Dopo aver cenato, andarono in soggiorno. Prima di accendere lo schermo TV per guardare il film, Savino invitò Amedeo a sederglisi in grembo, rivolto verso di lui, mettendo le ginocchia sul sofà. Poi prese, da sotto un cuscino, un pacchettino e glielo porse.
"Che cos'è?" chiese Amedeo prendendolo in mano.
"Un piccolo pensiero dalla Svizzera. Aprilo."
Amedeo scartò il pacchetto e vide che conteneva un astuccio con il marchio della Rolex. Lo aprì e vi era un bellissimo orologio. Restò a guardarlo, gli occhi sgranati.
"Ti piace?" gli chiese Savino, con un sorriso.
"È... è troppo! Un Rolex... costano... un occhio della testa!"
"Ma no, non è per nulla troppo, per te." gli disse Savino.
Gli slacciò il vecchio orologio dal polso e lo sostituì con il Rolex. Poi prese fra le mani il viso di Amedeo, lo attirò a sé e lo baciò. Il ragazzo lo abbracciò e gli si premette contro. Il loro bacio divenne profondo e appassionato. Amedeo gli aderì di più fino a sentire sotto di lui l'erezione dell'uomo premere, calda e dura.
"Portami di là... abbiamo aspettato anche troppo." mormorò.
"E il film?"
"Un'altra volta. Ora voglio solo essere di nuovo tuo!" disse il ragazzo, eccitato, pieno di desiderio. Gli scivolò via dal grembo, si mise in piedi e lo fece alzare: "Portami di là." disse ancora, gli occhi brillanti.
Savino lo portò nella sua camera, e dopo poco erano sul grande letto circolare, le loro membra allacciate, che si sfregavano uno contro l'altro, baciandosi e carezzandosi con crescente desiderio. Amedeo da una parte avrebbe voluto prolungare il dolce supplizio che veniva dall'indugiare nei preliminari e dall'altra bruciava per il desiderio di unirsi nuovamente al bell'uomo.
Quando finalmente Savino lo prese, Amedeo si sentì felice. Accolse in sé il forte membro dell'uomo, accompagnandone l'avanzata dentro di lui con un sommesso e lungo "sì...". Appena Savino iniziò a muoverglisi dentro, a volte con lunghi e forti spinte a volte in un ritmo veloce e vigoroso, Amedeo si sentì subito infiammato di piacere e gli si muoveva sotto, accompagnando ogni affondo con una spinta, quasi per accoglierlo meglio, più a fondo.
Di tanto in tanto rallentavano, in modo di non raggiungere troppo in fretta l'orgasmo e, attendendo che le loro eccitazioni diminuissero un poco, si carezzavano e baciavano. Poi riprendevano la piacevole ginnastica dell'unione sessuale. Man mano che l'orgasmo si avvicinava, i loro gemiti che erano emessi quasi in contrappunto, giungevano a sincronizzarsi, sì che era sarebbe stato difficile dire da chi di loro due provenissero.
Come la prima volta, Amedeo raggiunse l'orgasmo senza essersi toccato, senza bisogno di masturbarsi, solo per l'intensità del piacere che Savino gli procurava prendendolo. E nuovamente, poco dopo, anche l'uomo si abbandonò a un forte e piacevolissimo orgasmo, scaricandosi dentro l'accogliente e caldo canale del ragazzo, con poche, forti spinte. Ad Amedeo piaceva sentire il forte membro palpitare dentro di lui in corrispondenza con ogni getto.
Si fermarono, ansanti e lievemente sudati, si rilassarono uno sull'altro, ancora intimamente uniti, gustando il graduale tornare alla normalità dei loro respiri e del battito dei loro cuori.
Savino emise un profondo sospiro: "Mi piaci immensamente, Amedeo! Fare l'amore con te è splendido."
"Oh... chissà a quanti ragazzi l'avrai già detto."
"No, mai. Certo, alla mia età ho avuto molti ragazzi, è vero. Ma non ho mai incontrato nessuno capace di darmi un piacere così forte come te. Devi credermi, Amedeo, sto dicendo la verità. Mi piaci veramente molto, più di qualsiasi ragazzo abbia avuto fino a oggi. In ventiquattro anni dalla mia prima volta, tu sei l'unico che mi dà tanta gioia."
"Ventiquattro? Allora la tua prima volta è stata quando avevi diciotto anni? Proprio come me."
"Sì, avevo diciotto anni."
"Ti va di raccontarmi come... com'è stata?"
"Ne ho un ricordo vago. Non è stato nulla di memorabile, anche se comunque gradevole."
"Per me la prima volta è stata in una sauna... con uno sconosciuto. Mi è piaciuta, ma... ma con te è completamente diverso."
"Sì, esattamente come per me con te. Quella prima volta... Lui aveva venti anni o poco più e io diciotto, come t'ho detto. Io sapevo già da almeno un paio di anni che mi piacevano solo i ragazzi, ma non avevo ancora mai avuto il coraggio di farlo, di provarci. Una sera dopo cena, stavo aspettando un amico che doveva passare a prendermi con la sua moto per andare a ballare assieme, ero sul marciapiede e guardavo su e giù nella via chiedendomi da che parte arrivasse... Si fermò un'auto davanti a me, e quel ragazzo mi chiese quanto volevo per andare a scopare con lui."
"Ma va? Ti aveva preso per una marchetta?"
"Sì, evidentemente. Io l'ho guardato e ho visto che era un bel ragazzo, un bel sorriso franco... e così su due piedi ho deciso che sarei andato con lui. Il giorno dopo il mio amico era arrabbiato con me perché non mi aveva trovato..." disse Savino ridacchiando.
"E quel giovanotto ti ha portato a casa sua?"
"Sì. Mi ha portato subito in camera, ci siamo spogliati, siamo saliti sul suo letto... abbiamo cominciato con un sessantanove, poi lui s'è fatto prendere da me, poi mi ha preso. Contrariamente a quanto temevo, non mi ha fatto male... solo un po' di fastidio. Comunque mi era piaciuto."
"E poi... ti ha veramente pagato?"
"Sì, certo." ridacchiò Savino. "Quelli erano i primi soldi che mi guadagnavo! Comunque in seguito non l'ho mai più fatto per soldi, ma solo per piacere. Qualche volta ho pagato io un bel ragazzo... ma solitamente chi lo fa per soldi non lo fa veramente bene. Per loro è lavoro, non piacere."
Amedeo si sentì imbarazzato: in fondo anche lui non stava facendo un lavoro, per ordine dei genitori, anche se indubbiamente lo faceva anche con un grande piacere? Cercò di cacciare dalla mente quel fastidioso pensiero. Non gli fu difficile, poiché Savino riprese a carezzarlo e baciarlo, sì che presto erano entrambi nuovamente eccitati e pieni di desiderio. E ripresero a fare l'amore.
Quando il venerdì mattina Amedeo tornò a casa, il padre si fece immediatamente consegnare il Rolex: "Ottimo! Un Rolex Datejust di acciaio e oro giallo. Deve valere qualche migliaio di euro! Questo lo piazziamo bene, anche meglio del collier di zaffiri."
"Ma papà... si meraviglierà a vedere che non l'indosso mai."
"Ma no, Amedeo. Gli dirai semplicemente che papà l'ha messo in cassaforte, per paura che tu possa essere rapinato. Lo sa bene, il cavaliere, che succede, e lo capirà e ci crederà." disse la contessa Beatrice, ammirando a sua volta il bell'orologio. "Quanto pensi che ci facciamo, Demetrio, con questo Rolex?"
"Non lo so, ma sicuramente non meno di duemila euro."
Amedeo non era contento. Non tanto per non poter tenere il Rolex, quanto perché era un regalo di Savino. Gli sarebbe dispiaciuto altrettanto, anche se l'uomo gli avesse regalato soltanto una scatola di fiammiferi e il padre gliel'avesse presa!
Con la benedizione di padre e madre, Amedeo e Savino si vedevano e facevano l'amore circa tre, quattro volte a settimana. Savino gli aveva regalato un Apple iPhone 3G per poterlo chiamare, e Amedeo era riuscito a convincere il padre che doveva lasciarglielo.
Un giorno Savino passava di fronte al negozio antiquario di un suo vecchio amico e pensò di fermarsi a salutarlo. Mentre chiacchierava con lui, vide nel negozio un mobile che attrasse la sua attenzione: "Scusami, Dario, quel sécrétaire non è un Maggiolini autentico?"
"Hai sempre un ottimo occhio. Sicuro che è un Maggiolini autentico."
"È molto bello. Dove l'hai scovato?" gli chiese, andando a guardare più da vicino i preziosi intarsi.
"Oh, sai... un nobile decaduto, che ogni tanto mi chiama per vendermi un pezzo. Ormai a casa loro sono arredati con pezzi di valore solo la stanza d'ingresso, il salotto, il bagno e il corridoio. In altri termini quello che permette loro di dare ricevimenti, senza far capire agli ospiti che sono in miseria nera."
"L'hai restaurato?" chiese Savino aprendone i cassetti, la ribaltina.
"No, era in perfette condizioni, l'ho solamente ripulito a fondo. Tutti i mobili che i Marini mi hanno venduto fino a ora erano in perfette condizioni, devo dire."
"Ah. I Marini di Vallalba?" chiese Savino, colpito.
"Sì, proprio loro. Li conosci?"
"No... solo sentiti nominare... quelli che hanno il palazzo di fronte al monastero di Santa Chiara, no?"
"Sì, proprio loro."
"Quanto vuoi per questo Maggiolini?"
"Bah... perché sei tu... mi accontento di venticinquemila euro."
"Cioè almeno il doppio di quanti l'hai pagato ai vecchi proprietari!" gli disse ridendo Savino.
"No, onestamente. A loro ho dato ventimila euro, quindi per te ricarico solo del venti per cento, poco più. Se non mi credi ti faccio vedere la ricevuta!"
"Ma no, ma no, ti credo."
"Lo vuoi, allora?"
"Sì. Hai altri mobili che provengono da quella famiglia?"
"Sì, alcuni pezzi mi restano. Sai, tutta roba di gran valore, piuttosto cara, che non è facile vendere. Vuoi vederli?"
"Sicuro."
Così Savino, oltre al sécrétaire Maggiolini, acquistò anche un letto da una piazza e mezzo, due sedie e una poltroncina assortite, un tavolinetto, un cassettone, una libreria e un bell'armadio. Pagò per il tutto trecentomila euro. Chiese all'amico il favore di tenerglieli in deposito fino a quando li avesse mandati a prendere.
Quando incontrò nuovamente Amedeo, non gli disse nulla. Ma ora cominciava a capire alcune "stranezze" che aveva notato prima, ma a cui non aveva dato molto peso. Quel ragazzo gli piaceva molto, avrebbe voluto che diventasse il suo ragazzo fisso e pensò che ora che sapeva quali fossero le sue reali condizioni, avrebbe voluto anche toglierlo dalla miseria in cui il suo amico antiquario gli aveva detto che la sua famiglia viveva.
I Marini di Villalba dettero un altro ricevimento a cui invitarono logicamente anche il cavalier Savino Bellucci. L'uomo con la scusa di dover andare in bagno, si fece accompagnare da Amedeo. Sulla porta gli disse: "Grazie. Faccio in fretta. Non è necessario che mi aspetti, torno subito in salotto."
Amedeo gli sorrise e tornò indietro. Savino allora uscì dal bagno e andò in punta di piedi ad aprire una delle porte del corridoio, poi un'altra, un'altra ancora... e vide lo squallore delle altre stanze. Riconobbe, grazie ai libri di legge, la stanza di Amedeo e provò una stretta al cuore. Sì, si disse, doveva portarlo via di lì.
Tornò in salotto. L'atmosfera gioiosa e mondana del ricevimento ora gli sembrava quasi assurda. Si chiedeva che cosa potesse e dovesse fare. Riuscì a far finta di nulla finché venne l'ora in cui tutti gli ospiti iniziarono ad accomiatarsi. Sulla porta, chiese ad Amedeo quando si potevano rivedere.
"Domani sera?" gli propose Amedeo.
"Sì, certo. Vieni tu direttamente da me verso l'ora di cena? Mangiamo qualcosa e poi ti fermi da me..." gli propose sottovoce.
"Sì, volentieri. A domani, allora."
La sera dopo cenarono nell'attico, poi guardarono un film e finalmente andarono a letto. Come le altre volte, fecero l'amore, a lungo, con passione e piacere. Da qualche tempo, più precisamente da quando Savino si era reso conto di essersi innamorato di Amedeo, aveva chiesto al giovane di prenderlo a sua volta e questo aveva dato un grande piacere al ragazzo.
Così, quella sera, dopo essersi presi a vicenda, mentre si rilassavano semi-abbracciati, Savino gli disse: "Amedeo... io da un po' di tempo mi sono reso conto di essere innamorato di te. E allora... allora avrei piacere se tu venissi ad abitare qui con me."
Amedeo lo guardò con occhi sgranati, poi gli disse, emozionato: "Ma non mi conosci ancora abbastanza... come fai a pensare che io sia la persona giusta per te?"
"Tre mesi, quasi quattro, non sono troppo pochi."
"Ma i miei... non so se..." obiettò Amedeo, sentendosi perso.
Infatti anche il ragazzo si era accorto che si stava innamorando di Savino, e gli pesava sempre più doverlo sfruttare come i genitori volevano che facesse.
"Sei maggiorenne, no? Che ti importa dei tuoi? Tu... tu non mi vuoi bene?"
"Sì. Sì che... anche io mi sento... sento sempre più che... che ti amo." balbettò il ragazzo. "Ma non credo che sia possibile..."
"Non pretendo che tu mi dia subito una risposta. Voglio però che ci pensi, seriamente. Sento di avere sempre più bisogno di te, di averti con me. E quando avrai finito gli studi, se ti fa piacere, potrai anche lavorare con me. Avere un avvocato in casa potrebbe essere comodo." gli disse Savino, cercando di dare un tono spigliato alla proposta.
"Mi hai colto di sorpresa... lasciami un po' di tempo, Savino, ti prego." mormorò il ragazzo, sentendosi la testa girare.
"Certo, Amedeo. Non abbiamo fretta... non troppa... Ma pensaci seriamente, per favore."
Quando Amedeo tornò a casa, ci pensò, a lungo. Gli sarebbe piaciuto poter andare a vivere con Savino, si sentiva sempre più conquistato da quell'uomo. Alla fine decise di affrontare l'argomento con i genitori.
"Papà, mamma... Savino mi ha chiesto di andare a vivere con lui... dice che è innamorato di me e così..."
"Perfetto! Tienilo ancora per un po' di mesi sulla corda, in modo di sfruttarlo ancora un po', di spremerlo ben bene... Vedi di farti fare altri regali di valore." gli disse il padre.
"Se vai a vivere con lui... sei sicuro di riuscire a farci avere altre cose di valore?" gli chiese la madre.
"No. No e non mi importa. Non voglio più mandare avanti questo gioco, questa recita. Io...io sono innamorato di lui, e non mi va più di sfruttarlo!"
"Suvvia, innamorato di lui! È un uomo, mica una donna!" gli disse la madre con una smorfia.
"E a me piacciono gli uomini, non le donne. Dovresti saperlo bene, no? E non solo mi piace, ma me ne sono innamorato." ribatté Amedeo.
"Eh no! No!" disse il conte Demetrio, accigliato, "I patti erano chiari, mi sembra. Tutto quello che abbiamo fatto per farlo cadere fra le tue braccia... o viceversa, a che sarebbe servito, allora? No, non c'è niente da fare. Devi continuare a farlo sospirare e a mungerlo ben bene anche meglio di quanto hai fatto fino a ora!"
"Non potete chiedermelo, non potete impormelo. Sono maggiorenne e posso decidere per me stesso!"
"Certo che possiamo!" tuonò il padre. "Non ti azzardare a farci questo scherzo di cattivo genere o te ne pentirai. Faremo sapere a tutta la buona società che siete due omosessuali, faremo uno scandalo, lo rovineremo, e te con lui! Se fosse sicuro che far sapere in giro che è omosessuale non gli nuoce, non farebbe tanto per tenerlo nascosto, non lo capisci? Vuoi che lo trasciniamo nel fango?"
"E voi con lui? Dicendo in giro che lui e io siamo omosessuali e amanti... e io direi a tutti che mi avete spinto voi fra le sue braccia... voi come ne verreste fuori?"
"Noi, lo sai bene, non abbiamo granché da perdere, a parte la faccia. Ma lui avrebbe da perdere buona parte dei suoi affari. E non so se la gente crederebbe più a te o a noi! Ti puoi immaginare se qualcuno può credere che ti abbiamo spinto noi sul letto di quell'uomo! Non sei più un bambino, un minorenne. Sicuramente crederebbero più a due genitori affranti che a un omosessuale scapestrato!"
"Ma rifletti, Amedeo... proprio adesso che stiamo riuscendo ad avere persino qualche piccolo risparmio... Non puoi abbandonarci proprio ora. Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te! Non essere così egoista, Amedeo!" gli disse la contessa Beatrice. "E poi, cosa credi che penserebbe di te quel tuo Savino, se sapesse che sei andato a letto con lui solo per sfruttarlo? Credi che ti vorrebbe ancora con lui?"
Amedeo temeva che i genitori avessero ragione, sia riguardo al danno che uno scandalo avrebbe procurato a Savino, sia riguardo alla sua reazione se avesse scoperto il gioco a cui si era prestato. Nello stesso tempo, ora che si erano dichiarati il reciproco sentimento, Amedeo non se la sentiva veramente più di continuare a fare quanto i genitori pretendevano da lui.
Non sapeva che cosa fare. Quando Savino lo chiamò al cellulare, per prendere tempo gli disse che aveva una leggera febbre e che per qualche giorno non potevano vedersi. Ma più ci pensava, meno riusciva a trovare una soluzione. Sicuramente non poteva andare avanti a sfruttare l'uomo che amava, ma altrettanto sicuramente non poteva rifiutarsi di farlo.
Quando Sergio, durante una lezione in facoltà, gli propose di andare alla sua mansarda per stare un po' assieme, Amedeo accettò. Ma contrariamente a quanto Sergio si attendeva, quando furono soli e gli propose di farsi subito una bella scopata, Amedeo gli disse che aveva un grosso problema e che aveva bisogno del suo consiglio e del suo aiuto.
Così, all'inizio con qualche difficoltà poiché si vergognava per quanto stava rivelando all'amico, ma poi gradualmente con maggiore coraggio, prima gli spiegò la reale situazione finanziaria della famiglia, poi del fatto che i suoi l'avevano spinto fra le braccia di un certo uomo, di cui non fece il nome, quindi del fatto che si erano innamorati e infine della discussione che aveva avuto con i genitori.
"E ora non so più che cosa fare." concluse. "Non posso continuare quella recita disonesta con il mio uomo, che non avrei neppure dovuto accettare di fare fin dall'inizio; ma non posso neppure andare contro i miei genitori, perché sono decisi sia a danneggiare lui sia a svelargli come l'ho preso in giro..."
Sergio annuì, poi gli chiese: "Quale soluzione sarebbe la meno brutta per te? Continuare la recita o rischiare di perderlo e di danneggiarlo?"
"È proprio questo il problema, non ce n'è una più brutta dell'altra."
"E non vedi una terza soluzione?" gli chiese l'amico.
"Io no... e tu?" gli chiese Amedeo, con un accento di preghiera nella voce, e un'ombra d'infinita tristezza negli occhi.
"Ti sei messo proprio in un brutto pasticcio, Amedeo. Ti rendi conto che comunque hai perso quell'uomo?"
"Sì..." gemette il giovane uomo.
"E allora... perso per perso... perché semplicemente non tagli i ponti con i tuoi e te ne vai via da casa?"
"Sì... ma dove? E a fare che?"
"Dove... beh, finché non trovi di meglio, potresti stare qui con me. Frattanto ti cerchi un lavoro... certo, dovresti quasi certamente lasciare gli studi..."
"Che m'importa degli studi."
"Ma ti puoi rifare una vita, libero... e chissà che prima o poi trovi un altro uomo con cui puoi metterti senza problemi."
Amedeo non disse nulla. Stava seduto al tavolo, di fronte all'amico, tenendosi la testa fra le mani, lo sguardo fisso su piano del tavolo ma senza quasi vederlo, immerso in una terribile confusione che rasentava la disperazione.
"Ma se tu... se tu andassi dal tuo uomo e gli raccontassi tutto come hai fatto con me, se davvero ti ama, non credi che potrebbe capire e aiutarti?"
"No... lo deluderei. Come potrebbe perdonarmi? No. Se davvero tu... se mi lasci stare qui per un po'... forse questa è l'unica soluzione. Ormai ho perso per sempre Savino..."
Sergio prese nota mentalmente del nome dell'uomo di Amedeo. "Te l'ho tetto, puoi restare qui. E anche se come sai ho un solo letto, puoi stare tranquillo che finché non sei tu a chiedermelo... non ci provo con te." gli disse l'amico con un sorriso.
"Oh, quello... Grazie, comunque. Per ora sicuramente non me la sentirei di... Sei un vero amico, Grazie."