Era il giorno in cui Fausto doveva pulire la scala B. Messo il cartello sulla vetrina della guardiola, salì con l'ascensore fino alle soffitte. La sua, dove teneva tutto il necessario per pulire le scale, era al centro e divideva le soffitte della scala A da quelle della scala B, la porta dava sulla terrazza, da cui si accedeva sia al corridoio delle soffitte delle due scale che alle cabine dei motori degli ascensori, ai serbatoi dell'acqua e all'impianto per le antenne della TV.
Presi gli attrezzi, riempiti i due secchi di acqua, tornò alla scala B e iniziò a pulire, scendendo gradualmente verso il pian terreno. Pur pulendo accuratamente, ormai aveva imparato come doveva organizzarsi per impiegarci meno tempo.
Al terzo piano incontrò la collaboratrice domestica dei Cognetto che tornava con la spesa. Scambiarono poche parole, la donna entrò in casa e Fausto proseguì, pulendo verso il basso. Giunto a pian terreno, caricò tutto nell'ascensore, tornò su, andò in terrazzo, scaricò l'acqua sporca dei due secchi, sciacquò tutto e andò a riporre gli attrezzi nella soffitta. Poi decise di scendere dalla scala A.
Entrato nel corridoio su cui si affacciavano le porte delle otto soffitte dei piani alti, mentre passava davanti alla numero 72, quella dei Pantaleo, sentì una risatina provenire dall'interno. Gli parve di riconoscere la voce di Loris, il ragazzo di sedici anni. Stava per passare oltre, quando sentì la voce del suo amico...
Incuriosito, si fermò ad ascoltare. Non aveva visto entrare Gustavo e si chiese come mai fossero saliti nelle soffitte. Le porte metalliche avevano in alto uno sfiatatoio formato da una serie di fori rotondi del diametro di una matita. Sollevandosi sulla punta dei piedi, Fausto riuscì a guardare dentro.
Loris era in piedi e si sosteneva contro la parete con le mani, aveva i calzoni abbassati e dietro di lui c'era Gustavo che glielo stava agitando dentro, tenendolo abbracciato. Loris aveva il capo girato indietro e i due ragazzi si stavano anche baciando. Fausto pensò che erano belli. Aveva immaginato, sospettato che forse fra i due amici ci fosse qualcosa più di una forte amicizia, e ora ne aveva la conferma.
Poi pensò che, come li aveva visti lui, potevano essere sorpresi anche da altri: la porta che dava sulle scale e quella che dava sul terrazzo erano ben oliate perciò, aprendosi, non facevano rumore. Smise di guardare. Quei due ragazzi gli facevano tenerezza e pensò che era un peccato che dovessero vedersi così, di nascosto, in fretta, in piedi nella soffitta.
Uscì silenziosamente e scese con l'ascensore. Rientrò nella guardiola, commutò le pulsantiere e tolse il cartello. Erano quasi le cinque quando vide Gustavo scendere. Il ragazzo, come sempre, gli fece un sorriso e un cenno di saluto e stava per uscire.
Fausto aprì la porta della guardiola: "Gustavo... puoi venire un momento qui in guardiola?" gli chiese.
"Sì?" rispose il ragazzo lievemente stupito.
Fausto lo fece entrare, chiuse la porta e gli fece cenno di sedere, e sedette anche lui. "Quant'è che tu e Loris fate l'amore?" gli chiese con un lieve sorriso amichevole.
Il ragazzo sbiancò: "Che..."
"Vi ho visti, poco fa, su nella soffitta."
Gustavo lo guardò a bocca aperta, senza parole, poi: "Non lo dirà mica ai genitori di Loris, no? Per favore... lui e io... Credevamo di essere al sicuro, lassù e... Dio, se lo sanno i nostri... Mica andrà a dirlo..." balbettò quasi, a bassa voce e arrossì.
"No, stai tranquillo, non lo dico a nessuno. Però... come oggi vi ho visto io, poteva vedervi qualcun altro, no? Quant'è che lo fate?"
"Due anni circa... Sì... lui ne aveva quattordici e io sedici..."
"E lo fate... solo fra voi due?"
"Sì! Noi... noi siamo innamorati e... credevamo di essere al sicuro, lassù." ripeté il ragazzo, scosso.
"Siete innamorati..." disse Fausto con un sorriso, annuendo.
"Sì. Non ci possiamo fare niente... siamo gay tutti e due e... Quando anche Loris sarà maggiorenne... cercheremo di andare a vivere assieme."
"Sei tu che... che hai cominciato con lui?"
"Sì. Ma per tutti e due... io e lui non l'abbiamo mai fatto con altri. Solo che ci si è... capiti e innamorati e... Davvero non lo dirà a nessuno?"
"No, Gustavo, te l'assicuro. L'avevo immaginato che fra te e Loris ci fosse più che una buona amicizia. E mi fa piacere."
"Piacere? Non pensa che... non pensa male di noi?"
Fausto sorrise: "No, certo che no. Anche io sono gay e mi piacete molto tutti e due e..."
Gustavo ebbe quasi un sussulto: "Mica... mica in cambio vuole che..."
"Ma no, no stai tranquillo. A me piacciono ragazzi più grandi di voi due, non ci penso nemmeno."
"Davvero sei gay anche tu?" chiese Gustavo riprendendo il normale colorito, iniziando a rilassarsi e passando inconsciamente al tu.
"Sì, certo."
"E hai... un ragazzo?"
"No. Ma voi due, lassù... v'è andata bene che vi ho visti io e non qualcun altro."
"Non abbiamo nessun altro posto... A casa sua e a casa mia c'è quasi sempre qualcuno. In due anni, solo tre volte siamo riusciti a fare l'amore su un letto, con calma... e non abbiamo mai potuto passare una notte intera assieme."
"Ma... come avete fatto a... capirvi?"
"Quando eravamo più piccoli, si andava negli scout assieme. Io ero il suo capo squadriglia. Ci si è capiti durante un campo estivo. Io avevo già capito che... che mi piacevano i ragazzi e... e mi sono innamorato di Loris... e... e lui mi ammirava da matti... così un giorno, durante un grande gioco... eravamo soli lui ed io, là nel bosco e... io l'ho baciato e gli ho detto che ero innamorato di lui..."
"E avete fatto l'amore?"
"No. C'era il pericolo che arrivassero gli altri. Però... Loris m'ha detto che anche lui era innamorato di me e... Io allora gli ho chiesto se sapeva che due innamorati fanno anche l'amore e Loris m'ha detto di sì. Però in tenda eravamo in troppi e non era facile. Finito il campo, prima che Loris dovesse partire per le vacanze coi suoi... mi ha portato lassù nella soffitta e... è cominciata così."
"Ma nessuno di voi due aveva mai fatto niente, prima, m'hai detto."
"È così. A parte... a parte farci seghe da soli... Però non è che non sapevamo niente e così... ci abbiamo provato e abbiamo imparato assieme a farlo, un po' per volta, a fare tutto."
Fausto sorrise e annuì.
"Ma davvero anche tu sei gay?" chiese il ragazzo. "Non l'avevamo mai pensato. Dio che culo che ci hai visto tu, allora, e non un altro!"
"Sì, ma poteva essere qualcun altro e... lassù non siete completamente al sicuro."
"Ma che altro possiamo fare? Non abbiamo nessun altro posto."
"Hai ragione, è l'eterno problema. Però... forse una soluzione ci sarebbe."
"Quale?" chiese Gustavo, subito interessato.
"Lasciamici pensare. Prima devo verificare alcune cose."
"Ma... dimmi... tu... come è successo che hai capito, che hai cominciato?"
"Capito... non ti so dire esattamente, non credo di poter individuare un momento preciso in cui ho capito. La prima volta che ho fatto qualcosa, e che ho capito che mi andava bene..." disse Fausto pensieroso, ed iniziò a raccontare.
Quand'ero piccolo, abitavo in periferia, con mio padre, mia madre e tre fratelli più piccoli di me. Noi quattro fratelli si dormiva tutti nella stessa stanza. Non c'erano molti soldi in casa, perciò non è che avessimo molti giochi, divertimenti. Il peggio poi era quando non si andava a scuola, perché allora davvero era una gran noia. Così noi piccoli si gironzolava per il quartiere, tanto per passare il tempo. Magari si andava in parrocchia a tirare due calci al pallone o a giocare al calcetto da tavolo.
C'era un gruppetto di ragazzi più grandi di me, fra i sedici ed i diciotto anni, che erano sempre insieme e che sembravano aver sempre qualcosa di bello da fare. Erano anche simpatici, perciò io avevo tentato più volte di farmi accettare da loro, ma non parevano affatto interessati a me, probabilmente perché mi giudicavano troppo piccolo.
Erano in quattro, Beppe, di diciotto anni, Lino suo fratello, di sedici, Mario di diciassette e Danilo anche di diciassette. Io gli ronzavo attorno, a uno o all'altro, o quando si incontravano, cercando di farmi accettare, ma o mi snobbavano o anche mi trattavano con freddezza e a volte anche in malo modo. Io però non mi arrendevo.
Un giorno, vidi tre di loro, Mario, Danilo e Lino, che ridacchiando e scherzando stavano andando verso la vecchia cascina abbandonata che a quei tempi sorgeva ancora fra le case nuove. Non ti saprei dire perché, ma decisi di seguirli senza farmi scorgere per vedere cosa ci andassero a fare. Entrarono dall'arcone con il portone ormai quasi crollato e scomparvero nell'aia, che era completamente invasa da cespugli selvatici.
Sbirciai dentro ma non li vidi. Un po' col cuore in gola, mi infilai anche io nell'aia, guardandomi attorno, cercando di vedere dove potessero essere. Sentii una risata che mi fece capire e scivolai lungo i muri semidiroccati: erano nell'unica parte ancora quasi completamente in piedi che doveva essere stata la casa padronale.
La casa non aveva più porte né finestre. Guardai dentro ma sembrava vuota, allora salii prudentemente la scala di pietra, piena di calcinacci. E li vidi: erano tutti e tre seduti a terra, fronteggiando la finestra vuota, quasi in semicerchio, Mario in centro con Danilo e Lino ai lati, le schiene appoggiate su due casse da imballaggio, di legno. Notai che in realtà non erano seduti a terra ma su un vecchio materasso dalla fodera a rigoni marrone. Erano chini verso qualcosa che era in terra che guardavano e ridacchiavano.
Ero incuriosito, avrei voluto avvicinarmi di più ma non osavo. Improvvisamente sentii una mano posarmisi su una spalla e sussultai, spaventato, girandomi. Era Beppe.
"Ehi, spione!" mi disse con espressione accigliata, poi disse agli altri, che frattanto s'erano girati verso di noi: "Guardate un po' qui, raga, chi c'è che fa il ficcanaso!"
Gli altri tre s'alzarono in piedi mentre Beppe mi sospingeva verso di loro, e mi circondarono, con l'aria incazzata. Io tremavo, chiedendomi cosa m'avrebbero fatto.
"Che cazzo ci fai tu qui, Fausto?" chiese Mario con espressione minacciosa.
"Io... io... volevo solo vedere... perché siete venuti qui e..." risposi un po' imbarazzato e un po' preoccupato, "Non volevo farvi incazzare, io..."
Danilo disse conciliante: "Non siamo incazzati, però... t'abbiamo detto tante volte di lasciarci in pace, no? Sei ancora un ragazzino, tu... Comunque, adesso che hai visto dove ci troviamo, devi giurarci che non lo dici a nessuno!"
"Sì che lo giuro... Lo giuro!" dissi, un po' eccitato ma ancora un po' preoccupato.
"Vedi, Fausto, questo è il nostro covo privato, la Federazione Italiana Gioventù Allegra..." mi spiegò Lino con un sorrisetto e mi indicò verso una parete.
Su un tratto di intonaco ancora intero avevano disegnato, credo coi gessi colorati, uno stemma con una donna nuda che si toccava fra le gambe, e sotto c'erano scritte le quattro parole e notai che le iniziali maiuscole, una sotto l'altra, formavano la parola "figa"...
"Questo è il nostro club dove veniamo a giocare e a farci pippe, in attesa di poter avere una fighetta calda a disposizione." mi disse Danilo.
Guardai il disegno, poi loro, poi chiesi: "Pipe? Fumate?"
Mario rise: "Anche... ma come le chiami tu? Seghe! Veniamo qui a farci seghe, pugnette, svercie, a menarcelo..."
Beppe mi chiese: "Cos'è, tu non te le fai le pippe? Magari con qualche compagno di classe?"
"Sì che me le faccio!" proclamai fieramente, poi aggiunsi, sottovoce, quasi vergognandomi: "Però da solo... mai con gli altri."
"Ma sborri già?" mi chiese Mario. "Dai, facci vedere e... se sborri... diventi dei nostri."
"Ma dai! Non vedi che è ancora un bambino? Lasciamolo andare, ci ha giurato che non lo dice a nessuno!" protestò Danilo.
"Io dico che ancora non viene!" proclamò Beppe.
"Ha già quattordici anni, magari invece viene già. Dai, faccelo vedere!" mi ordinò Mario.
Io mi vergognavo, però capivo che mi stavo giocando l'accettazione. Sapevo di venire già da quasi un anno. Però non l'avevo mai fatto davanti agli altri.
"Vieni qui, venite raga!" ordinò Beppe.
Andammo a sedere tutti e cinque sul materasso e vidi cosa avevano in terra: erano due o tre giornaletti pornografici, a colori.
"Ecco, vedi, qui teniamo nascoste le nostre riviste zozze, le guardiamo e quando ci è diventato bello duro ce lo tiriamo fuori e ce lo meniamo fino a godere." mi spiegò Mario.
Cominciò a sfogliare la rivista e si soffermavano a guardare le fotografie e le commentavano ad alta voce, ridacchiando: "Guarda che tette! Guarda come se lo fa infilare nella figa! Guarda come gode la porca!"
A me però quelle donne nude non piacevano proprio per nulla, invece ero affascinato dai maschi nudi, dai loro cazzi duri, dai corpi forti e snelli, dai culi asciutti e nervosi. Lo facevano nelle posizioni più inverosimili. E vidi che quelle donne, oltre a prenderlo nella figa, lo succhiavano o se lo prendevano nel culo. E pensai che doveva essere proprio forte fare quelle cose... Cioè esserci io al posto di quelle donne, con quegli uomini.
"Ecco, vedete raga, questa è la posa con cui mi piacerebbe ficcarlo a quella gran figa di Giuseppina!" disse Beppe, e si aprì la patta dei calzoni, vi frugò dentro e se lo tirò fuori, già bello duro, e iniziò a masturbarsi.
Ce l'aveva dritto come un palo, più grosso del mio, e pensai che era bello, e che mi sarebbe piaciuto toccarlo. Frattanto, quasi come se fosse un segnale, anche gli altri se l'erano tirato fuori, uno dopo l'altro e avevano iniziato a masturbarsi. A quella visione anche il mio era diventato duro, molto più del solito. I miei occhi vagavano da un grembo all'altro, affascinati.
Mario mi disse: "Se vuoi far parte del nostro gruppo, devi menartelo anche tu, Fausto, e farci vedere cosa sai fare, se vieni o no!"
Io ero imbarazzato, forse sono anche arrossito, e loro, chi mi incoraggiava dicendo che fra noi non c'era niente da vergognarci, chi mi pigliava in giro... Io allora mi aprii lentamente i calzoni, frugai nelle mutande e me lo tirai fuori: era più piccolo di quello dei compagni, ma non credo che sfigurasse poi molto.
"Alzati!" mi ordinò Beppe.
Mi alzai. Beppe mi fece calare calzoni e mutande, e me li fece levare. Mario mi tolse la maglietta. Io li lasciavo fare. Così restai con la sola canottiera indosso, un po' vergognoso, ma deciso a farmi comunque accettare.
Beppe mi fece sedere di nuovo, mi prese in mano l'uccello e cominciò a masturbarmi: "Ha già i peli, raga. E ce l'ha bello duro!" esclamò, divertito. "Ti piace?" mi chiese poi.
Io annuii.
"Dì, Beppe, mica ti starai divertendo a fargli una pippa, no?" gli chiese Mario.
"E perché no? Fra noi l'abbiamo anche fatto, no? E poi... a dire la verità... stavo pensando a un'altra cosa, visto che vuole diventare uno di noi." disse Beppe e mi carezzò il culetto.
"Cazzo, mica vorrai..." obiettò Danilo.
Beppe gli strizzò l'occhio ed annuì, poi mi disse: "Se ci fai godere, diventi uno dei nostri. Vero che ci stai? Vedrai che piace pure a te... Vieni."
Mi fece alzare di nuovo in piedi, stese la mia maglietta sulla cassa, e mi disse: "Mettiti giù, il petto sulla cassa e le gambe ben allargate. Bravo, proprio così." Poi si sputò su una mano e si insalivò il membro dritto e duro, sputò di nuovo e mi insalivò il buchetto.
"Ma cazzo, Beppe, mica te lo vorrai fare, no?" obiettò di nuovo Danilo.
"Certo che sì! Lasciate fare a me." rispose Beppe. "Ora rilassati, Fausto, che ti faccio provare qualcosa di bello! D'accordo?"
Io un po' ero preoccupato, ma volevo che mi prendessero con loro e capivo che quella era una specie di prova di ammissione. Annuii: ero deciso a provarci. Sentii che aveva appoggiato la punta del suo cazzo contro il mio foro e che stava cominciando a spingere per entrarmi dentro. Gli altri s'erano alzati in piedi ed erano venuti attorno alla cassa, a guardare, continuando a masturbarsi.
Ero eccitato e anche un po' spaventato. All'improvviso sentii una fitta, un dolore acuto. "Ahia! Ahi, Beppe, mi fai male! Ahia! Smetti, dai..." lo implorai, ma senza muovermi.
"Cazzo, se è stretto!" mormorò Beppe, smettendo di spingere. "Non riesco a entrare."
"Ma che, sei stronzo, Beppe?" gridò Danilo, "Finché ci si fa una pippa, io ci sto, ma in queste cose io non ci voglio entrare! Cazzo, non ha ancora sedici anni, non lo sai che potresti avere delle grane!"
Lino disse qualcosa del genere. Mario cercò di minimizzare e disse: "Ma mica l'abbiamo obbligato, no?"
Io ero rimasto nella posizione in cui m'aveva messo Beppe, che mi girò attorno, s'accoccolò davanti a me e mi disse: "Dai, Fausto, mica volevo farti male, io! Non lo so cosa m'ha preso, ma hai un bel culetto... e la voglia è tanta, e... Tirati su, dai!"
Io mi alzai, confuso, incerto, temevo che, non avendo superato la prova, non mi volessero con loro... Ma a quel punto Mario notò che avevo ancora una forte erezione e scoppiò a ridere.
"Ehi, guardatelo! Fausto s'è eccitato a sentirselo sul culo! Ma allora ti piaceva, eh?"
Io annuii. "Mi faceva male; però..."
"Però ti piaceva quando Beppe cercava di infilartelo dentro, non è vero?" insisté Mario.
Annuii: "Mi piaceva, però mi faceva troppo male." dissi vergognandomi, non so se più per l'ammissione o perché non ero riuscito a prenderlo. "Non lo so, ma... se non faceva così male..."
Mario sorrise, poi disse agli altri: "Se gli piace, ed è solo un problema di lubrificante... basterebbe avere un po' di crema, o di olio, che so io..." Poi mi chiese: "Se non ti fa male... te lo lasci mettere?"
Annuii.
Allora Beppe disse al fratello: "Lino, fai un salto a casa e vedi se trovi qualcosa che può andare bene."
Lino mi chiese: "Ma tu ci stai, Fausto? Se ci proviamo con una crema... tu ci lasci provare a mettertelo?"
Annuii di nuovo.
Danilo chiese: "Ma non sarà pericoloso? Non ha ancora sedici anni..."
Io volevo davvero provarci, così, anche se un po' vergognoso, dissi: "Ma io ci voglio provare... se non mi fa male. Se mi promettete che smettete se mi fa male..."
"Certo, te lo promettiamo. Vero raga?" disse Mario.
Tutti annuirono. Allora Lino disse: "D'accordo, vado a vedere se trovo qualcosa!" si ricompose i calzoni e corse via.
"Se trova qualcosa, prima che torna, ci mette almeno una mezz'ora. Che si fa, adesso?" chiese Beppe. "Guardiamo le riviste?"
"Ma no!" rispose Mario con un sorrisetto. "Fausto, siediti sulla cassa. Adesso ti insegno un bel gioco che non ti fa male, non aver paura. Tiramelo fuori di nuovo, dai..."
Glielo tirai fuori, eccitato di poterlo toccare. Era di nuovo bello duro, caldo nella mia mano, proprio lì davanti alla mia faccia...
"Adesso me lo prendi in bocca, senza farmi sentire i denti... Vedrai che piace pure a te..." mi istruì.
Lo feci, un po' esitante: per la prima volta sentii un membro duro fra le labbra, in bocca, come avevo visto nelle foto della rivista. Mi piaceva! Aveva un sapore lieve, gradevole.
"Succhia, Fausto, e muovi la lingua... Così... bravo... Muovi la testa avanti e dietro e stringi le labbra... Sì, così... non mi far sentire i denti... bravo..." mi disse carezzandomi i capelli. Poi si rivolse agli altri: "Cazzo, raga... ci sa fare, il piccoletto!"
Io frattanto ero di nuovo eccitato e presi a masturbarmi: quel giochino mi piaceva molto. Mario mi prese la testa fra le mani e cominciò a muovere il bacino avanti e indietro. Il suo palo mi sfregava contro il palato e gli ci muovevo attorno la lingua e mi piaceva sempre più. Gli altri due ci guardavano, se l'erano di nuovo tirato fuori e si masturbavano.
Il ritmo di Mario divenne più rapido e forte: "Oh, cazzo... sto per... venirgli... in bocca... Oohhh. Succhia... Ooohhh... così... sì... ecco... eccoooo..." gemette e mi si scaricò in bocca. "Bevila... bevila tutta!" disse, eccitato.
Io obbedii, lo sentii schizzarmi in bocca, mi riempì... poi finalmente inghiottii tutto... Pensai che aveva un vago sapore di mandorle amare... gradevole. Mario lo sfilò, emettendo un sospiro soddisfatto.
"Cazzo, s'è ingoiato tutto!" esclamò Beppe. "Tutto fino all'ultima goccia! T'è piaciuto, Fausto?" mi chiese, stupito.
"Sì." risposi tergendomi le labbra col dorso di una mano. "Chi di voi me ne fa bere ancora?" chiesi allora, guardando Danilo e Beppe, ora più sicuro che mai.
"Hai ancora sete? Te ne faccio bere io, allora!" esclamò allegramente Danilo, prendendo il posto di Mario e offrendomi il suo membro duro che sorreggeva con la mano, puntandomelo verso le labbra.
Mi misi a succhiarlo avidamente, anche più sicuro di prima. Danilo gemeva lievemente, quasi come un cagnolino felice... Non durò molto, e finalmente anche lui mi dette il suo contributo. Notai che aveva un sapore diverso da quello di Mario, meno amaro, e pensai che mi piaceva. Subito Beppe prese il suo posto e me lo infilò in bocca, ma Mario lo fece fermare.
"Aspetta, Beppe, sta tornando tuo fratello."
Beppe estrasse immediatamente il membro dalle mie labbra e mi disse con un sorriso: "Vedrai, Fausto, il bello deve ancora arrivare. Vedrai che 'sta volta riesco a mettertelo nel culetto."
Lino aveva portato una scatoletta blu di Crema Nivea della madre, dicendo che non aveva trovato niente di meglio. "Credo che andrà bene, Lino." gli disse il fratello, aprendola. "Dovevi essere qui: Mario e Danilo si son fatti fare una bella pompa, gli sono venuti in bocca e il piccoletto s'è bevuto tutto!" Poi mi disse: "Dai, mettiti giù come prima, che adesso ci provo di nuovo!"
"Vacci piano, Beppe, però!" gli dissi, ma obbedii prontamente. Ero quasi impaziente di provare anche quello.
Beppe cominciò subito a spalmare la crema prima sul proprio membro duro, poi ne spalmò anche sul mio buchetto. Era una sensazione molto gradevole. Mi preparò ben bene, infilandomi dentro anche il dito e io già cominciavo a provare piacere.
"Rilassati al massimo, Fausto, e allargati bene le chiappe con le mani... Non ti preoccupare, Beppe ci andrà piano." mi disse Mario.
Gli altri tre, attorno, ci guardavano eccitati e anche questo mi eccitava. Beppe poggiò la punta del membro sul mio buchetto e cominciò a spingere... La crema funzionava: ora provavo solo un po' di fastidio ma non dolore. Decisi di resistere.
"Se ti fa male, dillo." mi disse Danilo.
"No, va bene... Dai, Beppe!" lo incitai.
Man mano che mi entrava dentro, cominciavo a sentire un certo dolore, ma era sopportabile e comunque lo volevo tutto dentro. A un certo punto sentii le sue cosce premute contro le mie natiche. Era tutto dentro! Ero stupito e contento. Beppe si sfilò pian piano poi lo spinse di nuovo dentro, fuori... dentro... fuori... dentro... a un ritmo via via più svelto e sicuro. Il foro sembrava bruciare un po' ma il piacere era maggiore dello sconforto.
Beppe cominciò a mugolare a ogni spinta e i miei gemiti sottolineavano i suoi. Mi sentivo pieno, piacevolmente riempito. Gli altri ci stavano a guardare, eccitati. Si erano sfoderati di nuovo i membri e si masturbavano tutti e tre. Beppe gemette più forte e capii che stava per venire.
Allora guardai Lino e gli dissi: "Voglio anche il tuo, dentro... dopo tuo fratello. Mi piace!"
Danilo mi si spostò davanti e mi offrì il membro, e glielo succhiai di nuovo: mi piaceva essere preso da tutte e due le parti. Beppe mi martellava dentro sempre più veloce, finché, gemendo, venne.
"Ooohhh... vengo..." gridò quasi, spingendomisi tutto dentro.
A ogni schizzo mi batteva con forza, e mi piaceva da matti. Poi si sfilò da me, ansando pesantemente. Lino, che se l'era spalmato di crema, subito prese il suo posto e me lo infilò con una sola spinta. Entrò liscio liscio, sia perché l'aveva meno grosso del fratello, sia perché ero ancora ben dilatato, e iniziò a stantuffarmi dentro con evidente piacere. Prima Danilo venne di nuovo nella mia bocca, poi anche Lino mi venne dietro. Allora venni anche io.
"Cazzo, raga, altro che farci seghe. Fausto è uno dei nostri, ormai, e ci possiamo divertire con lui!" disse Danilo, soddisfatto.
Quando infine mi tirai su, e ci ricomponemmo gli abiti, chiesi: "Davvero anche io faccio parte del club, adesso?"
"Altroché! Lasciamo qui la crema, Lino, assieme ai giornaletti!" gli disse Mario.
Nascosero tutto in una delle due casse. Poi uscimmo tutti e cinque dal vecchio cascinale. Il sedere mi faceva un po' male, ma ero soddisfatto e felice.
Gustavo aveva ascoltato tutto il racconto: "E vi siete visti ancora?"
"Sì, certo. Per quasi un anno, finché sono arrivate le ruspe e hanno buttato giù tutto. Io ero a metà contento e a metà preoccupato di farlo con loro: mi piaceva ma non mi andava di essere 'frocio', come ormai avevo capito di essere."
"Ma tu... lo prendevi solo?"
"Con loro quattro, sì. Nessuno di loro era gay."
"Ma non ti prendevano in giro?"
"No... anzi, mi trattavano bene. Forse pensavano che io non fossi gay, ma essendo il più piccolo, ci stavo... ma poi sarei cambiato come tutti i ragazzi... Non so, non ne abbiamo mai parlato."
"Ma fra Loris e me è stato diverso... perché noi siamo innamorati. E tutto quello che io faccio a lui, lui lo fa a me." disse Gustavo.
"Sì, certo, hai ragione che è diverso."
"E davvero... cercherai una soluzione migliore che la soffitta? Anche perché là... possiamo solo farlo in piedi e..."
"T'ho promesso che ci penserò, Gustavo."
"Posso dirlo a Loris?"
"Certo. Ma come io non dico niente di voi due agli altri, anche voi due non dovete dire a nessuno di me."
"Logico!"