Un giovedì mattina, Aldemaro uscì per la consueta passeggiata. Mentre passava davanti all'edificio della scuola, dalle finestre aperte sentì la voce, un po' roca per lo sforzo, di una delle insegnanti che sgridava i suoi allievi.
"Siete proprio insopportabili! Che vi ha preso, quest'oggi? Col vostro comportamento mi fate solo anelare il momento di tornar via, lontano, verso la mia città natia!"
Aldemaro, passando oltre, sorrise e si chiese quanti dei piccoli allievi capissero il significato della parola "anelare" e di "natia"...
Anelare... anello... Aniello...
Si fermò, tornò indietro e imboccò via degli Olivi. Poco oltre via delle Rose, si fermò davanti alla botteguccia di Aniello e guardò dentro. C'era, e stava servendo una delle guardie di Finanza. Quando il ragazzo lo vide, gli fece un sorriso e un cenno di entrare.
"Buon giorno, Aniello." lo salutò Aldemaro.
La guardia di Finanza si girò a guardarlo e il professore era già pronto a mostrargli i documenti, ma l'uomo si rigirò senza dirgli nulla, prese la sua tazzina di caffè e iniziò a sorbirlo, indifferente.
"Buona giornata a voi, professore."
"Mi dai il solito?"
Aniello preparò il caffè, lo servì, poi estrasse dal pacchetto di Turmac cinque sigarette, le infilò nella bustina di carta leggera e le depose sul bancone, vicino al piattino. Aldemaro vi mise accanto le monete. Dopo poco il militare uscì e rimasero soli.
"Mi fa piacere vedervi, professore." gli disse allora, il ragazzo.
"Anche a me, Aniello. Senti, avrei da chiederti un favore..."
"Ditemi, e se posso..."
"Ti dispiacerebbe conservarmi la carta stagnola dei pacchetti di sigarette, una volta che sono vuoti?"
"Tutto qui? Nessun problema. Che ci fate, i fiori di stagnola?"
"Non proprio e... sarebbe meglio che nessuno sappia che te li ho chiesti." rispose Aldemaro guardandolo negli occhi.
"E nessuno lo saprà, non dubitate. Ma allora... No, non ditemi per cosa vi servono. Qualunque cosa sia, spero che riusciate."
Aldemaro sorrise. Poi, quasi sottovoce, disse: "Ieri... ti ho visto che prendevi il sole sulla spiaggia, su da via Granili."
"Davvero? Sì, preferisco andare lì, invece che a Parata Grande, dove c'è la casa dei miei. Adesso che mia cugina mi dà una mano qui al caffè, qualche volta posso andare a rilassarmi un poco. Peccato che a voi sia proibito. Dev'essere un supplizio per voi stare qui, circondato dal mare e non poterne profittare."
"In parte lo è, un supplizio. Ma bisogna accontentarsi di ciò che si ha. Sempre meglio qui che in prigione."
"Mi piacerebbe poter andare in spiaggia con voi..."
Aldemaro lo guardò un po' sorpreso per quella dichiarazione. "Non sarebbe meglio per te andarci con ragazzi della tua età?"
"I miei amici sono tutti sotto le armi, in guerra. E poi... voi siete una compagnia più interessante e piacevole. Peccato davvero che non vi sia permesso di venire in spiaggia con me. O di andare a vedere le rovine di Villa Giulia a Punta Eolo, o la cisterna dei carcerati, o l'altra a Villa Stefania... Credo che quelle rovine romane, per un uomo di cultura come voi, sarebbero interessanti. Soprattutto la cisterna di Villa Stefania, se la poteste vedere con la luna piena, lo spettacolo sarebbe assicurato!"
"Vuol dire che, se finirà questo mio confino, magari tornerò qui come turista." gli disse Aldemaro, con un sorriso.
"Sapete che stanotte vi ho sognato?"
"Davvero?" chiese il professore, lievemente sorpreso, perché quelle parole gli avevano riportato alla mente quanto lo aveva turbato giusto la notte precedente.
"Sì. Però avevate una spada in mano... eravate come un... cavaliere antico... e mi minacciavate con la spada."
"Minacciare te? Non lo farei davvero!"
"Vi credo." disse Aniello con un sorriso, "Comunque io mica avevo paura, sapete. Non lo so come fosse, ma sapevo che non mi avreste fatto del male."
"E se io ero un cavaliere medievale, tu che cosa eri, nel sogno?"
"Non lo so davvero, perché..." disse il giovane con un'espressione divertita che gli brillava negli occhi, "... io ero tutto nudo!" e fece una risatina lievemente imbarazzata.
"Ah. Quasi come ieri, che visto da lontano, in un primo momento m'eri sembrato nudo... Quel tuo costume da bagno del colore quasi uguale a quello della tua pelle, m'aveva ingannato."
"No, lì non potrei mica bagnarmi nudo. Coi compagni ci si bagnava sempre nudi come mamma ci ha fatti, ma lo si faceva dall'altra parte, a Cala Bosco, sotto Pizzo di Mamma Bianca, oppure dalla parte delle Sconciglie. A volte si andava un po' oltre la necropoli, fra cala Battaglia e Parata della Postina, ma era troppo lontano."
Aldemaro finì di sorseggiare il caffè e posò la tazzina sul piattino. Aniello la prese e la lavò, poi sollevò lo sguardo e chiese: "E... dite, professore... oltre la carta stagnola, mica c'è altro che vi potrebbe servire? Senza che... nessuno ne sappia nulla."
Il professore lo guardò sorpreso: "Mah... non saprei..."
"Di me vi potete fidare... qualsiasi cosa avete in mente. Non vi tradirei mai, credetemi."
Aldemaro rifletté un attimo, guardandolo negli occhi, e sentì che poteva veramente fidarsi di lui: "Venti metri di cavetto di rame isolato."
"Forse so dove procurarmeli. Uno dei miei cugini fa l'elettricista. Probabilmente riesco a fregargli una matassina di filo di rame smaltato... E c'è altro?"
Il professore esitò un poco, poi, a voce bassa, disse: "Una cuffia, un auricolare da 2000 a 4000 ohm di impedenza."
Aniello scosse il capo, pensieroso: "Quella davvero non saprei come fare a trovarla. Roba per i radiotelefoni, vero? Qui sull'isola... davvero non ho idea. E non penso che sarebbe opportuno ordinarla, vero?"
"No, certamente."
"Pensate di... farvi una radio ricevente?"
Aldemaro annuì.
"Rischiate parecchio, lo sapete, se vi scoprono. E per le valvole, come pensate di fare?"
"Una specie di radio a galena, che non ha bisogno di valvole."
"Io non me ne intendo, ma se pensate di potervela costruire... Per il rame, sono quasi sicuro di riuscire a farvelo avere. Ma statevi accorto, per favore. Mi dispiacerebbe che i fascisti vi scoprissero e che perciò..."
"Male che vada, mi rimandano in galera." disse Aldemaro facendo spallucce.
"Ma non qui a Ventotene. E se pure fosse qui, non vi potrei più incontrare."
"E ti dispiacerebbe?"
"Me lo chiedete?" gli chiese un po' meravigliato e un po' accigliato il giovane. "Se non vi offendete... io vi considero un amico."
"Offendermi? Al contrario, mi fa molto piacere. Ma allora, se mi consideri un amico, perché non smetti di darmi del voi e non mi dai del tu come faccio io con te?"
Aniello s'aprì in un ampio sorriso: "Davvero posso? Beh, questo davvero mi fa piacere. Anche se... non sono troppo giovane io?"
"Troppo, direi di no. Abbiamo parecchi anni di differenza, è vero, però, che importa?"
Il ragazzo gli tese la mano e se la strinsero, e Aldemaro sentì un sottile brivido di piacere percorrergli la spina dorsale, su e giù, come un gradevole formicolio. E subito sentì che stava per avere un'erezione, perciò, quasi precipitosamente, tolse la mano, cercando di dissimulare l'imbarazzo.
Turbato, approfittando del fatto che stavano entrando due militi, fece un cenno di saluto al ragazzo e uscì quasi di fretta.
"Ma che diamine mi sta succedendo?" si chiese confuso mentre scendeva per via degli Olivi, a passo svelto.
Si fermò solo quando fu davanti a Santa Candida. Fece un profondo sospiro, poi andò a sedere davanti alla chiesa, attendendo la mezza per presentarsi all'appello quotidiano dei confinati. Dato il gran caldo, si sbottonò la camicia, restando a petto nudo.
Era immerso nei sui confusi pensieri riguardo a quanto stava provando nei confronti di Aniello, quando giunsero sulla piazzetta due militi della squadra politica.
Gli si pararono davanti e uno disse, o piuttosto abbaiò: "Alzatevi in piedi e copritevi!"
"Perché?" chiese Aldemaro, un po' seccato.
"Perché ci si può solo sedere su sgabelli o sedie, e perché è proibito stare in quell'arnese! Siete sconcio!"
"Ma..." disse Aldemaro, però alzandosi in piedi.
"Datemi la carta di permanenza!"
Aldemaro mise la mano in tasca, estrasse il libretto rosso e lo porse al milite. Questi lo sfogliò come cercandovi chissà cosa, lentamente. Il professore si chiese se sapesse leggere o se facesse finta...
"E così, voi sareste un conte."
Ah, ma allora sa leggere... "Sì, c'è scritto, no?"
"E non vi vergognate a sedere su un gradino e a mostrarvi così discinto?"
"Non vedo il problema... Fa caldo e volevo riposare un poco. Non è la prima volta che... Nessuno ha mai detto nulla."
"Nuovi ordini del direttore." disse l'altro rendendogli il libretto.
Aldemaro lo rimise in tasca e si riabbottonò la camicia. Certamente quello era solo un demente che si era messo a fare lo zelante. Seccato, e determinato di venire a capo di quello che sentiva come un inutile, stupido sopruso, andò a passo svelto a farsi annunciare al direttore della colonia di confino. Fu ricevuto quasi subito.
"Signor direttore, mi scusi, ma poco fa è successo che due militi mi hanno proibito di stare con la camicia aperta e seduto su un gradino. Siccome ho buone ragioni per supporre che lei non ne sia al corrente o che, comunque, la disposizione non venga da lei, la pregherei..."
"Vi sbagliate, conte, sono io che ho dato questa disposizione."
"Ma, signor direttore, proprio lei che alcuni mesi fa ci aveva perfino autorizzati a sederci durante l'ora degli appelli!"
"Ho mutato idea."
"Allora devo capire che davvero lei...?"
"Che ho deciso che non ci si può più sedere su gradini o muretti, sì, né stare a torso nudo. Per il decoro dell'isola. Sono certo che ne comprendete l'importanza, conte."
Il dottor Marcello Guida sorrideva. Era molto cortese come sempre, il signor direttore. Aldemaro, mentalmente, lo mandò a quel paese o, per essere più precisi, "a fa'n culo", espressione del tutto inusuale per lui. Lo salutò, senza ricambiarne il sorriso, e uscì, impettito e arrabbiato.
Dopo l'appello, tornato a casa di donna Tanina per il pranzo, si sfogò con lei, raccontandole l'ultimo sopruso subìto.
"Eh, che volete, professore... si vede che quel milite... era rimasto turbato a vedere il vostro petto nudo e aveva fatto qualche cattivo pensiero..." commentò in tono angelico la donna.
Aldemaro prima la guardò meravigliato, poi scoppiò a ridere e anche Tanina si unì alla sua risata, poi gli disse: "Mangiate, ora, e non pensateci. Oggi vi ho preparato gli schiaffoni con cozze, vongole e melanzane, poi gli scialatelli al cartoccio con le patate."
"Lei mi farà ingrassare, donna Tanina."
"Oh, con quel poco che si riesce a fare di questi tempi e ad avere con la tessera... Si è già fortunati a non fare la fame. Tutta colpa di questa maledetta guerra."
"E che, donna Tanina, mica mi sta diventando... antifascista, per caso?" le chiese divertito il professore, mentre la donna metteva in tavola.
Tanina fece spallucce e non rispose. Sedette, si fece il segno della croce e gli augurò buon appetito. Si misero a mangiare. Dalla radio veniva, a basso volume, la voce dell'annunciatore del giornale radio che parlava della "inarrestabile" avanzata dell'esercito italiano in Russia, verso Stalingrad.
"Chi? Il generale Garibaldi?" chiese stupita la donna.
"A me pare che abbia detto Italo Gariboldi... Giuseppe Garibaldi è morto esattamente sessanta anni fa." le fece notare Aldemaro con un sorriso gentile.
"E mi pareva che mica poteva ancora essere vivo!" commentò la donna annuendo. "Che caspita ci vanno a fare i nostri soldati così lontano? Capisco qui nel Mediterraneo, in Grecia, o in Libia..."
"I suoi figli sono in marina, non è vero?"
"Sì, tutti e due. E ancora nessuna notizia."
"Nessuna nuova, buona nuova, no?"
"Spero che abbiate ragione." la donna disse a bassa voce, guardandolo aggrondata.
Terminato il pranzo, mentre sparecchiava, gli chiese: "Ah, sentite, vi dispiace se domenica viene qui a pranzo mio nipote Aniello?"
"Dispiacermi? Assolutamente no. Prima di tutto questa è casa sua, non deve chiedere a me, e poi, suo nipote Aniello è un caro ragazzo e una gradevolissima compagnia."
"Vi ammira molto, mio nipote, sapete? Mi ha detto che gli avete offerto la vostra amicizia, e che gli avete persino chiesto di darvi del tu... Ne è così onorato e così felice!"
Il sabato pomeriggio sul tardi, mentre Aldemaro stava tornando verso casa per la cena, si sentì chiamare. Si girò e vide che era il femmeniello catanese, Damiano Musumeci. Si chiese che cosa ancora volesse da lui, comunque si fermò e l'attese.
"Professore, buona sera." gli disse il ragazzo, che indossava un paio di calzoni rattoppati e un ampio camiciotto lasciato fuori dalla cintura.
"Buona sera, Damiano."
"Potreste portarmi... nella vostra stanza?"
"Sai che mi è proibito portarvi un altro confinato. E poi, per che cosa?"
Il ragazzo abbassò la voce: "Ho una cosa per voi... E non ve la posso dare qui, sulla via."
"Una cosa per me?"
"Sì... da parte dell'ingegner Fiorino."
Aldemaro si sentì eccitato. "Vai... Se non c'è nessuno in vista, entra prima di me e attendimi dietro la porta d'ingresso. Non è bene che vi andiamo assieme."
"D'accordo."
Il ragazzo si avviò a passo tranquillo, come se stesse andando a zonzo. Aldemaro attese che sparisse all'angolo della traversa poi si avviò a sua volta. Quando giunse in vista della porta, si guardò attorno e gli sembrò che nessuno fosse in vista. Allora traversò la via ed entrò. Appena chiuse la porta, vide che il ragazzo era lì, accanto al battente, appoggiato alla parete.
"Non so se posso portarti su in camera mia. Se vi fosse donna Tanina, non saprei come giustificare..."
Damiano fece un risolino malizioso: "Temete per il vostro buon nome, professore, a portarmi in camera vostra? No, state tranquillo, non voglio attentare alla vostra virtù." disse e, sollevata un poco la casacca, frugò negli abiti e ne estrasse un auricolare da cuffia, che gli porse: "Ecco, vi ho trovato questo, tenete!"
Aldemaro lo prese e immediatamente lo nascose sotto gli abiti. "Fantastico! Come hai fatto? Dove l'hai trovata?"
"Volete veramente saperlo?" gli chiese con un sorrisetto malizioso il ragazzo.
"Beh... davvero non credevo che così in fretta... sì, mi piacerebbe sapere dove l'hai trovata."
"Beh, dovete proprio ringraziare che sono un poco di buono. Ero in via del Muraglione, quando s'è fermata accanto a me una moto con due crucchi a bordo e uno di loro m'ha chiesto quanto volevo per lasciarmi fottere in culo e... Ai tedeschi avevo sempre detto di no, sapete? Però quando ho visto quell'aggeggio che l'ingegnere aveva sparso la voce di cercare... mi sono detto che magari, se mi lasciavo fottere, glielo potevo fottere e così... Mentre stavo a novanta gradi a prenderne uno in culo e l'altro in bocca... l'ho staccato e l'ho fatto cadere a terra... E quando, soddisfatti, se ne sono andati senza accorgersi di niente, l'ho raccolto, me lo sono nascosto addosso e così... eccolo a voi!"
Aldemaro restò un po' perplesso a quel racconto e scosse lentamente la testa.
"Beh... che c'è ora? Non lo volete più perché l'ho fregato in quel modo? Per una volta che mi sono venduto per... per la causa? Vedete che anche noi ricchioni siamo buoni per qualche cosa, nonostante il vostro parere!"
"No, mi dispiace che tu abbia rischiato..."
"Ci ho guadagnato qualche moneta e quell'aggeggio. E credete che quelli mi denunceranno? Penseranno che s'è staccato da solo, che chissà dove l'hanno perso... Troveranno una scusa, ma non andranno di sicuro a dire al loro capataz che s'erano fermati a fottere il culo di un femmeniello, no?"
"Sei un bravo ragazzo..."
Damiano rise: "Beh, adesso, perché vi ho fatto un favore, siete anche disposto a chiudere un occhio su... certe mie tendenze, su certe preferenze? Comunque m'è piaciuto farlo con quei due crucchi, sapete? Sapevano fottere proprio bene... Chissà quant'era che gli tirava, poveretti."
"Beh... questi dettagli non è necessario che tu me li racconti."
"Vi danno fastidio certi dettagli, neh? Ma invece è bene che sappiate come avete avuto quell'aggeggio che vi sta tanto a cuore. Un colpo di culo... letteralmente. E pensate che non vi chiedo neppure di ricompensarmi... portandomi nel vostro letto. Anche se non so se voi sapreste fottere bene, come si deve. Buona fortuna, professore. Statemi bene... E se per caso avete bisogno d'altro... sempre a gratis per voi, non vi chiedo nemmeno un pagamento in natura!" disse il ragazzo con un sorrisetto malizioso e sgattaiolò lesto fuori dalla porta, uscendo sulla via.
Aldemaro salì subito nella sua stanza, senza incontrare la padrona di casa, e nascose accuratamente l'auricolare fra le sue cose. Si sentiva euforico: ora che aveva ottenuto il pezzo più importante e più difficile da procurarsi, poteva iniziare a costruire il resto.
Domenica mattina, tornando dalla messa, incontrò Aniello che stava andando a casa della zia, perciò fecero la strada assieme, chiacchierando del più e del meno. Quando furono nella cucina, Aniello abbracciò la zia e le diede un lieve bacio sulla guancia.
Poi si girò verso Aldemaro: "Non mi porti un attimo a vedere la tua stanza, mentre aspettiamo che zia finisca di cucinare?"
"Sì, certo. Vieni." rispose Aldemaro.
Uscirono sulla terrazza ed entrarono nella stanza. Appena entrati, Aniello mise una mano in tasca e gli porse una busta gonfia: "Qui ci sono le carte stagnole che sono riuscito a mettere assieme. Se non ti bastano, te ne procuro altre."
"Grazie..."
Poi il ragazzo si sollevò il camiciotto e Aldemaro vide il suo ventre incavato, l'ombelico perfetto. Aniello si infilò una mano sotto la cintura ed estrasse un pacchettino: "E qui c'è una matassina di filo di rame smaltato che ho fregato a mio cugino. Diventerà matto a cercarla, quando gli servirà, ma disordinato come è..." gli disse con un sorriso, facendo spallucce.
"Sono riuscito ad avere anche l'auricolare, sai?" gli comunicò eccitato e felice il professore. "Ora posso finalmente iniziare a costruire la radio."
"Bene. Sai che diventi anche più bello, quando sorridi così?"
Aldemaro lo guardò sorpreso. Aniello lo guardava con un sorriso quieto, dolce. L'uomo provò un lungo fremito, poi, quasi sottovoce, esitante, chiese: "Mi trovi... bello?"
"L'ho appena detto, no?"
"Tu... tu sei molto bello, piuttosto." mormorò Aldemaro, diventando improvvisamente serio.
"Che c'è?" gli chiese quasi sottovoce il ragazzo, stupito per quell'improvviso mutamento di espressione.
"Niente... no, niente."
"Perché t'ho detto che sei bello?"
"Beh... te l'ho detto anche io... Ed è vero... Però..."
"Però... due uomini solitamente non si dicono queste cose, vero?" chiese Aniello, anche lui sottovoce.
"Già."
"E perché non dovrebbero dirselo, quando è vero?"
"Non lo so..." rispose confuso, e notevolmente turbato l'uomo.
Turbato perché, improvvisamente, sentì in modo acuto, quasi doloroso, l'impulso di prendere fra le braccia quel ragazzo, di stringerlo a sé, di... di...
"Non è possibile..." mormorò, ancora più confuso.
"Che cosa?" gli chiese Aniello.
Aldemaro non sapeva che cosa rispondere, si sentiva la testa girare. Chi lo salvò fu la voce di Tanina.
"Professore! Aniello! Venite, che è pronto!" gridò la donna.
"Sì, eccoci!" gridò in risposta Aldemaro sentendosi quasi salvato in extremis. "Andiamo!" disse rivolto al ragazzo e uscì velocemente dalla stanza, lasciando la busta e il pacchetto sul comò.
Si misero a tavola e iniziarono a mangiare. Le chiacchiere animate di donna Tanina e quelle allegre di Aniello lo distrassero, così ritrovò la sua serenità.
Era evidente che zia e nipote si volevano bene. Per la prima volta dopo tanto tempo, Aldemaro provò la calda sensazione di essere di nuovo in famiglia. Dopo poco anche lui iniziò a partecipare allegramente alla conversazione, facendo battute e ridendo assieme agli altri.
Terminato il pranzo, Aniello impedì alla zia di rigovernare e chiese a tutti e due di uscire e fare una passeggiata. Aldemaro ricordò i due pacchetti che gli aveva portato il ragazzo, e tornò rapidamente in camera per nasconderli nella nicchia dietro alla testiera del letto. Quindi uscirono tutti e tre.
Ogni tanto Aldemaro doveva far notare loro che avevano raggiunto uno dei limiti permessi ai confinati e dovevano tornare indietro.
"Oh, professore! Mica m'ero mai resa conto di quanto siete limitati, voi confinati! Cioè... magari quei cartelli e le sentinelle della milizia li vedevo pure... ma non ci facevo caso, perché non mi riguardavano. Ma ora... Vi hanno liberato da una prigione solo per mettervi in una un po' più grande."
"È vero, è proprio così. Comunque preferisco questa, a quella in cui ho passato un anno in isolamento a Pisa, o a qualunque altra. E qui, se non altro, ho voi due... che mi fate un po' da famiglia."
"E finché dovrai restare qui, noi due ti faremo da famiglia, vero zia Tanina?" disse Aniello con dolcezza.
"Certo che è così. E tu, Aniello, dovresti venire più spesso a mangiare da me."
"Non me lo dire due volte, zia, o non mi ti levi più di torno!" disse allegramente il ragazzo.
Aldemaro era commosso. Prese lievemente sottobraccio sia Tanina che Aniello, fra cui stava, e si sentì felice. Quasi contemporaneamente, sia la donna che il ragazzo, posarono la mano libera su quelle del professore, come in una lieve carezza.