Quando aprirono le porte della città, aspettammo che iniziasse la lunga teoria di contadini che portavano i loro prodotti ai mercati e ci accodammo a un carro, fingendo di essere assieme al conducente, tenendo una mano sulla sponda... Così si evitava di essere interrogati dalle guardie alla porta. Infatti entrammo senza problemi. Appena il carro ebbe girato in Watling Street, ci allontanammo e iniziammo a girovagare.
A differenza di Simon, io non ero mai stato dentro le mura di Londra. Mi guardavo attorno incuriosito: le vie e viuzze in cui si girava erano piene di vita, gente di ogni estrazione le riempiva, ciascuno affaccendato nelle sue cose. Qua e là gruppetti di gente ben vestita sembrava oziare e camminava lentamente o era ferma a chiacchierare, ma i più umili e poveri si davano da fare per guadagnarsi il pane quotidiano.
Simon iniziò a fermarsi a tutte le botteghe chiedendo se avessero bisogno di due lavoranti, ma pareva che a nessuno interessasse la nostra opera.
"Forse non è opportuno chiedere lavoro per due... forse uno solo lo prenderebbero." dissi a Simon, dopo un po' che si girovagava.
"Se avessero bisogno di uno solo, lo direbbero." mi fece notare.
"Vada come vada... sono contento che ce ne siamo andati dal Lonely Knight. Da solo non avrei mai avuto abbastanza voglia di andarmene, ma con te... Resteremo uniti, vero?"
"Certo, mio dolce pettirosso! Certo che resteremo uniti, se il buon dio ci assiste." mi rispose allegramente, anche se ebbi l'impressione che cercasse di mostrarsi allegro solo per darmi coraggio. Comunque gliene fui grato.
E di coraggio avevamo bisogno, perché pareva che a Londra nessuno avesse lavoro da offrirci. Così, iniziammo a mendicare. Come sapete bene voi tutti, purtroppo, a Londra i mendicanti non mancano di certo. A volte si andava dai frati a chiedere qualcosa da mangiare, un pezzo di pane e una ciotola di zuppa non la negavano quasi mai a nessuno. Comunque continuavamo a sperare di riuscire a trovare, prima o poi, anche un qualche lavoro.
Non è che in quei giorni non ci capitasse a volte di ricevere qualche proposta di appartarci con qualcuno per fottere, ma con Simon avevamo deciso di evitare questo tipo di attività. Si sperava ancora di avere la fortuna di riuscire a trovare un lavoro che non coinvolgesse il sesso.
Il vero problema era il fatto di non avere un tetto. Per la notte si cercava un luogo riparato, anche perché a volte pioveva, e comunque si stava avvicinando la stagione fredda. Calato il buio, ci si stendeva da qualche parte, a terra, abbracciati. A parte il contatto fra i nostri corpi e qualche bacio e carezza, non è che si potesse fare molto di più, se non molto raramente.
Eppure il desiderio di poterci unire, di fare l'amore, era forte e a volte si faceva qualcosa, anche rischiando di essere sorpresi dalle ronde di notte che i due sceriffi della città facevano girare incessantemente per limitare in qualche modo le imprese criminali dei malviventi.
Eravamo in Londra da pochi mesi, e si stava iniziando a chiederci se non fosse più saggio andarcene per cercare fortuna da qualche altra parte. Eppure, proprio il gran numero di poveracci che venivano in città per cercare fortuna, ci faceva capire che altrove non vi erano maggiori possibilità di trovare un lavoro che nella città del re.
Qualche volta si riusciva anche a racimolare un po' di monete andando ad aiutare a caricare o scaricare i carri al mercato delle carni o a quello delle granaglie, che sono verso Newgate, accanto al convento dei Frati Grigi di San Francesco, ma c'erano più poveracci pronti a prestare la loro opera che carri da caricare e scaricare.
Un giorno, mentre stavamo mendicando dalla parte opposta della città, in Petty Wales vicino alla Torre, mi sentii apostrofare:
"Ehi, tu! Non sei quel... Robin del Lonely Knight Inn?"
Mi girai, chiedendomi chi potesse essere e riconobbi Sir Brett le Waleys.
"Sì, signore, sono io. Ti ricordi di me?"
Rise: "Anche se sei più sporco di un topo di fogna... sì, come potrei dimenticare il... testimone di certi miei incontri? E che fai qui, a mendicare? Come mai non lavori più al Lonely Knight?"
"Sono dovuto fuggire, assieme a Simon..."
"E chi è Simon? E perché siete dovuti fuggire?"
"Simon è lui..." risposi indicando poco lontano, dove il mio amico stava anche mendicando. "È quello che... venne a mettere la scala alla finestra quando..."
"Ah, sì, lui! Certo... E com'è che siete dovuti fuggire? Avete... derubato quel malnato del vostro padrone?"
"No, signore... Il fatto è che fra Simon e me c'è... quanto c'era fra te e Sir Trace e... e padron Greene ci ha sorpresi e non voleva che fra noi... Soprattutto io che... che spesso, quando non ero impegnato a servire un cliente... mi voleva a servire lui... nel suo letto."
"E perché mai non voleva che lo faceste fra voi?" chiese il cavaliere, stupito.
"Per due motivi: uno era che così lui non ci guadagnava nessuna moneta e l'altro era che diceva che dovevamo risparmiare le nostre energie per i clienti... Oltre al fatto che padron Greene amava fottermi, di tanto in tanto..."
"E così, ora... vivete mendicando?"
"Sì, così è, signore. Non siamo ancora riusciti a trovare un lavoro."
Sir Brett annuì, pensieroso, poi disse: "Io devo al tuo amico se ancora sono vivo... e anche a te se potevo appartarmi con il mio amico senza che si sparlasse di noi."
"Ti vedi ancora con Sir Trace de Oxenford, signore? O dopo quel giorno dell'agguato..."
"Per poco tempo s'è dovuto cessare di vederci. Ma poi abbiamo trovato il modo di riprendere i nostri incontri."
"Non vi abbiamo mai più visti al Lonely Knight."
"Non era più aria... specialmente dopo che il tuo amico mi avvertì che eravamo stati traditi proprio dal tuo padrone, quel miserabile di Bayley Greene!"
"Ed ora, come fate, avete trovato un altro luogo?"
"Sì, certo. Ora io non vivo più con la mia famiglia, ma ho una casa a fianco della chiesa di Saint Katherine Cree... non lontano dal Saint Helen's Priory."
"Sì, so dov'è, dalle suore... A volte andiamo a chiedere qualcosa da mangiare alle buone monache."
"Sì. E lì accanto un amico del mio Trace ha una bottega di tessuti, che sul retro s'apre nello stesso cortile di casa mia, e così, con la complicità del suo amico, mi può venire a trovare." mi disse in tono compiaciuto.
Poi frugò nella scarsella, mi dette alcune monete, mi augurò buona fortuna e se ne andò. Ma, fatti pochi passi, cambiò direzione, andò da Simon, vidi che scambiava alcune parole con lui e, assieme, tornarono verso di me.
"Io vi devo la mia vita, perciò ho deciso che devo fare qualcosa per voi. Ho proposto a Simon di venire a servizio in casa mia, tutti e due. Simon ha detto che ne sarebbe lieto. E tu, Robin?"
"Tutti e due? Assieme da te? Certo che accettiamo, vero Simon? E saremo i tuoi servi devoti e non avrai da lamentarti di noi, lo giuro!" esclamai, felice.
"Bene. Ora sono di fretta. Ci vediamo, quando la campana di Saint Paul suona il mezzodì, all'angolo fra Cornhill e Lombard Street. Venite a casa mia, vi lavate e strigliate a fondo... perché puzzate davvero, bruciate quegli stracci e vi faccio avere qualcosa di decente da indossare, e prendete servizio. Quanto alla paga..."
"Se ci dai abiti, cibo e una stanza solo per noi due, ti serviamo anche senza che ci dai una paga!" esclamai allegramente, "Giusto, Simon?"
"Beh, ne parleremo. A mezzodì allora." disse Sir Brett e se ne andò a passo svelto.
Eravamo davvero contenti, e ci abbracciammo.
"Vedi, io ho salvato la vita al cavaliere le Waleys, senza pensare a un guadagno, e ora lui ci sta ripagando. Quando si fa del bene, prima o poi si riceve del bene." mi disse Simon.
"E allora spero che padron Bayley Greene, che invece li voleva vendere, abbia a pagarla, prima o poi." ribattei io. "Oltre che per come ha trattato noi." aggiunsi poi.
"Non bisogna mai augurare il male a nessuno, e comunque, chi agisce male, non può avere una vita felice."
"A me non pare, Simon. Vedo gente che agisce male, proprio come padron Greene e anche peggio di lui, che però vive bene."
"Credi che quella gente sia in pace con se stessa? La felicità non viene dalla ricchezza, dal potere... Guarda noi due che, anche nella nostra misera condizione, siamo sicuramente più sereni di padron Greene."
"Sì, ma perché noi due ci amiamo." gli dissi.
"Appunto."
"Eppure, certi santi, li hanno uccisi per la loro fede."
"Certo, come uccidono certi malviventi. Ma i santi muoiono lietamente, i malfattori muoiono maledicendo il mondo."
"Io preferirei vivere lietamente." ribattei con un sorriso.
"Siamo venuti al mondo senza chiederlo, e moriremo senza desiderarlo; l'importante è, fra il nostro primo e il nostro ultimo giorno, cercare di vivere bene."
"Ma non dipende solo da noi." obiettai.
"Fare del bene dipende solamente da noi."
"Ma se avessimo tanti soldi, potremmo fare più del bene."
"Ognuno deve fare ciò che gli è possibile. Due cucchiai di miele dati a due persone non diventano più dolci di un solo cucchiaio dato a una sola persona. Un ricco che dona dieci monete d'oro a cento poveri, non fa più di un povero che condivide la sua unica mela con un altro povero... o che, se non ha nemmeno una mela, gli dona un sorriso. Il bene è bene: quando ne fai quanto puoi, non è più o meno bene." insisté Simon.
"Ma perché qualcuno nasce ricco e qualcuno povero?"
"E perché qualcuno nasce maschio e qualcuno femmina? L'importante non è essere ricchi o poveri, maschi o femmine, ma avere un cuore generoso, non credi? La ricchezza non fa la felicità."
"Immaginati allora la miseria!" ribattei.
"Infatti: non è il denaro, averne tanto o poco, che fa la felicità. La felicità ci viene solo dall'agire bene, e questo è possibile sia al povero che al ricco."
Non avevamo mai discusso di queste cose e credo che qualcuno, vedendo due straccioni, per di più lerci come noi, si sarebbe stupito assai a sentirci fare questi discorsi. Il fatto è che non avevo mai riflettuto su queste cose, e ora mi piaceva farlo con il mio Simon.
Quando infine sentimmo giungere i dodici rintocchi del mezzodì, andammo subito all'angolo fra Cornhill e Lombard Street. Ci guardavamo attorno, attendendo che Sir Brett le Waleys arrivasse e ci portasse a casa sua.
Mentre lo aspettavamo, mi venne un dubbio: "Ehi, Simon... ma mica, per caso, Sir Brett ci ha offerto di servire a casa sua solamente per portarci nel suo letto e fotterci? Io non voglio... Piuttosto continuo a mendicare un po' di pane per la via. Non sarebbe meglio mettere le cose in chiaro con lui?"
"Non credo che abbia secondi fini. E se, come dici, mettiamo le cose in chiaro con lui, rischiamo di offenderlo."
"Ma se ci provasse?"
"Gli diremo di no. E se per caso insistesse, ce ne andremo da casa sua. Ma non ho letto libidine nei suoi occhi, mentre parlava con noi. Perciò credo che non correremo questo rischio."
Finalmente Sir Brett arrivò e ci disse di seguirlo. Abitava in una casa di tre piani, il cui pianterreno era in pietra e aveva quattro grandi archi, tre con botteghe e il quarto con la scala di accesso. I due piani superiori erano in legno. Al primo piano vi era un'ampia cucina e la sala da pranzo e per i ricevimenti, al secondo le stanze di Sir Brett, e nel sottotetto le stanze per i servi.
Ci fece portare da uno dei servi nella corte, attingere acqua al pozzo e lavare con una spazzola. Frattanto il servo bruciava i nostri abiti. Poi ci dette braghe e una casacca blu e, ripuliti e rivestiti, ci riportò su da Sir Brett, che ci disse quali sarebbero stati i nostri compiti.
Compresi noi due, Sir Brett aveva cinque servi, una coppia e il loro figlio, che aveva più o meno la nostra età. La moglie stava in cucina, il marito fungeva da mastro di casa.
La donna, che si chiamava Mildred, mentre ci dava da mangiare, disse: "Proprio non capisco che bisogno aveva il padrone di prendere voi due: con mio marito e mio figlio si mandava avanti bene la sua casa!"
Il marito, Peter, la rimbeccò: "Chi sei tu, donna, per criticare il nostro padrone?"
"E chi critica... mi chiedevo solo perché."
Lawrence, il figlio, allora disse: "E di che ti lamenti, ma'? Meno lavoro per noi, no? Mica li paghi tu, dopo tutto."
"Sì, ma... due in un colpo!" disse la donna, senza arrendersi ai suoi familiari. "Capisco ne avesse preso uno solo... Almeno, voi due, avete esperienza a servire?"
"Abbiamo lavorato in una locanda." rispose Simon.
"Beh... temevo foste due rozzi contadini. Ma non siete fratelli, vero? Siete così diversi..."
Simon la guardò sorridendo e non rispose.
"E come mai eravate così lerci? E dove vi ha trovato, il padrone?" chiese ancora la donna.
"E voi... dove vi ha trovati?" chiese Simon, allegramente.
"Noi? Si serviva già in casa dei le Waleys." rispose Peter quietamente, lanciando un'occhiataccia alla moglie. "Quando padron Brett ha acquistato questa casa, ci ha portati con sé. Non badate a mia moglie, ragazzi. Vuole sempre ficcare il naso in cose che non la riguardano."
Mildred fece spallucce e sedette a mangiare anche lei.
In realtà, vedemmo, Sir Brett non aveva veramente bisogno di due servi in più: non c'era molto lavoro da fare, in casa. Comunque ci impegnammo a servirlo bene. Lawrence mi insegnò a badare al cavallo del padrone, Peter insegnò a Simon a tenergli in ordine l'armatura e le armi, e si tenevano pulite le stanze, si accompagnava Mildred a fare gli acquisti al mercato, a tenerle ben vispo il fuoco quando doveva cucinare, poi a riempire i bracieri a notte, portandoli nelle stanze del padrone.
Su, nel sotto tetto, Peter e Mildred avevano una stanza, in un'altra dormiva Lawrence, e noi due avevamo una stanza tutta per noi. In tutte e tre e le stanze vi era un ampio letto di legno e una cassapanca. A fine giornata, si andava su a dormire e, almeno noi due, a fare l'amore. La sveglia era sempre alle prime luci del giorno.
Già la prima sera, chiusici nella nostra stanzetta, sbarrata la porta con il paletto, ci spogliammo e ci mettemmo a letto.
Simon subito mi abbracciò stretto a sé e mi baciò a lungo. Poi mi chiese: "Sei contento, mio bel pettirosso?"
"Con te... e così... sono più che contento. Quant'è che non dormivamo più al coperto e su un materasso!"
"E qui, almeno, possiamo fare l'amore tranquilli, senza paura di essere scoperti."
Ci mettemmo a fare l'amore, sentendoci felici. E a differenza che quando lo si faceva di nascosto nella taverna di padron Greene, ora avevamo una lucerna accesa, perciò mi potevo godere l'espressione del volto di Simon, oltre che il suo bel corpo.
Mi piaceva guardare il bel sorriso con cui si affaccendava per darmi piacere, e che rischiarava il suo volto mentre gliene davo io. La tremula fiammella sembrava palpitare della mia stessa emozione.
Lo guardai mentre scivolava sopra il mio corpo, tracciando il cammino con la lingua, finché raggiunse uno dei miei capezzoli, già eretti, e lo prese fra le labbra e lo mordicchiò con arte. Gli carezzai i capelli per esprimergli il mio piacere. Simon scese ancora, si soffermò a stuzzicarmi l'ombelico con la punta della lingua, poi giunse al mio cespuglio, sul pube.
Sentivo il suo mento premere contro la mia erezione. Girò in su gli occhi e incontrò il mio sguardo, e i suoi occhi sorrisero. Poi, lentamente, scese ancora e finalmente sentii la sua lingua scorrere su e giù lungo la parte inferiore del mio palo duro, sempre guardandomi con un sorriso. Pensai che era bellissimo farlo guardandoci.
Infine, le sue labbra si chiusero sulla punta del mio palo, e ora non poteva più guardarmi. Allora, lentamente, mi girai sotto di lui. Comprese la mia intenzione e si girò un poco, in modo che potessi avere libero accesso al suo pube. E finalmente presi a mia volta la sua asta fra le labbra... Era davvero bello!
Se anche è vero che il dover fare le cose di nascosto può aggiungere "pepe" alle stesse, è pur vero che poterle fare tranquillamente permette di goderle meglio.
Dopo un po' che ci si dava piacere così, Simon tentò con la punta di un dito il mio foro. Fremetti e decisi che volevo poter guardare anche mentre me lo metteva. Così mi stesi sulla schiena, allargando bene le gambe e sollevando i piedi, gli sorrisi e gli dissi, a voce bassa: "Dai... mettimelo!"
Mi sorrise e si alzò sulle ginocchia, mettendosi in posizione davanti a me. Scivolai un po' in su, in modo di poggiare la testa contro il muro, per guardare bene. Lui allora mi venne più vicino, tenendo la sua fiera asta ben dritta e puntata sulla meta.
"Mi vuoi tutto dentro?" mi chiese con voce bassa e calda.
"Sì." sospirai felice, iniziando a menarmelo.
"No..." mi disse, togliendomi la mano, "dopo devi mettermelo tu!" disse con un sorriso pieno di desiderio, e scivolò sulle ginocchia addossandosi di più a me.
Sentii la punta del suo duro e caldo arnese frugare fra le mie chiappette, individuare il foro che palpitava in attesa, iniziare a spingere. Gli sorrisi, gioiosamente, e guardai giù, fra le mie gambe. Avrei voluto poter vedere meglio mentre lo accoglievo. Spinse. Mi rilassai. Nonostante fossi totalmente rilassato, il mio anello di carne gli resistette un poco, poi, quasi d'improvviso, la punta entrò in me. Emisi un sospiro contento.
Spinse. Per un po' sembrò non riuscire a entrare, ma poi riprese la sua lenta avanzata. Tolse la mano, le appoggiò entrambe sotto le mie cosce e continuò a spingere. I miei occhi correvano dal suo pube ai suoi occhi. Il suo sorriso si accentuò mentre affondava in me.
"Ti piace?" mi chiese.
Annuii vigorosamente, poi, con un filo di voce, gli chiesi: "E a te, piace?"
"Sì." mormorò continuando a riempirmi.
Che sensazione meravigliosa, aumentata dal poter guardare, finalmente, l'intensità della sua espressione.
"Dai!" lo incitai.
Annuì e mi sorrise. Sentii i peli del suo pube solleticarmi la pelle delle chiappette, premervisi contro: era arrivato a fine corsa. Emise un lieve sorriso, sollevò una mano a carezzarmi una guancia, prese il respiro e finalmente iniziò a ritrarsi lentamente e a spingersi di nuovo in me, con virile tenerezza. Era davvero troppo bello.
Gli carezzai e stuzzicai i capezzoli duri. Il suo sorriso si accentuò. Si chinò su di me e le sue labbra cercarono le mie. Le nostre lingue iniziarono a duellare delicatamente, mentre continuava i suoi lenti e forti va e vieni. Gli cinsi il torso e gli carezzai la schiena, sentendomi felice.
Staccò un poco le labbra dalle mie: "Mi piaci troppo!" mormorò.
"Anche tu." gli feci eco, gli occhi brillanti.
Scese nuovamente un poco a baciarmi, mentre i suoi colpi si facevano più brevi ma più vigorosi. Mi sentivo tutto il corpo in fiamme, era veramente bello! Ero totalmente, piacevolmente rilassato e mi gustavo il ritmico e forte massaggio del suo bel palo dentro di me.
Mi chiesi come mai mi piaceva tanto farlo con lui, più che con chiunque altro con cui l'avevo fatto fino ad allora. La risposta mi venne in mente quasi immediatamente: lui faceva l'amore con tutto me, non solo col mio buco. Lui voleva godere di me, ma anche farmi godere di lui, non solo quando l'avrei preso io ma anche mentre mi pendeva.
"Ti amo." gli sussurrai, emozionatissimo.
"Ed io amo te, mio bel pettirosso!"
"E mi piace come mi fotti... e guardarti mentre lo fai."
"Sì, anche a me piace sia guardarti che mentre tu lo metti a me. Ero geloso di te, quando dovevi soddisfare un cliente, sai?"
"Sì, lo so, perché anche io lo ero di te."
"Mai più con altri." mormorò, continuando a slittare, dolce e virile, dentro di me.
"Mai più! Lo giuro!" gli risposi, con entusiasmo.
Il suo sorriso sembrò congelarsi e lentamente si trasformò in un'espressione intensa. Sentii i suoi muscoli tendersi e capii che stava raggiungendo il culmine del piacere... e attesi, felice. Sussultò lieve e, accompagnando ogni spinta con un lieve mugolio, iniziò a donarmi la sua essenza virile, depositandola dentro di me al termine di ogni spinta.
Quando capii che aveva finito, lo strinsi con vigore a me e ci baciammo di nuovo a fondo. Di tanto in tanto il suo corpo era ancora scosso da un fremito, sempre più lieve. Quando le nostre labbra si separarono, emise un profondo e basso sospiro.
"Come fa, ogni volta, a sembrarmi più bello?" chiese, più a se stesso che a me.
"Perché ogni volta sono un po' più tuo." gli suggerii. Poi aggiunsi: "Eppure... io sono già tutto tuo."
"Sì..." mormorò, "tutto... eppure ogni volta di più."
Dopo un po', si sfilò lentamente da me. Ci carezzammo e ci baciammo ancora, poi si stese accanto a me sulla schiena, mettendosi in posizione in una muta e lieta offerta. Ci sorridemmo, mentre anche io mi mettevo in posizione per prenderlo.
"Vieni, amore mio!" mi disse con urgente gioia.
"Eccomi!" gli risposi, lietamente.
Mentre mi immergevo in lui, il suo sorriso si accentuò, dicendomi, senza parole, quanto era lieto di accogliermi in sé. Il suo volto si arrossò lievemente per l'eccitazione, e mormorò: "Oh, Robin, quant'è bello!"
Sì, certamente era molto bello! Presi a muovermi gioiosamente in lui, beandomi del radioso sorriso con cui mi stava accogliendo. Indubbiamente era assai più bello potersi unire vedendosi, guardandosi. Vedere il suo piacere accrebbe rapidamente il mio sì che, anche prima di quanto avrei voluto, raggiunsi un bellissimo e intenso orgasmo.
Mi abbandonai sul suo corpo. Tenendomi abbracciato stretto, Simon fece ruotare i nostri corpi ancora allacciati finché fummo su un fianco, le membra intrecciate. Ritrovammo la dolce calma che segue a una bella unione, carezzandoci, scambiandoci teneri baci e dolci sorrisi.
Poi Simon si sporse dal nostro letto, posò il cono sulla fiammella per spegnerla e, ripiombati nel buio, ci abbracciammo nuovamente.
"Ora dormiamo, amato mio." mi sussurrò.
"Sì... fra le tue braccia sarà bellissimo... e farò sogni meravigliosi." gli dissi, accoccolandomi contro il suo forte e bel corpo.
Scivolai lentamente nel sonno mentre mi carezzava lieve, sentendomi finalmente felice e pensando che la vita aveva veramente iniziato a sorriderci.