Silvio Basile è nato due anni dopo sua sorella Luisa. Armando, il loro padre, era finalmente contento: ci teneva ad avere un figlio maschio. Non che fosse scontento di aver avuto una figlia, ma avrebbe forse preferito che fosse nato prima Silvio.
Come la tradizione voleva, gli mise il nome di suo padre e, sempre seguendo la tradizione, fece battezzare anche lui. Le volte in cui Armando aveva messo piede in chiesa si contavano sulle dita di una sola mano: quando s'era sposato, quando aveva fatto battezzare Luisa e quando aveva fatto battezzare Silvio. E poi, ce l'hanno anche portato per il suo funerale, logicamente.
Armando e sua moglie Viky, a modo loro, volevano bene ai figli, almeno quanto la media dei genitori. Quando Viky doveva lavorare, Armando si prendeva cura dei due piccini, cambiandogli i pannolini, lavandogli il culetto e, una volta svezzati, preparandogli il biberon. Però lo faceva di nascosto degli amici, per paura di essere preso per il culo e di essere chiamato con l'odioso epiteto di "mammo".
Silvio crebbe con un notevole senso dell'umorismo, un bel sorriso, un'incredibile capacità di evitare le noie e i fastidi della vita di tutti i giorni, anche se talvolta poteva dare l'impressione di essere un po' dispersivo e superficiale. Era un ragazzino entusiasta al quale piaceva divertirsi, e condivideva sempre con la sorella tutte le sue passioni.
Sia Luisa che Silvio, crescendo, capirono abbastanza presto quale fosse il mestiere della madre come pure, dopo poco, quello del padre, anche se in casa né Viky né Armando ne parlavano. Erano tutti e due ragazzini svegli perciò, mettendo assieme i pochi indizi che coglievano in casa con quello di cui sentivano parlare in giro, non solo lo capirono ma si resero anche conto che non se ne doveva parlare con gli altri.
Nessuno dei due ragazzetti ne ebbe il minimo shock, forse perché ne poterono parlare fra di loro e metabolizzarlo confrontandosi. Forse perché tutto sommato pareva avvenire come qualcosa di "normale". La apparente disapprovazione sociale o le battute sarcastiche o le barzellette dei coetanei, non li colpirono quasi per nulla.
D'altronde, altrettanta disapprovazione e discriminazione sentivano anche nei confronti di altri, classi sociali o gruppi etnici, come il disprezzo per gli zingari o per gli immigrati, o le barzellette sui carabinieri o sui preti... E se papà e mamma vivevano così, doveva significare che andava bene anche vivere così.
Talmente andava bene, ai due fratelli, che quando Luisa iniziò a provare i primi pruriti della sessualità, dichiarò che anche lei voleva "ricevere gli uomini come mamma"... Padre e madre le dissero che non andava bene, perché era ancora troppo piccola. Ma Luisa era determinata, aveva le idee chiare riguardo al proprio futuro perciò, di nascosto dei genitori, iniziò a cercarsi da sola i clienti.
Quando ci riuscì, mostrò felice al fratello i soldi che aveva guadagnato e, da buona sorella, ne dette la metà a Silvio. Ma al ragazzetto, più che non i soldi, che comunque, grato, si mise in tasca, interessava sapere come era andata.
"Chi era? Giovane o vecchio? Bello o no?" le chiese tanto per cominciare.
"Vecchio. Era sposato e doveva avere venticinque o trenta anni... Non era né bello né brutto... però ci sapeva fare. Mi è piaciuto."
"E cosa avete fatto?"
"Un po' di tutto, sai com'è."
"No che non so come è!" protestò Silvio.
E allora la sorella gli descrisse in gran dettaglio quello che avevano fatto e come.
"Ma... l'hai preso pure in bocca, prima?" chiese Silvio con espressione schifata. "Non ti faceva brutto?"
"Ma no! Perché doveva farmi brutto?"
"Ma perché di lì esce il piscio!"
"Mica quando fai sesso. Aveva un buon odore, era pulito, mica sapeva di piscio."
Silvio era poco convinto, tanto che Luisa si arrabbiò con lui perché non le credeva. E gli disse una frase che, in seguito, entrambi ricordarono, sorridendo, più volte: "Prima di dire che non ti piacciono cose che non sai, perché non ci provi!?"
E Silvio decise che la sorella aveva ragione e che perciò doveva provarci. Perciò, a sua volta, si cercò qualcuno, cioè il suo primo cliente. Certamente, da buon figlio di Armando e Viky, non intendeva, infatti farlo gratis.
Così, da ragazzino sveglio quale era, Silvio una sera andò dove aveva sentito dire che gli uomini vanno a cercarsi un ragazzo per sfogare a pagamento le loro voglie e iniziò ad attendere di essere agganciato. Un altro ragazzo che era lì per lo stesso scopo, lo abbordò quasi subito.
"Ehi, tu, da dove spunti?" lo apostrofò.
"Dalla luna!" rispose allegramente Silvio.
"Ma quanti anni hai?"
"Quattordici, quasi quindici."
"Cazzo! E fai già marchette?"
"Beh?"
"E cosa fai? Lo metti o lo prendi?"
Silvio lo guardò e fece spallucce. Poi gli chiese: "E tu?"
"Di tutto, per il giusto prezzo..."
Chiacchierarono per pochi minuti, poi si separarono. Ma Silvio era riuscito ad avere alcune utili informazioni sulle "tariffe" praticate in quel posto dai ragazzi di vita.
E finalmente fu abbordato da un tizio. Doveva essere sulla quarantina. Non era granché bello ma era vestito bene e quando gli fu vicino, emanava un lieve, gradevole profumo. Combinarono con un breve scambio di battute, e Silvio lo seguì. Era un camionista straniero, aveva il suo Tir parcheggiato poco lontano. Salirono nella cabina, andarono sulla cuccetta, il camionista accese la lucetta, tirò la tenda e si spogliarono. E Silvio ebbe il suo primo rapporto sessuale vero e proprio.
Altro che le seghe fatte con un paio dei suoi compagni di classe e amici! Un'oretta più tardi scese dal camion, qualche biglietto da 10.000 in tasca, un certo fastidio fra le natiche che lo faceva camminare come una papera, ma soddisfatto. Aveva ragione Luisa, non solo non era brutto pigliarlo in bocca, ma anzi, piuttosto piacevole. Pigliarlo di dietro invece era stato un po' doloroso all'inizio, aveva anche chiesto al tizio di smettere, ma quello era troppo su di giri per dargli retta... Per fortuna non ce l'aveva troppo grosso.
Tornò a casa, tutto sommato soddisfatto, il rotolino dei biglietti da 10 stretti nella mano sprofondata in tasca, chiedendosi quanto ci avrebbe messo a non sentire più quel fastidio di dietro. E, logicamente, non solo ne parlò con Luisa, confrontando le loro esperienze, ma a sua volta divise con lei quanto aveva guadagnato da quella sua prima esperienza.
Non ci volle molto perché padre e madre si rendessero conto che sia Luisa che Silvio avevano intrapreso il mestiere. Messi alle strette, i due ragazzi lo ammisero. Armando non fu affatto contento che anche Silvio si prostituisse scopando con maschi... e questo gli fece rivoltare contro la moglie e la figlia.
"Ma come!" protestò, scura in volto, Viky, "Che lo facciamo io e tua figlia ti va bene e Silvio no? Che cazzo di ragionamento mi fai? Puoi essere più stronzo?"
"Ma almeno lo facesse con le donne!" reagì Armando, aggrondato.
"Ma le donne, papà, mica hanno bisogno di pagare per scopare!" ribatté Luisa.
"Ma che, sei mica frocio, per caso?" il padre, sempre più aggrondato, chiese allora a Silvio.
"E che ne so, io." rispose incerto il ragazzo. "Come si fa a saperlo?"
"Ma... mica ti sarà piaciuto, per caso?" insistette il padre, sempre più scuro in volto.
"Beh... insomma... Mi dà solo un po' fastidio di dietro, ma ogni volta un po' meno e... beh... insomma... con certi mi piace anche... se lo sanno fare bene." rispose Silvio incerto.
"Oh, un po' alla volta, a prenderlo di dietro ci si abitua." disse pratica Luisa.
"E poi, se gli piace, tanto meglio, no? Fare un lavoro che piace, mica tutti ci riescono." disse la madre.
Armando lì per lì non disse niente. Ma qualche giorno dopo disse ai ragazzi: "Beh, se ora guadagnate, sarebbe giusto che contribuite alle spese di casa."
Così, in un certo senso ufficialmente, i due ragazzi seguirono le orme della loro madre. Ma a differenza di Viky, Armando non pareva per nulla contento, benché prendesse senza problemi parte dei soldi che i due ragazzi guadagnavano.
Venne poi il momento in cui ebbero inizio grandi cambiamenti. Il primo fu che Luisa aveva incontrato un ragazzo di tre anni più grande di lei, che aveva cioè venti anni, e che i due s'erano piaciuti molto. Il ragazzo si chiamava Ermanno Durando, era il figlio di un dentista e, teoricamente, studiava lingue all'università. Teoricamente, perché in realtà non è che frequentasse né che studiasse molto.
Si erano conosciuti per caso, una sera, correndo nel dedalo di viuzze per sfuggire a una retata della polizia. Ermanno a un certo punto l'aveva presa per un braccio, attirata sotto l'arco di un portone e le aveva detto: "Baciami... diciamo che siamo fidanzati."
Luisa l'aveva guardato: era un bel ragazzo... si sentivano i passi dei poliziotti... gli si addossò e lo baciò con trasporto.
I poliziotti arrivarono. "Documenti! Che cazzo ci fate qui a quest'ora?" chiese uno di loro.
I due si staccarono e consegnarono le loro carte di identità. Ermanno teneva un braccio attorno alla vita di Luisa.
Il poliziotto controllò i due documenti, poi chiese di nuovo: "Beh, che ci fate, qui?"
"Ci si stava salutando prima di tornare a casa." disse Ermanno.
"Mmff! Salutando!" disse l'altro poliziotto in tono ironico.
"Mica è proibito darsi un bacio, no? Mica stavamo facendo niente di male, no?" protestò Ermanno.
Il poliziotto rese loro le carte d'identità, e tornò indietro con il collega. Quando furono lontani, Luisa disse, con un risolino: "Non so neanche come ti chiami..."
"Ermanno. E tu?"
"Luisa. Sai che baci proprio bene?"
"Anche tu. Battevi il marciapiedi, che sei scappata via?"
"Sì. E tu? Perché sei scappato anche tu?"
"Cercavo un po' di roba... Di solito lì c'è un pusher che conosco."
"Ti fai?"
"Ogni tanto. Perché non ci baciamo di nuovo?"
"Mica c'è più la madama..."
"Che c'entra. Mi piace come baci... Sei così brava anche... nel resto?"
"Se paghi e hai un posto, puoi verificare."
"Se ti pago, poi non mi resta abbastanza grana per la roba."
"Non credi che saprei farti andare su di giri meglio che quella robaccia?" gli chiese lei, civettuola.
Si guardarono.
"Ci vieni a ballare con me? C'è un locale qui vicino..." le propose Ermanno.
Luisa da una parte avrebbe volto tornare a battere, ma sapeva che la pattuglia dei poliziotti avrebbe girato nei dintorni ancora per un bel po'. E d'altronde quel ragazzo le piaceva, le era piaciuto come l'aveva baciata. Così accettò e andarono a ballare, chiacchierarono, si corteggiarono... e finalmente Luisa gli disse: "Se hai un posto... magari con te ci vengo pure gratis. Mi piaci un sacco."
Ecco come Ermanno e Luisa si sono messi assieme. Il primo che venne a saperlo fu logicamente Silvio. Ermanno e Silvio provarono subito una reciproca simpatia, e anzi, Silvio invidiava la sorella, perché anche lui si sentiva attratto da Ermanno.
I loro genitori invece vennero a sapere della relazione fra Luisa ed Ermanno solo quando lei confessò alla madre che era incinta.
"Ma come, ochetta, non lo usi il goldone?" le chiese la madre. "Te l'ho detto di non fare mai sesso con un cliente senza goldone, no?"
"Non è un cliente, mamma... è il mio ragazzo."
"Il tuo ragazzo? Ma se hai solo diciassette anni! E chi sarebbe 'sto ragazzo? E che direbbe se sapesse che fai la vita?"
"Lo sa. Ha venti anni quasi ventuno... Studia all'università."
"Lo sa? E?"
"E, cosa? Io gliel'ho detto che se ci si metteva insieme, a me non mi andava di smettere. D'altronde, anche papà sa di te, no? Che c'è di diverso?"
"Studente, eh? Perciò uno spiantato."
"Ma no, suo padre gli dà un mensile... è gente che non ha problemi, quella."
"E così, adesso... Scommetto che hai pure intenzione di tenerlo!"
"Chi, il bimbo? Certo che sì!"
"Ma... ti sposa?"
"Mica ne abbiamo parlato."
"Ma non capisci che quando sarai più grossa, mica potrai continuare, no? Ti mantiene lui? Si prende lui la responsabilità del piccolo?"
"E che ne so, mica ne abbiamo parlato. Che me ne frega se mi sposa o no. Stiamo bene insieme, e tanto mi basta. E comunque anche lui è contento che abbiamo un figlio."
Viky scosse la testa e disse: "Non mi piace... Voi ragazzi fate le cose senza riflettere. La vita mica è una passeggiata, sai? E quello magari si vuole solo divertire con te... e pure gratis."
"Ma è un bravo ragazzo. Stiamo bene, insieme."
Armando ne fu contrariato almeno quanto la moglie, e volle conoscere Ermanno. Quando Luisa lo portò a casa, Armando capì quasi immediatamente che il ragazzo si drogava. Lì per lì non disse nulla, ma poi affrontò la figlia.
"Tu, quello, devi lasciarlo!" esclamò appena furono soli.
"E perché?" chiese Luisa, battagliera.
"Ma ti rendi conto? Quello è un drogato!"
"Sì, lo so. Ma magari riesco a farlo smettere."
"Sì, tutte uguali, voi donne. Col cavolo che riesci a farlo smettere! Primo, nessuna donna riesce a cambiare un uomo, e tanto meno un drogato! Non capisci che non puoi avere una vita normale, se ti metti con quello? E poi, che fai, gli paghi tu la droga col tuo lavoro? Lo mantieni tu?"
"Perché, non è mamma che mantiene te, dopo tutto? Che differenza fa?"
"Ma almeno io non butto via i soldi per comprarmi quella robaccia!"
"T'ho detto che suo padre gli dà un mensile, no?"
"Ma poi, che ne sai se è veramente figlio suo?"
"Con gli altri ho sempre usato il goldone, papa! Certo che sono sicura che è figlio suo!"
I due continuarono a discutere animatamente, anzi, tutta la famiglia si mise a discutere e da una parte c'erano padre e madre a fare pressioni sulla ragazza perché lo mollasse e abortisse, dall'altra Luisa e Silvio che si sostenevano a vicenda.
"Luisa, non ti preoccupare, per tutto il tempo che non potrai più andare a battere, ti do io i soldi." le disse Silvio.
E così infine nacque il piccolo di Luisa ed Ermanno. Quando Luisa ne fece registrare la nascita, fece scrivere "Ermando Basile".
"Perché non l'hai registrato come Durando?" le chiese Ermanno.
"Mica siamo sposati."
"Ma è anche figlio mio! Io vorrei che avesse il mio cognome."
"Se tu ti disintossichi e poi mi sposi... allora e solo allora, te lo lascio riconoscere. Ma per ora è così."
Ermanno non rispose.
Ma le cose, in casa Basile, non andavano bene. Ormai che il piccino era nato, i nonni l'avevano accettato, ma continuavano a fare pressioni su Luisa perché mollasse Ermanno. Perciò c'erano continue discussioni, anche se non veri e propri litigi. Oltre tutto, Armando non voleva che Ermanno frequentasse casa loro.
Allora, un giorno, Luisa decise che doveva andarsene via da casa. Ne parlò sia con Silvio che con Ermanno e tutti e due furono d'accordo con lei. Ermando aveva pochi mesi quando trovarono un miniappartamento, in cui andarono ad abitare tutti e quattro: Luisa con Ermando, Ermanno e Silvio. Fu allora che il padre, per guadagnare qualche soldo in più, si comprò un carrettino e si mise a fare il gelataio ambulante.
Quando Ermando aveva appena compiuto un anno, accadde la disgrazia in cui morirono Armando e Viky. Loro si erano salvati solo perché erano andati a vivere altrove. Per Luisa e Silvio fu comunque un grave colpo, perché nonostante le divergenze, amavano i loro genitori.
La convivenza dei quattro nel minuscolo appartamento pareva procedere senza problemi. In realtà Silvio era sempre più turbato perché, man mano che il tempo passava, si sentiva sempre più attratto da Ermanno. L'intimità che il ridotto spazio del loro alloggio imponeva non faceva che aumentare questo problema. Vederselo andare in giro con le sole mutande indosso, e qualche rara volta anche nudo e magari con una mezza erezione, era per lui un piacere ma anche un supplizio.
Silvio, razionalmente, non avrebbe mai cercato di fare sesso con il ragazzo della sorella, però l'attrazione che provava era sempre più forte. Soprattutto perché aveva l'impressione che, se ci avesse provato, probabilmente Ermanno non si sarebbe tirato indietro.
Perciò, quando un suo amico che faceva marchette come lui, Svevo Paracco, gli propose di andare a vivere a casa sua, Silvio accettò immediatamente, con la scusa di lasciare così alla famigliola più spazio e maggiore intimità.
Comunque Silvio si era molto affezionato al piccolo Ermando, e il piccino a lui, così andava molto spesso a trovarli, e a giocare con il bimbo o prenderlo e portarlo fuori a fare una passeggiata. Ermando stravedeva per lo zio Silvio, che chiamava "Sivvo".
Venne nuovamente un brutto anno. Luisa era ancora una volta, e felicemente, incinta di Ermanno. Il ragazzo a questo punto si era quasi convinto di andare in una comunità per disintossicarsi e poi sposare Luisa e riconoscere i due piccoli.
Ma proprio pochi giorni prima della sua accettazione nella comunità, Ermanno aveva assunto una dose troppo forte, o mal tagliata, o troppo pura, ed era morto!
Quando Luisa era stata informata da un carabiniere, aveva lanciato un urlo ed era svenuta. Cadendo doveva aver battuto malamente, e come conseguenza, aveva avuto un aborto. Silvio s'era preso cura di Ermando e aveva assistito la sorella, fin tanto che questa fu in grado di riprendere la sua vita.
Pur rimanendo a vivere a casa di Svevo, Silvio andava anche più spesso di prima a trovare la sorella ed Ermando. Aveva anche proposto a Luisa di tornare a vivere con lei, ma la sorella non aveva voluto. Comunque Silvio andava tutti i giorni a portare Ermando all'asilo e a riprenderlo, e passava gran parte del suo tempo libero con lui.
Luisa era triste e, nonostante cercasse di dissimularlo, Silvio, che la conosceva bene, se ne rese conto. Sperò che la sorella con il tempo si potesse rimettere dal nuovo brutto colpo ricevuto.
Ermando cresceva bene, era un bimbo ipersensibile, molto socievole e con una vivida immaginazione; aveva evidentemente bisogno d'affetto, di comprensione, di dolcezza, di stare in mezzo a persone che lo stimassero e lo considerassero, e la solitudine non faceva certamente per lui. Sotto un'apparenza tranquilla, Ermando nascondeva l'irrequietezza di chi cerca una persona da amare e da cui essere amato.
Non è che la madre non lo amasse, ma certamente Ermando riceveva più cure e attenzioni dallo zio, che s'era grandemente affezionato a lui e che, inconsciamente, aveva preso il posto del padre e un po' anche della madre, che era ancor troppo distrutta per il dolore.