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una storia originale di Andrej Koymasky


IL PORTINAIO CAPITOLO 10 - SEMPRE PIÙ ATTRATTO

Avendo saputo che, prima di fare il portiere, Fausto aveva lavorato come meccanico auto, alcuni inquilini avevano iniziato a chiedergli di fare qualche intervento sulle proprie automobili. Ma Fausto aveva fatto presente che, non avendo la necessaria attrezzatura, non era in grado di accontentarli. Poteva cercare di capire che cosa non andasse e consigliarli, o al massimo avrebbe potuto eseguire qualche piccolo intervento per cui bastavano le mani nude.

D'altronde non aveva intenzione di attrezzarsi e di riprendere il vecchio lavoro, anche se era quello per cui aveva studiato. Gli era piaciuto abbastanza lavorare come meccanico, ma gli piaceva assai di più il suo attuale lavoro.

Quando, finito il servizio militare, aveva trovato quel posto come meccanico nell'officina annessa al garage, si era sentito contento e, con un'interruzione di meno di un anno, in cui era andato a consegnare pizze a domicilio, vi aveva lavorato fino a quando aveva trovato la sua attuale occupazione come portiere.

Lavorava nel garage da circa un anno quando s'era messo con Ermenegildo Letta... Già, Gildo, che ora era ricomparso e che andava a scopare su a casa di Nestore Grasso. Erano stati assieme per cinque anni.

Ricordava bene il bel Gildo e come era iniziata la loro relazione...


Fausto aveva ventidue anni e Gildo ventisette. L'aveva già notato, da lontano, quando lasciava la sua auto nel garage. Era sempre vestito alla moda, ma soprattutto si muoveva con eleganza e in modo molto sensuale. Fausto s'era sentito subito attratto verso quel bel cliente, ma per parecchi mesi non c'erano stati contatti fra loro, neanche un semplice buongiorno e buonasera da lontano.

Finché un giorno il padrone del garage-officina gli aveva detto di occuparsi dell'auto di Gildo.

"Che ha che non funziona?" gli aveva chiesto Fausto.

"Niente, ha solo bisogno di una buona revisione, di una messa a punto. Ho l'impressione che il signor Letta l'abbia trascurata un po' troppo. Vedi tu, e fagli un buon servizio, è nostro cliente da tre anni. E non gli mancano i soldi." gli disse il padrone.

Così Fausto aveva preso l'auto dalla zona garage e l'aveva portata nella zona officina. La montò sul ponteggio e iniziò una verifica accurata: sì, era stata trascurata, c'erano mille piccole cose da sistemare, da regolare. Ci aveva lavorato per due giorni, aveva sostituito alcune parti, pulito altre, regolato i freni e la frizione, cambiato l'olio, rabboccato il detergente per i vetri e così via.

Poi aveva scritto l'elenco degli interventi eseguiti, dei pezzi cambiati, e l'aveva dato al padrone perché fissasse il prezzo; quindi aveva riportato l'auto nel garage, nello spazio numero 18, quello assegnato a Gildo.

Un paio di giorni più tardi, Gildo si era recato in officina.

"Sei tu che hai revisionato la mia auto?" gli aveva chiesto.

"Sì..." aveva risposto un po' esitante Fausto, "qualcosa non va?"

"No, al contrario. Adesso va perfettamente, l'hai letteralmente rimessa a nuovo. Volevo ringraziarti." aveva detto con un sorriso.

"Ho fatto solo il mio lavoro." aveva detto Fausto, con modestia, compiaciuto però per la lode.

Per alcuni mesi non s'erano più parlati, ma quando Gildo entrava o usciva dal garage, se lo vedeva gli faceva un cenno di saluto. Finché era tornato da lui per fargli verificare i freni, che stridevano. E gli aveva fatto capire che gli piaceva.

Erano stati assieme per cinque anni. Un anno dopo essersi messi assieme, Fausto aveva voluto provare a cambiare lavoro, a fare un lavoro meno faticoso e meno sporco. Era stato assunto da una pizzeria per consegnare le pizze a domicilio. Dapprima il lavoro gli era piaciuto, anche se la paga era un po' inferiore, ma la arrotondava con qualche mancia.

Gli era anche capitato, quando consegnava le pizze, di ricevere qualche "proposta" più o meno esplicita, sia da due o tre casalinghe che da un uomo, ma aveva sempre o fatto finta di non capire o risposto di no a seconda dei casi. Con le donne gli era stato più facile, logicamente, perché non lo interessavano, ma con l'uomo un po' meno... Quel cliente era un bell'uomo, giovane, sexy. Però lui stava con Gildo, e non intendeva tradirlo.

Ma dopo quasi un anno che portava pizze a domicilio, s'era stancato: a parte il dover girare col buono e col cattivo tempo, fare il fattorino non gli dava niente. Non era un lavoro creativo, non ci voleva particolare intelligenza o impegno. Così alla fine aveva chiesto al suo vecchio padrone se era disposto a riprenderlo nel garage, e per sua fortuna aveva riavuto il suo posto.

Con Gildo le cose parevano andare bene. L'unica cosa che poco per volta era diventata pesante per Fausto era la sua paranoia che nessuno dovesse capire, sospettare quello che c'era fra loro. Questo gradualmente aveva creato una certa tensione fra di loro.

"Sono stanco di dover fare sempre tutto di nascosto, di dovermi sempre preoccupare di cosa gli altri possono pensare, dire. Stai esagerando con le tue paure, con la tua... prudenza. Cavolo, persino se usciamo assieme, devo starti distante, non posso neanche sfiorarti, sorriderti in un certo modo... Ma non vedi che due amici, anche etero, si comportano più spontaneamente di noi?" gli aveva detto.

"Per te è facile, perché hai rotto con la tua famiglia, ma per me..." aveva ribattuto Gildo.

"Sì, come se fosse facile andarsene via da casa a diciotto anni! Mica dico che dobbiamo andare in giro abbracciati, o darci un bacio in pubblico, no?"

"E ci mancherebbe..."

"Però, cavolo! tu esageri."

Niente da fare, l'atteggiamento di Gildo non cambiava minimamente. Così, alla fine, non ostante sessualmente continuassero a fare scintille a letto, Fausto aveva deciso di troncare la loro relazione. Non era stata una decisione facile da prendere, perché dopo tutto si sentiva ancora fortemente attratto da lui, però non reggeva più quella situazione.

Si rese conto di aver preso la giusta decisione quando si accorse di quanto fosse più sereno dopo la separazione, anche se inizialmente gli erano mancate le loro appassionate scopate... Ma una relazione non si può reggere solamente sull'intesa sessuale.


Stava ripensando proprio a questo, quando il suo amico Renzo scese da casa del dottor Cianciulli.

"Fausto, ho scoperto che oggi è il compleanno della signora Ada, fa ottantuno anni. C'è un fioraio qui vicino?"

"Sì, gira attorno all'isolato, sulla via parallela a questa, sul marciapiedi di fronte, c'è un fioraio. Ma la signora Cianciulli resta sola?"

"No, c'è la donna delle pulizie, e faccio in fretta."

"Sei gentile a regalarle dei fiori..."

"Se li merita, è deliziosa."

"Sei contento, allora, di farle da badante."

"Sì, molto. Mi mancherebbe solo una cosa, per essere completamente contento."

"E cosa?"

"Il dottore, Libero... mi piace da morire! Quando torna a casa la sera, o quando arrivo la mattina, i pochi minuti che passiamo assieme... sono belli e difficili. Se solo..."

"Hai perso la testa per il dottore!"

"Sempre più. Mi basta vederlo per... farmi scatenare gli ormoni. Farei qualsiasi cosa per farmi portare a letto da quell'uomo."

"Beh... è un bell'uomo, sì."

"Bello? Fosse solo quello."

"E tu... provaci, no?"

"Ma che sei matto? Quello mi licenzia in tronco. Mica m'ha mai fatto capire niente di niente; magari al dottore piacciono le donne, non gli uomini."

"E come fai a dirlo? Io non l'ho mai visto con una donna."

"Che c'entra. Con me è sempre molto gentile, però non... Cioè, voglio dire, è anche sempre gentile con la donna delle pulizie. Non significa niente."

"Beh, o ti metti il cuore in pace o cerchi di fargli capire qualcosa. D'altronde, uno di voi due dovrà pure fare un primo passo, se è interessato all'altro."

"Appunto, e lui non ha fatto proprio nessun passo verso di me."

"Né tu ne fai verso di lui."

"Ma lui è più vecchio di me, ha dieci anni più di me. E è il mio datore di lavoro... e lui è un medico e io solo un infermiere... Perciò toccherebbe a lui, non a me."

"E che c'entra, tutto questo? Se ti piace, se ti interessa, sei tu quello che deve cercare di fare il famoso primo passo, no? Mica dico che gli devi dichiarare che vorresti andare a letto con lui, no? Però devi provare almeno a... sondarlo."

"No no, non me la sento... anche se mi piacerebbe. Beh, vado e torno." disse Renzo e uscì in fretta.

Fausto scosse la testa. D'altronde, si disse, non stava predicando bene e razzolando male, per caso? O "predicando bene e ruzzolando male", come avrebbe detto Federico Ruocco, il giardiniere.

Infatti, lui si sentiva sempre più attratto nei confronti di Guido Barisone, eppure non aveva ancora fatto niente, se non per farglielo capire, almeno per sondare se e quanta speranza potesse avere con quel delizioso ragazzo.

Pensò che fra non molti giorni avrebbe dovuto tirar fuori dalla cantina gli scatoloni per le decorazioni natalizie, ed avrebbe così rivisto la statuetta del "suonatore di liuto" del presepio, che assomigliava così tanto a Guido ... Gli sarebbe piaciuto davvero poter tenere sempre in casa quella statuetta... ma ancor più poter fare l'amore con il bel figlio del dirigente dell'Alitalia.

Quasi l'avesse evocato, Guido entrò nello stabile. Fausto gli sorrise e gli fece un cenno di saluto attraverso i vetri. Il ragazzo andò verso la porta della guardiola, allora Fausto si alzò e l'aprì.

"Ciao, Guido. Già di ritorno?"

"Sì, stamattina avevo solo due lezioni."

"Come va, l'università?"

"Mah, per ora bene, ma sono ancora all'inizio."

"Pranzi... a casa o fuori?" gli chiese Fausto, sperando di poter andare nuovamente a pranzo con lui.

"Fuori. Ho un appuntamento con mia madre. Poso i libri ed esco subito."

Peccato, pensò Fausto, ma non lo disse.

"Senti, Fausto, nel pomeriggio dovrebbe venire un mio compagno di corso a prendere questo quaderno di appunti, perché stamattina non è potuto venire a lezione. Ma io non sono sicuro di tornare a casa in tempo. Se arriva quando non ci sono, puoi darglielo tu?"

"Certo, volentieri. Come si chiama?"

"Dario... Dovrebbe venire verso le tre, più o meno." gli disse Guido porgendogli il quaderno.

Si salutarono con un cenno e un sorriso e Guido andò a prendere l'ascensore. Fausto lo guardò allontanarsi, e ne ammirò la figura dalle eleganti movenze, sentendosi lievemente eccitato. Sia il padre sia la madre erano due belle persone e il ragazzo pareva aver preso il meglio di tutti e due. Ma quello che gli piaceva più di tutto era la sua espressione pulita, genuina, il suo sorriso aperto.

Rientrò Renzo con un bel mazzo di fiori, gli fece un gesto di saluto e salì in casa Cianciulli. Dopo poco uscì Guido. Stava per chiudere la guardiola per l'intervallo di pranzo, quando prima entrò la vedova Ravera, che andò a prendere l'ascensore senza nemmeno guardarlo né salutarlo. Poi arrivò Loris Pantaleo, che invece lo salutò con un ampio sorriso e andò alla guardiola.

"Ciao, Loris. Tutto bene?"

"Sì, Fausto, grazie."

"E con Gustavo?"

Il sorriso del ragazzo si accentuò: "Benone! Anche grazie a te. È bello poter fare l'amore là sotto, su un letto, tranquilli. E mi piace anche poterne parlare con qualcuno, cioè con te, senza problemi. Ma tu, Fausto, non ti fai un ragazzo? Non c'è nessuno con cui ti piacerebbe metterti sul serio?"

"Sì che ce n'è uno... Però non so nemmeno se è gay o no. Gli sto... morendo dietro. È uscito poco fa."

"Uno qui della casa?" chiese il ragazzo.

"Sì."

"Chi è? Ti va di dirmelo?"

"Sì, è Guido Barisone, quello del quinto piano della tua scala."

"Ah, un gran bel ragazzo."

"Forse un po' giovane per me, però... Se fossi sicuro che ci stesse... e soprattutto di piacergli..."

"E perché non ci provi?"

"Troppo pericoloso, con un inquilino. Pensa se non ci sta e se lo va a dire in giro!"

"Già, hai ragione. Sai, con Gustavo abbiamo deciso che, quando abbiamo finito il liceo e siamo tutti e due maggiorenni, lo diciamo alle nostre famiglie. Se ci accettano, bene, se no, ce ne andiamo via da casa, assieme."

"Ma così rischiate di non poter continuare i vostri studi. Non sarebbe meglio che aspettiate fino a esservi laureati?"

"No... non ci va di continuare ancora a vederci sempre di nascosto, anche se ora, grazie a te, va un po' meglio. Siamo innamorati e... e vogliamo vivere assieme."

"Sì, vi capisco. Come pensi che la prenderanno le vostre famiglie?"

"Stiamo cominciando a sondarle, tutti e due. Sai, quando viene fuori sul giornale o alla TV un discorso sui gay, sui pacs e così via, cerchiamo di capire come reagiscono i nostri."

"E?"

"Mah... pare che abbiano idee abbastanza aperte. Benché non si può mai dire. Una cosa è essere aperti quando non si è coinvolti e un'altra è esserlo quando si tratta di uno di famiglia."

"È vero. Comunque, se vi sembrano abbastanza aperti, non dovrebbero reagire troppo male, quando glielo direte."

"È quello che speriamo. Ma sia come sia, siamo decisi a parlarne in casa, dopo la maturità."

"Gustavo diventa maggiorenne due anni prima di te..."

"Sì, ma aspetterà a parlarne a casa che sia maggiorenne anche io. In ogni modo, abbiamo ancora tempo per preparare bene i nostri. Gustavo ha trovato su alcuni siti internet in inglese diverse pagine piene di consigli su come preparare i genitori prima di fare un coming out. Ci abbiamo trovato delle buone idee."

"Mah... vi auguro che vada tutto bene. A me era andata male, quando l'ho detto ai miei. Ma forse non li avevo saputi preparare... o forse non erano abbastanza colti per capire."

"Non credo che la cultura sia così importante. È solo una questione di rispetto verso gli altri, una cosa che nessun titolo di studio ti può dare."

"Ma la cultura non è anche un ampliamento di orizzonti?"

"Sì, ma se all'orizzonte ci sono nuvoloni neri, che sia ampio o ristretto, i nuvoloni non cambiano, no? Quante persone colte sono piene di pregiudizi? E usano la loro cultura soltanto per dimostrare che hanno ragione loro."

Chiacchierarono ancora un po', poi Loris salì in casa.

A Fausto piacevano quei due ragazzetti e gli facevano molta tenerezza. Era contento di averli potuti aiutare. Sperò che riuscissero a coronare il loro sogno di poter vivere assieme e non continuare a vedersi di nascosto. Gilberto e Giulia Pantaleo, i genitori di Loris, per quanto li conosceva, gli sembravano due persone aperte e si augurò che lo fossero anche su quell'argomento.

Fausto pensò che certamente, nella società, c'era ancora una forte omofobia di fondo, anche se, specialmente fra i giovani, sembrava che vi fosse una certa evoluzione. Il pregiudizio, la paura irrazionale o l'odio violento nei confronti delle persone omosessuali, o anche la paura dell'omosessualità, e in particolare la paura di venire considerati omosessuali, erano ancora sentimenti diffusi.

Si rendeva conto che quella paura fobica e irrazionale non era legata a una credenza politica o a un livello culturale, ma piuttosto al livello di equilibrio interiore di ogni singola persona. Aveva l'impressione che quelli che tendono all'omofobia fossero persone con una personalità autoritaria, rigida, ma soprattutto insicura. Pensò che forse si sentissero minacciati dal diverso da sé, o anche che fossero persone in lotta con la loro omosessualità latente o repressa.

In base alle sue letture, Fausto sapeva che l'omofobia cambia a seconda della cultura di appartenenza. Alcune culture ritengono infatti sana e scontata l'espressione di disgusto o scherno verso gli atti e le persone omosessuali, e perciò giustificano la violenza per impedire ogni manifestazione dell'omosessualità. Questi atteggiamenti spesso sono sostenuti e legittimati dalle condanne delle autorità religiose, ideologiche o politiche.

Aveva letto che in genere gli atti più gravi di violenza contro le persone omosessuali vengono compiuti in nome di credenze e valori religiosi. In particolare il cattolicesimo e l'islamismo, per il loro carattere fortemente dogmatico, rafforzano l'omofobia, anche se è un fenomeno indipendente dalla religione. D'altronde non solo la religione, ma anche ideologie antireligiose hanno perseguitato ferocemente le minoranze omosessuali, non da ultimo il comunismo dell'URSS e quello della Cina.

Comunque la condanna religiosa serve ottimamente da pretesto per dare una facciata socialmente accettabile all'omofobia di persone la cui fede religiosa è come minimo dubbia. Fausto sapeva bene, in altre parole, che l'omofobia è un fenomeno indipendente dalla condanna religiosa: spesso le preesiste e addirittura la sollecita per ottenere una legittimazione a posteriori alle proprie idee.

Fausto era immerso in queste riflessioni, quando arrivò l'amico di Guido a prendere i suoi appunti. Appena lo vide, ebbe subito la netta impressione che quel ragazzo fosse gay, sia per il modo in cui si muoveva che per l'intonazione con cui parlava. Niente di veramente esplicito, ma...

"Mi scusi, ma il mio amico Guido Barisone dovrebbe avermi lasciato..."

"Lei è Dario?" gli chiese Fausto con un sorriso.

"Sì..."

"Attenda un attimo, le vado a prendere il quaderno."

"Grazie."

Se quel Dario era gay, pensò Fausto, magari allora anche Guido... benché quello non fosse che un vago indizio... Mentre prendeva il quaderno, pensava a come fare per capire se fosse così e, in caso affermativo, se per caso fra i due ragazzi ci fosse qualcosa. Ma come fare?

Tornò con il quaderno e glielo porse: "Eccolo, è questo."

"Sì, grazie."

"Mi scusi, mi sbaglio o ci si è già visti al Centralino?" gli chiese Fausto nominando un disco gay abbastanza conosciuto in città.

Il ragazzo ebbe un breve lampo di comprensione negli occhi, ma disse "Non credo...", poi aggiunse: "Mi ricorderei certamente di lei se fosse così."

"Mah, nella confusione... non è detto. Però non ne sono sicuro... se ci fosse stato Guido con lei, magari..."

"No, Guido non è mai venuto al Centralino."

"Ah no?"

"No. Lui non frequenta... non mi risulta che vada in discoteca. È un ragazzo tutto casa e scuola. Lei va spesso al Centralino?"

In realtà Fausto c'era andato solo un paio di volte, perciò rispose: "No, abbastanza di rado."

"Dove va, di solito?"

"Non è che frequenti molto i locali. Si potrebbe dire che io sono tutto casa e... portineria." gli disse Fausto con un sorrisetto.

Aveva avuto conferma che Dario, quasi certamente, fosse gay, ma non che lo potesse essere anche Guido. Non se la sentiva di fare domande più esplicite, perciò lasciò cadere il discorso. Il ragazzo ringraziò e andò via.

Quando più tardi Guido rientrò, Fausto gli disse che era passato il suo compagno di corso a prendere i suoi appunti. "Un ragazzo particolare..." commentò.

"In che senso?"

"Mah, ho avuto l'impressione che... che sia... gay." si decise infine a dire, guardandolo negli occhi per spiarne la reazione.

"Sì, l'ho pensato anche io. Ma che ci sarebbe di male, se anche lo fosse?" chiese quietamente Guido.

"Niente, niente di sicuro." si affrettò a dichiarare Fausto. "Ognuno di noi è come è. E poi, chissà quanti che noi conosciamo lo sono, anche se non è evidente come lo poteva essere di quel Dario. C'è ancora molto pregiudizio, in giro, nei confronti dei gay. C'è ancora troppo sessismo, razzismo, discriminazione."

"E poi, a volte, proprio chi per il suo aspetto potrebbe sembrare gay, magari in realtà non lo è affatto e viceversa. Comunque, che Dario sia gay o no, proprio non mi interessa. A parte che ci si conosce da poco, da meno di un mese... È un compagno di corso simpatico, e soprattutto non mi pare che frequenti così, tanto per passare il tempo, ma si applica con passione. Gli piacciono le lingue, come piacciono a me."

"Ha un'aria simpatica, in effetti. Anche se abbiamo scambiato solo poche parole."

Fausto continuava a dirsi che avrebbe dovuto dire qualcosa che spingesse Guido a reagire in modo di fargli capire se poteva avere speranze o no, ma sembrava che non gli venisse in mente nulla di adatto, di opportuno. Si sentiva come qualcuno che deve attraversare un campo minato e che esita a inoltrarvisi.

"Sei pensieroso..." gli disse Guido.

"Sì. Pensavo che... mi piacerebbe se tu ed io si potesse diventare amici... anche più di quello che siamo."

Il ragazzo lo guardò lievemente sorpreso, evidentemente non si aspettava quelle parole. Poi abbozzò un sorriso.

"Mi pare che siamo sulla buona strada, no? A me piace poter scambiare due parole con te. Ci si sta conoscendo, a poco a poco."

"Sì, è vero. Anche a me fa sempre molto piacere stare con te. Hai molti amici, tu?"

"Qualcuno. Non molti. Un vero amico è merce rara ai nostri giorni. E tu, Fausto?"

"Lo stesso per me. Ne ho... quattro che posso chiamare amici, eppure nessuno di loro veramente intimo. Voglio dire... ci si vede ogni tanto, non molto spesso, si sta bene assieme. Mi hanno anche aiutato quando ho traslocato per venire qui. E uno di loro, Renzo, fa il badante per la madre del dottor Cianciulli."

"Ah, è lui che ti ha trovato lavoro qui?"

Fausto sorrise: "No, il contrario. Il dottore cercava un badante per la madre e allora io gli ho detto che conoscevo Renzo, che ha anche un diploma da infermiere. E pare che il dottore sia contento di Renzo e lui di lavorare per la madre del dottore."

"Da tre o quattro anni non la si vede quasi più in giro, la signora Cianciulli. Era sempre molto gentile, quando ci si incontrava. Credo che abbia passato l'ottantina, no?"

"Ottantuno; li ha compiuti da poco. Tu hai i nonni?"

"Sì, ancora tutti e quattro. Ma i genitori di papà vivono a Sarzana e quelli di mia madre a Collecchio, perciò ci si vede di rado. Non molto tempo fa ho visto una foto del padre di papà quando aveva la mia età e faceva il militare e gli assomiglio moltissimo, perciò forse da vecchio diventerò come lui..."

"Allora deve essere un gran bell'uomo, tuo nonno." gli disse Fausto con un lieve sorriso.

"Beh... grazie."

"Di cosa?"

"Mi hai detto, praticamente, che pensi che anche io sono bello."

"Ah, sì. Certo, sei veramente un bel ragazzo. Chissà come ti cadono ai piedi, le tue compagne di corso!"

Guido rise: "Non mi pare proprio... Nessuna mi sta facendo il filo."

"Beh, allora sono cieche." esclamò Fausto.

"La bellezza fisica non è tutto, nella vita. E preferirei essere apprezzato per quello che sono dentro, più che per quello che appaio da fuori. E poi... anche tu, allora, dovresti avere successo con le ragazze."

"Anche a me... nessuna mi fa... il filo." disse in tono soffice Fausto, guardandolo negli occhi e pensando che avrebbe voluto che fosse Guido a fargli la corte.

"Non ti manca una compagna?"

"No... mi manca di più un vero amico, un amico intimo."

"Sì... ti capisco."

Ah, quanto vorrei che tu mi capissi davvero! pensò Fausto.

"Beh, io vado su, a casa. Ci vediamo." disse Guido.

"Sì, ciao. A presto."

Fausto rimase sulla porta finché il ragazzo entrò in ascensore. Fece un sospiro e rientrò nella guardiola.

"Cavolo, quanto mi piaci, Guido!" mormorò a mezza voce, sedendo e abbandonandosi contro lo schienale della sedia.


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