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una storia originale di Andrej Koymasky


LE PROVE DI MODESTO CAPITOLO 3
IL RE SI LIBERA DI MODESTO

Quando a sera Valdemaro incontrò il suo fedele amico Adalberto, entrambi avevano ucciso un cervo e due fagiani.

"Siamo pari!" esclamò Adalberto mentre cavalcavano verso la città con le loro prede.

"Mi dispiace, mio caro amico, ma ti ho battuto. La mia migliore preda mi sta aspettando alle porte del castello!"

Adalberto aggrottò la fronte, lo guardò e gli chiese: "Che intendi dire?"

Valdemaro gli narrò come avesse incontrato il giovane boscaiolo e l'avesse sverginato.

Adalberto allora gli chiese, meravigliato: "Ti piace talmente che gli hai dato la tua parola che lo terrai con te, a differenza di tutti gli altri ragazzi?"

"Sicuramente mi piace. Ma dopo che l'avrò goduto, lo manderò via come tutti gli altri."

"Ma mi hai detto che gli hai dato la tua parola! Un re non manca mai alla sua parola."

"E non mancherò! Gli ho detto che dovrà superare un'ultima prova... e gli chiederò che vada nel Mondo Magico per portarmi i sette tesori che vi sono custoditi!"

"Ma mai nessuno è tornato vivo dal Mondo Magico!" esclamò Adalberto.

"Appunto!" gli rispose il re e scoppiarono entrambi in una fragorosa risata.

Tornati a castello, Modesto era già accanto al portale d'accesso che attendeva. Valdemaro lo indicò all'amico: "Eccolo là, che mi attende." gli disse.

Adalberto lo guardò e disse: "È veramente uno splendido ragazzo! Dopo che te lo sarai goduto, me lo cederai, vero?"

"Non so, vedremo. Non credo che il ragazzo accetterà, ha perso la testa per me. Ricorda che gli ho dato la parola che sarà mio e solo mio!"

Adalberto scosse la testa e disse, in tono tranquillo: "È un vero peccato. Goditelo, allora, amico mio!"

Giunti al portale, il re ordinò alle guardie di lasciar entrare il ragazzo. Nella corte scese da cavallo, lo affidò con le prede di caccia ai servi e subito condusse Modesto nelle sue stanze.

"Tu starai qui nelle mie stanze, pronto a soddisfarmi ogni volta che te lo chiederò. I servi ti porteranno qui i tuoi pasti."

"Come comandi, mio re!" esclamò lietamente il giovane e bel boscaiolo.

Così il re per alcuni giorni si divertì con Modesto, che era sempre più innamorato di lui e che gli si donava ogni volta con piena dedizione. Ogni volta Valdemaro lo prendeva in una diversa posizione, spesso sia fottendolo in bocca sia nel culo, fino ad ottenere dal ragazzo piena soddisfazione.

Dopo alcuni giorni il re si stancò di lui: non c'era più la novità, aveva ormai usato il ragazzo in tutti i possibili modi. Quindi gli disse: "Bene, Modesto, mi sei piaciuto."

"Mi tieni per sempre con te, allora?" gli chiese il ragazzo, gli occhi scintillanti di gioia.

"Per essere il compagno del re... devi prima superare un'ultima prova e farmi alcuni doni, ragazzo."

"Tutto ciò che è mio, compreso il mio corpo, è già tuo." gli disse Modesto.

"Ma tu puoi farmi ancora avere qualcosa che desidero."

"Dimmi, mio re!"

"Domattina dovrai prendere la strada che va verso nord, finché troverai la Grotta Fumosa. Dovrai entrarvi. Al fondo troverai l'ingresso al Mondo Magico. Dovrai penetrare anche lì e cercare per me i sette tesori: la coppa di cristallo, il broccato cangiante, l'uccello con le piume arcobaleno, il melograno di rubini, la lepre dalla pelliccia d'oro, la spada invincibile e la lampada eterna. Quando me li riporterai, siederai accanto a me sul mio trono e giacerai con me sul mio letto finché morte non ci separi. Questa è l'ultima, definitiva prova. Quando mi porterai i sette tesori, manterrò la mia parola."

Modesto, essendo pieno di amore per Valdemaro, accettò immediatamente la sua richiesta e si preparò per il lungo viaggio e per affrontare l'impresa che l'uomo che lui amava gli aveva richiesto di compiere.


Nel frattempo il Mago Cammino, nella sua torre che sorgeva dalle acque del Fiume Placido, stava dormendo nella grande camera, attorniato dai letti dei suoi accoliti. Gli dei gli mandarono un sogno e il Mago si svegliò di colpo. Sedette sul letto e chiamò.

"Sincero! Sincero, Svegliati!"

Il giovane si svegliò e, nel buio della stanza, rispose: "Sì, Cammino?"

"Alzati, accendi una lucerna e vini qui."

Il giovane si alzò, tastoni cercò la lucerna e la pietra focaia, ne trasse le scintille e accese il lume. Lo prese in mano e si accostò al letto del mago.

"Eccomi, Cammino."

"Siedi qui sul bordo del mio letto. Ascoltami attentamente, gli dei mi hanno mandato una visione. Domani mattina un giovane boscaiolo uscirà dal castello del re, uscirà dalla città e prenderà la strada che porta alla Grotta Fumosa. Dovrà entrare nel Mondo Magico, ma da solo non riuscirà mai a penetrarvi e meno ancora a compiere l'impresa che il re gli ha assegnato, e infine a tornare indietro.

"Ma gli dei, a vergogna del re, vogliono che questo giovane boscaiolo riesca. Pertanto avrà bisogno di tutto il nostro aiuto. Solo un ragazzo ancora vergine potrà aiutarlo accompagnandolo in questa impresa, e so che tu, unico fra i miei accoliti, lo sei. Aiutami a vestirmi e accompagnami nella stanza superiore, perché io possa compiere su te gli incantesimi e prepararti.

"Il viaggio sarà lungo e pericoloso. I miei sortilegi potranno darti la necessaria protezione perché tu possa compierlo con lui, ma ricorda bene, il tuo aiuto sarà efficace solamente se resterai vergine."

Il giovane accolito aiutò il vecchio mago e salirono assieme nella stanza superiore. Qui il mago gli fece accendere tutti i lumi, prese lo specchio magico e, pronunciato un incantesimo, chiese a Sincero di guardarvi dentro.

"Che cosa vedi?"

"Vedo un giovane boscaiolo."

"Bene, guardalo accuratamente, in modo di riconoscerlo quando lo incontrerai. Ha qualcosa con sé?"

"No, non mi pare."

"Neanche la sua ascia? Una bisaccia?"

"No, certamente no, né l'una né l'altra."

Poi il mago pronunciò un altro incantesimo, guardò a sua volta nello specchio, e annuì più volte. Andò a uno degli scaffali che coprivano le pareti e ne prese, una dopo l'altra, alcune scatolette, alzando una lanterna per guardarvi dentro. Da ogni scatola estrasse una minuscola pietra preziosa. Quando ne ebbe scelte sette, le porse al suo accolito.

"Ognuna di queste ti servirà per facilitare una delle sette prove, e permettere così al boscaiolo di portar via uno dei tesori. Non mi è dato sapere quale pietra dovrai usare in ogni occasione, ma spero che gli dei e la tua intuizione ti aiutino a fare la giusta scelta. Perché il boscaiolo possa prendere quanto deve, dovrai prima deporre accanto all'oggetto la pietra giusta."

"Se sbaglierò, accadrà qualcosa di male?" gli chiese Sincero.

"No, avrai semplicemente perso quella pietra e reso inutile una delle altre che ti rimangono. E il boscaiolo avrà un'assai più grande difficoltà a portare via il tesoro. Quindi, prima di usarle, pensaci bene. E che i sette dei ti assistano."


La mattina presto, Modesto salutò il re e si avviò, pieno d'incosciente baldanza e felicità, verso il destino che il malvagio re gli aveva riservato.

Scese fino al Fiume Rapido, passò sul ponte di legno, risalì la china del Borgo Nuovo e uscì dalla porta che dava sulla strada per la Grotta Fumosa. Camminava a passo rapido, fischiettando una delle vecchie canzoni dei boscaioli, sentendosi felice e fiducioso.

La strada si svolgeva in ampie curve attraverso i campi, su e giù per i lievi pendii delle basse colline. Camminò tutta la mattinata. A mezzo giorno si fermò a una delle case dei contadini e chiese loro se potessero dare un po' di cibo a un viandante. Gli dettero un tozzo di pane, un pezzo di cacio e una tazza d'acqua.

Modesto mangiò, bevve, poi ringraziò i contadini. Questi gli chiesero: "Dove stai andando, ragazzo?"

"Alla Grotta Fumosa."

"Intendi forse tentare di andare nel Mondo Magico?"

"Così è."

"Ma non sai che nessuno di quanti vi è riuscito a entrare è mai tornato indietro?"

"Ebbene, sarò io il primo!" esclamò allegramente Modesto.

I contadini scossero il capo ma non dissero nulla. Modesto li salutò e riprese a passo svelto la sua strada.

I colli si fecero più ripidi e alti, i campi cessarono e cominciò il bosco. Modesto, avendo abitato per tutta la sua vita nel bosco, si sentì a proprio agio, e camminò anche a passo più svelto. Dopo un'ultima curva, il bosco cessò e si trovò di fronte a un'altissima montagna quasi brulla, su cui la strada saliva in strettissimi tornanti, per terminare a mezza costa davanti a uno scuro foro nella roccia, da cui si levava un denso pennacchio di fumo, come fosse da un comignolo.

Modesto affrontò la salita. A metà via verso l'entrata della grotta, vide un giovane uomo seduto al lato della strada, che stava mangiando un frutto. Il giovane lo salutò.

"Ehilà, viandante, stai andando anche tu alla Grotta Fumosa?" gli chiese.

"Sì. Anche tu?" gli chiese Modesto.

"Sì. Vuoi una mela?" gli disse, prendendone una dalla sacca che aveva a tracolla e porgendogliela.

"Grazie, sì, sei molto gentile. Come mai vai anche tu alla Grotta Fumosa?"

"Sono l'accolito di un Mago, e mi ha detto che devo fare questo viaggio e visitare il Mondo Magico... così... sono qui. E tu?"

"Il mio re mi ha inviato a cercare i sette tesori e mi ha ordinato di portarglieli."

"Ti andrebbe di percorrere la strada assieme?"

"Volentieri. In due il viaggio sarà più gradevole, penso. Io mi chiamo Modesto. Qual è il tuo nome?"

"Sincero."

Modesto pensò che era un bel giovane, con un sorriso franco e aperto, occhi vivaci di un bel colore verde-azzurro, labbra sensuali, e una folta capigliatura ondulata del colore del grano maturo.

Ripresero la strada fianco a fianco, in silenzio. Di tanto in tanto si lanciavano un'occhiata e si scambiavano un breve sorriso.

Giunsero all'imboccatura della Grotta Fumosa. Ne uscivano dense volute di fumo dal forte odore di zolfo. Era impossibile vederne l'interno.

"Pensi che sia pericoloso entrare e respirare quel fumo?" chiese Modesto.

"Vedi che il fumo invade tutta la parte alta della grotta, ma la parte bassa è libera? Credo che se procederemo carponi, non dovremmo avere problemi. Semplicemente ci metteremo un po' più di tempo a traversarla tutta."

Modesto annuì. Perciò dopo essersi lanciati un'occhiata, si misero giù ventre a terra e strisciarono dentro la grotta. Avanzarono per parecchi minuti; la posizione era molto scomoda e stancante a causa delle asperità del terreno, ma i due giovani procedettero senza fermarsi. Finalmente videro una luce lontana e capirono che la grotta stava per finire. Con rinnovata energia continuarono a strisciare, e anche l'aria stava diventando meno greve.

Quando finalmente sbucarono all'aperto, videro che anche da quella parte il denso fumo giallastro si levava in grandi volute. Si ripulirono poi si massaggiarono le ginocchia e le braccia indolenzite. Di fronte a loro c'era una strada che scendeva verso destra, su uno stretto cornicione di roccia che aveva sulla destra la ripida parete del monte e sulla sinistra un profondissimo precipizio.

"Questa è la Strada Perigliosa. Dovremo camminare uno dietro l'altro e tenerci ben contro la parete di roccia e non guardare mai in giù, perché ci potrebbe afferrare il capogiro e potremmo perdere l'equilibrio." gli disse Sincero. "Aprirò io la strada, tu seguimi e fai bene attenzione a dove metti i piedi. Ma stai ben attento, perché il vero pericolo di questa strada non è solo il fatto che è stretta e dà sul precipizio, ma anche perché a volte franano da sopra pezzi di roccia che, se ci colpiscono, ci possono anche uccidere."

"Non abbiamo un modo per proteggerci?" chiese Modesto, continuando a camminare dietro di lui.

"Solo la buona fortuna." rispose Sincero.

E la buona fortuna li assisté: giunsero alla fine della Strada Perigliosa e si trovarono su un altopiano che guardava nel Grande Oceano. Dall'estremità del pianoro sorgeva un ampio arcobaleno la cui altra estremità scompariva in mezzo al mare.

Sincero si girò a guardare Modesto: "Ecco, questo è il ponte Arcobaleno, che ci porterà al Mondo Magico."

"Ma porta nell'acqua dell'oceano... e come potremo camminare su un ponte che è fatto di luce?"

"Non te lo so dire, so solo che dobbiamo passare di lì... e che se seguirai attentamente i miei passi, non cadremo nell'oceano. Può darsi che l'ingresso al Mondo Magico sia... nell'acqua, e che da qui semplicemente non lo possiamo vedere."

Modesto si grattò la testa, pensando e considerando il problema. Poi sorrise, fece spallucce e allegramente disse: "E allora proviamo a camminare su quel ponte. È chiaro che non è un normale arcobaleno, infatti il cielo è terso e pulito, non ha piovuto, e mai nessun uomo ha raggiunto l'origine di un arcobaleno, a quello che dicono i vecchi, mentre questo sorge qui davanti a noi dalla pietra. D'altronde, se dobbiamo andare nel Mondo Magico, anche il Ponte Arcobaleno è certamente opera di magia."

Sincero annuì, gli sorrise, lo prese per mano e lo guidò sul Ponte Arcobaleno. Nonostante Modesto potesse vedere attraverso i colori dell'arcobaleno la superficie dell'oceano, solcata da grandi onde, i suoi piedi sentirono sotto di lui una superficie perfettamente liscia ma solida. Mosse i primi passi con una lieve esitazione, ma poi si sentì via via più sicuro e, seguendo Sincero, camminò a passo più spedito.

Ed ecco che, quando giunsero sulla parte più alta dell'ampia curva del Ponte Arcobaleno, dalla parte opposta vide che in realtà vi era una grandissima isola, con foreste, montagne e vulcani, con fiumi e mille insenature, e qua e là s'intravedevano anche alcune costruzioni.

La scena aveva una sua misteriosa bellezza, e mentre scendevano lungo la curva del ponte, videro che questo finiva su una punta dell'isola, su un vasto prato chiuso a sinistra da un'alta catena di monti le cui cime erano ammantate di nuvole, e di fronte dal limitare di una foresta. Dai monti scendeva un ampio fiume che si gettava nell'oceano.

Giunsero senza problemi alla base del ponte, sul vasto prato. Di fonte a loro videro un muraglione, che non avevano notato prima, e questo aveva un portale al centro, i cui battenti erano spalancati. Vi si avviarono e quando stavano per oltrepassarlo, un maestoso soldato si materializzò davanti ai loro occhi.

"Oh, eccovi qui! Vi aspettavamo. Modesto e Sincero, troverete due strade, se prendete quella giusta troverete quanto cercate, ma se prendete quella sbagliata, vi perderete nelle terre del labirinto e non uscirete mai più di lì."

"E come possiamo capire quale delle due vie è quella giusta?" chiese Sincero.

Il maestoso guerriero rise e la sua risata suscitò un eco come di mille cascate: "Sta a voi tentare la vostra fortuna. Non vi dirò certo io quale dovete prendere."

"Andiamo!" disse Modesto, in tono deciso.

Il guerriero divenne sempre più trasparente, finché scomparve senza lasciare traccia. Davanti a loro c'erano due strade, che divergevano conducendo in diverse direzioni.

"Come possiamo..." iniziò a dire Sincero.

"Quella di sinistra!" disse in tono deciso Modesto.

"Perché? Che cosa ti fa sentire così sicuro di te?"

"Mentre parlava, quando ha detto che se prendevamo quella giusta, la sua mano si è mossa impercettibilmente verso la nostra sinistra e mentre parlava di quella sbagliata, si è lievemente spostata verso destra. Ho notato che ogni volta che si parla di una strada da prendere, se anche una persona parlando si sbaglia confondendo la destra con la sinistra, la mano indica sempre nella giusta direzione. Perciò la strada giusta deve essere quella di sinistra."

Sincero chiese: "E se avesse volutamente fatto un gesto per trarci in inganno?"

"Non credo davvero, se questa fosse stata la sua intenzione, avrebbe mosso la mano in un gesto più ampio e sicuramente visibile. No, sono certo che è stato un movimento involontario, perciò senza volontà di ingannarci."

Così, presero la strada di sinistra che fra le alte erbe appena mosse dal vento, curvava verso gli alti monti dalle cime coperte di nuvole.


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