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una storia originale di Andrej Koymasky


FIGLI DI PUTTANA CAPITOLO 4
CORRADO, UN RAGAZZO INDIPENDENTE

Il terzo personaggio di questa storia si chiama Corrado Del Rio. È nato a Porto Rotondo, in Sardegna, a pochi chilometri da Olbia, ed è il quinto e ultimo figlio di Antonino, carpentiere costruttore di barche, e di Maria, casalinga.

Corrado è un seduttore nato. La vita a due lo attira ma nello stesso tempo l'idea che possa diventare un puro fatto di routine (come vedeva che di fatto era per i suoi genitori) lo spaventa. Comunque non ama stare da solo. Ha un carattere che può sembrare paradossale: è conformista o anticonformista a seconda degli umori e degli argomenti. È molto sensibile, sa essere tenero ed è capace di profondi affetti.

Fin da piccolo ha sempre desiderato conoscere la vita sotto tutti i suoi aspetti ma soprattutto conservare la propria libertà, a cui tiene molto. Dei cinque figli di Antonino era senza dubbio il più indipendente e vivace, forse anche perché né i genitori né i fratelli o le sorelle maggiori si erano mai occupati molto di lui.

Quand'era piccino, ogni domenica "andava al cinema". Poiché i genitori non gli davano i soldi per pagare il biglietto, Corrado andava prima davanti all'ingresso e si guardava ben bene le locandine con le foto delle scene salienti del film, e ascoltava i commenti di chi usciva dallo spettacolo. Poi correva dietro all'uscita di sicurezza, nella via laterale, incollava l'orecchio alla porta e ascoltava, a occhi chiusi, la colonna sonora e ricreava il film nella sua fantasia.

Cominciò a frequentare la scuola dell'obbligo. Faceva il minimo per non andare male, non perché ai genitori interessasse molto il suo rendimento scolastico, ma perché non gli andava di sforzarsi troppo ma neanche di fallire. Avendo un'intelligenza discreta e stando sempre molto attento durante le lezioni, capiva quanto i suoi insegnanti spiegavano in classe; allora, appena arrivava a casa, subito dopo pranzo faceva in fretta e furia i compiti poi andava a zonzo.

Non aveva di che annoiarsi: in cambio di qualche soldo, di un dolcetto o di un frutto, di un piccolo oggetto che solleticava la sua curiosità, si prestava a dare una mano a tutti i negozianti e gli artigiani del paese: lavava i vetri di un negozio, aiutava a riordinare un magazzino, a caricare o scaricare un furgone, faceva una consegna a domicilio oppure mille altri piccoli servizi. Ma stava alla larga dal cantiere dove lavoravano il padre e i fratelli: non gli andava di averli ancora fra i piedi più di quanto già li avesse in casa.

Così, con i pochi soldi che si guadagnava, ora era anche in grado di pagarsi il biglietto del cinema e finalmente poteva andare a sedere in sala. Allora si godeva i film: come minimo se li guardava due volte. E quando vide "Amici, complici, amanti", nonostante i commenti salaci, i lazzi e frizzi e le battute stupide e cattive degli altri spettatori, capì che a lui sarebbe piaciuto avere una storia come quella.

Capì, cioè, qualcosa che da tempo gli frullava dentro e che non era mai riuscito a mettere a fuoco: a lui piacevano i maschi, non le femmine! Si disse che lui doveva probabilmente essere un "pivellu", un "caghinèri"... chissà come si diceva in italiano? A scuola mica le insegnano, quelle parole.

Avrebbe voluto poter trovare anche lui un vero, durevole, grande amore per qualcuno come l'attore Matthew Broderick nella parte di Alan, ma non spezzato da teppisti che gli avevano massacrato a morte l'amato... Aveva imparato la battuta "Questa è la mia vita, lo capisci, mamma? Questo sono io, e voglio rispetto"... anche se certamente lui non avrebbe mai avuto il coraggio di dire così a sua madre e tanto meno a suo padre. E lo aveva divertito da matti quando il protagonista parlando con un tizio un po' tonto gli aveva bussato con le nocche sulla fronte dicendogli: "Ehilà, c'è nessuno in casa?" Ogni tanto usava anche lui quella battuta.

Un'altra cosa che lo affascinava, oltre al cinema, erano i turisti che venivano dal continente e che parlavano tutte le lingue straniere possibili e immaginabili: italiano, tedesco, francese, inglese, spagnolo e persino giapponese... Anche l'italiano, per lui, era un po' una lingua straniera, infatti in casa si parlava solo il dialetto stretto. Certamente l'italiano era la lingua straniera che conosceva meglio, dato che la doveva studiare a scuola.

Cercava, così, di rendersi utile anche ai turisti, portandogli le valigie, dandogli indicazioni, a volte in cambio di una mancia, ma sopratutto riempiendoli di domande, quando riusciva a comunicare, sui loro paesi di origine. E sognava di poter andare nel continente, che gli pareva molto più affascinante del suo paesello, tanto che si meravigliava che quei turisti spendessero i loro soldi, un sacco secondo lui, per andare lì dove era nato lui.

Quando aveva tredici anni, Gavino, un cugino di quattordici gli aveva insegnato, in gran segreto, a masturbarsi. Gli era piaciuto molto farlo, ma quando aveva proposto a Gavino di menarselo l'un l'altro, il cugino gli aveva risposto con uno sdegnato no. "Un maschio non lo tocca mai a un altro maschio! Solo i caghinèri fanno certe cose!" gli aveva dichiarato con espressione severa. Corrado pensò che fosse un peccato che il cugino avesse rifiutato... ma non osò insistere. Ma come cavolo si diceva "caghinèri" in italiano? E in francese? In inglese?

Aveva appena compiuto quattordici anni quando prese la sua grande decisione: sarebbe andato in continente. Ma non per qualche giorno come fanno i turisti: per sempre! Allora andò a parlare con l'impiegata dell'ufficio turistico, e le chiese quanto costava andare in continente, se ci voleva il passaporto, da dove si partiva.

Ottenute tutte le informazioni, decise che doveva mettere da parte i soldi che gli davano per i suoi lavoretti e così andarsene non appena ne avesse avuti abbastanza per pagarsi il biglietto. Costava parecchio, perciò si dette da fare per accumulare tutta la somma. Smise di comprarsi gelati, dolcetti, fumetti e persino di andare al cinema. Di tanto in tanto, in segreto, contava i soldi che aveva... Passavano le settimane, poi i mesi ma sembrava non arrivare mai alla somma necessaria.

Ma finalmente, aveva appena compiuto i quindici anni, fu in grado di andare a comprarsi il biglietto. Si sentì felice. Trovò un passaggio in poltrona economica per un giovedì di bassa stagione: sarebbe partito da Olbia alle 11 di sera e sarebbe arrivato a Civitavecchia alle 6,30 di mattina. Si sentiva eccitato.

Poi si chiese se doveva dirlo ai genitori o andarsene di nascosto. Per un po' si sentì combattuto. Ma alla fine decise che avrebbe potuto lasciare una lettera per i suoi... Quando giunse il giorno della partenza, la scrisse:

"A tutta la famiglia.

Ho deciso di andarmene in continente a cercare un lavoro e fare fortuna. Spero che state tutti bene e quando posso vi scrivo per darvi mie notizie. Se faccio tanti soldi magari torno a trovarvi e vi faccio un bel regalo. Statemi bene e pensate qualche volta a me come io penso qualche volta a voi.

Vostro figlio e fratello
Del Rio Corrado."

Nel pomeriggio lasciò la lettera sul cuscino della camera da letto dei genitori e andò, a piedi, fino ad Olbia. Stava facendo la coda per salire a bordo, quando arrivò il fratello maggiore, con la sua motocicletta.

"Corrado! Ma che cazzo vai a fare, in continente?"

"Qualcosa. Vedrò."

"E com'hai fatto a pagare il biglietto?"

"Da un pezzo metto via i soldi che mi guadagno qua e là."

"Beh, buona fortuna... Mamma m'ha detto di portarti questo." gli disse tendendogli una borsa di tela.

"Che hanno detto, papà e mamma?" chiese, prendendo il sacchetto. Guardò dentro: c'erano panini imbottiti, frutta e persino una bottiglia di vino.

"Niente. Che vuoi che dicono?"

"Ah, bene..." mormorò Corrado, forse lievemente deluso. "E tu, che ne dici?"

"Di che?"

"Che me e vado."

"Beh... buona fortuna, te l'ho detto."

"Ciao, allora..."

"Ciao."

E iniziò la sua avventura. Per un paio di ore non dormì, girò tutta la nave pieno di curiosità. Ma poi sedette in un posto libero e s'addormentò quasi di colpo. La mattina seguente si svegliò poco prima dell'arrivo a Civitavecchia. Guardò le manovre di attracco, sentendosi affascinato ed eccitato. E finalmente mise piede sul continente.

Era convinto di sapere tutto il necessario per cavarsela... Ma quattro giorni più tardi si rese conto di quanto poco in realtà conoscesse della vita fuori dal suo paese. I negozianti, a differenza di quanto aveva sperato, non gli davano nessun lavoretto da fare, anzi, lo guardavano con diffidenza e lo mandavano via. Così si trovò senza soldi e affamato.

Finché incontrò un ragazzo di diciotto anni, che si chiamava Dario, che attaccò bottone con lui e gli fece un sacco di domande. Anche Dario se n'era andato via da casa un paio d'anni prima. Simpatizzarono immediatamente e chiacchierarono per un po'. Poi Dario lo portò a casa sua, un locale in un seminterrato, di una stanza e cesso con doccia, un po' squallido ma molto pulito, e gli offrì qualcosa da mangiare e anche di lavargli i vestiti. Gli fece perciò togliere tutto e li mise a mollo in una bacinella con il detersivo, poi gli disse di farsi una doccia.

Corrado un po' si vergognava a essere tutto nudo, anche perché Dario era andato in bagno con lui mentre si lavava. Poi anche l'altro si era spogliato ed era andato sotto la doccia con lui. Corrado lo guardò, letteralmente affascinato: era più alto e grosso di lui, ma soprattutto aveva un membro più sviluppato e aveva già un folto ciuffo di peli sul pube.

Dario vide dove lo guardava e gli chiese: "Che è, ti piace il mio uccello?"

"N...n...no..." disse arrossendo Corrado.

"E dai! Allora perché continui a guardarlo?"

"È solo che... non avevo mai visto un uccello e così tanti peli."

"Per avere quindici anni, hai anche tu un bell'uccello. A te, te l'hanno mai fatta una pompa?"

"N...n...no..."

"Ti va se ti faccio?"

"Se mi fai? Se mi fai che?"

"Senti, pischello, da queste parti nessuno mai dà niente per niente. Io ti do da mangiare, ti lavo i vestiti e magari pure un posto dove dormire... E tu che mi dai, a me?"

"Io? Io non ho niente."

"Sì che ce l'hai."

"E cosa?"

"Il tuo bel culetto!"

"Il mio... che?"

"Mai scopato con un amico? L'hai mai preso in culo?"

"N...n...no... No, mai!"

Dario allora s'inginocchiò davanti a lui e gli fece allargare le gambe. Corrado lo guardò preoccupato, inquieto, un po' spaventato. Dario se ne rese conto.

"Senti, pischello, adesso, che tu sia d'accordo o no, ti succhio il pisello, ma dopo te lo ficco in culo. Prova a fermarmi e ti do un fracco di botte, e comunque poi te lo metto in quel tuo bel culetto lo stesso. Dai retta a me, appoggiati alla parete e lasciami fare, e goditela, piuttosto. So fare delle ottime pompe, mi pagano bene per farle. E a te la faccio gratis, prima di fotterti."

Corrado era un po' intimorito e non sapeva decidersi se lasciarlo fare oppure tentare di opporsi. Dario chiuse l'acqua della doccia. Corrado si appoggiò alla parete e sperò che Dario non gli facesse male... E NON gli fece male! Proprio per niente! Gli succhiò il membro, gli leccò i testicoli, lo succhiò di nuovo fino a quando gli procurò un orgasmo e bevve tutto, continuando a succhiare e leccare.

Poi, quando Corrado stava pensando che l'altro fosse soddisfatto, come lo era comunque lui, Dario lo prese per le anche e lo fece girare, quindi iniziò a leccargli il buchetto fra le natiche. Corrado era incredulo che davvero gli stessero capitando quelle cose. Gli girava la testa e pensava che era troppo bello.

Poi Dario si alzò, e disse: "Mi sono sempre piaciuti i culetti senza peli dei pischelli come te." Poi lo fece girare, lo guardò con occhi accesi di desiderio e gli disse: "Vieni di là con me."

Senza nemmeno asciugarsi, lo guidò tenendolo per un braccio e lo fece stendere sul suo letto, prono, le gambe larghe. Poi gli spalmò qualcosa di scivoloso fra le natiche, sul buchetto. Dopo un po' ci inserì un dito. Corrado sussultò e cercò di alzarsi, ma Dario lo spinse di nuovo giù.

"No no, non ti muovere. Vedrai che ti piacerà anche questo. T'è piaciuto quello che t'ho fatto prima, no?"

Sì, gli era piaciuto, perciò lo lasciò fare. Dopo un poco, Dario gli infilò dentro due dita, ben lubrificate, girandole un poco. A Corrado dava una strana sensazione, in parte fastidiosa ma in parte anche gradevole. Dopo pochi minuti lo sentì che si gli si stendeva sopra.

"Non l'hai ancora mai preso lì, hai detto?" gli sussurrò all'orecchio, in tono eccitato, sfregandogli il membro duro fra le chiappette.

"No... non mi farai male?"

"T'ho fatto male, fin'ora? No. Rilassati dai... Vedrai che ti piacerà. Magari all'inizio potrà darti fastidio, finché non ti sarai abituato, ma poi vedrai che ti piace a te pure."

Corrado era combattuto, da una parte avrebbe voluto scappare, dall'altra però voleva provarci... Sentì qualcosa frugare fra le sue natiche, puntare sul suo foro... e contemporaneamente, Dario gli premette una mano sulla bocca e dette una forte spinta con il bacino.

Sentì un forte dolore, si sentì il foro in fiamme, mugolò forte mentre il duro membro iniziava a farsi strada in lui. Più Dario spingeva e cercava di penetrarlo, più Corrado si divincolava per liberarsi. Ma più spingeva in su per scrollarsi di dosso il corpo dell'altro e liberarsi, più il suo foro si apriva e il membro dell'altro gli scivolava dentro. E in breve Dario gli fu tutto dentro e, continuando a tenerlo sempre ben stretto con le braccia e le gambe, smise di muoversi.

Quando il loro respiro tornò normale, Dario gli sussurrò: "Lo so che la prima volta non è facile. All'inizio non è piacevole. Ma ti giuro che poi ti piacerà. Per me è stato così." Cominciò a estrarlo lentamente, poi a spingerglielo nuovamente dentro. "Vedrai che ti piacerà e che sarai tu a volere un bell'uccello che ti fotte."

Dario iniziò a muoversi, gradualmente più veloce e con maggior sicurezza, e Corrado s'accorse che non gli faceva più troppo male. Dario gli mordicchiava e leccava un orecchio e aveva spostato le mani sui suoi capezzoli che titillava, mentre continuava a muoversi con decisione in lui.

"Spalanca bene il tuo bel culetto d'oro per me, pischello, che mi piace troppo! Il tuo culo ha bisogno del mio uccello e il mio uccello del tuo culetto. Rilassati e lasciami fare, vedrai che ti piacerà. E dopo che ti ho fottuto, se ti va, tu puoi pure fottere me, che a me mi piace, e così puoi divertirti tu pure."

Corrado si rilassò e sentì un forte calore invaderlo, il fastidio non diminuiva eppure il piacere aumentava e ne era stupito.

"Bravo, così, rilassati... Ti piace, no?" mormorò Dario.

Sì, gli piaceva. Capì che davvero quello che stava accadendo era quanto, senza essersene mai reso conto prima, dentro di sé aveva sempre desiderato. Un uccello nel suo culetto! Sì, era bello lasciarsi fottere. Iniziò a spingere in su per incontrare ogni spinta. Poi gradualmente riuscì a sollevarsi a quattro zampe e spingeva indietro a ogni affondo dell'altro. Gli piaceva sempre più. Il fastidio era del tutto dimenticato. Gli venne nuovamente una bella erezione.

Dario continuò a fotterlo con crescente energia per alcuni minuti e il suo respiro diveniva via via più pesante, breve e rapido.

Corrado sentì qualcuno dire: "Dai, dai, più forte..." e, quasi stupito, s'accorse che era lui ad aver detto quelle parole!

Gli piaceva! E come se gli piaceva! Aveva scoperto qualcosa di incredibilmente bello. Dario si lanciò nella cavalcata finale e improvvisamente Corrado venne di nuovo e subito dopo anche l'altro si scaricò in lui, con una serie di forti spinte sottolineate da rochi gemiti di piacere.

Quando infine giacquero, spossati ma soddisfatti, Dario lo guardò con un sorrisetto soddisfatto e gli chiese: "Allora?"

"Forte! E... davvero un'altra volta mi lasci fare a me?"

"Se resti qui con me, sì. Mi piace metterlo, ma pure pigliarlo. Ma davvero era la tua prima volta?"

"Sì... Prima... sotto la doccia... hai detto che ti pagano per fare queste cose. Davvero?" chiese Corrado, incuriosito.

"Sì, certo. Mi guadagno così da vivere."

"E ti piace?"

"A volte più a volte meno. Ma io preferisco quelli giovani come te o più o meno della mia età."

"E posso anche io guadagnarmi da vivere così?"

"Certo, sei un bel ragazzo."

"E mi fai stare qui con te?"

"Se scopi con me, sì. Dividiamo solo le spese per il mangiare. Qui l'affitto non lo pago... non lo pago coi soldi, voglio dire, ma solo con due o tre scopate al mese, meno di una volta alla settimana. Al padrone di questo buco gli va bene così e a me pure."

"È vecchio?"

"Chi? Il padrone? Non troppo, ha sui quaranta anni."

Così, sotto la guida di Dario, Corrado iniziò a battere e ad avere i suoi primi clienti. Ma spesso quando andavano a letto facevano sesso fra loro, con reciproco piacere, prima di addormentarsi.

Poi, quando Corrado aveva sedici anni, il padrone del buco in cui abitavano li mandò via perché voleva vendere quel seminterrato. Allora i due ragazzi, assieme, decisero di trasferirsi a nord, in una città più grande.

Per cinque mesi si fermarono a Bologna. Poi Corrado trovò un tizio che gli offrì di pagargli un mese intero di scopate, se fosse andato con lui a nord. A Corrado quel cliente piaceva abbastanza, perciò salutò Dario e partì con l'uomo.

Quel mese si prolungò. L'uomo gli pagò una minuscola mansarda in cui c'era solamente un materasso a terra, un tavolinetto e due sedie e uno scaffale, e con il cesso in comune nel corridoio. Poiché l'uomo, quando aveva voglia di scopare, andava sempre a trovarlo nel primo pomeriggio, Corrado la sera iniziò a battere nel parco per guadagnarsi qualche soldo in più.

E una sera, quando aveva quasi diciotto anni, mentre batteva al parco fu avvicinato da un ragazzo della sua stessa età che, scoprì in seguito, faceva marchette come lui. Si chiamava Mattia Donati e stava frequentando il liceo. Si trovarono reciprocamente simpatici, così Corrado gli propose di andare nella sua mansarda per divertirsi un po'... gratis. L'altro accettò volentieri.

Si scatenarono, sul materasso di Corrado, prendendosi a vicenda, in un'allegra tenzone. Quando si furono sfogati, mentre stavano rilassandosi semiabbracciati, Mattia gli disse che lui di solito andava al parco solo quando aveva voglia di ragazzi giovani, ma gli spiegò che lui batteva usando il cerca-persone, grazie a un'agenzia. Corrado allora gli chiese se non poteva presentarlo al suo capo.

Il signor Rastelli lo volle conoscere. Corrado gli piacque e lo "assunse", per così dire. Così anche lui divenne uno dei ragazzi dell'Ages. Comunque, di tanto in tanto, Mattia e Corrado continuavano a trovarsi per divertirsi fra loro nella piccola e misera mansarda. Stavano davvero bene assieme.

Quando Mattia gli disse cha stava pensando di andarsene via da casa, Corrado gli propose di andare a stare lì da lui.

"No, grazie, è troppo piccolo qui da te. Poi mica ho ancora deciso... Magari, piuttosto, se mi decido, potremmo cercare un posto più grande, e dividere le spese. Che ne dici?"

"Sì, mi piace l'idea. Beh, quando decidi di far il grande salto, dimmelo, che ci cerchiamo qualcosa assieme." gli disse Corrado, contento.


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