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una storia originale di Andrej Koymasky


MA QUANTI INTRIGHI! CAPITOLO 7 - SCOMPARSO NEL NULLA

Amedeo tornò a casa, di nascosto dai suoi preparò una valigia con le sue poche cose a cui dava un qualche valore affettivo, poi di notte sgattaiolò via dalla casa, lasciando una lettera sul cuscino, e raggiunse la casa di Sergio, che lo attendeva.

La mattina dopo la madre, sorpresa nel non vedere Amedeo, pensando che fosse rimasto addormentato, andò a svegliarlo. Vide subito il letto in ordine e la busta sul cuscino. La prese, la aprì e la lesse.

"Papà, mamma,

ho deciso che devo andarmene via, non cercatemi, non serve a nulla. Come vi ho detto non posso continuare a prendere in giro il cavalier Bellucci. Non avrei neppure dovuto cominciare, ho sbagliato a dirvi di sì fin dal primo giorno.

So di averlo perso, così. So d'aver perso l'uomo che amo, ma d'altra parte non ho trovato nessun'altra soluzione. Cercherò di farmi una nuova vita altrove, il più lontano possibile dai vostri maneggi e dalla vostra e dalla mia miseria che non è solo materiale ma anche morale.

Spero di trovare un qualche lavoro onesto, e se anche avrò una vita povera, come d'altra parte ho avuto fino a ora, potrò per lo meno non vergognarmi delle mie azioni.

Mi dispiace molto perdere Savino, ma in fondo non l'ho mai avuto, poiché lui si è innamorato di una persona che non esiste. Ho sognato di aver trovato l'uomo della mia vita, ma voi mi avete negato la possibilità di accettare il suo amore e di amarlo.

Addio

Amedeo."

La donna la lesse due volte, poi, agitatissima, andò dal marito, sventolando la lettera: "Demetrio! Demetrio! Guarda qui che cosa abbiamo combinato! Abbiamo perso la gallina dalle uova d'oro, per colpa tua!" gli gridò.

"Ma di che vai blaterando?" le chiese il conte, prese la lettera e la lesse. "E tu ci credi? Secondo me invece il furbastro è andato di corsa proprio dal suo ganzo, da quel cavalier Bellucci! E magari gli ha spifferato tutto, il cretino!"

"E se anche fosse? Se il Bellucci se lo tiene, che cosa possiamo fare noi, a questo punto? Non bastava avere un figlio omosessuale, pure imbecille doveva essere!"

Il conte andò a prendere la giacca. "Vestiti, usciamo!"

"E dove andiamo?"

"Dal Bellucci a riprenderci nostro figlio e a fargliela pagare."

"Ma se ha scritto che..."

"Sei così ingenua? Certo che è da lui e si starà pure facendo scopare come una troietta in calore! Andiamo."

Anche la contessa si preparò e andarono assieme fino al palazzo degli uffici del Bellucci. L'uomo li ricevette nel suo ufficio.

"Che piacere rivedervi..." disse l'industriale in tono incerto.

"Dov'è nostro figlio?" chiese bruscamente il conte Demetrio.

Savino li guardò sorpreso: "Ma... a casa... ha la febbre, m'ha detto."

"A casa nostra non c'è più. Ci ha lasciato una lettera dicendo che se ne andava. Logicamente qui da lei, giacché avete una tresca."

Savino era ancora più sorpreso: "Una tresca? Vi ha detto lui che..."

"Crede che non lo sapessimo fin dall'inizio? Crede che non siamo al corrente di come l'ha convinto di venire nel suo letto?" gli disse il conte in tono sarcastico.

"Non sapevo che foste al corrente. Comunque... comunque la nostra non è una tresca. Io ho proposto a vostro figlio di venire a vivere con me, perché... perché ci amiamo."

"Aha! Vi amate! Ma che carucci!" sogghignò la contessa. "Due uomini che si amano! Vi piace fare quelle cose a letto, piuttosto!"

"Ci amiamo! Sì, ci amiamo signora contessa. Ci amiamo e perciò ci piace anche fare... quelle cose a letto, come dice lei. Ma purtroppo Amedeo non è qui, non è a casa mia. Da quando manca da casa?" chiese poi, cercando di capire.

"Questa notte non ha dormito nel suo letto. Non ne sa nulla lei, cavaliere?" gli chiese il conte, in tono brusco. "Non ha passato la notte nel suo letto?"

"Ma no, no! Mi aveva detto che per qualche giorno non ci potevamo vedere perché aveva un po' di febbre e..." protestò l'uomo.

"E noi dovremmo crederle? Come all'inizio ha preso in giro lei, ora cerca di prendere in giro noi!" disse la contessa.

"In giro me?" chiese l'uomo.

"Ma sì, perché crede che sia venuto con lei? Solo per spillarle regali e soldi e... Solo per sfruttarla, non lo capisce? I suoi regali costosi... li ha venduti tutti appena lei glieli ha fatti, non se n'è accorto?"

"O non li avete piuttosto venduti voi, poiché siete in miseria?" sbottò Savino, iniziando a capire.

"Come osa dire una cosa del genere?" gli chiese il conte con occhi di brace.

"Credete che non sappia che vi siete venduti tutti i mobili, a parte quelli del salotto? Credete che non abbia visto in che squallore sono ridotte le altre stanze del vostro appartamento? Credete che non abbia capito che cercate di far credere che vivete nell'agio, ma in realtà siete ridotti a... a spingere vostro figlio fra le braccia di un uomo, fra le mie braccia, per mungermi?" gridò quasi.

Questo spiazzò per un momento la nobile coppia, ma il conte Demetrio si riprese prontamente: "Quando si saprà come lei ha circuito nostro figlio, quando si saprà che lei è un omosessuale incallito, vedrà che non potrà uscire indenne dallo scandalo, mi creda!"

"Oh, molto bene! Siamo al ricatto, ora! E credete di spaventarmi? Sono abbastanza ricco da vivere di rendita, a differenza di voi. Non mi interessa per nulla che scoppi uno scandalo, che i miei affari possano risentirne. A me interessa solo ritrovare Amedeo e riproporgli di vivere con me. Volete ricattarmi? Cadete male." disse, cercando di dominare la rabbia che lo stava afferrando.

Poi premette l'interfonico e vi parlò: "Adele, per cortesia mi cerchi i numeri di telefono di tutte le redazioni dei giornali, delle radio e delle TV sia pubbliche sia private, me li stampi e me li porti in ufficio al più presto. Grazie."

Si rivolse poi alla coppia: "Appena avrò l'elenco dei numeri che ho appena chiesto alla mia segretaria, ve la consegnerò. Vi lascerò anche usare il mio telefono, e potrete spifferare tutto ai mass-media. Me-ne-fre-go! È chiaro? A me interessa solo ritrovare Amedeo!"

"E lei crede che al nostro ragazzo interessi veramente venire da lei, a vivere con lei? Era perfettamente d'accordo con noi di sfruttarla. Comunque noi non abbiamo la minima idea di dove sia andato." disse la contessa.

"Certamente. Non capite che se se n'è andato da casa è solo perché non voleva più continuare a fare quanto gli volevate far fare? Non capite che questo mi dimostra, anche più delle sue parole, che Amedeo è innamorato di me? Non riuscite a capire che il vostro piano è miseramente naufragato? E che comunque il vostro tentativo di ricattarmi è fallito altrettanto miseramente?"

"Non creda che finirà così!" dichiarò il conte.

"Oh sì che finirà così. Perché vedete, essendo io un uomo d'affari e abituato a trattare anche con mascalzoni come voi, ho l'abitudine di registrate tutto quanto viene detto in questa stanza, perciò se vi azzarderete a fare un solo passo falso, vi denuncerò per tentata estorsione, e state certi che non ve la caverete, infatti per vostra sfortuna, mentre voi siete in miseria e al massimo potrete avere il gratuito patrocinio, io posso pagarmi i migliori avvocati della nazione, e farò in modo che i giudici siano severi il più possibile nei vostri confronti! Oltre che di tentato ricatto, potrei anche accusarvi di sfruttamento della prostituzione, non ci avete pensato?"

La contessa guardò il marito, con espressione preoccupata. Il conte non sembrava più tanto si curo di sé.

"Ma no... lei non ci ha capito... non abbiamo affatto tentato di ricattarla... è solo che siamo preoccupati per nostro figlio..." disse il conte Demetrio, che ora pareva stare sulle spine.

"Le ho detto che ho registrato tutto. È perciò inutile che ora cerchi di rigirare la frittata. Mi dica, signor conte, preferisce attendere che la mia segretaria le consegni l'elenco che le ho chiesto, o preferite... togliere il disturbo?"

"Andiamo, Demetrio..." mormorò la contessa Beatrice, guardando il marito con espressione completamente smarrita. "Lasciamo perdere..."

Il conte si alzò, prese il braccio della moglie e, senza dire una parola, i due uscirono dall'ufficio.

Poco dopo la segretaria entrò portandogli l'elenco che aveva chiesto. L'uomo la ringraziò e, appena fu uscita dalla stanza, piegò il foglio facendone un aeroplano che allegramente lanciò a volteggiare nel grande studio, e scoppiò a ridere.

Poi prese il telefono e provò a chiamare Amedeo al cellulare che gli aveva regalato. La voce registrata del servizio telefonico lo avvertì che il numero richiesto non era collegato e che era stata registrata la sua chiamata.

Savino voleva ritrovare Amedeo, ma non sapeva come fare. Pensò che forse andava ancora in facoltà, perciò prese a passarci, ma senza risultati. Allora andò in segreteria chiedendo notizie di Amedeo Marini di Vallalba, ma gli risposero che non potevano dargli nessuna informazione, per via della legge sulla privacy. I giorni passavano e non sapeva come fare a trovarlo. Nel frattempo i genitori di Amedeo non si erano più fatti vivi.

Allora decise di andare a trovarli e vedere se poteva ottenere da loro qualche indizio.

Quando la contessa andò ad aprire, lo guardò con espressione stupefatta: "Che cosa vuole? Che cosa è venuto a fare qui?" gli chiese.

"Voglio ritrovare Amedeo. Perciò voglio parlare con voi per vedere se potete darmi qualche indizio su dove cercarlo."

"Non abbiamo nessuna idea..." iniziò a dire la donna, in tono sostenuto.

"Mi permette di entrare? E le spiace chiamare suo marito?" insistette l'uomo.

La contessa inarcò le sopracciglia, poi fece le spallucce e disse, a bassa voce. "Venga." Lo fece sedere in salotto, poi disse: "Vado a chiamare mio marito."

Dopo poco entrambi entrarono nel salotto. Savino notò che erano vestiti in un modo povero, non avevano più i begli abiti che sfoggiavano in occasione dei ricevimenti.

"Dovete aiutarmi a ritrovare vostro figlio." esordì il cavaliere.

"E perché dovremmo? Che cosa ci guadagniamo, noi?" gli chiese il conte, con voce dura.

"Già, giusto, che cosa ci guadagnate voi..." assentì Savino. Poi disse: "Se lo ritroverò... vi farò vivere in una delle mie ville, come ospiti, e vi farò avere un buon vitalizio, purché mi lasciate la proprietà di questo alloggio e ci lasciate in pace."

"Un vitalizio? Orientativamente... quando al mese?" chiese il conte. "Questo alloggio comunque ha un discreto valore..."

"Se lo vendeste... quanto credete di poterci fare? E dove andreste a vivere? Un vitalizio, una rendita sicura oltre a una villa completamente arredata. Questo alloggio è più o meno di trecento metri quadri..."

"Trecento novanta." lo corresse il conte.

"D'accordo, trecento novanta. In questa zona della città potrà valere diciamo... un milione di euro. Siete in tre, quindi verrebbero circa trecento cinquanta mila euro a testa. Bene, il vitalizio sarà di circa duemila euro a testa, netti."

"Un vitalizio, ha detto. Duemila netti a testa." disse il conte facendo rapidi calcoli.

"Esatto. Ma solo se troverò Amedeo e se verrà a vivere con me..."

"Ma se, avendolo trovato, poi non volesse vivere con lei? O se un giorno lei o Amedeo decideste di separarvi?"

"Il vitalizio, in cambio di quest'alloggio e di tutto il suo contenuto, logicamente resterebbe. Nel contratto non vi sarebbe alcuna menzione alla convivenza fra vostro figlio e me. Quest'alloggio in cambio del vitalizio e dell'ospitalità gratuita in una delle mie ville. Logicamente le spese vive saranno a vostro carico, ma con seimila euro netti al mese non avrete nessun problema."

"Ma noi non abbiamo la minima idea di dove può essere andato Amedeo." disse il conte.

"Non aveva amici?"

"No... non proprio... aveva un compagno di corso da cui andava assai spesso a studiare, un certo Sergio... ma non ho la più pallida idea di dove abiti e quale sia il suo cognome." disse il conte.

"Non doveva essere molto lontano da qui, ci andava sempre a piedi..." interloquì la contessa.

"Non lontano da qui... è comunque come cercare un ago in un pagliaio." disse Savino, pensieroso.

"Ma forse non c'era più di un Sergio nel suo corso all'università..." fece notare la contessa.

"La segreteria non mi ha voluto fornire alcuna informazione... Però... a voi che siete i genitori... forse vorranno dirvi almeno chi è questo Sergio, come si chiama di cognome, dove abita..."

"Potremmo provarci..." mormorò il conte. "Seimila il mese, fra tutti e tre..." disse poi a bassa voce.

Savino pensò che erano più interessati ai soldi che aveva offerto loro che a ritrovare il figlio, ma non disse nulla.

Due giorni dopo s'incontrarono nuovamente, ma il conte disse che neanche a lui avevano voluto fornire informazioni, e che quando aveva spiegato che il figlio era scomparso, gli avevano detto di denunciare la scomparsa alla polizia, ché alle autorità la segreteria avrebbe dato tutte le informazioni necessarie.

"No, niente polizia. Oltre a tutto, è maggiorenne: non credo che la polizia si muoverebbe per un ragazzo che se n'è andato via da casa." disse Savino.

Provò a chiamare ancora Amedeo al cellulare, ma nuovamente fu informato che quel numero non era collegato.

Pensò che poteva incaricare un'agenzia investigativa di cercare il ragazzo, ma poi si disse che, avendo così pochi elementi, avrebbe avuto pochissime probabilità di successo.


Nel frattempo, Amedeo, evitando i luoghi dove avrebbe potuto incontrare Savino o la sua famiglia, stava girando per cercare un lavoro. Aveva anche risposto ad alcune inserzioni sui giornali, inviato un curriculum, ma non aveva ancora trovato nulla.

Sergio gli diceva di non preoccuparsi: "Stando qui, non hai spese, e non è per me un problema darti da mangiare. Non crearti problemi, Amedeo. Prima o poi troverai un qualche lavoro decente."

"Sei un vero amico. Non so come ringraziarti. Mi dispiace che non... che non me la sento di... di fare l'amore con te."

"Oh, dai, non è un sacrificio troppo grande!" gli rispose l'amico, con un sorriso.

"Sì, ma... con me per casa, non puoi nemmeno portare qui un altro ragazzo... Se vuoi, qualche volta posso anche rientrare tardi in modo di lasciarti casa libera."

"Ma no, dai! Dopo tutto, una scopata, quando ne ho bisogno, posso anche andare a farla in sauna, o trovare qualcuno che mi porta a casa sua, no? Ti fai troppi problemi. Ma secondo me, Amedeo... secondo me fai male a non cercare il tuo uomo e provare a mettere le carte in tavola con lui. Ne sei ancora innamorato, no?"

"Sì che ne sono innamorato! Ma... ma non me la sento proprio di... Mi vergogno troppo."

"Scusa se sono sincero, ma sei proprio uno sciocco cosmico. Per paura che ti mandi via, che ti chiuda la porta in faccia, in questo modo lo perdi comunque."

"Mi vergogno troppo." ripeté Amedeo in tono triste.

"Secondo me, se tu gli racconti tutto e lui ti sbatte la porta in faccia, significa che non ti ama davvero. Se non ti capisce, non ti merita. D'accordo, ti vergogni, e hai anche ragione di vergognarti. Ma, cazzo, come hai avuto il coraggio di sbagliare, adesso devi avere il coraggio di cercare di rimediare, no?"

"Per ora non riesco a trovarlo."

"A trovare cosa?"

"Il coraggio di incontrarlo e di dirgli tutto."

"Più tempo lasci passare e meno ti sarà facile. E poi, secondo me, se è vero che è innamorato di te, in questo momento ti sta sicuramente cercando. Io, per lo meno, lo farei, se fossi innamorato di te."

"Per questo non voglio frequentare la facoltà e giro alla larga da casa sua e da casa mia. Per questo cerco un lavoro lontano dal centro città. Se non avessi bisogno di trovare un lavoro, ti giuro che non uscirei nemmeno da qui."

Sergio scosse il capo: "Io continuo a pensare che sei uno sciocco cosmico!" esclamò, ma lo guardo con un sorriso amichevole, colorato di simpatia.

"Ti pesa tanto che io dormo nel tuo letto ma che... che non facciamo niente?"

Sergio lo guardò un po' sorpreso per quell'improvviso cambiamento di argomento. Poi fece spallucce: "Se ti dicessi che non mi pesa per niente sarei un bugiardo. Però non mi pesa troppo. Riesco a non saltarti addosso, come hai visto. Dopo tutto, è vero che il sesso mi piace un sacco... e anche che mi piaceva molto farlo con te. Ma dopo tutto il padrone del mio corpo è la mia testa, non il mio cazzo."

"Sei un vero amico."

"Sì, puoi dirlo. Anche se sei una gran testa di cazzo, ti voglio un po' bene..." gli disse Sergio, allegramente.


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