottere. Lo sanno tutti.

E dire questo è il mio ragazzo, è un po' come dire questa è la mia donna: me la scopo solo io e guai a chi me la tocca. Niente di più.

Quello che mi faceva battere il cuore, che mi faceva girare la testa come uno che ha bevuto un po' troppo era che avevo scoperto che dopo tutto l'unico aspetto che mi dispiaceva nell'essere un sodomita era che pensavo che così non avrei mai conosciuto l'amore.

E invece, l'amore era possibile... anzi, era lì, aveva dormito con me per quasi un anno.

Però questo mi imponeva di chiedermi: ma io... io lo amo? Perché mica è onesto che scopo con lui che mi ama, se non lo amo... No, non sarebbe stato giusto. E allora mi sono chiesto: ma come si fa a capire se uno è innamorato? Cosa vuol dire amare? Cos'è l'amore?

Vedi, avevo scoperto che sapevo tutto e qualcosa in più su cosa vuol dire scopare, su come si fa, eccetera, ma non sapevo niente di niente sull'amore.

Uscito dalla porta del locale, ho camminato un po' qua e là a caso, cercando di ragionare, di capire, ma ero nella confusione più grande della mia vita. A un certo punto mi sono appoggiato a un muro, poi sono scivolato giù a sedere in terra, il mio banjo fra le gambe, che guardavo nel vuoto come uno scemo.

E mi dicevo: ma come hai fatto a non capire che in quegli occhioni con cui ti guardava, c'era scritto "amore"? Come hai fatto a non capire che il sorriso che ti faceva ti diceva "ti amo"? Che faceva qualsiasi cosa gli dicevi, senza battere ciglio, perché nel suo cuore batteva l'amore per te? Come hai fatto, eh?

E adesso, che cavolo puoi fare? Che devi fare?

Sono passati tanti anni, ma è come se mi rivedessi, abbandonato lì, contro quel muro, con un gran casino dentro la testa. Perché quel giorno ho capito che essere amati è... una grande responsabilità.

Cioè, capisci, Samuel era stato malamente usato per il sesso, come un oggetto, come uno schiavo quale era stato, dal suo padrone da cui era fuggito, e allora se io facevo sesso con lui, come mi sarebbe piaciuto, era come se lo usavo di nuovo come uno schiavo. Non potevo fargli questo, no?

Ma se lui mi amava, io... come facevo per amarlo? Ne sarei stato capace? Nessuno, mi dicevo, è capace di fare una cosa che non conosce, no? E io dell'amore non ne sapevo davvero niente!

Se ne sapevo qualcosa, certo che glielo davo il mio amore, e allora Samuel sarebbe stato contento, e allora potevo anche accettare il suo amore. Insomma ero davvero confuso. Io, il furbo, l'astuto, il dritto Fred Bunyan, ero del tutto confuso.

Le "lezioni" di Caleb, che mi erano state così utili fino ad allora, ora non mi servivano a un fico secco di niente! Qui non c'era un mercato con domanda e offerta, qui non c'era da vendere sogni, da suscitare desideri o da capirli per vendergli qualcosa. No!

E allora mi venne un'ispirazione: se c'era qualcuno che mi poteva spiegare una cosa che non riuscivo a capire, che non conoscevo, quello era uno solo: il professorino, Dick Amory. Questo pensiero mi ridette forza, coraggio. Ma sì, certo, chi se non lui?

Non potevo aspettare la sera per parlare con lui, perché con il locale in funzione e in mezzo a tutti gli altri, si potevano scambiare chiacchiere, non fare discorsi così seri. Sapevo in quale campo viveva, perciò mi alzai e mi ci recai. Lo trovai abbastanza in fretta, era nella baracca che chiamavano scuola che riordinava.

"Salve, Dick. Ho bisogno di te!" lo salutai.

Mi ricordo che si girò e mi guardò un po' sorpreso: "Ciao Fred, devi avere davvero bisogno, per essere venuto fin qui. Cosa posso fare per te?"

"Dick, cosa è l'amore?"

"Ehi, la domanda del secolo! Sei venuto fin qui solo per chiedermi questo? Perché mi fai questa domanda?"

Allora gli dissi tutto: quello che avevo visto, quello che avevo pensato, quello che mi ero chiesto.

"Ma certo che anche due uomini si possono innamorare, amico mio. Però vedi, come un uomo innamorato di una donna, a differenza di questa, raramente parla del suo amore, raramente lo descrive a parole pur amandola con tutto se stesso, tanto più questo accade fra due uomini."

"Va bene, sarà pure come dici tu, ma io come faccio a sapere se mi posso innamorare di Samuel? Se sono capace di amare?"

"Perché vorresti amare Samuel?"

"Perché lui mi ama e questo mi fa piacere. E se mi ama, gli farebbe piacere che anche io lo amassi, no?"

"E tu vorresti dargli questo piacere? E perché?"

"Perché ha avuto una brutta vita, prima che lo prendessi con noi, e non voglio che soffra ancora."

"Ma ora non sta mica soffrendo. Sta bene con voi, no?"

"Penso di sì. Mi pare di sì. Però... Quello che ho visto mi dice che lui vorrebbe scopare con me..."

"E a te piace. Scopa con lui, no?"

"E no! Potrei scopare con te, con chiunque, per piacere, per divertimento, per sfogarmi, per guadagnare... ma non con Samuel, ora. Magari prima, se non sapevo..."

"E perché prima, quando non sapevi, non hai scopato con lui? Dormivate assieme, no? Non ti piace? Forse perché è un negro?"

"Non dire cazzate. Che è un negro proprio non me ne frega niente, non fa nessuna differenza per me. E mi piace sì, specialmente adesso che s'è rimesso in forze, ha un bel corpo, che mi eccita a vederlo, a pensarlo. Quando dormo con lui mi giro sempre verso la parete perché sennò ho la tentazione di saltargli addosso."

"E perché non gli vuoi saltare addosso?"

"Perché... perché ha già sofferto troppo per questo, no? Da quel bastardo del suo vecchio padrone... Perché io lo rispetto, no?"

"Ma lui, quando l'hai conosciuto, ti ha detto che se volevi lo potevi anche fottere, no?"

"Certo, per pagarmi per quello che facevo per lui... perché quando è riuscito a scappare e fino a quando l'ho incontrato, solo lasciandosi fottere riusciva a sopravvivere. E io volevo dargli una mano, ma non in cambio di qualcosa. Io e i miei ragazzi scopiamo coi soci del club, o con altri, per una nostra scelta. Infatti, i ragazzi che non gli piace, che lo fanno solo per mangiare, cambiano lavoro appena possono e io gli do anche una mano a cambiare. Nessuno deve essere costretto a fottere per necessità. Il sesso può essere una merce di scambio come un'altra, ma ci sono cose che uno dà volentieri e cose che uno non darebbe mai."

"Dunque, tu non hai avuto sesso con lui, per rispetto. Cioè lo rispetti."

"Certo!"

"Ma adesso sai che lui vorrebbe farlo con te."

"Sì, ma se lui è innamorato, non sarebbe uno scambio alla pari, non lo capisci? Lui mi darebbe sesso e amore e io solo sesso. Lo fregherei. E io non lo voglio fregare."

"Ma non hai mai avuto problemi, in passato, a fregare qualcuno nei tuoi commerci, no?"

"È vero, qualche volta l'ho fatto... Ma solo quando l'altro voleva fregare me. Non ho mai fregato un poveraccio, uno sprovveduto, una persona onesta. Anzi, a volte ci ho rimesso... sapendo di rimetterci."

"E perché? In che occasioni? Cosa t'ha fatto accettare di rimetterci?"

"Non lo so... qualcosa dentro ti dice che, in certi casi, non ti puoi approfittare di un altro, che non devi. Se incontri un uomo nel deserto, col suo carro, che ha finito l'acqua e sta morendo di sete e tu acqua ne hai in abbondanza... se gli dai la tua acqua in cambio del suo carro, lì per lì lo salvi, ma lo condanni a morire lo stesso, no? Tu sai che lui accetterebbe, magari, però non lo puoi fare. E allora, se vedi che ha una coperta, anche se tu stai proprio trasportando un carico di coperte e non sai cosa fartene, gli chiedi la coperta in cambio dell'acqua."

"E non gli potresti semplicemente regalare l'acqua?"

"Mah... magari sì, magari lo faccio anche. Ma così lo umilio. Lui deve sentire che ha fatto uno scambio, che non ha ricevuto un'elemosina."

"E se non ha proprio niente?"

"Allora gli do l'acqua e lo prendo sul carro e lo porto in salvo, se posso."

"Come hai fatto, in un certo senso, con Samuel."

"Certo, sì. Però gli faccio fare lavori nel locale, perché così lui mi può ripagare e non si sente umiliato."

"Però non lo fai mai servire ai tavoli o esibirsi e non lo metti nella lista dei ragazzi disponibili. Perché?"

"Se me lo chiedesse lui... Ma visto che non me lo chiede, vuol dire che non è quello che gli va di fare, no?"

"Forse non te lo chiede proprio perché ti ama?"

Ci pensai un po' e dissi: "Deve essere proprio così... non ci avevo mai pensato."

"E tu non glielo hai mai proposto... per rispetto, per proteggerlo, e perché gli vuoi bene..."

"Ma sì. Io voglio bene a tutti i miei ragazzi. E li rispetto e li proteggo in qualche modo."

"Ma Samuel più degli altri."

"Ha sofferto più degli altri. Non voglio che soffra ancora."

"Quindi, lo rispetti, lo proteggi e gli vuoi bene più che agli altri ragazzi."

"Forse è così. Sì, deve essere così. Forse perché è stato più sfortunato degli altri."

"A te piacerebbe scopare con lui?"

"Cazzo, sì. Però..."

"Quindi rinunci a quello che ti piacerebbe, rinunci... per lui."

"Beh... sì... certo..."

"E se lui ti chiedesse di metterlo con gli altri ragazzi a scopare coi soci del tuo club, ne saresti contento?"

"No..."

"Perché? Se a lui piacesse? Se lui ne avesse voglia?"

"Beh... allora forse... Beh... sì... Ma mica me l'ha mai chiesto."

"E se tu sapessi che scopa con uno dei soci... e non con te... saresti contento?"

"Beh... no... proprio per niente. No, non sarei contento."

"Però mica ti fa un problema se è un altro dei ragazzi a farlo, no?"

"No, certo."

"E allora, che ha di diverso Samuel?"

"Non lo so... mi fa tenerezza e... vorrei essere capace di farlo contento e... di dargli finalmente una bella vita."

"E non credi, allora, che anche tu lo ami?"

"Io lo amo? Cioè? Io non mi sono mai accorto di... di amarlo. Come puoi dire una cosa così? Come posso amarlo se ancora non so cosa vuol dire, amare?"

"Lo rispetti, lo proteggi, gli vuoi bene, ti fa tenerezza e vorresti farlo felice più di qualunque altro... Che vuoi di più?"

"Ma anche una mamma è così, no?"

"Certo, ma tu vorresti anche scopare con lui e ti eccita stargli vicino, m'hai detto. E potresti farlo felice anche così. E questo fa del tuo amore non l'amore di un mamma... o di un amico, ma quello di un amante. L'amore fra due uomini, o fra un uomo e una donna, certamente, si manifesta anche attraverso il corpo, grazie al sesso. E se tu scopassi con lui, sarebbe la stessa cosa che scopare con un cliente? O con uno qualsiasi degli altri ragazzi?"

"No... non sarebbe la stessa cosa, penso."

"Allora vedi che sai cosa significa amare, e che, ne sono convinto, anche tu lo ami? Perché quando l'hai sorpreso come m'hai raccontato, non sei entrato e non hai fatto con lui una bella scopata? Perché hai rimuginato dentro la cosa per tanto tempo? Perché sei venuto a parlare con me? Perché hai sentito che non potevi solo scopare con lui ma che dovevi dargli di più. Giusto?"

Annuii, pensieroso. Poi mi illuminai: "Allora... anche io lo amo?" gli chiesi.

"Sì, io credo proprio di sì."

"Allora... gli posso dare quello che sogna?"

"Penso davvero che puoi... e che devi."

Ecco, così ho scoperto cos'è l'amore e ho scoperto anche che ne ero capace e che potevo darlo e riceverlo... E mi sono sentito... diverso.

Sono tornato giù in città e mi sentivo allegro, e mi pareva che tutto intorno a me fosse più bello che mai. Mancava poco per l'ora di cena, parecchi ragazzi erano rientrati e le nostre due donne stavano già trafficando in cucina. Samuel le stava aiutando, come al solito.

"Ehi, Hernanda, posso rubarti per un po' Samuel?" le chiesi, allegramente, anzi faticando a non far vedere quanto ero allegro.

"Sì, certo. Me la posso cavare con Maria, qui." rispose lei.

Allora feci un cenno a Samuel di venire con me e uscimmo dal locale. Volevo parlare con lui tranquillamente. Però ora non sapevo come cominciare il mio discorso.

"Sam... stai bene con noi?" gli chiesi.

Mi guardò un po' stupito: "Perché me lo chiedi? Certo che sto bene... benissimo!"

"Sei contento, allora?"

"Sì, sicuro. C'è qualche problema?" mi chiese, studiando la mia espressione, forse un po' preoccupato.

"No, no, nessun problema, ma... Non ti manca qualcosa, per caso, per essere davvero contento?"

"No... cosa dovrebbe mancarmi?" domandò, perplesso.

"Non hai un sogno che... che non hai mai detto a nessuno? Un sogno che magari... magari io potrei... esaudire?"

Si dice che un negro non può arrossire, e probabilmente è vero, però a parte il colore, tutto nella sua bella faccia mi disse che stava arrossendo.

"Tu stai facendo già così tanto, per me..." mormorò.

"Tanto... non è tutto."

"Non capisco... Mi dai la tua amicizia, anche se sono un negro e..."

"Che c'entra che sei un negro... È un colore che ti sta tanto bene addosso. Io, Sam... non so come dirtelo, però... Io..." oh cazzo, e diglielo, no? Mi ripetevo. "Io... se si potesse... se fosse possibile..." e non riuscivo a dirglielo... "Se tu eri una ragazza... ti chiederei se mi vuoi sposare!" Beh, avevo trovato proprio un modo stronzo di dirglielo, no?

"Ma io non sono una ragazza... Non sapevo che ti piacciono le ragazze..." disse lui in tono mesto.

"Ma no che non mi piacciono le ragazze, tonto! Tu mi piaci. Tu, Sam! Vuoi essere il mio ragazzo? Io... io ti... io ti amo. Ecco!" dissi quasi gridandoglielo.

Lui si fermò e mi guardò e i suoi begli occhioni sembrarono diventare ancora più grandi, e dentro vi brillarono tutte le stelle del cielo, e sollevò una mano come se volesse sfiorarmi, quasi per essere sicuro che ero proprio io, che non era un sogno, poi la abbassò di nuovo, e le sue labbra si aprirono in un sorriso lieve.

"Tu mi ami, Fred?" chiese in un sussurro.

"Penso proprio di sì, Sam... Vuoi essere il mio ragazzo?" gli chiesi di nuovo.

"E me lo chiedi? Il mio cuore è già tutto tuo, Fred. Sì, tutto tuo! E se vuoi anche tutto il resto..."

Gli sorrisi dolcemente. Però, a quel punto mi bloccai e diventai serio.

"Che c'è?" mi chiese Samuel, notando il mio cambiamento.

"Samuel io... lo sai cosa faccio, cosa facciamo lì al club, no?"

"Sì, certo..."

"E come faccio a essere anche io tutto tuo se faccio quello che faccio?"

Samuel mi sorrise e mi chiese: "Ma tu, a quelli... gli dai anche il tuo cuore?"

"No. Certo che no."

"E tu... lo vuoi dare a me il tuo cuore? Solo a me?"

"Sicuro!"

"E non credi che conta solo questo? Che basta solo questo? Per me... se tu lo fai con altri... anche io se vuoi, se capita, lo potrei fare con qualcun altro, ma il mio cuore è già solo tuo e se tu mi vuoi dare il tuo cuore... io... io davvero sarei il ragazzo più felice di tutto il mondo!"

"Perché non mi hai mai detto che mi ami, Sam? Perché te lo sei sempre tenuto per te?"

"Non lo so, Fred. Forse perché... forse perché pensavo che nessuno mi può amare. O forse perché avevo paura che tu ridevi di me o..."

"Io ridere di te? Ma no. Io... io non mi sono mai innamorato di nessuno... prima. Perciò ci ho messo tanto tempo a capirlo. Ma adesso lo so, adesso l'ho capito e... se tu vuoi, ti voglio dare il mio amore e anche... anche fare l'amore con te."

"Allora, adesso, sono il tuo ragazzo?" mi chiese con un sorriso radioso.

"Sicuro. E io sono il tuo ragazzo, Sam." gli dissi e mi sentii commosso come mai m'era capitato prima.

Eravamo per la strada, e anche se stava facendosi buio, c'era qualche passante, ma sentii che tutto il mio corpo voleva sentire il suo, e sapevo che era così anche per lui. Ma stavamo fermi, uno davanti all'altro, e i nostri occhi stavano scambiandosi silenziosi messaggi di gioia.

"Ti amo, Samuel." gli sussurrai.

"Ti amo, Fred." mi fece eco lui.

"Torniamo indietro, ora." gli dissi.

"Sì."

"E stanotte... te lo ripeterò. Sì, te lo ripeterò anche con tutto il mio corpo, che ti amo, quanto ti amo."

"Sì!"

Era così bello essere capaci di dire "ti amo"! Cioè, logicamente, dirlo perché è così, non solo parole vuote.

Tornammo indietro. Samuel tornò in cucina, io mi misi a organizzare la serata con gli altri ragazzi. Anche se la mia testa era piena di Samuel e del mio amore per lui. Ero un po' stupito che apparentemente nessuno si accorgesse che... che ero diverso.

Quando cominciarono ad affluire i soci, fra i primi arrivò anche Dick Amory. Gli andai subito incontro e gli sussurrai, lieto: "Gliel'ho detto!"

"Bene." mi disse con un sorriso. "Ne sono lieto."

"E mi sento... bene come mai prima!"

"Lo immagino."

"E voglio farlo felice!"

"Certo. E ci riuscirai."

Dovetti occuparmi degli altri soci. La serata passò e mi sembrò più animata e allegra delle altre, ma probabilmente era solo un riflesso di quanto sentivo ardere dentro di me.

Quando finalmente chiudemmo il locale, dopo che l'ultimo socio era emerso dal box di uno dei ragazzi, soddisfatto e appagato, radunai come al solito tutti i ragazzi per tirare giù i conti, poi ci si augurò la buona notte e ognuno, presa una candela accesa, si ritirò nel proprio box.

Samuel e io entrammo nel nostro, posai la candela sulla panchetta e finalmente lo presi fra le braccia e lo baciai con tutto il desiderio e la passione che fino ad allora avevo dovuto controllare. Sentii con piacere che era già eccitato, sentivo il suo corpo aderire al mio e il suo membro spingere contro il mio, per la prima volta.

"Ti amo, Samuel!" gli sussurrai.

"M'avevi promesso che me l'avresti detto con tutto il tuo corpo..." mormorò con dolcezza, sorridendomi radioso.

Le mie mani si affaccendarono, quasi per decisione autonoma, ad aprirgli gli abiti, a levarglieli da dosso, e lui lo fece a me, continuando a guardarci, felici, radiosi, finché fummo nudi uno di fronte all'altro, e i nostri membri eretti si sfiorarono, caldi e lievi, poi si premettero uno contro l'altro, mentre ci si prendeva fra le braccia e ci baciammo di nuovo con dolce libidine.

Ci staccammo, lo presi per mano e lo attirai con me sul pagliericcio, dove le nostre membra si intrecciarono strettamente, mentre ci scambiavamo il terzo bacio, ancora più appassionato, caldo, intimo, esaltante.

Non ti racconto la nostra prima, meravigliosa notte d'amore... che durò fino all'alba, eppure ci sembrò brevissima, in cui ci unimmo in tutti i modi in cui due corpi possono unirsi, in cui facemmo a gara per dare all'amato il massimo del piacere, della gioia che sapevamo e potevamo dargli.


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