Arrivato a casa, andò ad aiutare il padre a riparare le reti. Sedette accanto a lui e, manipolando espertamente la spoletta, riannodò e chiuse gli strappi.
"Papà... l'ho fatto." annunciò dopo un po', incapace di trattenere oltre la gioia che provava per quella sua prima esperienza.
Dedalo capì immediatamente, però chiese, in tono tranquillo: "Cosa, hai fatto?"
"Con... con quattro ragazzi... anzi, giovani, quattro dell'accademia navale."
"Quattro? Tutti e quattro?"
"Sì, papà. E m'è piaciuto... un sacco."
"Avete fatto... Cioè... vi siete toccati, ve lo siete menato o avete anche..."
"Anche."
"Ma... li avevate i goldoni?"
"No, papà..." disse Osvaldo, ricordandosi, troppo tardi, che il padre l'aveva messo in guardia, tempo prima. Si aspettava la sgridata.
"Siete stati imprudenti... speriamo che... Dovresti averli sempre con te, o evitare, lo sai."
"Sì, papà... Hai ragione."
"Sarà meglio che... che te ne procuro, allora."
"Sì, papà."
"Comunque... t'è piaciuto, dicevi." chiese l'uomo, continuando a guardare ciò che stava facendo.
"Sì, un sacco... perciò... sono proprio così, giusto?"
"Già, è probabile. Li vedrai ancora?"
"Sì, papà. Domenica prossima. Ma solo due e uno... uno che oggi non c'era... e che è come me."
"Capisco. Prima di domenica ti compro i goldoni. Speriamo che non ti sei già preso qualcosa."
"Come si fa a saperlo?"
"Dovresti andare dal medico."
"Va bene, papà, ci andrò. Sei incazzato con me?"
"No... con me... dovevo pensare che prima o poi... succedeva, e procurarteli prima. Ma per i genitori... i figli sembrano sempre più piccoli di quello che sono. Speriamo che ti sia andata bene e che non ti sei beccato niente."
Osvaldo passò quella settimana contando i giorni con impazienza. La sera si masturbava riportando alla memoria tutto quello che aveva fatto con quei quattro ragazzi belli e simpatici... Esuberanti e pieni di voglia.
Il sabato pomeriggio, quando il padre tornò a casa dal lavoro, lo prese in disparte e gli dette una confezione di preservativi: "Usali... sia che lo metti o te lo fai mettere, capito?" gli disse.
"Sì, papà."
"Stai fuori tutto il giorno, hai detto? Hai avvertito mamma di prepararti qualcosa da mangiare?"
"Sì, papà."
"Dove vi trovate... è abbastanza... sicuro?"
"C'è una specie di piccola grotta e... e per arrivarci non è facile."
"Bene. Sii prudente."
"Certo, papà."
Finalmente arrivò la domenica. Osvaldo, per tempo, prese il cestello che la madre gli aveva preparato, pieno di panini, frutta e con una bottiglia di acqua, e partì, eccitato e felice. Mentre pedalava, si chiese se i due sarebbero arrivati davvero. Sperò che non gli facessero un bidone, o che qualcosa non gli impedisse di andare.
Pedalò veloce, benché sapesse di essere in anticipo. Nascose la bicicletta e, saltando di roccia in roccia, scese fino alla spiaggetta. Non c'era nessuno, ma era ancora presto. Portò il cestino nella piccola grotta, perché restasse al fresco, si denudò, e andò a stendersi al sole, in trepida attesa. All'idea di quanto sarebbe accaduto quel giorno, il suo membro spesso si sollevava su, ritto come un piolo, poi si ammorbidiva, fino alla seguente erezione.
Da qualche parte, il vento portò dieci rintocchi: pensò che poteva provenire da Le Grazie. E finalmente udì due voci maschili, giovani e allegre, provenire dalle sue spalle. Si alzò in piedi, si girò e attese. Li vide scendere prudentemente ma agilmente giù per la scogliera. Riconobbe subito Costantino, che, appena lo vide, lo salutò agitando un braccio.
Con lui c'era quello nuovo, un moretto dai tratti minuti e graziosi da matti. Costantino fece le presentazioni.
"Ecco, lui è Osvaldo. E questo è Salvatore, di Catanzaro, l'amico che t'avevo detto, quello come te."
Si dettero la mano. Poi i due marinai, rapidamente si spogliarono e restarono nudi come lui. Osvaldo, a guardarli, ebbe immediatamente un'altra erezione.
Costantino scoppiò a ridere: "Ehi, guarda com'è arrapato il ragazzo! Si vede che gli piaci!" disse all'amico.
"Anche lui mi piace. È anche più bello di come m'avevi detto." disse Salvatore.
Osvaldo arrossì ma ne fu compiaciuto. "Facciamo... subito qualcosa, o più tardi?" chiese.
"Hai fretta?" chiese Costantino.
"Beh... insomma... è tutta la settimana che aspetto. Perché non mettete i vestiti nella grotta?"
Entrati nel nascondiglio, Salvatore estrasse dallo zainetto una scatoletta metallica, allora Osvaldo prese i preservativi dalla tasca dei suoi jeans.
"Facciamo adesso, no?" insisté, eccitato Osvaldo.
Si accoccolò davanti a Salvatore, gli prese in mano il bel membro e iniziò a leccarlo, a succhiarlo con gusto.
"Ehi, è affamato, il ragazzino!" rise Costantino, poi prese dalle mani dell'amico la scatoletta, la aprì e con un dito prese un po' di crema e iniziò a lavorare il buco dell'amico. Poi, mentre Osvaldo continuava a succhiarglielo, si addossò da dietro a Salvatore e, con poche spinte, glielo infilò dentro. Ogni volta che Costantino spingeva, il membro di Salvatore scendeva fino in gola a Osvaldo.
Prima che uno di loro venisse, Salvatore si sottrasse ai due, si mise giù a quattro zampe e invitò Osvaldo a metterglielo, mentre lui lo succhiava all'amico, inginocchiato davanti a lui. Questa volta Osvaldo non dimenticò di infilarsi il preservativo. Appena, preso per le anche il moretto, gli applicò il membro duro sul foro e spinse, gli entrò dentro liscio liscio, come un coltello nel burro.
Sentì un forte calore, un grande piacere, una gioia incredibile e iniziò subito a martellargli dentro con vigore. Salvatore l'incitava a fare più forte, spingendoglisi contro con il sedere a ogni affondo. A Osvaldo piaceva anche metterlo, scoprì, almeno tanto quanto tutto il resto.
E finalmente in un concerto di mugolii e di gemiti, a breve distanza uno dall'altro, vennero tutti e tre. Poi si lasciarono cadere, ansanti, a sedere sulla sabbia, guardandosi soddisfatti.
"Fortissimo!" esclamò Osvaldo, felice. "Ma dopo... più tardi... me lo metti anche tu, Salvatore?"
"A me non mi piace metterlo, ma solo prenderlo. Magari... magari dopo io e tu facciamo un bel sessantanove e te lo fai mettere da lui, eh? Che ne dite, ragazzi?"
"Sicuro!" disse Costantino. "Andiamo a farci una nuotata adesso. Poi mangiamo qualcosa."
"E poi... scopiamo di nuovo, vero?" chiese Osvaldo alzandosi, contento.
Corsero tutti e tre fino alla riva e si tuffarono. Nuotarono, sguazzarono nell'acqua, giocarono a salire uno sugli altri due per tuffarsi anche al largo, nuotarono di nuovo. Poi tornarono a riva e si stesero per asciugarsi al sole.
"Sono proprio contento di averti conosciuto, Osvaldo..." gli disse Salvatore. "Sei un gran bel figo e scopi come mi piace."
"Meglio di me?" gli chiese Costantino.
"Sì e no... Mi piacete tutti e due. Però Osvaldo è più bello di te."
"Questo lo vedo anche da solo. Ed è più bello anche di te, Salvatore!"
"Ma dai, ragazzi!" disse Osvaldo, un po' imbarazzato.
Decisero di mangiare. Anche i due marinai avevano portato cibo e bevande, perciò misero tutto in comune e mangiarono in allegria. Mentre Osvaldo si saziava di cibo, saziava anche i suoi occhi della gradevole nudità dei due compagni, dicendosi che sarebbe stato bello poter vivere così, nudi nella natura, a condividere cibo, intimità, bevande e sesso.
Questi pensieri lo fecero eccitare di nuovo. Costantino notò la sua erezione e fece un risolino.
"Ehi, guarda, Salvatore! Il nostro Osvaldo pare già pronto a fare un secondo round! Che ne dici? Torniamo nella grotta?"
Salvatore si alzò e tese un mano a Osvaldo, che la prese e si alzò a sua volta. Costantino si mise fra i due, cingendo le spalle a entrambi ed entrarono tutti e tre nel riparo. Salvatore stese sulla sabbia i loro vestiti formando una specie di giaciglio, poi invitò Osvaldo a mettercisi sopra a quattro zampe. Gli si inginocchio dietro, si chinò e iniziò a lavorargli con la lingua il foro, facendogli provare sensazioni fantastiche.
Costantino gli si inginocchiò davanti e gli offrì il proprio membro, già semieretto. Osvaldo lo abboccò con vero piacere, preparandolo, fino a farlo indurire ben bene. Costantino gli carezzava la testa, le spalle. Osvaldo era in estasi.
"Costa... mettimelo dietro, dai!" gli disse, guardandolo con occhi colmi di voglia.
"Aspetta, un momento!" disse Salvatore.
Lesto si stese sotto ad Osvaldo, fra le sue braccia e gambe, capovolto. Mentre i due abboccavano uno al membro dell'altro e iniziavano un gustoso sessantanove, Costantino si spostò dietro a Osvaldo, si infilò il preservativo che Osvaldo gli aveva chiesto di mettersi, e, appoggiata la punta del membro sul foro palpitante, con un calibrato colpo di reni, gli si immerse tutto dentro.
Osvaldo mugolò forte, sentendosi in paradiso. Provava un lieve dolore, ma il piacere era molto più forte. Lo sfintere palpitò con forza attorno all'asta bene infissa in lui. Si staccò per un attimo dal bel membro eretto di Salvatore e mormorò: "Vai!"
Mentre Costantino iniziava una gloriosa cavalcata, con virili va e vieni, Osvaldo riprese in bocca l'asta di Salvatore: quella triplice azione lo stava mandando in orbita, era un insieme di sensazioni fantastiche. La loro danza di sesso durò abbastanza a lungo, finché il piacere divenne così intenso per Osvaldo che, quasi d'improvviso, si scaricò nell'avida bocca di Salvatore.
Le contrazioni dovute ai getti fecero palpitare con forza il suo sfintere e questo scatenò l'orgasmo di Costantino, che venne gridando e spingendoglisi tutto dentro. Dopo poco anche Salvatore si scaricò nella bocca di Osvaldo.
Si staccarono quasi lentamente. Salvatore prese fra le braccia Osvaldo e lo baciò in bocca, a fondo, scambiando così il reciproco sapore. Costantino li guardava sorridendo.
"Andiamo a stenderci un po' al sole, raga... ho bisogno di riposarmi un po'." disse Costantino.
"Così possiamo fare il terzo round, no?" disse allegramente Osvaldo.
"Certo, non c'è due senza tre." assentì Costantino. "E... questa volta sto io in mezzo e Osvaldo lo mette a me mentre io lo metto a Salvatore. Che ne dite?"
Fu un pomeriggio da sogno. Dopo le cinque, prima di rivestirsi, fecero il promesso terzo round. A Osvaldo piacque molto metterlo a Costantino perché il marinaio, ogni volta che si spingeva dentro a Salvatore, contraeva le piccole natiche nervose provocandogli così un piacere anche maggiore.
Quando si lasciarono, si dettero l'appuntamento per la domenica successiva. Erano tutti e tre soddisfatti e sorridenti. Osvaldo tornò a casa pedalando allegramente, lieto e spensierato. Prima di lasciarsi avevano parlato anche di sesso. Costantino della sua bisessualità, Salvatore del fatto che a lui piaceva solo prenderlo e Osvaldo di come stava scoprendo che gli piaceva tutto.
Poi, Salvatore aveva anche raccontato della sua prima volta, al paese, con un marinaio, di cui si era innamorato quando aveva quindici anni. Ma il giovanotto gli aveva detto che lui aveva un ragazzo in ogni porto... e che li amava tutti ma non voleva legarsi con nessuno.
"Io, invece," aveva detto Salvatore, "spero di innamorarmi di uno che vuole stare solo con me... e allora anche io starò solo con lui. Perché divertirsi, come facciamo noi tre, è pure bello, ma mica è tutto, mica è abbastanza."
"Perché non ti metti con Costantino, che già siete amici?" gli aveva chiesto Osvaldo.
"Perché lui si vuole sposare e fare figli, perciò... me lo godo finché possiamo stare insieme e poi... ciao." rispose Salvatore facendo spallucce. "Magari, una volta che m'imbarcherò, troverò qualcuno sulla nave, chi sa?"
"Ma quel marinaio... con lui è stata la tua prima volta?"
"Proprio così, Osvaldo. L'ho incontrato al cinema... mi ha toccato fra le gambe e... io da un po' pensavo che ci volevo provare. Siamo scesi giù nei cessi, siamo entrati in un box e lì... ha inaugurato la mia porta del retro."
"Nel box di un cesso? Non mi sarebbe piaciuto!" disse Osvaldo, facendo una smorfia.
"Oh, sai... la voglia era tanta che manco mi accorgevo dove eravamo. Ma già la seconda volta, mi ha portato da un affittacamere e l'abbiamo fatto su un letto. Sì, certo, era molto meglio, se non altro perché non dovevamo farlo in piedi e non avevamo paura che arrivasse qualcuno."
"A me piacerebbe, un giorno, innamorarmi di qualcuno." aveva detto Osvaldo, in tono sognante.
"Uno bello come te... non dovresti avere problemi a trovare."
"Ma in un paesello come il mio..." aveva obiettato Osvaldo.
Si erano rivisti poche altre volte, ora con l'uno ora con l'altro, a volte di nuovo tutti e tre, finché era finito il corso ed erano stati destinati su due diverse navi.
Poi, per Osvaldo, era seguito un lungo periodo di astinenza e digiuno... interrotto solo dal periodo del servizio militare. Benché avesse fatto domanda di andare in marina, Osvaldo fu invece mandato al Centro Addestramento Carristi di Caserta e istruito per fare il pilota. Poi fu assegnato al reparto Lenta di Vercelli, 3° Plotone Carri, CVI Battaglione Carri di Supporto, Divisione Corazzata "Ariete"... L'equipaggio di un carro armato era composto da quattro persone: comandante, pilota, mitragliere e cannoniere,
A volte facevano esercitazioni con l'equipaggio al completo, a volte solo due di essi, fra cui sempre, logicamente, Osvaldo, il pilota. Una volta, mentre Osvaldo e Romano, il cannoniere, un ragazzo di Vicenza che fra i vari commilitoni gli era il più simpatico, attendevano gli ordini, il compagno gli porse un foglietto.
"Leggi..." gli disse. "L'ho copiato dalla bacheca."
"Il carrista... sì, l'ho letto anche io." gli disse facendo il gesto di renderglielo. "Tutta retorica..."
"Ma no, leggi bene!" lo invitò con un sorrisetto ironico Romano. "Non sai vedere la differenza fra R e Z?"
Osvaldo lesse, a mezza voce:
"Il cazzista:
- è audace, aggressivo, fino alla temerarietà;
- sente l'orgoglio di essere il primo a piombare su un bel culetto;
- impavido sotto le coperte raggiunge, a qualunque prezzo, l'obiettivo assegnatogli;
- con nervi saldi e forti muscoli si presta ad ogni scopata;
- ha fede assoluta nel suo cazzo che va, inesorabile macchina di seduzione, dovunque egli vuole e sa condurlo;
- cura con amore e passione il suo cazzo perché in un letto o fra le fratte lo porti sicuro alla vittoria;
- non trascura mai il cazzo; essi sono indissolubilmente uniti nella stessa sorte: uniti sono forti, separati sono perduti;
- aiuta, occorrendo, un bel culetto in difficoltà;
- agisce in stretta cooperazione con gli altri cazzi del plotone;
- opera avendo sempre presente lo scopo da raggiungere: aprire la via del culo ai cazzi che lo seguono;
- il suo compito è ultimato solo quando ha raggiunto l'obiettivo retrostante ed il culo è in rotta;
- sa che la storia dei cazzisti è ricca di glorie, stupende per sacrifici compiuti e valore dimostrato."
Terminato di leggere, rise: "Se ti beccano con questo, è il tuo culo che è in pericolo!" gli disse rendendogli il foglietto.
"E chi ti dice che per me sia un... pericolo che non mi piace correre?" gli disse maliziosamente il commilitone.
Osvaldo lo guardò con espressione interrogativa.
"E dai, Osvaldo... Non farmi quella faccia... lo so che tu sei... come me."
"Cioè?"
"Guardi i compagni alle docce... proprio come li guardo io. E tu... sei il migliore di tutti. E mi piacerebbe se fra te e me..."
"Cos'è, una proposta?" gli chiese Osvaldo, poggiandogli una mano sulla coscia, in un gesto lieve ma sufficientemente chiaro.
"Non ti andrebbe se... se ci mettiamo assieme, tu e io?" gli chiese Romano, posando la mano sulla sua.
"E come! Ma... come? Mica si può fare niente, in caserma."
Romano si chinò verso di lui, lo prese fra le braccia e lo baciò. Osvaldo contraccambiò con vero piacere, sentendosi subito eccitato. Mentre le loro lingue duellavano giocosamente e piacevolmente, si carezzarono attraverso le tute mimetiche.
Poi Osvaldo si staccò, riprendendo fiato: "Non credevo che anche tu... Sono contento... ma come possiamo fare?"
"Non l'ho detto a nessuno, ma... io qui a Vercelli, ho preso una piccola mansarda in affitto, in via Ferrari, a due passi dalla stazione. E c'è anche un bel materasso matrimoniale... Che ne dici?"
"Che adesso è meglio se smettiamo o, anche scomodi come siamo..."
"A me piace fare... di tutto. E a te?" gli chiese Romano, staccandosi da lui e guardandolo con espressione contenta.
"Idem... e con calma."
"Domani siamo in libera uscita... vieni su da me?"
"Anche subito, se potessimo."
Così, il giorno seguente, appena liberi, andarono svelti in via Ferrari. Romano aveva detto una piccola bugia: nella minuscola mansarda non c'era "anche" un materasso matrimoniale, un permaflex nuovo, ma "solo" quello!
Appena entrati, si spogliarono subito, in fretta, si gettarono sul materasso e si abbracciarono. Si erano già visti nudi, alle docce, ma potersi stringere, strofinare uno contro l'altro, li portò subito su di giri. Si baciarono, carezzarono a lungo, finché Romano si mise sulla schiena, si portò le gambe sul petto, ai fianchi e gli disse, con voce rotta dal desiderio: "Dai, pilota, guida il tuo carro armato nella rimessa, che non resisto più!"
Osvaldo si infilò un preservativo, gli andò sopra e gli si immerse dentro, mentre Romano, chiusi gli occhi, si mordeva il labbro superiore ed emetteva un lungo "mmmhhhh" di piacere. Arrivato a fondo corsa, puntando le ginocchia e le mani sul materasso, iniziò a muoverglisi dentro, guardando il volto del commilitone arrossarsi per il godimento. Pensò che era davvero arrapante vedere con quanto gusto si faceva prendere, e aumentò il ritmo delle sue spinte.
"Oh, Osvaldo... lo sapevo che sei il migliore, tu!"
"Quanti te ne sei portati qui, eh?"
"Solo uno, che però ha finito la ferma il mese scorso. Era il caporale... Stefano. Poi... per un mese non ho fatto più niente. Oh, dai, dai Osvaldo... Sì... così! Oohhh... sì... sì... sì..."
Romano scuoteva il capo a destra e a sinistra, mentre con entrambe le mani gli sfregava i capezzoli, gli carezzava i muscoli guizzanti.
Osvaldo, continuando a battergli dentro, si chinò a baciarlo con passione. Entrambi mugolavano in preda a un crescente piacere e Romano gli sussultava sotto.
"Oh... Rooo... maaa... nooo..." ansimò Osvaldo, sentendosi vicinissimo all'orgasmo.
Lui erano secoli che non aveva più potuto fare niente, e la voglia era giunta a livelli quasi insostenibili, quindi ora gli dava dentro con gioia selvaggia.
"Ooohhh... ven... gooo... veeeen... gooo..." gridò quasi e con una serie di forti spinte, gli si scaricò dentro.
Romano lo tirò a sé, baciandolo e carezzandogli la schiena, attendendo che si rilassasse. Poi Osvaldo si sfilò lentamente e si tolse il preservativo. Accanto al materasso c'era una scatola di fazzolettini di carta. Si ripulì il membro poi gli disse: "Adesso te lo succhio un po', poi tocca a te."
Romano annuì con un sorriso. Osvaldo gli si accoccolò fra le gambe e si chinò a dargli piacere. Quando lo sentì ben duro e fremente, gli infilò un preservativo e a sua volta si offrì al compagno, che gli andò sopra e lo prese. Lo penetrò molto lentamente, e Osvaldo si godette ogni centimetro di quella lenta discesa.
Quando sentì che gli era completamente dentro, gli sussurrò: "Vai! Fatti onore... cannoniere!"
"Mmmhhh... Osvaldo... che bel culo stretto hai!"
"Meglio del tuo caporale?"
"Sì... lui ne aveva presi troppi! E poi... tu sei più bello. Oh, Osvaldo... che bello!" mormorò il compagno, iniziando a pompargli dentro.
Si sfilava lentamente, poi gli si immergeva dentro con una salda spinta... su e giù... su e giù... Osvaldo faceva palpitare con vigore lo sfintere, rilassandolo per accogliere ogni spinta e contraendolo quando si sfilava.
"Oh, che bello... Che bello, Osvaldo..." gemette, poi si chinò su di lui e le loro bocche si unirono nuovamente.
Quando infine anche Romano ebbe raggiunto l'orgasmo e si fu calmato, si stesero fianco a fianco, le gambe intrecciate, carezzandosi l'un l'altro il petto.
"È stato forte, vero?" gli chiese Romano, girandosi a guardarlo.
"Mmhh-mmhh. Bello, sì."
"Perciò... lo facciamo ancora, no?"
"Riposiamoci un po', prima."
Romano ridacchiò: "D'accordo. Anche se io volevo dire le prossime volte che siamo in libera uscita."
"Anche..." gli rispose con un sorriso.
"Sai che mi piaci un sacco?"
"Anche tu, magnagatti!"
"Una volta mi devi fare assaggiare questo salsicciotto, piuttosto."
"Anche se non è un gatto?" gli chiese allegramente Osvaldo.
Guardava il cielo sereno oltre l'oblò che era sul soffitto spiovente e pensò che sarebbe stato bello farlo all'aperto... Romano si sollevò su un gomito e lo guardò.
"Mi guardi?" gli chiese Osvaldo.
"Mi piaci. Sei proprio bello. Più del solito, quando fai l'amore."
"Anche tu mi piaci."
"Anche se non sono bello?"
"Brutto no, e hai un corpo favoloso e sai fare l'amore. E anche tu diventi più bello mentre fai l'amore."
"Allora dobbiamo farlo spesso... Una fantastica cura di bellezza!"
"Certo."
Così cominciò la loro relazione. Gradualmente, Osvaldo si accorse che si stava innamorando di Romano: era un ragazzo tenero, allegro, gentile. Dopo quattro mesi che s'erano messi assieme, una volta, dopo aver fatto l'amore nella spoglia mansarda, Osvaldo glielo disse.
"Sì..." rispose Romano, "Me ne sono accorto... Ma..."
"A te non interesso?"
"Sì che mi interessi, eccome! Mi piaci un sacco e... anche io vorrei innamorarmi di te. Ma non posso."
"Cosa vuol dire che non puoi? Che vorresti ma non puoi?"
"Io... non posso... Finita la naia, devo tornare a casa e mica ti posso portare con me. Come posso, se sto a casa coi miei?"
"E... non potresti venire tu da me? I miei sanno di me e non gli fa nessun problema e so che ti accetterebbero in casa, e..."
"Ma io... devo prendere il posto di mio padre, sai... Abbiamo delle vigne e vinifichiamo e... io sono l'unico figlio maschio e perciò..."
"Perciò preferisci fare il vignaiolo che stare con me."
"Cerca di capire..."
"Sto cercando di capire. E mi va bene... vuol dire che farai l'amore... con le tue vigne."
"Sei incazzato con me?"
"No... forse un po' deluso, ma la colpa è mia, che m'ero illuso, mica tua. No, va bene... Godiamoci i mesi che restano, allora."
"Sì, ti ho deluso... e mi dispiace. Magari... era giusto che te lo dicevo quando abbiamo deciso di metterci insieme, vero?"
"Eh, magari. Col tuo prossimo ragazzo, forse faresti bene a mettere subito le cose in chiaro... penso."
"Sei incazzato con me."
"Ma no. No, sennò mica ci verrei più qui con te."
"Ma se tu sei innamorato..."
"Mi passerà e comunque non ho intenzione di rinunciare a te, per i mesi che ci restano. Con te sto bene, come amico e anche qui, a letto. Non ti preoccupare. Va bene così."
"Mi dispiace, davvero."
"Ma no... Se ero una ragazza, mi potevi portare a casa, sposare... potevamo stare insieme. Ti sposerai?"
"Penso che dovrò farlo."
"Secondo me... se lo fai... sapendo come sei... le faresti una cosa ingiusta, disonesta, sbagliata."
"Ma che posso fare? Io non posso mica dirlo a mio padre... quello... mi caccia di casa."
"Già... e così farai un sacrificio... per amore delle tue vigne."
"Mica tutti hanno genitori come i tuoi, che sanno di te e che gli va bene. E mica tutti possono darsi il coraggio che non hanno."
"Vedi, una cosa mi dispiace per te, Romano. Mi dispiace, perché ti voglio bene, anche se sei una testa di cazzo. Che tu non saprai mai cosa significa essere liberi e onesti... e amare."
"Sei proprio incazzato con me!"
"Ma no, t'ho detto. Mi dispiace, soltanto. E per te, più che per me. Beh... un po' anche per me, onestamente." aggiunse poi, con un lieve sorriso, e gli carezzò una guancia, per fargli capire che davvero non ce l'aveva con lui. "Mi sarebbe piaciuto mettermi con te anche... oltre la naia. Godiamoci il tempo che ci resta, cannoniere!"