I due ragazzi vollero sapere tutto sull'ospite del loro amico. Così Günther raccontò nuovamente le sue peripezie, il lungo viaggio che dal nord della Germania l'aveva condotto fin lì.
"E così... eccomi qvi, immigrato clantestino!" commentò alla fine il bel Günther.
Sergio, allora, gli consigliò di rivolgersi al consolato tedesco di competenza, per vedere se per caso potevano fare qualcosa per lui, dargli assistenza e regolarizzare la sua posizione.
Renato disse che si sarebbe informato se vi fosse un consolato anche in Genova. Non ne era sicuro, sapeva che ve ne era certamente uno a Milano... Renato, scoprì Osvaldo, conosceva bene il tedesco, infatti Günther, con cui aveva scambiato una breve conversazione, si complimentò con lui e disse agli altri due che lo parlava impeccabilmente.
"Mi farebbe moltissimo piacere se il mio italiano fosse buono anche solamente la metà di qvello di Renato!" aveva infatti dichiarato, in tono ammirativo.
Renato gli assicurò che avrebbe preso informazioni e che, eventualmente, l'avrebbe accompagnato con la sua utilitaria fino a Genova per recarsi al consolato, se c'era, o alla stazione per andare in treno fino a Milano.
Osvaldo chiese ai ragazzi se avevano voglia di restare a cena con loro, e quando questi accettarono, andò nell'orto dietro al capanno per raccogliere un po' di verdure e qualche frutto.
Restato solo con i due ragazzi, Günther, sicuro che la loro amicizia con il bel pescatore avesse anche un risvolto sessuale, chiese loro se per caso avessero immaginato quello che stava facendo con Osvaldo prima del loro arrivo.
"No... ci è solo sembrato un po' strano che la porta fosse chiusa; Osvaldo non lo fa mai. E non sapevamo che non fosse solo... Non ha mai avuto... ospiti, che noi sapessimo." disse Sergio.
"E non sapevamo che... che gli piacesse farlo con uno del suo stesso sesso." aggiunse Renato.
Günther si mise una mano sulla bocca, imbarazzato, poi disse: "Oh, io cretefo che... Oh, io ho fatta grossa gaffe! Mi dispiace moltissimo, io non tofefo dire qveste cose! Oh, io proprio molto indiscreto. Fatto grosso gvaio!"
Renato lo tranquillizzò: "Da circa due anni lo sappiamo, o per meglio dire abbiamo immaginato che Osvaldo avesse queste tendenze, anche se lui non ce l'ha mai detto chiaramente. Ma a noi non importa, stai tranquillo. Per noi Osvaldo è e resta la persona più fantastica che abbiamo mai conosciuto."
"E poi..." aggiunse Sergio guardando Renato, "a questo punto, diciamoglielo, no?" Poi, rivolto a Günther, gli disse: "Anche lui e io lo facciamo, a volte fra noi. E abbiamo cominciato proprio parlando fra noi due di Osvaldo e... e abbiamo scoperto che ci piace molto farlo assieme, abbiamo visto che ci piace molto più che non farlo con le ragazze."
Renato aggiunse: "Uno può divertirsi, non importa come e con chi... Basta che ci sia rispetto reciproco, no?"
Günther si sentì un po' più disteso e rassicurato: "Beh, certo, io concordo con te, Renato. E ancora più bello diventa se si ama la persona con cui si fa l'amore. Il sesso è molto bello, su qvesto non c'è dubbio, ma l'amore è assai meglio."
"Quello che gli dico sempre anche io!" disse Sergio, dando di gomito all'amico. "A me piace fare sesso con lui, divertirmi, ma... se ci fosse qualcosa di più... sarebbe anche più bello."
"Sergio, te l'ho già detto un sacco di volte, io ti voglio bene, ti sono affezionato, mi piace scopare con te... ma mica uno si innamora solo perché è bello innamorarsi, no? Come diceva Marilyn Monroe, costringersi ad amare è come costringersi a volare: è impossibile!"
Sergio fece spallucce, lievemente imbronciato. Renato gli dette una lieve carezza. Günther li guardava provando un senso di tenerezza verso i due ragazzi.
Quando tornò Osvaldo, Renato gli disse che ormai stava per prendere il brevetto per la marina mercantile: aveva superato la maturità ed era quasi certo di aver superato anche l'esame di brevetto. Aspettava solo la risposta, che credeva positiva, e aveva già un pre-contratto di imbarco. Era andato a salutarlo per quello, perché non sapeva quando si sarebbero potuti rivedere.
Sergio allora disse: "A me mancherà, Renato... Dovrò trovarmi un altro a cui fare il filo."
"Anche tu mi mancherai, Sergio... ma che ci posso fare?" disse Renato, carezzandogli una mano.
Osvaldo capì che cosa legava i due ragazzi, e interloquì: "Guarda che, quando t'imbarcherai, non ti mancheranno certo i bei fustacchioni da metterti sotto o a cui darti... come preferisci. Piuttosto, Renato, vedi di non fare concorrenza ai marinai etero, che lasciano le ragazze in ogni porto, per poi farsi tra loro quando sono in alto mare."
Renato sorrise: "Beato te, Osvaldo, che ora hai qui questo bel fusto tedesco... Francamente t'invidio. Ma ti auguro che la tua storia con lui duri il più a lungo possibile."
Osvaldo li guardò un po' sorpreso, allora Günther, con l'aria di un monello colto in fallo mentre fa una marachella, gli disse: "Colpa mia, Oswaldo... Io cretefo che qvesti due bei ragazzi facevano quelle cose anche con te e allora detto troppo chiaro che noi due... Sono moltissimo mortificato, credimi, sono stato molto stupido."
Osvaldo sorrise: "Beh, nessun problema. Mi va bene così: sono due cari amici, non mi importa che sappiano. Certo che... siamo un bel quartetto di recchioni, in questo capanno!" concluse fingendo di essere meravigliato.
Scoppiarono tutti a ridere. Poi, per festeggiare l'incontro con Günther, Sergio propose di fare un po' di musica. Tirò fuori dalla sacca un piccolo registratore, lo pose sul tavolo e lo accese. Era musica giovane, da discoteca. Allora si alzò, fece alzare Renato e, abbracciatisi, si misero a ballare.
Osvaldo li guardò sorridendo e pensando che erano teneri. Renato gli fece l'occhietto: "Non fai ballare un po' il tuo bel tedesco?" gli suggerì.
"Io non so ballare."
"Oh, basta muoversi a tempo con la musica... Dai, ballate anche voi due, no?" disse Sergio.
Günther subito si alzò e tese la mano a Osvaldo. Si abbracciarono e si misero a ballare anche loro. Günther ballava bene, Osvaldo si sentiva un po' goffo, ma non se ne dette cura. Sergio baciò Renato con calore... e Günther subito baciò Osvaldo, che si lasciò andare e reciprocò l'intimo e lungo, piacevole bacio.
Poi Renato propose: "Sentite, raga, m'è venuta un'idea... Perché non balliamo nudi? Tanto siamo tutti fra noi... Non l'ho potuto mai fare e ne ho sempre avuto voglia!" e iniziò, continuando a muoversi al ritmo della musica, a togliersi di dosso gli abiti, in una specie di sensuale strip-tease.
Sergio lo imitò immediatamente, lanciando sul tavolo i suoi vestiti. Allora anche Günther cominciò a togliersi gli abiti con movenze sensuali e, dopo una breve esitazione, Osvaldo fece spallucce e si spogliò completamente anche lui.
Günther e Osvaldo continuavano a ballare tra di loro, come pure Renato con Sergio. Dopo poco, anche solo a guardarsi, solo a sfiorasi, tutti e quattro inalberavano una bella erezione. Günther e Osvaldo si guardavano con crescente desiderio.
Renato in realtà, pur avendogli appena ripetuto che uno non può innamorarsi a comando, stravedeva per Sergio, il bell'aiuto-bagnino del Bagno Sole, che aveva un corpo forte e bello da fare invidia, più muscoloso del suo, più ben sviluppato e dai tratti già virili, nonostante i suoi diciannove anni non ancora compiuti.
Sergio lo prese fra le braccia, lo strinse a sé, continuando a muoversi a ritmo con la musica, e cominciò a lecchettargli il collo, Renato si chinò un poco e gli mordicchiò i capezzoli... e dopo poco erano stesi a terra, sul vecchio tappeto, allacciati in un favoloso, appassionato sessantanove.
"E noi?" chiese Günther a Osvaldo, in un caldo sussurro.
"Ancora non ti basta?" gli chiese, carezzandogli il membro nudo, con piacere e desiderio.
"Tu che ne dici? Ci sono due posti di là... i ragazzi possono stare più comodi e... e anche noi due."
Si trasferirono dietro la tenda, e Renato con Sergio ripresero a fare il loro sessantanove sulla cuccetta di Günther, mentre questi e Osvaldo, sul suo letto, ricominciavano a fare l'amore per la terza volta.
All'inizio Osvaldo, a differenza di Günther e anche dei due ragazzi, si sentiva lievemente imbarazzato, ma presto il piacere ebbe il sopravvento e, in un certo senso, vedere i due ragazzi unirsi a un passo da loro e udire i loro mugolii di piacere, lo fecero sentire anche più eccitato ed euforico che mai e non pensò più a nulla. Si dedicò completamente al suo bel naufrago.
Quando finì quella specie di orgia a coppie ben separate, mentre rilassati si carezzavano godendo la calma quiete del dopo-orgasmo, Sergio annunciò a tutti la sua decisione: anche lui avrebbe preso il brevetto di marina mercantile e si sarebbe fatto assumere sulla stessa nave di Renato, perché non voleva perdere l'occasione più unica che rara di stare con il proprio amico e metterselo sotto, e da cui voleva anche farsi mettere sotto.
"Morirei di gelosia a pensare che ti fai uno o ti fai fare da un altro, mentre io sto qui ad aspettarti!" dichiarò Sergio.
"Perché, tu in spiaggia..." gli chiese Renato, "chissà quante occasioni hai avuto e avrai!"
"Sì, ne ho avute... ma non ho mai voluto fare niente. E ne avrò, certo... ma preferisco te. Non ti voglio perdere, Renato, non lo capisci?" chiese in tono accorato.
"Anche tu mi piaci troppo, Sergio, davvero... Ma l'esame per il brevetto c'è già stato e almeno per un anno dovremmo comunque stare separati... A meno che tu accetti un imbarco senza brevetto, però così ti pagano di meno."
"E che me ne frega dei soldi! Che me ne frega... se tu davvero ci tieni a restare con me."
"Possiamo cercare di imbarcarci insieme, d'accordo... anche a me piacerebbe molto, sai?"
"Davvero? Davvero ti va di restare con me?" gli chiese Sergio, arrossendo per il piacere.
"Beh... mi posso accontentare di te." gli disse scherzoso, l'amico.
"Stronzo!" disse Sergio facendo il gesto di dargli un pugno, ma Renato lo tirò a sé e lo baciò con calore.
Dopo poco i due ragazzi stavano facendo di nuovo l'amore. Allora Osvaldo fece cenno a Günther con la testa di andare di là e lasciarli soli. In cucina, si rivestirono in silenzio e Osvaldo si mise a preparare la cena.
"Qvnto sono tolci qvei tue ragazzi, fero?"
"Sì, molto. Non immaginavo che si fossero messi assieme. Sono molto contento per loro."
"E per noi?" gli chiese Günther addossandoglisi lieve da dietro e carezzandogli il petto da sotto il camiciotto.
"Che fai? Ho paura di essermi messo con... con un maniaco sessuale. Lasciami cucinare, ora, dai!" disse Osvaldo, ma con un bel sorriso.
"Tutta colpa tua... sei troppo bello, mio Oswaldo." sospirò il bel naufrago, staccandosi però da lui ed andando a sedere, senza togliergli gli occhi da dosso.
Quando la cena fu pronta, attesero che i ragazzi riemergessero da dietro la tenda e si rivestissero e si misero a tavola, tutti e quattro allegri e ciarlieri.
Quando si lasciarono, era notte fonda ed erano tutti un po' stanchi per le loro ripetute evoluzioni erotiche, ma si sentivano felici. Anche il fatto di aver condiviso, poco prima, l'intimità di un rapporto, li faceva sentire più vicini, più uniti di prima.
Il giorno seguente, Renato tornò e disse a Günther che aveva trovato l'indirizzo del console onorario di Germania a Genova, che gli aveva telefonato spiegandogli il problema del naufragio, e che il console aveva detto che poteva regolarizzare i documenti e li attendeva. Quindi, disse, dovevano andare subito a Genova.
Osvaldo gli raccomandò: "Di te mi fido, Renato, ma mi raccomando, curamelo bene... e non ci provare con lui!"
Renato sorrise: "Stai tranquillo, Osvaldo: lo tratterò come fosse il tuo fidanzato e terrò le mani a posto! E poi... ormai io mi sono... compromesso con Sergio, davanti a voi due."
"Sergio è innamorato di te." gli fece notare Osvaldo.
"E credo che... anche se proprio ieri gli ho detto che io non lo sono... credo che invece ho perso la brocca per lui."
"Qvale brocca hai tu perso?" gli chiese Günther incuriosito, aggrottando la fonte.
Osvaldo rise: "Perdere la brocca, significa perdere la testa... innamorarsi."
"Ah, ho capito... E qvando anche noi due perderemo le nostre brocche, Oswaldo?"
"Mi sa che siamo già sulla buona strada..." gli rispose Osvaldo in tono dolce e un po' sognante.
Quando a sera Renato riaccompagnò Günther al capanno, questi disse a Osvaldo che ora i suoi documenti erano in ordine.
"Qvindi, ora devo sceg-liere se proseguire il mio viaggio per il mondo... oppure, se mi vuoi, se restare qui con te." disse, e lo guardò con aria interrogativa.
Osvaldo restò per un poco pensoso, poi disse: "Perché guardi me, Günther? Sei tu che devi decidere che cosa ti piace, che cosa preferisci fare: se ti va di stare qui con me, sei più che benvenuto e io sarei molto contento di averti qui e condividere tutto con te. Ma se viceversa ti va di girare il mondo, vacci. Sarei solo contento se ogni tanto ti ricorderai di me, e se poi torni magari a trovarmi qualche volta... Sì, io ne sarei contentissimo, davvero."
"Ma tu... non verresti a fare il fagabonto con me?"
"Se mi chiedi di venire con te... io non so: mi sento un po' imbranato, non saprei come comportarmi, non ho mai messo il naso fuori da casa mia, parlo solo l'italiano e non so neanche com'è fatto il mondo. Sì, ho fatto il militare, è vero, ma era molto diverso: anzitutto ero a Vercelli, a poca distanza da casa... e poi era un'altra cosa; a Vercelli avevo il mio amico, con cui ogni tanto facevo qualche cosa, ma non senza troppe complicazioni sentimentali. Qui con te... io mi sto veramente innamorando di te: ci sto bene qui da solo, ma non so se stando lontano insieme a te... non so se io sono capace di comportarmi da persona normale... non so se mi capisci. Se io ti do un bacio qui, perché ti amo, gli altri, i ragazzi, i miei amici lo sanno o per lo meno lo immaginano, lo capiscono. Ma se io ti bacio quando siamo fuori, in giro, fra sconosciuti... non credo proprio che la gente saprebbe accettare, e tanto meno apprezzare."
Günther annuì: "Oswaldo, mio dolcissimo e carissimo Oswaldo, il tuo discorso è troppo onesto. E io sento che non so dove è la mia brocca... e non credo di folerla cercare. Forse è bene che io perdo la brocca. E allora, sai che si fa? Io rinuncio per ora a fare il fiaggio intorno al monto, sto qui con te a fare un po' di luna di miele... se sei d'accordo. E se non troviamo le nostre brocche... tanto meg-lio!"
"Günther, sei molto caro. Mi fai felice se pensi di poter restare qui con me, ma... ma senza le orge di ieri sera, per favore: e meno male che noi ci siamo fatti soltanto tra di noi! Però... però tu così rinunci al tuo sogno e non è giusto che rinuncia uno solo di noi. Perciò... sai che ti dico? Se un giorno a te piacesse tornare a vedere il mondo... ci andiamo; facciamo in modo di compraci una barca nuova... Così, almeno quando siamo a bordo, senza altri intorno, senza estranei che ci guardano, ci ameremo come vorremo."
Il bel tedesco sorrise dolcemente: "Sì, soltanto tra di noi: tutti nuti tra il cielo e il mare; sì, faremo l'amore e i nostri soli testimoni saranno gli uccelli... e i pesci..."
Renato ridacchiò.
"Che cosa ti fa ritere? Ho tetto cose sciocche? O ho fatto sbag-li?" chiese Günther un po' stupito.
Allora Osvaldo gli spiegò la nuance linguistica, data l'intraducibilità del vocabolo uccello o pesce in quell'accezione...
Günther rise: "Certamente, anche qvegli uccelli e qvei pesci: i nostri, è naturale! Sì, testimoni del nostro amore, sì!"
"Ma qui... non avrai tutte le comodità che..." obiettò Osvaldo, ora che era sicuro che Günther desiderava fermarsi con lui.
"Qvesto non è completamente fero! Qvi abbiamo anche il materasso at acqva..." disse indicando il mare, con un sorriso, "et abbiamo pure l'itromassaggio..." aggiunse indicando la risacca sul bagnasciuga, "Che posso folere ti più dalla fita se posso usarli con il mio dolce e forte Oswaldo?"
Günther riuscì a vendere abbastanza bene sia il relitto che le attrezzature di bordo, e allora volle comprare una barchetta, in modo di pescare, in due, un po' più di pesce con le reti. La domenica, poi, costeggiando le rive con la loro barchetta a remi, esploravano assieme i dintorni, spingendosi giù fino in Versilia, o su lungo le Cinque Terre e lungo la riviera di levante.
Erano felici e stavano sempre meglio assieme. Günther, con l'aiuto di Osvaldo, riuscì a perdere il suo accento tedesco e ora solo la sua fisionomia e la sua capigliatura ne tradivano le origini.
Fu così che, per molti anni, in quella piccola località alle spalle delle Cinque Terre poco lontana dal borgo Le Grazie di Portovenere, un bel tedesco, aspirante marinaio "di ventura" e felice naufrago, convisse assieme a un bel pescatore-eremita del luogo.
Fu una convivenza spontanea, amata e cercata, e che fu anche accettata da tutti i ragazzi del paese, che anzi li ammiravano per la semplicità con cui vivevano il loro amore e che perciò continuavano ad andare spesso a trovare il naufrago e il pescatore.
"Ma quanto vi amate, voi due! È bello vivere insieme?" chiedeva a volte uno dei ragazzi.
"Finché dura..." dicevano entrambi ai loro amici, ai ragazzi che li andavano a trovare.
Ma era evidente che entrambi facevano del proprio meglio per farla durare. I ragazzi che sentivano svegliarsi in sé il desiderio verso il proprio sesso, si confidavano con i due forti e dolci amanti, che ammiravano. Ma anche i ragazzi cosiddetti "normali", che erano logicamente la maggioranza, parlavano apertamente con loro di sessualità, ma soprattutto di che cosa significa amare, convivere, e ne traevano una lezione, preziosa anche per la loro futura vita matrimoniale.
I ragazzi andavano a parlarne con loro, perché purtroppo i loro genitori parevano incapaci, o comunque assai riluttanti, o addirittura avversi ad affrontare quei discorsi coi loro figli. Osvaldo e Günther erano diventati per loro un po' come fratelli maggiori, confidenti, consiglieri e, sopra a tutto, veri amici.
"Si va al capanno, raga?" era diventata una specie di parola d'ordine fra i ragazzi dei dintorni, che fosse per chiedere un consiglio o semplicemente stare assieme a due persone estremamente piacevoli e simpatiche.
E, per anni, quando Renato e Sergio tornavano al paese per passare le loro vacanze, non mancavano mai di andare a far visita a quella coppia ormai collaudata e corroborata, a passare qualche ora in gradevole compagnia con il solingo, ospitale e fiero Osvaldo e con il suo aitante amante tedesco, il biondo Günther, sempre uguali, tanto che pareva che per loro gli anni non passassero.