Amedeo era in giro per un paio d'interviste per una possibilità di lavoro. Sergio era a casa che studiava alcuni testi di legge internazionale. Non riusciva a capire un foglio di appunti che gli aveva passato un compagno di corso in fotocopia, perciò decise di chiamarlo per chiederli spiegazioni. Prese il telefonino e fece per digitare il numero, ma vide che la batteria era scarica. Cercò il caricabatterie ma non riusciva a trovarlo.
Un po' seccato, si chiese come fare, poi pensò che forse Amedeo aveva lasciato il suo cellulare a casa, giacché lo teneva sempre spento. Andò a cercare dove l'amico teneva le sue cose e lo trovò. Tirando un sospiro di sollievo, lo accese. Vide che vi erano registrate diverse chiamate e tutte erano indicate dallo stesso nome: Savino!
Dunque, si disse, l'uomo di Amedeo l'aveva cercato, come aveva immaginato, e anche più volte... L'ultima volta era stata la sera precedente.
Stava per comporre il numero del suo compagno di corso, quando si fermò. Ebbe una breve esitazione, poi si decise: avrebbe messo in naso nelle cose del suo amico. Era conscio che rischiava di fare uno sbaglio ma, si disse, un amico deve anche correre questi rischi. Perciò visualizzò sul piccolo schermo l'ultimo avviso di chiamata e premette la voce "richiamare" sul menù. Sentì il segnale di via libera.
Dopo soli tre squilli, una voce rispose.
"Amedeo? Dove sei?"
"Mi scusi, non sono Amedeo..."
"Che cosa gli è successo? Come mai risponde lei? Chi è lei?"
"Mi chiamo Sergio..."
"Il suo compagno di corso? Dov'è Amedeo? Come sta?"
"Sta bene... abbastanza bene... è solo molto triste. Adesso è andato a un'intervista di lavoro. Il mio cellulare non funziona e ho pensato di usare quello di Amedeo e... e ho visto che lei aveva chiamato diverse volte, e allora mi sono permesso..."
"Lei, Sergio... lei sa... di Amedeo e me?"
"Sì, per questo mi sono permesso di immischiarmi..."
"Ma Amedeo sta bene? Perché non mi ha chiamato? Perché non risponde al telefono?"
"È molto turbato... ma, se mi permette... è anche innamorato di lei."
"Ed io di Amedeo, mi creda. La prego, mi dica come e dove lo posso trovare. Abita con lei?"
"Sì."
"Mi dia il suo indirizzo, per favore..."
"Non so se... Ascolti, io provo affetto per Amedeo e mi sta a cuore il suo bene. Però... riesce a immaginare perché Amedeo non l'ha cercata, perché non risponde alle sue chiamate?"
"Penso di sì. Ho avuto alcuni colloqui con i suoi genitori e... e credo di aver capito..."
"Le spiace dirmi quale crede che sia il problema di Amedeo? Lui mi ha raccontato... tutto, in dettaglio. Io so qual è il problema del mio amico nei suoi confronti, ma vorrei capire il suo atteggiamento riguardo ad Amedeo."
"Io lo amo. Io lo amo e... ho capito che possa vergognarsi di me a causa di quello che i suoi genitori l'hanno spinto a fare per... per... per sfruttarmi. Mi sbaglio?"
"No, non si sbaglia."
"Io lo amo. Non m'importa quello che può aver fatto di sbagliato quando ci siamo conosciuti. Se anche Amedeo mi ama, il passato non conta più. Io ho bisogno di Amedeo e se anche lui ha bisogno di me..."
"Credo proprio che anche lui abbia bisogno di lei."
"Mi dia il suo indirizzo, per favore."
"Non vorrei che Amedeo se la prendesse con me... Dopo tutto sto mettendo il naso nella sua vita privata, nelle sue cose più intime..."
"Non è necessario che Amedeo sappia di questa telefonata. La prego... Posso dire che l'ho trovato... che l'ho trovato... grazie a investigatori privati. Che ne dice?"
"Sì, può andare." rispose Sergio e finalmente dette il suo indirizzo all'uomo. Poi gli disse: "Credo che domani mattina sarà in casa, ma io sarò in facoltà. Quindi se lei viene qui, potete vedervi da soli."
"La ringrazio, Sergio, la ringrazio moltissimo! Le spiace lasciarmi il numero del suo cellulare, per ogni evenienza?"
"Come le ho detto per il momento non funziona, ma spero di rimetterlo a posto presto. Mi raccomando di non dirgli che l'ho chiamata io..." ripeté il ragazzo e gli dettò il numero del suo cellulare. Poi chiuse la comunicazione, spense il telefonino di Amedeo e lo rimise a posto, dimenticando la chiamata che avrebbe voluto fare.
Si chiese se avesse fatto bene a parlare con l'uomo di Amedeo, e si augurò di aver fatto la cosa giusta. Ricominciò a cercare il carica batterie e finalmente lo trovò e poté mettere in carica il proprio cellulare. Continuava a chiedersi che diritto aveva di intromettersi in quel modo, ma si diceva che se fosse stato lui al posto di Amedeo, sarebbe stato contento se un amico si fosse intromesso per sistemare le cose. Dopo tutto, i due erano evidentemente innamorati, sarebbe stato assurdo che non si fossero ritrovati.
Così, si disse, quel Savino era andato a parlare con i genitori di Amedeo e aveva scoperto tutto. Questo dimostrava che era veramente innamorato, e che era un uomo giusto, equilibrato, buono. Aveva anche una bella voce... si disse. Amedeo non aveva neanche una fotografia del suo uomo... gli sarebbe piaciuto vederlo, incontrarlo. Forse, se come sperava i due si rimettevano assieme, l'avrebbe conosciuto.
Amedeo gli aveva detto che quel Savino era un uomo molto ricco. Non era una cosa importante, certo, ma non guastava. Se fosse anche stato bello, sarebbe stato un vero principe azzurro. Chissà se un giorno anche lui avrebbe trovato un principe azzurro? Anche non ricco... anche non un Adone...
Quando Amedeo tornò a casa, aveva un'espressione abbacchiata: "Niente da fare. Hanno detto che nella loro offerta di lavoro avevano specificato che volevano la conoscenza di lingue straniere, ma quando gli ho detto che conoscevo il tedesco, hanno detto con l'aria di prendermi per il culo che lingue straniere è un plurale perciò solo il tedesco non era sufficiente."
"E va be' ti andrà meglio un'altra volta!" gli disse Sergio. "In fondo sono pochi giorni che stai cercando lavoro. Io credo che faresti bene piuttosto a rimetterti a studiare e cercare di prendere la laurea."
"E con che soldi, se non trovo lavoro?"
"Comunque le tasse di quest'anno sono già pagate, è stupido buttarle via. Per i prossimi anni... vedrai come vanno le cose. Fino a ora gli esami ti sono andati sempre piuttosto bene. Perché non ti rimetti a studiare?"
"Ti ho già detto che non mi va di frequentare..."
"Perché hai paura che ti venga a cercare il tuo uomo?"
"Appunto."
"Mah! Secondo me ti fai troppi problemi. Secondo me stai sbagliando."
"Non insistere, per favore. Mi sento già abbastanza depresso così, senza bisogno che mi fai anche sentire un verme."
"Ma no, dai! Se parlo... è solo perché ti sono amico."
"Se mi sei amico, per favore, lasciami un po' in pace. Non ti offendere, capisco che lo fai per darmi una mano, ma ti garantisco che non funziona. In qualche modo... ne verrò fuori."
"Mah! Non prendiamocela troppo: da questa vita non usciremo mai vivi!" disse Sergio con un'espressione buffa.
"Come?"
"Niente, una cazzata. Ti va se usciamo a fare un po' di spesa? Il frigo è quasi vuoto."
"Mi dispiace che non ho più soldi..."
"Cretino! Vuoi smetterla con questa tiritera? Lo sai che anche se non sono ricco, i miei non mi fanno mancare i soldi, no? Quando sarai ricco tu, mi farai un bel regalo!" gli disse Sergio allegramente.
Quella sera, quando andarono a letto, a un certo punto, nel buio, Amedeo sussurrò: "Dio, quanto mi manca Savino!"
"Il tuo uomo? E allora cercalo, no?"
"Non dico solo... solo a letto. Stavo così bene con lui, anche semplicemente davanti a un panorama, a fare battute sceme, a guardare un film e commentarlo assieme."
"E allora cercalo, no?" ripeté Sergio.
"Ma che vuoi che se ne faccia un uomo come lui di uno come me?"
"Questo semmai sta a lui dirlo, non a te. Se ti aveva detto che è innamorato di te..."
"Perché non sapeva chi sono veramente."
"Ma tu lo sai chi sei veramente?" gli chiese Sergio. "Forse gli altri lo sanno meglio di te."
"Gli ho mentito..."
"Anche quando gli hai detto che lo amavi?"
"No, quello no."
"E non è questa la cosa più importante?"
Amedeo non rispose. Dopo pochi minuti di silenzio, Sergio si rese conto che l'amico si era addormentato. Allora cercò di addormentarsi anche lui.
La mattina seguente, dopo aver fatto colazione assieme, Sergio prima di uscire per andare in facoltà gli chiese: "Hai qualcosa da fare stamattina, Amedeo?"
"No, niente di speciale..."
"Hai voglia di dare una pulita alla mansarda? E magari anche preparare qualcosa per pranzo?"
"Sì, certo, volentieri."
Quando l'amico fu uscito, Amedeo mise sullo stereo un CD a basso volume, poi iniziò a spolverare; quindi prese l'aspirapolvere e lo passò accuratamente in tutti gli angoli, finché arrivò a pulire dietro la porta d'ingresso. Sentì bussare. Si chiese chi potesse essere e aprì.
E restò a bocca aperta.
"Ciao, Amedeo." gli disse Savino, con un lieve sorriso.
"Come... come hai fatto a trovarmi?" chiese il ragazzo, sentendosi girare la testa.
"Per uno con i miei mezzi, non è troppo difficile. Non mi fai entrare?"
"S... sì, vieni..." disse Amedeo. Chiuse la porta e si girò verso l'uomo. "Se vuoi... sederti..." gli disse indicando il tavolo.
"Perché sei scomparso così?" l'uomo, sedendo, gli chiese in tono gentile.
"Io... io..."
"Credevo che tu mi amassi..."
"Io... io..." balbettò di nuovo Amedeo, arrossendo.
"Ho parlato con i tuoi."
"Ah."
"So che cosa ti hanno fatto fare. E non m'importa. L'importante per me è sapere se... se davvero mi ami."
"Sai? Tutto?" chiese il ragazzo arrossendo di nuovo e abbassando lo sguardo.
"Credo di sì. All'inizio... i tuoi volevano solo che... che mi spremessi ben bene, non è vero?"
Amedeo, sempre più confuso, annuì, incapace di parlare.
"Ma poi... poi ci siamo innamorati. E tu hai detto ai tuoi che non volevi continuare a prendermi in giro, giusto?"
Il ragazzo annuì di nuovo.
"E siccome i tuoi hanno minacciato di dirmi tutto se non lo facevi, hai preferito scappare, giusto?"
"Io, Savino..."
"E perché non sei venuto da me? Avevi paura che se scoprivo tutto... ti avrei mandato via?"
Amedeo annuì ancora.
"Che sciocco! Ma io ti amo, ti amo davvero. L'ho detto ai tuoi. Hanno cercato di ricattarmi... gli ho riso in faccia. Non possono fare nulla contro di noi. E io vorrei che tu venissi da me, ora. Vorrei che tu accettassi la mia proposta. È sempre valida: vuoi vivere con me, Amedeo?"
"Anche adesso che sai..."
"Anche adesso che so. Certo. Sono io che ho voluto farti regali, tu non mi hai mai chiesto nulla. Ti ho fatto regali, ma non per comprarti, solo per dirti quanto stavo bene con te. Se poi i tuoi li vendevano perché avevano bisogno di soldi per... per mantenere una facciata che non erano in grado di sostenere, non è colpa tua."
"Mi hanno fatto iscrivere al tuo club di tennis perché t'incontrassi..."
"E meno male, o diversamente non ti avrei mai conosciuto..."
"E l'incidente a teatro... mia madre s'è versata addosso il bicchiere per poi venire a sbattere contro di te e farti sentire in colpa... ma così conoscerti e invitarti. E il collier di zaffiri... l'ha subito venduto. Così gli altri regali che ci hai fatto, che hai dato a me."
"Astuta, tua madre, non c'è che dire. Ma almeno tu ed io ci si è conosciuti meglio... E per i regali, poco male. Dopo tutto non sono che oggetti."
"E io mi sono prestato a tutto questo, e ti ho raccontato bugie su bugie... per coprire la nostra miseria... miseria non solo materiale, ma anche morale."
"Il fatto che te ne sei voluto andare via da casa, dimostra che la miseria morale non riguarda te. Ma saresti dovuto venire subito da me..."
"I miei hanno minacciato di far scoppiare uno scandalo... e di dirti che io ti stavo ingannando... Io non volevo farti del male..."
Savino allungò una mano e prese quella del ragazzo, stringendola per fargli sentire il proprio amore e calore.
"Non ci saranno scandali, non mi sento ingannato da te, e i tuoi ci lasceranno in pace. Perciò, perché non vieni a vivere con me, da me, ora? Che cosa ti trattiene ancora, se è vero che anche tu mi ami? Io non ti voglio forzare, voglio che tu ti senta completamente libero, ma sarei veramente felice se tu venissi a vivere con me."
Amedeo era visibilmente turbato. Guardava Savino con occhi di un cerbiatto smarrito, che provocarono un grande senso di tenerezza all'uomo. Tirò verso sé la mano del ragazzo, obbligandolo ad alzarsi dalla sedia, gli cinse la vite e lo tirò ancora di più a sé forzandolo gentilmente a sedere sulle sue gambe.
"Tu ed io ci amiamo. Che conta tutto il resto? Fino a oggi hai avuto una vita difficile, in una famiglia... diciamo particolare. Non possiamo cominciare a costruire qualcosa di bello, assieme, tu ed io?"
Amedeo appoggiò il capo sula spalla dell'uomo e in un sussurro disse: "Sarebbe bello..."
"Sarà bello! Sarà bello se costruiremo qualcosa di valido che ha per fondamenta un vero amore. Amedeo, vieni via con me!"
"Sì... verrò... grazie. Però non posso andare via senza prima averlo detto a Sergio, che mi ha accolto, ospitato, aiutato... anche moralmente, con i suoi consigli. Lui in tutti questi giorni non ha fatto che spingermi a cercarti."
"Mi piacerebbe conoscere il tuo amico. Che ne dici se lo aspettiamo, e andiamo tutti e tre a mangiare da qualche parte, poi torniamo qui a prendere le tue cose e finalmente vieni da me?"
"Gli ho detto che avrei preparato il pranzo per tutti e due... potrei prepararlo per tre, se ti va. Certo, non sono un cuoco in gamba come quelli dei ristoranti dove mi hai portato..."
"Come vuoi tu, amore. Ti aiuterò a cucinare, allora... benché anche io non sono un grande cuoco. Abbiamo abbastanza tempo... che ne dici se ora scendiamo assieme e andiamo a comprare un bel dolce e una bottiglia di buon vino per festeggiare?"
Amedeo scosse il capo e gli sorrise, per la prima volta: "Perché sei così... così caro, Savino?"
"E che ne so? Sarà forse per nascondere meglio i miei difetti!" gli rispose l'uomo con un sorriso allegro.
"Difetti? Ne hai tu, di difetti?"
"Oh sì, certo! È vero che non fumo, non gioco e non vado a donne, ma ho altri difetti. Starà a te scoprirli, un po' per volta... ma anche a perdonarmeli." gli disse, poi gli prese il volto fra le mani e lo baciò con tenerezza.
Amedeo si aggrappò quasi a lui, e il suo bacio era come quello di un assetato, di un assetato di amore. Si strinsero, e il bacio divenne più profondo e appassionato.
"Ho bisogno di te!" gli disse in un mormorio emozionato Amedeo quando le loro labbra si staccarono.
"Ed io di te, amore. Ma ora andiamo... o rischiamo di farci trovare dal tuo amico in una situazione un po' troppo... intima!"
Uscirono e acquistarono una torta viennetta e una bottiglia di Tanit di Pantelleria. Tornati a casa misero la torta nel frigorifero e, controllando che cosa c'era in dispensa, decisero che cosa potevano preparare per pranzo. Gradualmente Amedeo si rilassò e ritrovò il suo consueto sorriso.
Quando Sergio tornò a casa, il pranzo era quasi pronto. Appena Amedeo sentì girare la chiave nella toppa, andò incontro all'amico.
"Sergio... abbiamo un ospite a pranzo, oggi." gli disse con un sorriso. "Vieni, ti voglio presentare il mio uomo, Savino. Savino, questo è il mio amico Sergio, il padrone di casa..."
I due si salutarono come se quella fosse la loro prima occasione di conoscersi. Amedeo, eccitato, spiegò all'amico che Savino l'aveva fatto cercare e trovato, e che perciò dopo pranzo avrebbe preso le sue cose e si sarebbe trasferito a casa del suo uomo.
"Oh, bene! Mi fa piacere!" disse Sergio, "Ohi, mica perché te ne vai da qui, ma perché finalmente vi siete ritrovati. E adesso, Amedeo, ti vuoi decidere a riprendere gli studi?"
"Avevi smesso di studiare? Perché?" Savino chiese, stupito, ad Amedeo.
"Perché voleva cercarsi un lavoro, ma anche perché aveva paura d'incontrare te, Savino..." rispose Sergio.
"Ma tu vuoi continuare a studiare, ti piace, o preferisci smettere?" chiese Savino.
"Mi piacerebbe continuare..." ammise Amedeo.
"E allora devi continuare! Sergio ti aiuterà a recuperare le lezioni che hai perso, vero, Sergio?"
"Sicuro, con piacere. Siamo abituati a studiare assieme, e spesso era lui ad aiutarmi a capire..."
Finalmente, a metà pomeriggio, Savino portò Amedeo nel suo attico. Il ragazzo, appena ebbe posato i suoi pochi bagagli, abbracciò il suo uomo e gli sussurrò, emozionato: "Mi porti di là? Mi sei mancato tanto, in questi giorni..."
Savino gli mise un braccio sotto le ascelle e l'altro sotto le ginocchia, lo sollevò di peso e lo portò sul grande letto circolare. Gli tolse le scarpe, se le tolse e si stese su di lui. Si abbracciarono, carezzandosi e baciandosi, e rotolandosi gioiosamente sul letto sì che ora l'uno ora l'altro era sopra. Gradualmente si spogliarono l'un l'altro, senza fretta, gustando quei lunghi preliminari.
Quando infine furono entrambi nudi, Savino lo tirò sopra di sé e, senza bisogno di parole, gli fece capire che desiderava essere preso. Gli cinse la vita con le gambe, così offrendosi al suo ragazzo. Amedeo, sentendosi emozionato come se quella fosse stata la loro prima volta, si accinse a prenderlo. Savino lo incoraggiò con un sorriso dolce e radioso, e lo accolse in sé con un lungo sospiro.
Amedeo iniziò a muoversi avanti e dietro nel suo uomo, con crescente piacere, e le ultime nubi che avevano offuscato quei giorni di separazione, finalmente scomparvero completamente. Savino ne spiava le emozioni sul bel volto giovane e fresco, e la crescente gioia e piacere che vi leggeva si trasfusero in lui.
Mentre Amedeo continuava a muoversi in lui con calmi e lunghi affondi, si carezzavano l'un l'altro per tutto il corpo, indugiando sui punti più sensibili ed erogeni, donandosi l'un l'altro un crescente piacere. Di tanto in tanto Amedeo si chinava su di lui, che sollevava il capo, per scambiarsi lunghi baci, per far giocare le loro lingue.
Quando finalmente Amedeo raggiunse l'orgasmo e ansando profondamente si svuotò in lui, dopo una breve sosta si scambiarono le posizioni e anche Savino prese con gioioso vigore il suo giovane amante. I loro occhi non si lasciavano, e nel silenzio della stanza, si scambiavano messaggi di gioia, di piacere e di amore.
Anche Savino raggiunse il sommo del piacere. Allora si rilassarono, stesi sul fianco e semi-abbracciati.
"Benvenuto a casa tua, amore." gli sussurrò Savino, carezzandogli una guancia con tenerezza.
"Ti amo." mormorò il ragazzo. "Grazie per avermi voluto qui con te... nonostante tutto."