Federico Ruocco, il giardiniere, si fermò un attimo e si terse il sudore con l'avambraccio. Fausto uscì in giardino e lo salutò.
"Tutto bene?" gli chiese l'uomo con un sorriso.
"Sì, grazie; e tu, Federico?"
"Sempre bene, finché c'è salute e lavoro. Sai che mia moglie è di nuovo incinta?" gli disse con espressione allegra.
"Bene, complimenti!"
"Speriamo che 'stavolta sia una femminuccia. Comunque quello che viene andrà bene. L'importante è che nasca sano o sana, e che cresca bene. Tu... quand'è che ti sposi?"
Fausto sorrise: "Non credo proprio che mi sposerò."
"Ma come, un bel ragazzo come te? Cos'è, non mi dire che non ti interessano le ragazze!" gli chiese ridendo.
"Sarebbe tanto grave, se non mi piacessero?" gli chiese Fausto con un sorrisetto divertito.
"No... per carità, no... Ognuno è fatto a modo suo... Ma mica vuoi dirmi che tu... Ah, ho capito, non ti va di legarti, ti vuoi divertire. Ma prima o poi dobbiamo tutti mettere la testa a partito, no? Finché si è giovani pare che abbiamo tutta la vita davanti, ma poi... E poi è bello avere una famiglia, credimi."
"Non mi dispiacerebbe avere qualche figlio, è vero, ma credo proprio che non ne avrò."
"Ti piacerebbe avere figli... ma non una moglie... o almeno una compagna? Oggi mica è necessario che due si sposano, sapessi quanti convivono! Non è più come ai tempi di mio padre e mia madre." rise Federico. "Anche se mio padre ha sposato mamma quando io ero già nel suo pancione. Sai... il matrimonio riparatore. Però vanno d'accordo, che è la cosa più importante. Che vuoi, mio padre, da buon meridionale... era un po' uno sciupafemmine, almeno prima di sposarsi."
Federico riprese a potare la siepe, mentre Fausto lo guardava. Aveva movimenti rapidi e precisi, che mostravano tutta la sua esperienza. Il giardiniere si fermò e si girò a guardarlo con espressione interrogativa.
"Vuoi dire che a te proprio non interessano le donne?" gli chiese, quasi sottovoce, come se solo allora avesse capito. ma si rendesse anche conto che non aveva il diritto di fare una domanda così intima.
Fausto non rispose, lo guardò con un lieve sorriso.
"Mio cugino... che c'ha più o meno la tua età... è così, sai? Per suo padre e sua madre è stata una cosa dura, specialmente per il padre così... così tradizionale. Beh... ognuno è fatto a modo suo, come ho detto."
"E se tuo figlio fosse anche così, come tuo cugino?"
"Cazzo, credo che forse ci resterei male come suo padre. Però... Io sinceramente... mica saprei cosa dirgli... credo che lo farei parlare con mio cugino, ecco. Cioè... lui almeno gli saprebbe dare qualche buon consiglio, meglio di me. Però mi dispiacerebbe, certo, perché ho visto i problemi che ha avuto mio cugino."
"Ma ora... ora è felice tuo cugino? Ha un compagno?"
"Sì. Uno della sua età e vivono assieme. Un gran bravo ragazzo. Un extracomunitario, un croato, ma in regola coi documenti. Lavorano assieme, hanno un negozio di frutta e verdura, dove vendono i prodotti dei campi di mio zio. Vanno d'accordo... però devono fare tutto di nascosto, capisci? Per me, se passano quella legge sui pacsi, fanno solo bene. Dopo tutto ognuno è fatto a modo suo, no?" ripeté.
"La gente è ancora piena di pregiudizi, verso due uomini che vivono assieme... che si vogliono bene."
"Anche io ero così, sai? Ma voglio bene a mio cugino e allora ho cercato di capirlo e... Noi non siamo gente molto colta, sai... giusto, non giusto, normale, non normale... Se provi a leggere qualcosa, trovi tutto e il contrario di tutto. Allora uno cerca di farsi un'idea da solo. Ho parlato un sacco con mio cugino e poi anche col suo ragazzo, e ho capito che quello che provano uno per l'altro è proprio uguale a quello che io sento per mia moglie. E allora, dico, se stanno così bene insieme, che male ci può essere. Non fanno male a nessuno e si aiutano uno con l'altro, no?"
"Pochi la pensano come te."
"Perché pochi pensano. Vedi, è un po' come i partiti politici: uno è di destra o di sinistra, senza conoscere un cavolo di cosa veramente quelli dell'altra parte vogliono e pensano. Oppure come per il tifo: più che conoscere e sostenere la propria squadra, si dà addosso alle altre squadre! Prima ancora di chiedere cosa ha fatto la propria squadra, si informano se quella che disprezzano ha vinto o perso!" rise Federico.
Fausto annuì e sorrise. "Io non seguo il calcio..." disse a mezza voce, divertito da quel paragone. Poi aggiunse: "Comunque... anche io sono come tuo cugino."
"Però non hai un compagno."
"No, non ancora. E poi, sai... pensa se portassi a vivere lì in portineria il mio compagno... Ti immagini i condomini come la prenderebbero, cosa direbbero!"
"Già. Ognuno dovrebbe farsi i cazzi propri. Ai condomini gli deve interessare solo che tu sei un buon portiere, non con chi vai a letto. Però hai ragione tu. Per questo spero che nessuno dei miei figli avrà questo problema."
"Magari, quando saranno grandi, le cose saranno un po' cambiate."
"Sì, è vero. Beh... grazie per esserti fidato di me e avermelo detto. Per me non cambia proprio niente. Potevi anche non dirmelo, nessuno può sgamare che sei fatto così."
Fausto gli sorrise e annuì. Lo salutò e tornò nella guardiola. Passò Guido Barisone, il ragazzo di diciannove anni figlio del dirigente dell'Alitalia, andando verso l'ascensore. Si stava facendo davvero un gran bel ragazzo, pensò Fausto. Si scambiarono un cenno di saluto e un sorriso. Poi il ragazzo tornò indietro, guardandolo.
"Ciao Guido..." gli disse Fausto aprendo la porta della guardiola.
"Scusa, Fausto, dovrei chiederti un favore..."
"Dimmi."
"Papà e mamma tornano solo questa sera e... se puoi... ti dispiacerebbe prestarmi qualche euro per pagarmi il pranzo?" chiese quasi vergognandosi. "Stasera, appena arrivano, me li faccio dare e te li restituisco."
"Ma sì, certo. Ecco..." disse estraendo il portafogli, "ti bastano cinquanta euro?"
"Anche troppi..."
"No, dai, mica vuoi andare in giro senza soldi, no?" gli disse porgendogli il biglietto di banca. "Come va l'università, hai già cominciato le lezioni?"
"No, non ancora, cominciano a fine ottobre."
"Dove pensi di andare a fare pranzo?"
"Qui vicino, al ristorante arabo."
"Ti andrebbe di andarci assieme?" gli chiese Fausto, che avrebbe avuto piacere di stare un po' con quel bel ragazzo.
"Sì, certo. Vado su in casa un momento e scendo di nuovo, verso mezzogiorno e mezzo, va bene?"
"Perfetto."
Guido gli piaceva molto, sia come carattere che fisicamente. Se ne sentiva attratto e gli piacevano in particolare i suoi begli occhi verde scuro quasi blu. Era anche sempre vestito con giovanile eleganza, con abiti che valorizzavano il suo corpo, che doveva essere bello, per quel poco che gli abiti lasciavano indovinare.
Aveva chiuso giusto da mezz'ora la portineria, quando Guido scese e suonò il campanello. Uscirono assieme.
"Sai che ho ancora il tuo origami nella mia libreria?" gli disse Fausto.
Guido sorrise: "Se vuoi, quando torniamo te ne faccio altri."
"Certo, grazie. Mi piace vedere come muovi le mani, mentre pieghi la carta."
"Secondo me, il vero regalo non è tanto l'origami, ma piegarlo davanti alla persona a cui lo si vuole dare."
"Cioè?"
"Sì... è un po' come... come compiere un rito. Non è solo l'oggetto in sé, ma l'esecuzione, il vero dono."
"Ah... bello... È difficile fare origami?"
"Come qualsiasi altra cosa: prima di imparare è difficile, quando si è imparato, è semplice. Un po' come suonare uno strumento musicale. E proprio come per la musica, c'è chi ama solo ascoltarla, chi impara a strimpellare, chi è un perfetto esecutore... e chi la sa comporre."
"E tu, per l'origami?"
"Un compositore... ma di canzonette, non di musica sinfonica." gli rispose con un lieve sorriso il ragazzo.
Sedettero nel ristorantino e ordinarono il pranzo. Mentre parlavano del più e del meno, Fausto si sentiva lievemente eccitato: quel ragazzo gli piaceva sempre più. Pensò che aveva labbra belle, soffici, e che doveva essere bello poterle baciare. Si chiese se Guido avesse una ragazza... e sperò di no, che non gli interessassero. Anche se questo non avrebbe voluto dire che...
"A che stai pensando?" gli chiese ad un certo punto Guido.
"Hai la ragazza?" rispose Fausto, e si disse che quella domanda non avrebbe dovuto farla... ma ormai...
"No. Non fumo, non bevo e non vado a donne. Sono un ragazzo senza vizi." rispose con un sorriso lieve.
"Proprio senza nessun vizio?"
"Beh... preferisco lasciarti credere che sia così. Non bisogna mai parlare male di noi stessi, ci pensano già gli altri a trovarci tutti i difetti... anche quelli che non abbiamo."
"Io... in te, difetti non ne trovo." gli disse a mezza voce Fausto.
"Perché non mi conosci ancora abbastanza."
Si guardavano con un lieve sorriso sulle labbra, ma con uno sguardo talmente intenso che Fausto fremette e distolse gli occhi, sentendosi turbato.
Mormorò: "Mi piacerebbe conoscerti meglio..." Poi, quasi in fretta, temendo di aver detto troppo, cambiò discorso. Con voce normale, gli chiese: "Sei contento di fare lingue, all'università?"
"Sì. Conoscere una lingua straniera, e con essa la storia, la letteratura, la cultura che implica, è un ampliamento degli orizzonti mentali."
"Io ho poca cultura..."
"Al contrario! Leggi molto, rifletti molto, sei curioso riguardo a ciò che non conosci, che non capisci... Hai una bella personalità e un carattere gradevole."
"Dici?"
"Dico... e anche a me piacerebbe conoscerti meglio." disse Guido con un tono talmente caldo che Fausto fremette.
Fu lieto che il cameriere fosse arrivato a servirli e che si misero a mangiare, perché temeva, altrimenti, di far trapelare quanto stava provando per Guido.
Mentre mangiavano, pensò che una sola volta si era sentito così fortemente attratto verso un ragazzo altrettanto giovane. Anche quello aveva diciannove anni, erano praticamente coetanei. L'aveva conosciuto quando avevano fatto il servizio militare assieme.
Dopo il CAR, era stato mandato in una caserma di Genova. E lì aveva conosciuto Amedeo Capoferri, che proveniva da Teramo. Si era sentito subito fortemente attratto dal commilitone, ma non volendo rischiare, Fausto non aveva mai tentato nulla con i compagni.
A volte, quando era in libera uscita e vestito in borghese, andava a cercare un'avventura: non era difficile, dato che era giovane e ben fatto. Andava abbastanza spesso all'Aqua Club, che era in Salita Salvatore Viale, 15 R, subito dietro la via XX Settembre, quasi all'angolo con corso Podestà.
l'Aqua Club era uno dei luoghi classici d'incontro gay in Genova. Era soprattutto una sauna, ma dopo cena, il bar diventava uno spazio indipendente, frequentato anche da chi voleva restare vestito. Una lunga finestra a nastro separava la sauna dal bar e consentiva di sbirciare sia nel bar che nella sauna, rendendo l'atmosfera decisamente eccitante. Sia il bar che la sauna erano dotati di sale video e dark room. Vi erano due saune finlandesi, un bagno turco e una vasca con l'idromassaggio.
Fausto combinava quasi ogni volta e, presa una cabina relax, si divertiva con un'occasionale conoscenza. In genere andava con gente più grande di lui, anche perché i ragazzi giovani, spesso, erano marchette. A parte il fatto che non aveva molti soldi da spendere, soprattutto non gli piaceva avere sesso con qualcuno che lo faceva solo per mestiere.
Quelli che lo abbordavano, gli chiedevano abbastanza spesso se anche lui lo facesse per soldi, e quando diceva di no, ne erano piuttosto stupiti. Era abbastanza raro che Fausto dovesse cercare di abbordare qualcuno, perché erano quasi sempre gli altri a fargli capire di essere interessati a far sesso con lui. A volte i contatti avvenivano nella zona bar, altre nella zona della sauna, ma immancabilmente finivano in una cabina relax.
Dopo aver fatto sesso più o meno a lungo, a seconda di come si trovava con l'altro, Fausto si faceva una doccia, poi si rilassava o nella sauna finlandese o nel bagno turco. Terminava con un'altra doccia e usciva rigenerato e soddisfatto.
Una volta era stato abbordato da un marinaio di colore, di una nave militare americana, che doveva avere sui trenta anni. Normalmente non si sentiva particolarmente attratto dagli uomini di colore, ma in quel caso gli sembrò bellissimo, perciò, quando il giovanotto ci provò con lui, accettò subito. Tentarono di conversare un po', ma l'inglese di Fausto era assai ridotto e, soprattutto, non riusciva a capire l'accento americano, e l'italiano del marinaio si limitava a ben poche parole.
Ma non era un vero problema: entrambi sapevano bene che cosa volessero uno dall'altro. Il marinaio lo condusse in una cabina relax. Appena entrati, iniziò subito a spogliarlo, quasi di fretta, con un sorriso lascivo sulle labbra. Poi lo sospinse sul materassino e, ancora semivestito, si chinò a dargli piacere con la bocca: ci sapeva indubbiamente fare.
Quindi lo fece girare sul ventre, si finì di spogliare e, infilatosi un preservativo, gli si stese sopra e lo infilò. Lo prese con colpi forti e veloci, ma riuscendo a prolungare la loro unione, e Fausto pensò che anche in quello ci sapeva fare. Quando il giovanotto raggiunse l'orgasmo lo strinse a sé e gli si spinse dentro con vigore, scaricandosi e gemendo sottovoce.
Fausto gli fece capire che ora sarebbe piaciuto a lui prenderlo, ma il marinaio sorrise e scosse il capo, e lo fece godere riprendendoglielo fra le labbra. Non era stato niente male! Poi il marinaio, evidentemente soddisfatto di lui, gli fece capire che avrebbe voluto rivederlo. Così si dettero un appuntamento.
Quando si rividero, nel bar della sauna, il marinaio americano aveva con sé un altro marinaio, più giovane, che doveva avere fra i venti e i venticinque anni. Anche questo era nero come lui, e, se possibile, anche più bello.
"He is amore mio!" disse il marinaio. "We fotte tre uniti? He ama take it in his culetto. You fotte him, I fotte you!" spiegò, accompagnando la sua proposta con eloquenti gesti delle mani.
Fausto non l'aveva fatto mai più in tre, dopo la sua prima volta con i ragazzi del "club"... Il marinaio più giovane gli piaceva molto, lo trovava estremamente sensuale, perciò annuì. Il più giovane si stese sulla schiena e si fece prendere tirandosi le gambe contro il petto, quindi il marinaio più vecchio infilò Fausto e iniziarono a godersi l'un l'altro.
A Fausto piaceva stare in mezzo, fra i due, e si godeva l'ampio sorriso soddisfatto che il marinaio più giovane gli rivolgeva mentre lui gli si agitava dentro. Pensò che era gradevole... ma solo per divertirsi. A lui piaceva di più un rapporto a due... Il godimento, comunque, fu forte.
Ma in realtà, nonostante andasse di tanto in tanto a sfogarsi nella sauna, non riusciva a togliersi dalla testa il suo bel commilitone, Amedeo Capoferri. A volte uscivano assieme, andavano a vedere un film, o a mangiare una pizza, a fare una passeggiata e chiacchierare. E Fausto lo desiderava sempre più. Però continuava a non trovare il coraggio di farglielo capire.
Festeggiarono il "mac pi cent"... poi, quando mancava meno di un mese al loro congedo, Amedeo, una volta che erano andati al cinema assieme, usciti dal locale gli chiese se gli andava di accompagnarlo a casa di un amico.
"Chi è? Lo conosco?" aveva chiesto Fausto.
"No... è un tipo simpatico... gli ho parlato di te e mi ha detto che gli piacerebbe conoscerti."
Fausto aveva accettato. L'amico era un giovanotto molto gradevole, e faceva il DJ in una radio privata. Chiacchierarono un po', poi Amedeo si scusò e andò al gabinetto. L'amico, che era seduto sul sofà accanto a Fausto, gli sorrise.
"Sai che, proprio come m'aveva detto Amedeo, sei proprio un gran bel ragazzo?" gli disse.
"Grazie... Amedeo è molto bello."
"Sì, è vero. Hai mai fatto l'amore con un ragazzo, tu?"
Fausto lo guardò stupito, non s'aspettava una domanda come quella... e comunque non così diretta.
"Allora?" insisté l'altro, "Oggi i ragazzi lo fanno spesso fra di loro, non è più come una volta... Mai fatto, tu?"
"Beh... sì... è capitato..." rispose un po' incerto Fausto.
"E ti piace?"
"Sì..."
"E... Amedeo, ti piace?"
Fausto era sempre più confuso, comunque annuì.
"Non ti piacerebbe farlo con lui?"
Fausto annuì di nuovo, sentendosi arrossire.
"Ottimo. Allora vi lascio, vado a farmi un giro. Divertitevi, ragazzi!" disse l'altro e si alzò.
"Ma... ma Amedeo..."
"Gli piaci un sacco, ma non aveva il coraggio di chiedertelo. Così... ha chiesto a me di provarci. Almeno, se dicevi di no, non andava nei casini lui, capisci?"
"Ma è il tuo ragazzo?" gli chiese Fausto.
"No. Siamo solo amici. Io preferisco le ragazze. Ti va di farlo con lui, no?"
"Sì... sì, certo..."
L'amico sorrise, gli fece l'occhiolino e un cenno di saluto, e lasciò l'appartamento. Appena si udì il rumore della porta che si chiudeva, Amedeo tornò. Si guardarono.
"Ci ha lasciati soli..." disse a mezza voce, fermandosi davanti a lui.
"Sì." disse Fausto, emozionato, alzandosi in piedi.
"Vuoi... venire di là?"
Fausto annuì, e sorrise. Lo seguì nella camera da letto. Amedeo iniziò a spogliarsi.
"No, fermo." gli disse Fausto. "Voglio spogliarti io... e tu spogli me. Dio, sono mesi che... che ti sogno!"
"Avevo paura a provarci prima." disse Amedeo con un sorriso schivo. "Poi la settimana scorsa ne ho parlato con lui e... mi ha suggerito questa soluzione. Se dicevi di no... io tornavo e facevo finta di niente."
"Ma lui non è gay."
"No. Prima abitava a Teramo, con la famiglia, e io stavo con suo fratello. Lui sapeva di noi, e non gli crea problemi."
"E stai ancora con suo fratello?"
"No, poco prima che io partissi per la naia, suo fratello s'è messo con un altro. Però lui e io siamo rimasti amici."
"Non potevi parlargliene prima? Sapessi quanto t'ho desiderato, in questi mesi!"
"Anche io. Ma lui s'è trasferito a Genova solo una decina di giorni fa, per lavoro."
S'erano denudati e si ammiravano l'un l'altro, eccitati, carezzandosi per tutto il corpo. Poi Amedeo l'attirò sul letto, si stesero, si abbracciarono e si baciarono a fondo. E finalmente iniziarono a fare l'amore. Fu molto bello, c'era, da parte di entrambi, una forte tenerezza, ravvivata da un crescente desiderio.
Prima Amedeo prese Fausto, con giovanile irruenza, sorridendogli felice. Poi si fece prendere da Fausto, che se lo godette a lungo. Di tanto in tanto rallentavano per non godere troppo in fretta, e si baciavano e carezzavano, restando intimamente uniti, per poi riprendere con rinnovato vigore.
Prima di essere congedati, tornarono un paio di volte a fare l'amore a casa di quell'amico, che volentieri li lasciava soli a godersi l'un l'altro. Quando si lasciarono, entrambi erano rammaricati di doversi separare, ma nessuno dei due se la sentiva di trasferirsi nella città dell'altro.
Ora, mentre mangiavano, guardandosi di tanto in tanto e scambiandosi un sorriso, una battuta, Fausto pensava che avrebbe voluto avere anche lui un amico come quello di Genova, per poterci provare con Guido senza correre troppi rischi. Certamente, non poteva semplicemente dirgli: mi piaci troppo, ho voglia di te; vieni a letto con me.
Finalmente finirono il pranzo e tornarono verso casa, camminando lentamente fianco a fianco e continuando a chiacchierare del più e del meno. Giunti davanti alla guardiola, si salutarono e Guido prese l'ascensore per salire al proprio appartamento.
Fausto fu preso dalle varie cose che doveva fare e per un po' non pensò più a Guido. Doveva andare a cambiare un tubo al neon che s'era fulminato al terzo piano della scala B, poi lucidare gli ottoni delle due pulsantiere esterne e quelle dei campanelli a ogni piano. I vetri delle finestre dei pianerottoli li avrebbe lavati il giorno dopo.
Così passò il pomeriggio. Aveva chiuso le veneziane della guardiola e stava per commutare le pulsantiere, quando qualcuno suonò. Spinse il pulsante di apertura della porta, uscì sul pianerottolo a guardare chi fosse e sentì qualcosa agitarsi dentro di sé. Riconobbe immediatamente chi stava entrando: era Ermenegildo Letta, il suo ex, Gildo...
"Ciao... che ci fai, qui?" gli chiese.
"Ciao, Fausto. E tu?" gli chiese Gildo, non meno stupito di lui.
"Io sono il portiere qui... Da chi vai?"
"Da Nestore Grasso, scala B ottavo piano."
"Non è ancora rientrato."
"Nestore m'aveva detto di venire alle diciannove."
"Di solito rientra più tardi." Fausto notò che l'aveva chiamato per nome. "Nestore... Scopi con lui, adesso?" gli chiese. "Pensavo che stesse col suo commesso."
Gildo sorrise: "Con Dino? No, ero io che scopavo con Dino... Ma mi piace molto di più Nestore."
"Ti sei messo con lui?"
"Non ancora, ci conosciamo solo da tre mesi."
"Tre mesi? Tre mesi che vieni qui?"
"Sì, ma di solito più tardi. Non sapevo che adesso lavori qui. Normalmente quando vengo la portineria è chiusa. E tu, hai qualcuno, adesso?"
"No, nessuno... ancora. Non sapevo che anche Nestore è gay."
"Ma se m'hai detto che pensavi che se la rifaceva con Dino..."
"L'avevo immaginato, mica potevo esserne sicuro. L'hai conosciuto in negozio?"
"Sì. Ha bella roba. Dino m'aveva detto di andare a comprare lì da loro e così... Con Dino c'era solo sesso. con Nestore pare che stia cominciando qualcosa di più serio. Ti trovo bene, comunque."
"Anche tu stai bene, vedo. Non t'eri più fatto vivo, dopo che noi due... Beh, neanche io, a dire il vero."
"Dovevamo lasciar passare un po' di tempo, no? Però... sono contento di averti rivisto. Dopo tutto... non siamo stati male, assieme."
In quella arrivò Nestore. "Oh, Gildo, scusami, ma c'era traffico..." disse al giovanotto con un sorriso. "Andiamo su, vieni."
"Nestore, non sapevo che Fausto ora lavora qui. È lui il mio ex di cui ti avevo parlato." gli disse Gildo.
"Ah... beh, avevo immaginato che anche Fausto potesse essere della famiglia." disse con un sorriso esitante l'uomo. "Beh... il mondo è piccolo, eh?"
Scambiarono qualche altra battuta, poi i due salirono con l'ascensore e Fausto tornò nella portineria. Davvero il mondo è piccolo, pensò. Chissà se quei due si sarebbero messi assieme o no? Erano già tre mesi che Gildo andava su da Nestore per scopare...
Andò in cucina e si mise a prepararsi la cena. La radio trasmetteva un dibattito fra due politici, uno della maggioranza di governo e l'altro dell'opposizione, a proposito della riapertura delle case chiuse, per togliere le prostitute dalla strada. Fausto si chiese se in quel discorso fosse compresa anche la prostituzione maschile o no. Sorridendo pensò che una "casa chiusa", un bordello per gay avrebbe dovuto chiamarsi un "caso chiuso"...
Suonò l'interfonico. Andò a rispondere e vide che la chiamata proveniva dall'appartamento di Nestore Grasso.
"Sì?" rispose.
"Fausto, si pensava, con Nestore... perché non vieni su a cenare con noi?" gli chiese la voce di Gildo.
"No, grazie, sto già cucinando. Sarà per un'altra sera, se mai... Verrò volentieri." rispose Fausto.
"Beh... d'accordo. Ciao."
"Ciao... e divertiti."
Gildo ridacchiò e agganciò. Fausto tornò ai fornelli.