Fausto rilesse di nuovo la proposta di contratto, poi guardò l'amministratore dello stabile: "Certo che... cinquantaquattro ore settimanali e la sola domenica libera..." disse un po' incerto.
"Ma la paga è buona, considerando che ha alloggio e box garage compresi. Logicamente poi ci sono gli straordinari, quattro settimane di ferie... Solo con la paga base più gli straordinari, lei può arrivare poco sotto i mille euro netti... senza contare le mance... Logicamente telefono, luce e gas sono a sue spese. L'acqua no."
"Sono buone, le mance, almeno? Alte?" chiese Fausto.
"Questo dipende da lei, evidentemente. La vecchia portinaia mi pare che non si lamentasse... era molto disponibile e perciò... Se non si fosse ammalata... Guardi che sono condizioni ottime quelle che le propongo. Con un orario dalle 8 alle 12, poi dalle 14 alle 19, e la domenica libera..."
"Le quattro settimane di ferie sono da prendere tutte assieme?"
"Due per legge devono essere consecutive. Le altre due le può unire o ne può fruire in più volte, come preferisce. L'importante è solo che mi dia almeno un mese di preavviso e si concordino le date."
"Vedo... E dovrei anche curare i giardini?"
"No, abbiamo un giardiniere, che si occupa anche delle pulizie del garage. Lei ha solo le pulizie delle scale, del terrazzo sul tetto, del cortile e dei passaggi davanti allo stabile, oltre all'ordinario lavoro di portineria. Allora?"
Fausto rilesse nuovamente il contratto, comprese le postille stampate in caratteri minuti. Poi guardò ancora una volta l'allegata piantina dell'alloggio con guardiola e infine si decise a firmare.
"Bene," disse l'amministratore, "vedrà che si troverà bene... a parte un'inquilina della scala B che si lamenta sempre di tutto e di tutti... gli altri sono tutte persone molto distinte: un giudice, un avvocato, un chirurgo, un architetto... Dunque: prenderà servizio lunedì prossimo. Riesce a traslocare le sue cose e sistemarle entro domenica?"
"Certamente. Certo che imparare a riconoscere quasi 80 inquilini..."
"In tutto, sono esattamente 73. Un poco alla volta imparerà a riconoscerli. Bene. Eccole le chiavi. Lunedì mattina verrò per illustrarle sul posto i dettagli del suo lavoro. Ah, il suo box auto è identificato con la sigla 00 come pure la sua cantina, che è sotto la scala B."
"Va bene, grazie."
Fausto uscì, salì sulla sua vecchia 124 e tornò a casa. Si mise subito a preparare per il trasloco, poi prese il telefonino e chiamò alcuni amici chiedendo loro se avevano voglia di aiutarlo, specialmente Corrado che aveva un Ducato Fiat. Arrivarono e lo aiutarono a smontare i mobili man mano che Fausto e Renzo li vuotavano e riempivano gli scatoloni.
"L'hai più visto, Gildo?" gli chiese Lelio a un certo punto.
"No... né visto né sentito. L'ho chiamato un paio di volte... ha detto che richiamava lui ma non l'ha mai fatto."
"Sì, ci si lascia spesso dicendo: restiamo buoni amici, ma in realtà..." commentò Marco.
Fausto fece spallucce: "Per me... Io non ho niente contro di lui, anche se in buona parte è colpa sua se ci si è mollati."
"Cazzo, quanti libri hai, Fausto!" esclamò Renzo. "Ma li hai letti tutti?"
"Certo. Ho poca cultura, ho fatto solo le professionali, ma mi piace leggere per capire cose nuove."
"Io preferisco fottere!" scherzò Corrado.
"Sì, lo sappiamo che a te più che la cultura piace la cul-tura, mandrillo!" rise Marco.
"La settimana scorsa ho conosciuto un bel ragazzo all'Arci-gay..." disse Corrado.
"E te lo sei già fatto?" gli chiese Lelio.
"Non ancora, però ho buone speranze. Ha un bel..."
"... culetto!" disse Marco.
"Anche. Ma ha un bel sorriso." lo corresse Corrado.
"Oh, il romanticone!" lo prese in giro Marco.
Così, scherzando, continuarono a smontare i mobili e riempire gli scatoloni. In tre giorni Corrado riuscì a trasportare tutto fino al nuovo alloggio di Fausto, entrando con il Ducato nel cortile. Gli amici lo aiutarono anche a rimontare i mobili.
La guardiola aveva alle spalle una veranda chiusa con vetri smerigliati, che dava luce alle stanze; a destra c'era la camera da letto e il bagno, a sinistra il soggiorno e la cucina. Dalla veranda si poteva scendere direttamente nel cortiletto alle cui spalle c'era il giardino condominiale.
Dalla guardiola, che era al piano rialzato, si accedeva nell'ingresso con le due scale, una a destra e una a sinistra. L'elegante edificio aveva anche un giardinetto anteriore. A pianterreno, con ingressi indipendenti verso l'esterno, vi erano, a destra, un'agenzia di pratiche auto e uno studio dentistico e a sinistra un'agenzia turistica.
L'alloggio e la guardiola erano pavimentati in parquet in buono stato. Non era male. Mentre stava trasportando in casa le proprie cose, gli si avvicinò una donna di mezza età.
"Chi di voi è il nuovo portinaio?" chiese squadrando quei giovanotti.
"Sono io, signora." disse Fausto.
"Ah. Spero che si trovi bene qui con noi. Io sono Mariella Francone, scala B, quinto piano..."
"Piacere signora. Fausto Picozzi." disse il giovanotto.
"Lei ha un bel sorriso, non come la vecchia portinaia che pareva sempre imbronciata. Era una persona gentile, però... Comincia lunedì il suo servizio, giusto?"
"Sì, signora Francone, lunedì mattina. Mi ci vorrà qualche giorno a impratichirmi di tutto e a riconoscervi tutti, ma farò del mio meglio. L'amministratore verrà a darmi le dritte per fare bene il mio lavoro."
"Beh, la lascio al suo trasloco. Una cosa che odio, io, i traslochi. Non si finisce mai... Meno male che ha chi la aiuta. Buona giornata." disse la donna e andò via.
Corrado e Renzo si stavano affaccendando a rimontare i mobili della camera da letto e Marco con Lelio quelli del soggiorno. Fausto iniziò ad aprire gli scatoloni contenenti le cose della cucina e del bagno e si mise a sistemare tutto nei pensili.
I quattro amici tornarono anche per tutta la domenica, così entro sera ogni cosa era nuovamente a posto. Fausto offrì loro la cena in un vicino ristorante arabo.
"Dovrò farmi un tabellone con tutti i nomi degli inquilini delle due scale e dei vari piani..." disse Fausto pensieroso.
"Beh, e di fianco ai maschietti appetibili ci metti due segni, uno per dire che è bello e l'altro per dire se ci sta..." disse Marco.
"Sì... e una tacca per ognuno che ti fai!" rise Lelio.
"E con il voto da uno a dieci." aggiunse Renzo.
"Ma siete proprio tutti froci, voi!" scherzò Fausto.
"Certo che è proprio una casa di lusso. Chissà quanto costa un affitto lì?" chiese Corrado.
"L'amministratore ha detto che sono tutti in proprietà. L'hanno costruita solo sei anni fa. Tutta gente piena di soldi, comunque. Speriamo che siano generosi con le mance."
"Se sono ricchi, secondo me, saranno pure avari con le mance." disse Marco.
"Ma magari... qualcuno ti potrebbe dare una mancia... in natura, chissà?" scherzò Lelio.
Usciti dal ristorante, si salutarono, Fausto li ringraziò, poi portò la sua vecchia 124 nel garage sotterraneo, risalì con l'ascensore e tornò in casa. La guardiola aveva le veneziane ai vetri chiuse. Fece un giro per tutte le stanze, quasi per abituarsi al suo nuovo appartamentino. Poi si fermò nel soggiorno e accese il televisore. Guardò l'orologio: era quasi mezzanotte. Alle otto doveva prendere servizio, quindi pensò che fosse meglio andare a letto, in modo di essere pronto prima. Spense il televisore.
Si denudò e andò nel bagno, a fare una doccia. Poi si lavò i denti, si asciugò i capelli con il fon e si stese sul letto, nudo. Dalla parete vetrata verso la veranda entrava un soffice e tenue chiarore, riflesso dai lampioni del giardino condominiale e attenuato dai vetri smerigliati.
Anche lì c'erano veneziane, ma preferì lasciarle su. Non gli era mai piaciuto il buio assoluto e comunque la luce non lo infastidiva. Il suo appartamento era a nord-est. Ottimo in estate, freddino, forse, in inverno. Ma la veranda vetrata avrebbe probabilmente fatto da intercapedine. Aveva portato dal vecchio appartamento i grandi globi di carta giapponese e ne aveva montato uno nella camera da letto e uno in soggiorno. Guardiola, cucina e bagno avevano lampade a soffitto con tubi fluorescenti. Non era male come appartamento, pensò, mentre sentiva gli occhi appesantirsi.
Chissà se ci si poteva portare qualche bel ragazzo, la notte? Si chiese mentre si addormentava. Quando non era in servizio, dopo tutto, era libero di fare quello che gli pareva, no? Con l'opportuna discrezione... Gli sarebbe piaciuto portarsi a letto Renzo. Fino ad allora non ci aveva provato, perché stava ancora con Gildo.
Un trillo acuto lo scosse. Guardò la radio-sveglia sul comodino: erano già le sette. Si alzò stirandosi voluttuosamente, si passò le mani sul petto, andò in bagno a rasarsi. Poi si vestì, andò in cucina traversando guardiola e soggiorno e si preparò la colazione. Doveva andare a fare la spesa: il frigo era quasi vuoto.
Certo, pensò, dovendo fare servizio dalle otto a mezzogiorno, poi di nuovo dalle due alle sette, aveva ben poco tempo per andare a fare la spesa. E poi, in quella zona, i negozi dovevano essere cari. Doveva individuare un supermercato aperto fino a tardi, così, o nelle due ore di pranzo o la sera, poteva andare a fare provviste senza spendere troppo.
Mangiata l'abbondante colazione, come era abituato a fare, lavò le stoviglie e andò a sedere nella guardiola. Guardò i monitor delle telecamere e le targhette: scala A, scala B, ingresso garage, esterno anteriore, esterno posteriore. Li accese uno dopo l'altro. Poi guardò la pulsantiera sul tavolo, con i numeri e i cognomi delle famiglie, e disinserì le pulsantiere esterne. Che altro? Sollevò le veneziane, anche se mancavano dieci minuti alle otto. Ecco, era ufficialmente in servizio.
Mentre guardava i monitor sulla sua destra, sentì tamburellare sui vetri. Si girò: un uomo sulla cinquantina lo guardava. Si alzò e aprì la porta della guardiola.
"Dica?"
"Il nuovo portinaio, vero?"
"Sì, signore. Mi chiamo Fausto Picozzi."
"Ah, bene. Io sono Dondi, scala B sesto piano. Spero che lei tenga più pulito della vecchia portinaia. All'inizio andava bene, poi si è ammalata e... la pulizia lasciava un po' a desiderare."
"Farò del mio meglio, signor Dondi."
"Lo spero bene. Con quello che ci costa avere un portinaio..."
"Circa trenta euro al mese per famiglia." disse Fausto annuendo, ma pensando che, ricchi come erano gli inquilini di quella casa, non doveva costituire una grossa spesa per loro.
"Sì... più di un caffè al giorno." rispose l'uomo.
"Un cappuccino al bar, diciamo?" gli disse allegramente Fausto.
L'uomo lo guardò come studiandolo, serio, poi fece un cenno di saluto e uscì.
Poi scese una donna con una ragazzetta. Anche lei si fermò alla guardiola. "Oh, buongiorno! Aveva detto l'amministratore che lei avrebbe preso servizio oggi. Non ha ancora messo il nome sul campanello della porta..."
"Buongiorno, signora. Mi chiamo Fausto Picozzi. Lo metterò appena è pronto. L'amministratore lo sta facendo fare."
"Piacere. Io sono Valentina Gerbino e questa è mia figlia Daniela."
"Quanti anni hai?" chiese la ragazzetta.
"Daniela! Non si chiede, e devi dare del lei! La scusi, signor Picozzi..."
"No, non importa. Ho ventisette anni, Daniela e tu?"
"Quindici. Ti piace fare il portinaio?"
"Non lo so ancora... oggi è il mio primo giorno." rispose Fausto con un sorriso. "Stai andando a scuola?"
"Sì, vado dalle suore. Faccio la quinta ginnasio." ripose la ragazzina con aria saputella.
"Su, andiamo." le disse la madre. "Arrivederci, signor Picozzi."
"Arrivederla, signora. Ciao, Daniela."
Poi arrivò l'amministratore, che volle vedere come s'era sistemato e gli consegnò le targhette per la porta interna e la pulsantiera esterna. Quindi lo portò a fare il giro completo dello stabile, mostrandogli anche dove erano gli sgabuzzini con il necessario per le pulizie, il locale caldaie, la cantina condominiale con l'attrezzatura per le piccole riparazioni. Poi andarono su, sul tetto, e gli mostrò le due cabine dei motori degli ascensori, la terrazza con la cisterna di riserva dell'acqua e l'impianto di antenna per la TV.
Tornati nella guardiola, gli consegnò il regolamento di condominio. "Qui ci sono anche segnati i giorni in cui deve fare le pulizie ordinarie delle scale, dell'androne e dell'esterno. Logicamente può essere necessario anche eseguire pulizie straordinarie in caso di necessità."
"Sì, capisco. Quando faccio le pulizie, devo chiudere la guardiola?"
"Sì e no. Inserisca le pulsantiere esterne e ponga sulla vetrina un cartello in cui dice dove è, tipo: pulizia scala A, pulizia esterna, eccetera, in modo che se un inquilino la cerca sa dove trovarla. Non apra a mendicanti, venditori ambulanti. Si faccia consegnare la posta e i depliant di pubblicità e li smisti lei nelle cassette delle lettere. Quando vengono gli incaricati per rilevare i dati dei contatori, verifichi i loro documenti, poi li accompagni lei, finché hanno terminato i loro giri."
Fausto prendeva nota mentalmente di tutte le indicazioni che gli dava l'amministratore. Si rese conto che il lavoro di portiere era più complesso di quanto avesse creduto.
Poco prima di mezzogiorno, qualcuno suonò al campanello.
"Sì?" rispose Fausto.
"Sono Guido Barisone, l'inquilino del quinto piano, scala A... ho dimenticato la chiave. Mi può aprire, per favore? A casa non c'è ancora nessuno..."
Fausto aprì la porta e il ragazzo entrò. Doveva avere sui diciotto anni, aveva i capelli biondo scuro, cortissimi, solo un po' più lunghi al centro della testa, e un sorriso quasi timido. Aveva begli occhi verde scuro quasi blu. Indossava una polo azzurra, jeans, e aveva uno zainetto nero alle spalle.
"Se non c'è nessuno in casa, vuole attenderli qui nella guardiola?" gli offrì Fausto.
"La ringrazio, non vorrei disturbare. Posso andare su e sedere per le scale."
"Ma no, venga. Non ho ancora messo le targhette alla porta... io mi chiamo Fausto Picozzi e sono il nuovo portiere. Beh, questo poteva immaginarlo." gli disse con un sorriso, facendolo entrare nella guardiola e offrendogli una sedia.
"Lei è molto gentile." disse il ragazzo, posando lo zainetto a terra accanto a sé e sedendo.
"Si immagini."
"Senta... se non sono troppo... sfacciato, non ci si potrebbe dare del tu? Quanti anni ha, lei?"
"Come desidera. Ho ventisette anni."
"Io nove meno di lei, di te... ma credevo fossi più giovane."
"Qualche volta anche io credo di essere più giovane." replicò Fausto con un sorriso. Quel ragazzo gli piaceva molto e si sentì leggermente eccitato.
"Cioè?" gli chiese Guido con un sorriso incuriosito.
"Beh... gli anni passano, ma io non me ne accorgo."
"Ventisette... sei ancora giovane, comunque."
"Studi? Cosa?"
"Liceo classico. Quest'anno ho la maturità. Poi penso di fare lingue moderne. Mio padre e mia madre lavorano all'Alitalia e forse ci andrò a lavorare anche io."
"Su un aereo?"
"No... all'ufficio relazioni internazionali. Mio padre ne è il dirigente."
"Allora hai già il posto assicurato."
"Non è che mi piaccia molto, la cosa. Vorrei trovare un lavoro per le mie capacità, e non perché sono figlio di mio padre."
"Beh, se sei in gamba, il posto comunque te lo meriti, al di fuori che tuo padre te lo faccia ottenere, no?"
"Sì, ma... per gli altri non sarà così. Per adesso non dico niente a casa, però... al momento buono penso che mi cercherò un altro lavoro da solo. Anche se pare che stia diventando sempre più difficile."
Squillò il cellulare di Guido che rispose: "Sì, mamma... Eh, lo so... No, sono qui seduto in portineria... Certo, ti aspetto... D'accordo. Ciao." Chiuse il telefonino e disse a Fausto: "Dice mia madre di chiederti scusa. Il problema è che tu fra poco devi chiudere e mia madre arriva all'una."
"Nessun problema, puoi restare qui anche se chiudo. Io mi preparo qualcosa da mangiare, dopo che ho chiuso. Vado stasera a fare la spesa. Davvero, nessun disturbo."
"Mi dispiace..."
"Ma no, dai, Guido! Che vuoi che sia?" ribatté Fausto, poi guardò l'orologio appeso al muro sopra la finestra della guardiola: "Ecco, è mezzogiorno." disse, fece scendere le veneziane, commutò la pulsantiera, poi disse: "Se vuoi venire di là..."
Lo fece accomodare in soggiorno e, tenendo la porta del cucinino aperta, iniziò a prepararsi da mangiare.
"Hai molti libri." disse Guido. "Posso guardarli?"
"Sì, certo. Io ho poca cultura, ho fatto solo il professionale per meccanici... ma mi piace molto leggere."
"Cavolo! Anche testi di filosofia! Il problema dell'intuizione, tre studi su Platone, Kant e Husserl; Il processo cognitivo; Teoria del linguaggio e della mente; L'utopia della libertà eguale, il liberalismo sociale da Rosselli a Bobbio; Questa idea della vita, la sfida di Charles Darwin! E dici che hai poca cultura?"
"Mica ho capito tutto! Alcune parti, qua e là, però, mi sono piaciute e a forza di rileggere quei libri, chissà, magari qualcosa entra dentro questa capoccia."
"E anche libri d'arte... e di letteratura... Hai un bella biblioteca, non c'è che dire."
"Quello che guadagno lo spendo in libri e in discoteche." Fausto disse sorridendo.
"Ti piace andare a ballare?"
"Anche se ci vado piuttosto di rado... È una buona ginnastica, dopo tutto. Tu non ci vai, in discoteca?"
"Di rado anche io. Preferisco andare in palestra."
"Macchine? O arti marziali?"
"No... Attrezzistica: anelli, cavallina, corda, spalliera, asse d'equilibrio, parallele... quelle cose lì. Un paio di volte alla settimana."
"Abbastanza inusuale..."
"E tu?"
"Io, cosa?"
"Fai palestra o qualche sport?"
"No... ho giocato a pallavolo fino a cinque anni fa. Poi mi sono rotto. Mi sarebbe piaciuto fare equitazione, ma costa troppo. Sai, percorsi a ostacoli... Tu hai qualche hobby?"
"Non proprio. Mi piace fare origami."
"Scusa la mia ignoranza... ma cos'è?"
"Si piega un quadrato di carta, senza tagliare né incollare né dipingerla e si ottengono fiori, animali, e varie forme... È una forma di arte nata in Giappone."
"Pare interessante. E potresti farmi vedere qualcosa?"
"Se hai un foglio di carta per stampante o per macchina da scrivere..."
Fausto cercò in un cassetto e tirò fuori alcuni fogli bianchi: "Va bene questa?"
"Sì, ottima." disse Guido.
Ricavò un quadrato da un foglio e si mise a piegare... e Fausto vide formarsi un bel fiore!
"Fantastico! Pare un... miracolo. Me lo lasci?"
"Certo, è tuo."
"Ma come fai a ricordarti tutte le pieghe che devi fare?"
"Un po' come uno che suona, all'inizio impara con uno spartito, ma poi sa suonare il brano anche a occhi chiusi."
"E ci sono... spartiti per l'origamo?"
"Si dice origami anche al singolare, perché è giapponese: vuol dire piegare carta. Sì, esistono libri per imparare. Comunque questa camelia l'ho inventata io."
"Caspita! Allora sei un artista!"
Guido fece un sorriso schivo e Fausto pensò che era proprio bello, desiderabile... e che gli sarebbe piaciuto abbracciarlo e baciarlo e... farci anche altro. Tornò nel cucinino a prepararsi il pranzo. Guido lo seguì.
"Ti piace cucinare?"
"Abbastanza. Che vuoi, abito da solo da quando avevo la tua età e per non mangiare solo panini, ho dovuto imparare."
"Hai la ragazza?" gli chiese Guido.
"No." rispose quietamente Fausto, un po' stupito per la domanda, ma senza girarsi.
"Neanche io."
"Beh... hai solo diciotto anni, no?" ribatté chiedendosi se per caso quel bel ragazzo non gli stesse lanciando un messaggio.
"Ne ho avuta una quando avevo sedici anni, ma... è durata poco."
"A quell'età... è raro che sia una cosa seria. Specialmente per un ragazzo, penso. Una compagna di classe?"
"Sì. Era carina, gentile, simpatica, ma... non ha funzionato."
"Capita." disse Fausto, "Certo è che..."
In quel momento si sentì suonare alla porta della guardiola.
"Oh, deve essere mia madre." disse Guido guardando l'orologio.
Fausto lo seguì e aprì la porta. C'era un'elegante signora.
"Ciao mamma..." salutò Guido, prendendo il proprio zainetto dal pavimento.
"Mi scusi tanto per il disturbo che le ha dato mio figlio, signor..."
"Fausto Picozzi, signora Barisone. Non è stato affatto un disturbo; suo figlio mi ha fatto un po' compagnia e io a lui." disse stringendo la mano che la donna gli tendeva. Gli piacque la stretta salda e decisa, breve della donna.
"Beh, grazie, e ci vediamo..." disse Guido uscendo dalla guardiola.
Fausto salutò, richiuse e tornò in cucina, mise in tavola e pranzò. Mentre masticava tranquillamente, ripensò a quel bel ragazzo. Diciotto anni... si disse. Un po' giovane, ma... proprio niente male. Sorrise pensando che Renzo gli aveva detto di mettere un voto accanto ai maschi belli e pensò che a Guido poteva dare un otto... forse anche un nove. Avrebbe dovuto vederlo nudo, per decidere meglio.
Mentre terminava di mangiare, guardò il fiore in origami che gli aveva fatto Guido e che aveva posto sulla libreria. Sparecchiò, poi prese due fogli di carta e con un pennarello li divise in due colonne di otto caselle, le numerò con i numeri della pulsantiera e iniziò a scrivere i nomi delle persone che aveva conosciuto... ed, accanto al nome di Guido Barisone, scrisse l'età e, fra parentesi 8-9. Poi fissò i fogli alla parete del soggiorno con un po' di nastro adesivo.
Accese il televisore e fece un po' di zapping, finché trovò il telegiornale delle 13,30. Era già iniziato da una decina di minuti. Guardò le ultime notizie. Alle due in punto spense, tornò nella guardiola, sollevò le veneziane, commutò la pulsantiera e sedette, riprendendo servizio.
S'era portato un libro d'arte da leggere, mentre stava lì. Dopo tutto, si disse, con questo lavoro avrebbe avuto molto più tempo per leggere, e questo gli faceva piacere. Ed era un lavoro molto più pulito che fare il meccanico in garage. L'inizio non era male, forse gli aspetti negativi sarebbero saltati fuori a poco a poco. D'altronde, quale lavoro non ha sia qualcosa di bello sia qualche cosa di meno piacevole?