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una storia originale di Andrej Koymasky


NON CI SIAMO MAI DETTI "TI AMO"
CAPITOLO 11
VITA MATRIMONIALE

Nei primi anni dopo la fine della prima guerra mondiale quando tornarono i soldati dal fronte, a volte si riallacciarono gli antichi fili amorosi, o se ne creano nuovi. Il numero dei matrimoni ebbe un forte incremento, si "metteva su casa".

Non c'erano ancora mobili industriali: il falegname del paese preparava per tutti le stesse cose. Quasi in serie. Con i suoi garzoni preparava sei tavole per il letto (matrimoniale, naturalmente; queste tavole sorreggevano i materassi ed erano a loro volta sorrette da alti trespoli di ferro, fabbricati dal fabbro del paese); una cassa con rotelline da mettere sotto il letto e che avrebbe contenuto il corredo; due comodini, utili soprattutto per nascondere i vasi da notte; un comò e un armadio; una toletta (l'armadio e la toletta erano solitamente privi di specchio, perché in commercio si trovavano soltanto 'specchi falsi', cioè di qualità scadente, che deformavano l'immagine: l'acquisto degli specchi era rimandato a tempi migliori); un tavolo (le sedie impagliate le ordinava il falegname al nord, dove c'era una manifattura che le produceva in serie); uno scolapiatti, da appendere al muro; una madia per fare il pane.

Per tutte le famiglie, nei piccoli paesi, la fornitura era più o meno questa. Il falegname aveva standardizzato le misure di tutti i pezzi, per accelerarne la produzione: i suoi aiutanti sapevano già che dovevano fare tanti pezzi largi e lunghi così, e così via. Ma poi personalizzava ogni fornitura, applicando ai mobili fregi di legno compresso e maniglie, che il falegname comprava, facendo attenzione che fossero diversi per ogni famiglia. Faceva anche i cassetti: pezzo difficile da assemblare, se le parti non sono state fatte in modo perfetto.

Finito il lavoro, metteva i pezzi fuori della sua bottega in bella mostra: passava poi un carretto, mandato dalla famiglia, a ritirare il tutto.

Questo fu quanto Libero Norzi, figlio di Grazia e Massimo Norzi, e Cecilia Sensi, di otto anni più giovane di lui, figlia di Maurizio e Gemma Sensi, comprarono quando misero su famiglia. Il loro appartamento era al piano superiore a quello dei suoceri, che era a sua volta sopra al loro bazar.

Quando si sposarono, al loro matrimonio c'era mezzo paese, in quanto, come capita nei piccoli paesi, sono quasi tutti imparentati in un modo e nell'altro. Libero non aveva visto la fugace apparizione di Alfredo in chiesa durante la cerimonia, eppure, anche in quella occasione, pensò all'amico, rammaricandosi ancora una volta che non fosse voluto andare.

Libero pensò di nuovo ad Alfredo quella stessa notte, la prima che condivideva con la moglie. Quando ebbe la sua prima esperienza sessuale con una donna, non poté fare a meno di paragonarla con le molte esperienze che aveva avuto con Alfredo lassù nella torre saracena.

Non ebbe difficoltà a compiere il suo "dovere coniugale" con Cecilia. La carezzò, la baciò, le andò sopra e la prese, cogliendo la sua verginità, senza alcuna difficoltà e anche con un certo piacere. Ma... ma questa non era che la metà di quanto era abituato a fare a letto: sentì che gli mancava l'altra metà, quella che comunque la moglie non gli poteva dare. Sentì la mancanza di quando era Alfredo a prendere lui.

Questa mancanza, invece di attenuarsi con il passare dei giorni, sembrava diventare sempre più acuta. Cecilia era una ragazza graziosa, buona, gentile, e anche a letto era gradevole, eppure... eppure non gli bastava. Fra loro non nacque mai quella speciale complicità, quella totale intesa che aveva avuto, di cui aveva goduto con Alfredo.

Non era una mancanza acuta, lancinante, ma era sorda e continua. Vi si adattò, come ci si abitua a una difficoltà, a un handicap. Ma spesso, proprio quando faceva l'amore con la moglie, Libero chiudeva gli occhi e "rivedeva" i momenti di sesso con il suo amico, sentendone la mancanza. Si sentiva un po' come uno zoppo, che può cavarsela, camminare, ma che non può mai avere la scioltezza e l'equilibrio di chi ha l'uso completo delle due gambe.

Certo, si diceva, non era colpa di Cecilia, che era una buona moglie, affezionata, gentile. Né era colpa sua, che cercava di adattarsi, di contentarsi, e nel limite delle sue capacità di essere un buon marito. Ma Libero aveva perso quel sorriso che Alfredo aveva saputo dargli, era tornato a essere il vecchio montanaro un po' chiuso che era stato prima di incontrare Alfredo.

Subito dopo il matrimonio aveva cominciato a lavorare nel bazar dei suoceri. Libero non serviva in negozio, andava a comprare gli articoli di cui avevano bisogno, curava il magazzino e teneva in ordine gli scaffali, teneva pulita la bottega. Il suocero gli aveva affidato il camioncino con cui andava a comprare quanto serviva. Aveva scoperto di avere una buona abilità a spuntare buoni prezzi dai fornitori, dai grossisti, qualità che i suoceri gli riconobbero e apprezzavano.

Il bazar faceva buoni affari, era raro che non ci fosse almeno un cliente dentro. Vendevano articoli sportivi, indumenti intimi, articoli di merceria, giocattoli, un po' di cancelleria, e persino alcune conserve alimentari, dalle marmellate alle scatole di acciughe o scatole di biscotti. Vendevano saponi e saponette, spazzolini da denti e pettini, rasoi e lampade a petrolio, tovaglie e asciugamani. Avevano qualche servizio da tavola, semplici attrezzi come cacciaviti o martelli, e anche bicchieri e soprammobili. I suoceri e la moglie a volte erano indaffarati a servire i clienti tutti e tre.

Il suocero non era sempre in negozio, erano le due donne a occuparsene a tempo pieno. Infatti Maurizio Sensi aveva anche un orticello ai confini del paese, dove coltivava pomodori e melanzane, zucchine e fagioli, piselli e vari tipi d'insalate, verze e cavolfiori, a sufficienza per le due famiglie. Le due donne a volte preparavano delle conserve, in salamoia, sotto olio o sotto aceto con il sovrappiù di produzione, e ne mettevano i barattoli di vetro a chiusura ermetica nella cantina, per l'inverno.

Cecilia, che era l'unica in famiglia a saper leggere, scrivere e far di conto senza problemi, teneva anche i libri contabili del bazar. Quando in negozio non c'erano clienti, le due donne lavoravano a maglia o all'uncinetto, per passare il tempo, o rammendavano i loro abiti e quelli dei loro uomini. Cecilia gli aveva fatto un bel maglione di lana pesante per l'inverno.

A volte il suocero lo portava per i boschi a cercare funghi, nella buona stagione, o a raccogliere castagne. Era un uomo di poche parole, e questo piaceva a Libero. Non vi era fra i due uomini un vero affiatamento, ma stavano bene assieme. A volte, soprattutto nelle sere d'inverno, Maurizio faceva qualche partita a scopa con il genero. Vinceva quasi sempre lui, ma a Libero andava bene così.

Un'altra cosa che lo faceva spesso pensare ad Alfredo, era il caffè. Cecilia non lo sapeva fare buono come il suo antico amico. Per Alfredo, preparare il caffè, era quasi un rito. Per Cecilia era solo una delle tante cose da fare e certamente non la più importante.

Un giorno Libero era nel negozio che disponeva sugli scaffali l'ultima merce che era arrivata. Cecilia stava servendo in un angolo una donna che voleva comprare un giocattolino per il compleanno del figlio, e la suocera, in cima a una scaletta, stava prendendo alcune scatole d'indumenti intimi per un cliente in attesa.

Entrò un nuovo cliente che ad alta voce chiese: "Scusate, vorrei sapere... solo per non fare la coda inutilmente... le vendete le palle da tennis?"

La suocera, ancora sulla scaletta, rispose: "Aspettate un attimo, che tiro giù le mutande a questo signore, poi le do le palle!"

I tre uomini repressero a stento una risata, consci che la donna non aveva colto il doppio senso contenuto nella sua risposta.


Una sera, erano a cena dai suoceri e le due donne in cucina stavano finendo di cucinare, sentì Cecilia lamentarsi con la madre di non essere ancora incinta.

"Meglio così, figlia mia."

"Perché, mamma?"

"Perché sono solo pochi mesi che siete sposati. Se dovesse nascere settimino, la gente potrebbe pensare che l'avete fatto prima del matrimonio. Il primo figlio è meglio se nasce un anno dopo il matrimonio, così nessuno può dubitare di niente."

"Ma io voglio un figlio..."

"E l'avrai, se dio vuole. Ma... lo fate nel modo giusto? Come ti avevo spiegato?" chiese la madre abbassando la voce.

Libero, in soggiorno, sorrise.

"Certo mamma. E anche abbastanza spesso..."

"E... lo fa bene?"

"Ma sì, mamma... bene."

"E allora non preoccuparti. Quando il buon dio vorrà, i figli arriveranno. Siete tutti e due sani e forti, grazie al cielo, e farete figli sani e forti."

Anche Libero desiderava avere qualche figlio: quello era l'aspetto del matrimonio che più gli sarebbe piaciuto. E comunque, come aveva confidato la moglie alla madre, lui il suo dovere lo faceva, "nel modo giusto" e anche abbastanza spesso.

Certo, pensò, se non avessero mai avuto figli, sarebbe stato meglio che fosse rimasto con Alfredo... E poi no: due uomini maturi, neanche parenti, che vivevano assieme... cosa avrebbe pensato la gente, cosa avrebbe detto alle loro spalle? No, non sarebbe comunque stato possibile, purtroppo. Chissà perché la gente non si fa i fatti suoi? si chiese. Non è giusto...

Tornò Maurizio dalla cantina con due bottiglie di vino. "Libero, dobbiamo andare dal Francesco a fare provvista di vino nuovo. Ci restano poche bottiglie."

"Ho sentito dire che anche il vino di Patellaro è buono." disse Libero.

"Sì, è vero, ma è troppo caro. A meno che tu, abile come sei, riesci a spuntare un buon prezzo. Mah, ne dobbiamo riparlare. Quest'anno pare che la vendemmia sia stata buona, il vino dovrebbe essere buono e anche abbondante, e forse possiamo averne a un buon prezzo. Però mi dispiacerebbe non andare più dal Francesco, sono anni che mi servo da lui."

"Potremmo comprarne un po' dal Francesco e un po' da Patellaro, non credi?"

"Sì, potrebbe essere una buona idea." disse Maurizio, sedendo a tavola e tirando fuori dal taschino un toscano.

"E che, ti metti a fumare adesso? Da un momento all'altro le nostre donne mettono a tavola." gli disse Libero.

"Lo so, lo so, mica lo accendo. Il sigaro è un piacere tenerlo in bocca anche senza accenderlo, a differenza di quelle tue stupide sigarette. Uno dei pochi piaceri che la vita dà a un uomo." Poi l'anziano uomo abbassò la voce, avvicinando il capo a quello del genero: "Dopo quello di una buona scopata, si capisce." sussurrò ridacchiando.

Libero annuì... e di nuovo pensò ad Alfredo: quelle sì che erano "buone" scopate!

"Per un vero uomo..." continuò il suocero, sempre sottovoce, "mica uno come Bastiano, il figlio del campanaro..."

"Che vuoi dire?" chiese Libero aggrottando la fronte.

"Eh, lo sanno tutti... lo sanno tutti che quello è un finocchio!"

"Ma via! Come puoi dire una cosa così?" chiese Libero, turbato per il tono di scherno con cui l'uomo aveva pronunciato l'ultima parola.

"Ssst! Abbassa la voce, questi non sono discorsi per le orecchie delle nostre donne. "Finocchio, sì. A trent'anni non s'è ancora sposato!"

"E che vuol dire?" obiettò Libero, scuro in volto.

"Vuol dire, vuol dire... E ci ha pure provato col figlio di mio cugino, quel porco. Ci ha provato con Tarcisio, me l'ha detto mio cugino. Logicamente Tarcisio l'ha mandato all'inferno, e il Bastiano deve ringraziare che Tarcisio non gli ha spaccato il muso!"

Libero si disse che davvero non avrebbe mai pensato che Bastiano, un giovanotto che più maschio non si può... poi si disse che dopo tutto nessuno avrebbe nemmeno potuto sospettare che anche lui, che anche Alfredo... "Anche". Questa parola fu come un lampo nella sua testa.

Lui... aveva sempre negato, anche a se stesso, che poteva essere uno di quelli, un finocchio. L'aveva anche detto ad Alfredo, lassù nella torre saracena. Ma no... non erano due finocchi lui e Alfredo, erano semplicemente due amici che... che avevano provato piacere a scopare assieme. Davvero anche loro due non erano altro che finocchi, nonostante il loro aspetto?

Ma a lui gli veniva duro anche con sua moglie... anche se non ne veniva mai fuori completamente soddisfatto... anche se con Cecilia le scopate non erano "buone" come con Alfredo.

"Che hai?" gli chiese il suocero, scrutandolo.

"Niente. Che dovrei avere?"

"Ti sembra tanto strano che il Bastiano sia uno di quelli? Ce ne sono, credi a me, ce ne sono in giro. Pensa che una volta a me..." iniziò a dire Maurizio, ma si interruppe vedendo entrare in soggiorno le due donne con le pentole fumanti in mano.

"Pronto!" esclamò soddisfatta Gemma, la madre di Cecilia.

Le donne fecero le porzioni di penne all'arrabbiata, sedettero con i loro uomini e tutti si misero a mangiare dopo il consueto e squillante "buon appetito!"

Bastiano... pensava Libero mentre mangiava, un bell'uomo... virile... Si chiese se a lui sarebbe piaciuto farlo con Bastiano. Certamente non poteva correre quel rischio, specialmente se in paese si diceva che era un finocchio. E poi... e poi, no, non gli sarebbe piaciuto: Bastiano non era Alfredo. Un bell'uomo, sì, più o meno com'era un bell'uomo Alfredo. Ma loro due, su alla torre saracena... quello che era successo, non era una cosa da finocchi... Era diverso.

"Ti piace, Libero?" gli chiese la moglie, interrompendo il filo dei suoi pensieri.

"Quando uno mangia senza parlare, è perché gli piace troppo quello che sta mangiando!" proclamò Maurizio, e versò del vino a sé e a Libero, riempiendo i bicchieri, poi anche alle due donne, ma riempiendo i loro bicchieri solo a metà.

"Certo che mi piace. Fra te e tua madre non saprei dire chi è la cuoca migliore." disse Libero.

"Ma che caruccio, tuo marito, Cecilia!" esclamò Gemma, compiaciuta.

Così, Bastiano era un finocchio... e ci aveva provato con Tarcisio... Che ci trovava poi in Tarcisio? si chiese. Non che fosse brutto, anzi, se non fosse stato che era un ragazzotto così insulso, con un'espressione quasi da tonto... Beh, solo per farci una fottuta magari quello può essere secondario. I pensieri si accavallavano nella testa di Libero, mentre ripuliva il piatto con un pezzo di pane, prendendo su il buon sugo.

"Ce ne sono in giro..." aveva detto suo suocero, facendo una smorfia di disgusto, seguita subito da un sorrisetto sarcastico. "Pensa che una volta a me..." aveva poi cominciato a dire. Cosa gli era successo? Qualcuno ci aveva provato con suo suocero? Non riusciva davvero a immaginare il suocero che scopava con un maschio... ma a dire il vero neanche che scopava con la moglie, che pure doveva averlo fatto, visto che di figli ne aveva messi al mondo.

Le due donne tornarono in cucina a posare le pentole vuote e prendere il secondo e il contorno.

Libero da una parte avrebbe voluto riprende quel discorso con il suocero, dall'altra temeva che l'uomo trovasse strana la sua curiosità. Comunque Gemma e Cecilia tornarono subito con la pentola dell'arrosto morto e quella delle erbe cotte.

Una volta gli era capitato di vedere, più o meno un paio di mesi prima, Bastiano a petto nudo: era un bell'uomo, muscoloso. Però, si disse, Alfredo era più ben fatto. Libero pensò che spesso aveva pensato di una ragazza, di una donna, che era carina, ma che non l'aveva mai trovata bella. Mentre a volte, almeno alcuni uomini, li trovava notevolmente belli! Il maschio è più bello della femmina, si disse; anche fra gli animali è così, basta guardare il gallo e la gallina. O non li distingui, come i cani o i gatti, o è più bello il maschio.

"Che hai, Libero?" gli chiese Cecilia.

"Niente... niente."

"Oggi è pensieroso." disse Maurizio.

"No, è che stavo pensando a cosa devo andare a comprare per il bazar, a cosa manca o sta per finire." si giustificò Libero.

"Beh, non ti dare pensiero, Libero, lo sai che faccio sempre la lista, no? Pensi di andare domani a fare un giro a prendere quello che manca?"

"Sì, o domani o dopodomani."

"Tu, Libero, dovresti qualche volta a darmi una mano anche a curare l'orto." disse il suocero.

"Non sono mai stato un contadino, io. Sono un montanaro, un minatore." si scusò Libero.

"Mica è niente di difficile. Ti insegnerei io, impareresti in fretta, almeno le cose più semplici da fare. Comunque, non è che davvero ne ho bisogno: finché dio mi conserva la forza me la cavo anche da solo." disse Maurizio versando di nuovo il vino a tutti quanti.

Cecilia si alzò e portò a tavola la frutta. Finirono il pranzo. Mentre le donne lavavano le stoviglie, Maurizio tirò fuori dal cassetto le carte da scopa e i due uomini fecero un paio di partite. Poi tutti assieme scesero al piano di sotto a riaprire il bazar, come ogni giorno.


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