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una storia originale di Andrej Koymasky


FIGLI DI PUTTANA CAPITOLO 7
FESTINI, INCONTRI, NUOVE AMICIZIE

Erano in casa. Svevo si stava arrotolando una canna e Silvio di tanto in tanto lo guardava, sollevando lo sguardo dal cruciverba che stava compilando.

"Ne preparo una anche per te?" gli chiese Svevo.

"No, grazie. Lo sai che io non bevo, non fumo, non gioco e non vado a donne: sono un ragazzo perfetto!" rispose scherzosamente Silvio. "Pigmento azzurrognolo usato nella pittura a olio o a acquerello... comincia con un B ed ha otto lettere..."

"Biadetto."

"Sei sicuro? Mai sentita, questa parola."

"Mi pare di sì."

"E allora, sei lettere, mascherina in uso a Venezia, la quarta è una T..."

"Bautta."

"Perché cavolo mettono parole così difficili nei cruciverba?"

"Boh? Non m'hanno mai attratto le parole crociate. Ti piacciono i poster di maschi nudi che ho messo nel corridoio del piano di sopra, Silvio?"

"Sì... avrei preferito avere gli originali, però, non solo le foto." scherzò Silvio. "Dove li hai trovati?"

"Non ti basto io? Mi deludi... Li ho ordinati in Germania, via Internet. C'erano anche..." iniziò a rispondere Svevo, ma si interruppe al suono del suo cellulare.

Lo prese dal tavolo su cui l'aveva posato e rispose. Scambiò alcune parole, poi disse: "Aspetta un attimo..." e si rivolse a Silvio: "Venerdì e sabato prossimi, sei libero?"

"Sì... perché?"

"Ti va di andare a un festino gay? Ottima paga, per trentasei ore circa."

"Tu ci vai?"

"Sì, certo, ma vogliono sei ragazzi. Dico che andiamo noi due?"

"Mah... perché no? Li conosci?"

"È uno dei miei migliori clienti." rispose e finì la telefonata dicendo che sarebbero andati in due.

"Dov'è?" gli chiese Silvio quando ebbe chiuso la comunicazione.

"Una vecchia cascina trasformata in casa di campagna, a una trentina di chilometri da qui, isolata fra le colline."

"Ci sei già stato? Come sono questi festini?"

"Solo un paio di volte. Noi ragazzi seminudi a fare spettacolini sexy e poi scopare con gli invitati... Cena e pranzo e di nuovo cena con loro e due notti. Grosso modo da venerdì sera a domenica mattina."

"Spettacolini sexy? Che spettacolini?"

"Strip-tease, balletti, pomiciare fra noi per farli eccitare... lasciarci palpeggiare... e poi, logicamente, scopare con gli ospiti."

"Orge?"

"Possibile... ma non certo."

"E quanti sono i clienti"?

"Non lo so, ma visto che vogliono sei ragazzi, penso che saranno più o meno una dozzina."

"Pagano bene?"

"Certo. E se uno di loro ti piace e tu gli piaci, ti fai un nuovo cliente. Tutta gente piena di grana."

Così il venerdì pomeriggio tardi, con l'auto di Svevo, si recarono alla cascina del festino. Oltrepassate le colline al di là del fiume, salirono su un'altra collina, scesero dal versante opposto prendendo una strada sterrata e, passando attraverso vigne e campi, scesero per un viottolo fino a oltrepassare un cancello aperto. Svevo si fermò sotto un fienile dove erano già parcheggiate altre automobili.

Era una vecchia cascina, come aveva detto Svevo, dall'aspetto dimesso ma non abbandonato. Mentre scendevano dall'auto, arrivò loro incontro un uomo alto e segaligno, con un gran naso aquilino, capelli sale e pepe, vestito in modo semplice, con una maglietta da rugby color vino e calzoni morbidi color antracite.

"Oh, Svevo, aspettavamo solo te e il tuo amico..." li salutò con un sorriso, tendendo loro la mano. "Bello, il tuo amico!"

"Ciao Michele. Hai trovato gli altri quattro? Sono già arrivati? Li conosco?"

"Conosci solo Roberto, credo; gli altri tre me li ha trovati lui, sono nuovi."

"Quanti saranno gli invitati?" gli chiese mentre entravano nella casa.

"Undici, oltre me e il mio Carlo, logicamente."

"Tredici porta male, dicono..." disse scherzosamente Svevo.

"Ma con voi, siamo diciannove. Nessun problema."

Silvio si guardava attorno stupito: all'interno la cascina era stata completamente ristrutturata e trasformata in ambienti veramente lussuosi, da rivista di arredamento. Il padrone di casa li guidò in un'ampia cucina dove c'erano altre cinque persone.

"Oh, ciao, Svevo. Bene, ci siamo tutti." disse l'uomo di mezza età seduto accanto al tavolo con uno dei quattro ragazzi, un moretto dall'aria da monello, seduto sulle sue gambe, che stava carezzando fra le gambe.

"Ciao, Carlo. Ciao Roberto. Vedo che non perdi tempo, eh, Carlo?" salutò Svevo con un sorrisetto.

"Quando mai!" rise Michele. Guardò l'orologio. "Bene, ragazzi, fra poco dovrebbero arrivare quelli del catering a portarci cibi e bevande e sistemarli. Frattanto Roberto e Svevo portate i nuovi a visitare la casa e spiegategli come funzionano le cose qui da noi. Poi andate a cambiarvi. Entro le otto dovrebbero arrivare tutti gli ospiti e dovrete essere pronti per la cena."

Mentre i due "veterani" portavano Silvio e gli altri tre a girare tutta la casa, illustrando come si sarebbe svolto il festino, i ragazzi si presentarono fra loro.

La casa era composta da due ali a L di tre piani, e aveva una serie di camere all'ultimo piano, sale, salette e saloni al piano intermedio, e a pian terreno solo l'ampia cucina e la sala da pranzo, perché il resto era in parte destinato a parcheggio al coperto e a magazzini. Nell'angolo interno della L, dalla parte opposta della facciata, c'era un giardino molto curato, delimitato da un muretto di pietra e un'alta siepe sugli altri due lati.

"Ma... Michele e Carlo abitano qui?" chiese a un certo punto Silvio.

"No no, in città. Questa è solo la loro casa di campagna."

"E chi gliela tiene in ordine, pulita?"

"Una vecchia coppia di checche, che solitamente abita qui." rispose Roberto.

"E dove sono, adesso?" chiese il ragazzo che si chiamava Corrado, il moretto che avevano trovato sulle gambe di Carlo.

"Quando fanno i loro festini, gli danno qualche giorno di libertà."

"Li conosci? Come sono?" chiese il biondino che si chiamava Daniele.

"Due vecchie checche, come t'ho detto. Noiosi, orsi, pignoli... e rompipalle." disse Roberto con una smorfia.

"Ma che fanno Michele e Carlo per vivere?" chiese Silvio.

"Carlo è architetto, è lui che ha ristrutturato tutto questo." spiegò Svevo. "Michele invece è un finanziere, il maggiore azionista della Fides, e vive praticamente di rendita."

"Ma stanno assieme?" chiese l'altro ragazzo, Mattia.

"Sì, da trentacinque anni almeno, per quello che ne so." rispose Roberto. "Ma ormai, a quanto mi risulta, non scopano più fra loro da un bel pezzo. Però continuano a stare assieme, un po' come fratelli."

Finito il giro, andarono in una stanza in cui i sei ragazzi si spogliarono nudi, presero una doccia nell'annesso bagno, poi indossarono l'uniforme... se così la si poteva chiamare. Questa consisteva infatti solamente di un corto kilt e un fazzolettone come quello dei boy-scout annodato al collo, polsini e leggeri mocassini di tela. Ogni "completo" era di un diverso colore e ve ne erano una dozzina fra cui scegliere.

"E gli ospiti, come si vestono?" chiese Silvio, divertito.

"Loro indossano una specie di cappa con ampie maniche, che possono tenere chiusa o aperta come vogliono, e spesso portano una maschera." rispose Svevo.

"Una maschera?" chiese Daniele.

"Sì, a volte c'è qualcuno che non si vuole fare riconoscere, specialmente da noi ragazzi. Sai, c'è anche gente importante fra loro." spiegò Svevo.

"E come... come ci scelgono?" chiese Corrado. "Se siamo solo in sei per tutti loro..."

"Ogni volta usano un sistema diverso. L'ultima volta hanno fatto un'asta, la volta prima ci avevano tirati a sorte..." disse Svevo, "ma comunque ognuno di noi prima che sia finito il party scopa con almeno tre o quattro ospiti."

"Ma se li dobbiamo servire a tavola, noi quando mangiamo?" chiese Corrado.

"No, ognuno si serve da solo al buffet, e mangiamo con loro. Cos'è, hai già fame?" gli chiese Mattia.

"Eh, cazzo, Roberto ci ha consigliato di saltare il pranzo!" protestò Corrado.

"Ma ci pagano secondo quanti clienti scopano con noi?" chiese Daniele.

"No, tariffa fissa. Che fotti con tutti o con nessuno, non cambia." rispose Roberto.

"E perché? Mica è giusto!" protestò Corrado.

"Beh, questa è la regola. Certo, se nessuno dei clienti vuole fottere con te, la prossima volta Michele e Carlo non ti chiamano più." gli spiegò Roberto. "Ma non capita, di sicuro."

"Comunque la paga è buona." fece notare Svevo.

Arrivò Michele a chiamarli: tutti gli ospiti erano già arrivati. Mentre scendevano per andare al salone, Mattia si affiancò a Silvio e gli disse sottovoce: "Mi piacerebbe scopare con te."

Silvio sorrise: "Non ci pagano mica per questo."

"Cos'è, non sono il tuo tipo?"

"Sì che mi piaci. A parte quel Roberto, scoperei con tutti voi... Anche per te è la prima volta qui, vero?"

"Mh-mh. Comunque, magari riusciamo anche a scopare, tu e io, chi sa!"

Silvio sorrise e fece spallucce.

"E se non ci riusciamo qui... ci si potrebbe trovare altrove, in un'altra occasione, no?" insisté Mattia. "Mi piaci un sacco, tu."

"Vedremo."

Non riuscirono veramente a scopare in quell'occasione, a parte quando uno dei convitati chiese proprio a Mattia e Silvio di fare un "tableau vivant". Il padrone di casa aveva infatti montato in una delle sale una grande scatola di legno foderata di moquette nera, di tre metri per due, per due di altezza, con un lato aperto e bordato da una grande cornice dorata. Lì dentro, usando solo poche suppellettili, i ragazzi a coppie dovevano rappresentare una "scena erotica" assegnata loro da uno degli invitati.

A Mattia e Silvio fu assegnato il tema "Il cavaliere seduce il suo scudiero". Non dovevano fare veramente sesso, solo mimarlo.

Ma sia Svevo che Silvio provarono un'istintiva simpatia per Mattia e per Corrado così, quando infine la domenica mattina, avuto il compenso, i ragazzi tornarono in città, Svevo dette un passaggio ai due. Prima di lasciarsi, Mattia e Corrado li fecero salire un attimo nella loro mansarda. Mattia avrebbe voluto che Silvio si fermasse con lui, per poter finalmente scopare.

Ma Silvio aveva promesso che sarebbe andato a trovare Ermando e l'avrebbe portato alle giostre, perciò, benché fosse indubbiamente attratto da Mattia, dovette declinare il pressante invito del ragazzo. Comunque si scambiarono i numeri di telefono, ripromettendosi di incontrarsi ancora.

Quando a sera Silvio tornò a casa, a Villa Arduino, Svevo lo aspettava guardando un film alla TV.

"Come stanno i tuoi?"

"Bene."

"Ti sei divertito, col tuo nipotino?"

"Certo. M'ha chiesto quando vieni anche tu a trovarlo."

"Sai... pensavo..." cominciò a dire Svevo.

Silvio aspettò un poco e, visto che l'amico non continuava, gli chiese: "Cosa?"

"Non so... Mattia e Corrado... Quei due ragazzi mi piacciono."

"Sì, anche a me."

"Hai visto in che topaia vivono?"

"Sì..."

"Qui da me... ci sono ancora due stanze libere e così pensavo di proporgli di venire a vivere con noi."

"Non li conosciamo ancora troppo poco?" gli chiese Silvio, mentre si spogliava per indossare la tuta da ginnastica che solitamente indossava in casa.

"Sì, è vero, però... mi sembrano due tipi a posto. E a me piace quel Corrado... E tu e Mattia... non ti piacerebbe averlo per casa?"

"Cos'è, ti sei stufato di scopare con me?" gli chiese Silvio, divertito.

"Ma va là, idiota! Non ti infilare quella stupida tuta e ti faccio vedere io se mi sono stufato o no. Però mi piacerebbe scopare anche con Corrado. Deve essere forte, a letto. Comunque, se non sei d'accordo, non li invitiamo."

"È casa tua; fai come ti pare."

"Che c'entra. Comunque... era solo un'idea."

"Vediamo di conoscerli meglio allora, Svevo, poi magari ne riparliamo. Incontriamoli qualche volta, prima di decidere."

"T'ho detto di non infilarti la tuta..."

"Ah, ma allora non era solo una battuta, mandrillo!"

"Vieni qui... Dai!"

"Non ti sono bastate le scopate che abbiamo dovuto fare con quelli? Con quanti hai scopato, tu?"

"Tre."

"Ti batto. Io con quattro." disse Silvio e, nudo, andò a sedere accanto all'amico che lo abbracciò e lo baciò in bocca.

Silvio lentamente lo spogliò, mentre continuavano a baciarsi e carezzarsi.

"Ti dispiace che non c'è quel Mattia, qui?" gli chiese Svevo.

"Ma va là! È proprio caruccio, devo ammetterlo, ma anche tu mi piaci. Lo sai, no? Andiamo a letto che stiamo più comodi. Anche Corrado mi piace, fisicamente."

"Hanno ventiquattro anni, tutti e due... Pochi mesi di differenza."

"Mattia si sta per laureare."

"Ah sì? Corrado ha un bel cazzo."

Silvio rise: "Più del mio?"

"Mica mi lamento del tuo... lo sai usare bene."

"Se non la pianti di parlarmi di Corrado, me ne vado a dormire in camera mia."

"Geloso?"

"Ma va a fa'n culo! È solo che adesso ci sono io qui, no? Vuoi scopare con me o no? E poi, cos'ha meglio di me, quel Corrado?"

"Vuoi che ti faccia l'elenco?" gli disse Svevo con un sorrisetto da presa in giro ma, prima che Silvio rispondesse, lo fece tacere baciandolo in bocca, mentre lo sospingeva sul letto e gli si stendeva sopra.

Quando si stesero e si rilassarono, soddisfatti, Silvio riprese il discorso che aveva interrotto.

"Anche io ho avuto una buona impressione riguardo a quei due. A Mattia e Corrado, voglio dire. Invece Roberto mi stava proprio sulle palle. Non ha fatto che sparlare di tutto e di tutti, criticare, giudicare... si credeva un padreterno. Quanto a Daniele... boh? Non mi pareva un ragazzo interessante. Né interessante né no..."

"Allora sei d'accordo se gli propongo di venire a stare qui con noi."

"Te l'ho detto, dovremo prima vedere di conoscerli meglio. Sembrano due bravi ragazzi, ma non si sa mai, a volte l'apparenza inganna."

"Proprio come nel tuo caso!" lo stuzzicò Svevo, ridacchiando.

"Stronzo!"

"Ecco, vedi!? Dopo che ti ospito, che vengo con te sul letto per farti divertire, mi insulti pure!"

"Era un termine affettuoso... mica un insulto."

"Ammazzate, oh! Allora cosa m'avresti detto, se avessi voluto insultarmi?"

"T'avrei detto... stronzo."

"Ma allora... Ecco, vedi?"

"No, quello che conta non è cosa si dice, ma come si dice, no? Il tono, l'espressione..."

Svevo si arrotolò una canna. Come le altre volte, ne offrì una a Silvio e questi, come le altre volte, la rifiutò con un sorriso.

"Un po' come quando si scopa..." mormorò Svevo esalando lentamente il fumo.

"Cosa?"

"Quello che conta non è cosa si fa, ma come si fa." rispose imitando il suo tono di prima.

Silvio ridacchiò: "Beh... sì, è così. Tu lo fai bene, comunque."

"Sono o non sono un professionista?"

"Diciamo un buon dilettante."

"Ti odio!"

"A fare il caffè, sì che sei un vero professionista."

"Vuol dire che la prossima volta che hai voglia di scopare, ti offrirò un caffè, allora!" gli disse Svevo, ridacchiando.


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