Savino e Amedeo erano seduti sul letto, appoggiati allo schienale, sulle gambe i due vassoi con la colazione che gli aveva portato uno dei camerieri.
"Il nostro cuoco ci sta veramente viziando!" disse Amedeo gustando la ricca colazione.
"Sì, siamo fortunati. È veramente in gamba, Carlo. Dovremo aumentargli la paga in modo che nessun ristorante ce lo possa rubare!"
"Sai già che cosa preparerà per il pranzo di oggi?"
"No, gli ho lasciato carta bianca. L'ho solo avvertito che ci saranno anche Sergio e Dario. Più li conosco più mi piacciono, quei due. Mi chiedo solo quando si decideranno a dirsi che si amano... Mi sembra così evidente! Salvo che io sia troppo romantico e veda l'amore dove non c'è..."
"No, Savino, io sono perfettamente d'accordo con te. Credo che Sergio non voglia mettere pressione su Dario, e che aspetti che sia lui a decidersi a parlare chiaro. Ma d'altra parte penso che per Dario ci sia il problema di suo figlio Silvio... se, come e quando dirgli che è gay senza traumatizzarlo, e come poi fargli eventualmente accettare Sergio..."
"Già, forse hai ragione. Ma ormai il ragazzino ha quasi quattordici anni, dovrebbe essere in grado di capire. Da quello che mi ha detto Dario, è da qualche tempo che, pur senza affrontare direttamente il soggetto, lo sta preparando."
Finirono di mangiare la colazione e posarono i vassoi sui comodini. Savino guardò l'orologio: "Abbiamo ancora qualche minuto per poltrire un po', poi devo scendere a vedere a che punto sono i lavori. L'architetto mi ha promesso che entro il mese sarà tutto pronto, così finalmente posso trasferire tutti gli uffici commerciali nell'ala est, a pianterreno quelli di rappresentanza e la direzione, e i laboratori di progettazione nell'ala ovest."
"L'ultimo piano qui sopra... non riesci proprio a convincere i proprietari a venderti i loro alloggi?"
"Ci sto lavorando. O per meglio dire li sto lavorando. Comunque, appena riusciremo ad avere anche uno solo dei quattro appartamenti, possiamo trasferirci il nostro personale di casa e così far ristrutturare le stanze dove abitano ora. Cambiando discorso, quando mi hai detto che vi hanno fissato la discussione della tesi di laurea?"
"Non te l'ho detto, perché la segreteria ancora non l'ha deciso. Ma quasi certamente sarà in luglio. Ormai la tesi è pronta, il professore l'ha rivista, faccio le ultime correzioni e posso portare i dischetti a stampare. Quella di Sergio è già in copisteria, invece. Mi ha detto che non vede l'ora di venire a lavorare qui con me."
"Qui? A letto?" scherzò Savino.
"Perché, saresti geloso?"
"Noooo! Semplicemente lo castrerei!"
"Ma dai, lo sai che non hai nessun motivo di essere geloso."
Savino gli sorrise, lo tirò a sé e lo baciò.
"E smettila!" gli disse allegramente Amedeo, "Non mi hai detto che abbiamo pochi minuti e che ci dobbiamo alzare? Se fai così... ti faccio sicuramente arrivare in ritardo!"
Si alzarono. Mentre Savino scendeva per controllare i lavori Amedeo si mise a rivedere al computer le correzioni da apportare alla tesi. A un certo punto il suo cellulare trillò. Guardò lo schermo e vide che era il numero di Dario. Si chiese se ci fosse qualche problema per pranzo. Rispose.
"Sì, Amedeo. Ciao Dario." disse
"Ciao. Scusa se ti disturbo, ma vorrei chiederti un favore..."
"Dimmi."
"Senti, oggi subito prima del pranzo vorrei fare una sorpresa a Sergio... gli vorrei regalare un anello e chiedergli se..."
"Hurrah!" gridò Amedeo, "Allora ti sei deciso a chiedergli di essere il tuo ragazzo!"
"Sì."
"Ma... e tuo figlio?"
"Gli ho parlato, ieri sera..."
"Ah. E?"
Dario ridacchiò: "Mi ha detto che si stava chiedendo quando gliel'avrei detto, e mi ha domandato se per caso si trattava di Sergio! Quel marpione aveva già capito tutto da un pezzo. E quando gli ho detto di sì, che era proprio Sergio, mi ha detto che è molto contento, perché Sergio gli piace e sa che andranno d'accordo."
"Fantastico. Ma allora... perché non porti a pranzo anche Silvio?"
"Beh... è a scuola... Mangia lì."
"E non puoi andarlo a prendere, per una volta? Questa è un'occasione speciale, credo che Silvio sarebbe contento di esserci."
"Sì... forse hai ragione. Potrebbe essere una bella idea... Non vi disturba se veniamo in tre?"
"Ma no, certo che no, anzi! Ma adesso... adesso scendo in giardino a prendere un po' di fiori per decorare la tavola. Questo non può essere un pranzo come gli altri, deve essere speciale... E vado a dire a Carlo che o prepara una torta o, se non ha tempo, la mandi a comprare!" disse Amedeo, entusiasta.
"Sei molto gentile. Voi due siete sempre molto gentili."
"Ma no che non siamo gentili: vi vogliamo bene!" gli rispose Amedeo.
Si sentiva allegro per quella notizia. Chi è innamorato si sente sempre felice nel vedere altre coppie innamorate. Spense il computer e andò ad avvertire il cuoco; poi scese a comunicare la bella notizia a Savino, quindi andò nel giardino per scegliere i più bei fiori per decorare la tavola: non doveva più farlo di nascosto, poiché lo avevano riacquistato da un anno circa.
Dopo poco che era tornato Savino, arrivarono anche Dario, con Sergio e Silvio. Attendendo che fosse pronto il pranzo, li accolsero in salotto. Allora Dario tirò fuori dalla tasca uno scatolino e lo porse al suo Sergio.
"Questo è per te. Spero che tu lo accetti, e che, accettandolo, vorrai venire ad abitare con me e con mio figlio." gli disse aprendolo.
Amedeo guardava un po' l'amico Sergio, un po' il figlio di Dario, osservandone i volti. Il ragazzino aveva un'espressione attenta e allegra. Sergio guardò l'anello, poi con voce bassa e chiaramente emozionata chiese: "Per me?"
"Vuoi essere il mio compagno? Condividere con me la tua vita?" chiese Dario, anche lui emozionato.
"Sì... Sì, lo voglio!" esclamò Sergio.
Il sorriso di Silvio si accentuò. Dario prese l'anello e lo infilò al dito dell'amante. Si abbracciarono e il ragazzino disse: "Ba-cio! Ba-cio! Ba-cio!"
I due lo guardarono, poi si sorrisero si scambiarono un bacio.
Sergio allora si rivolse a Silvio e gli chiese: "Davvero anche tu mi vuoi a casa vostra?"
"Finché vuoi bene a papà, certo che sono contento che stai con noi. D'altronde era ora che smettevate di cercare di farlo di nascosto di me e che io dovevo fare finta di non accorgermi di niente. Era un bel po' che aspettavo che papà si decidesse."
"Ma tu sei contento che sto col tuo papà e che vengo a vivere con voi?" insisté Sergio, restando abbracciato a Dario.
"Chi deve essere contento è papà... ma certo che sono contento anch'io. Da quando state insieme papà è più... sereno. E tu mi sei simpatico, Sergio. E poi, ho visto che tu e io andiamo d'accordo."
Dopo poco andarono a tavola. Carlo aveva fatto meraviglie per quel pranzo, e ricevette le lodi di tutti. Alla fine del pranzo Silvio chiese ad Amedeo se gli faceva visitare l'appartamento "che è più bello di un museo!" aveva detto. Così i due lasciarono gli altri in salotto a prendere il caffè e girarono le stanze.
"Sei davvero contento che il tuo papà si sia messo con Sergio?" gli chiese Amedeo.
"Certo, visto che si vogliono bene. Anche tu e Savino vi volete bene e state insieme, no? Lo so che c'è gente che dice che due uomini non devono fare sesso insieme, ma dopo tutto saranno cavoli vostri no? Anche fra noi ragazzi, ce n'è che disprezzano i gay, ma per fortuna sono una razza in via d'estinzione. Io non le capisco certe teste: è come se perché tutti in classe tifano per la Juve, io non devo tifare per il Toro! Qui in casa tua siete tutti gay, no? Ma mica mi proibite di correre dietro alle ragazzine, no?"
"Perché, tu corri già dietro alle ragazzine?" gli chiese Amedeo, divertito.
"Beh... non proprio... non ancora. Però a me per ora mi piacciono le ragazzine, mica i compagni. Ognuno è fatto com'è fatto, no? Il nostro prof di religione ci dice che dobbiamo rispettarci tutti, anche se poi predica bene e razzola male, perché lui pure ce l'ha coi gay."
"Perché hai detto che per ora ti piacciono le ragazzine?" gli chiese Amedeo, divertito.
"Perché che ne so di cosa penserò domani? Io vedo che tante cose che mi piacevano quand'ero un bambino oggi proprio non mi piacciono più. Pensa che da bambino volevo fare il pompiere!"
"E adesso, invece, cosa vorresti fare?"
"Adesso? Non ho le idee molto chiare, ancora. Forse il fotografo d'arte o forse il cuoco su una nave, o magari il medico... Ma davvero la tua famiglia vive qui da almeno tre secoli?"
"Sì, è così. Ti piace casa nostra?"
"Sì, è troppo bella! Mi ha fatto un po' effetto la cucina e il bagno che sono così moderni come sulle riviste, e le altre stanze antiche come in un libro d'arte. Così avete il meglio di tutte le epoche, giusto?"
Quando gli amici se ne andarono, Savino disse ad Amedeo: "Io non ti ho mai offerto un anello per suggellare il nostro amore..."
"Tu mi hai offerto questo palazzo che la mia famiglia stava perdendo, un po' alla volta, e che, se riusciamo a riprendere l'ultimo piano, sarà tutto nostro. Altro che anello! E poi, dopo tutto, l'anello non è che un simbolo."
"Anche i simboli hanno una loro importanza."
"Sì, Savino; ma a me importa molto di più che tu stai continuando a darmi il tuo amore e ad accettare il mio. Comunque erano teneri, Dario e Sergio, oggi più che mai; e anche Silvio è un ragazzetto in gamba."
"In fondo, devo essere anche un po' grato ai tuoi che hanno deciso di... spingerti fra le mie braccia. Se non l'avessero fatto, non ti avrei mai conosciuto." gli disse Savino, prendendolo fra le braccia.
"Oh... li hai... ricompensati anche troppo bene per quello, ben oltre i loro presunti meriti. Come dice il proverbio, non tutto il male viene per nuocere, ma resta il fatto che non hanno certo agito né per il tuo bene né per il mio. Hanno sempre vissuto falsamente, come i corvi che si adornavano con le penne dei pavoni."
"Non credi di essere troppo severo nei loro confronti?" gli chiese Savino.
"No, non credo proprio. Sia mio nonno prima, sia mio padre poi, non hanno fatto che dilapidare i beni di famiglia. Riguardo a me, poi, hanno cercato di usarmi per poter continuare nella loro assurda recita. E io ho avuto la colpa di essermi prestato, almeno all'inizio. Sono stato veramente fortunato a incontrare te, ad avere nonostante non lo meritassi, il tuo amore."
"L'amore non è qualcosa che si merita; è qualcosa che si dona." gli disse Savino, con un sorriso. "La vera fortuna è quando, oltre a donarlo a una persona, questa a sua volta ce lo dona. Proprio come grazie al cielo è capitato e capita fra noi due."
Amedeo appoggiò il capo sul petto del suo uomo, che lo carezzava teneramente, tenendolo contro di sé. Si sentiva sereno, accanto a lui, e forte, completo. Si sentiva al sicuro, fra le sue braccia.
Il loro abbraccio e le carezze si fecero gradualmente più intimi, sì che presto entrambi sentirono sorgere sempre più imperioso il reciproco desiderio. Le loro mani iniziarono a frugare negli abiti dell'amante, suscitando un crescente piacere. I loro corpi fremevano e rispondevano alle carezze dell'altro. Le loro labbra si sigillarono le une sulle altre in un focoso bacio.
"Forse..." mormorò Amedeo, "sarebbe meglio andare nella nostra camera, non credi?"
"Sì..." sospirò Savino.
Si alzarono dal sofà e, tenendosi per mano come due fidanzatini, andarono alla loro stanza da letto. Nel corridoio incrociarono i loro due servitori albanesi, che li guardarono con un senso di tenerezza scomparire quasi con fretta dietro la porta della loro stanza, poi si guardarono fra loro e, prendendosi per mano a loro volta, andarono a chiudersi nella loro stanza da letto, per imitare quanto chiaramente si apprestavano a fare i loro padroni.
Savino e Amedeo, appena entrati, ritti accanto al letto, si abbracciarono stringendosi l'uno all'altro e si baciarono nuovamente con rinnovata passione. Le loro mani, quasi animate di volontà propria, iniziarono a spogliare il compagno, avide di toccare la pelle nuda del suo corpo.
Quando furono entrambi completamente nudi, salirono in ginocchio sull'ampio letto, uno di fronte all'altro, si abbracciarono e baciarono con ancora maggior passione. Erano pieni di desiderio l'uno per l'altro, da una parte provavano quasi fretta di unirsi, ma dall'altra cercavano di trattenersi per far durare il più a lungo possibile quei gradevolissimi preliminari.
"Tu mi fai girare la testa..." mormorò Amedeo, guardandolo con occhi pieni di amore e di desiderio.
Si stesero su un fianco, ancora allacciati, uno di fronte all'altro, intrecciando le loro gambe e premendo una contro l'altra le loro forti e calde erezioni.
"Sei bellissimo!" gli mormorò Savino, prendendogli il volto fra le mani e guardandolo negli occhi.
"Mi trovi bello solo perché sei innamorato."
"No! Ti ho trovato molto bello fin dal primo momento in cui ti ho visto, là nel tennis club, e allora non ero ancora innamorato di te. Quel giorno ti ho semplicemente desiderato. Ma ora che so che la tua bellezza è tutta per me, certamente mi sembra anche più speciale di prima."
"Una volta, avevo sentito alla radio una vecchia canzone, che diceva: siamo la coppia più bella del mondo. Probabilmente tutte le coppie innamorate possono dirlo, possono cantarlo."
"Ti amo, Amedeo, ti amo tanto! E ti voglio!"
"Sono qui, sono tuo."
Gradualmente cambiarono posizione finché il forte palo di Savino s'infilò nel solco del sedere del suo amante, cercando con la punta fremente l'accesso al canale d'amore. Amedeo si muoveva in modo di facilitarlo, e quando finalmente sentì il glande dell'amante posarsi sul suo foro palpitante, mosse il bacino in modo di premerlo contro di lui e gli disse un basso ed eccitato: "Dai!"
Savino curvò il bacino e spinse; si sentì accolto, e mentre gli scivolava dentro, entrambi emisero all'unisono un basso e caldo mugolio di piacere. Vide il volto di Amedeo iniziare ad arrossarsi per l'intensità del piacere.
"Ti amo..." sussurrò Savino, sentendosi il cuore colmo di emozione. "Ti amo..." ripeté iniziando a muoversi dentro e fuori del suo amante.
Amedeo sorrise beato, chiuse gli occhi e inconsciamente si passò la lingua sulle labbra. A ogni spinta di Savino, si spingeva contro di lui, quasi per farselo penetrare più a fondo, per gustarlo meglio. Non era mai sazio del suo uomo, come non era mai sazio di farlo suo.
Una volta che ne avevano parlato, Savino gli aveva detto: "Vedi, Amedeo, l'amore è una cosa e il sesso è un'altra."
Allora lui, tanto per scherzare, gli aveva chiesto, con un'espressione buffa: "Ah. Ma allora quello che facciamo noi due che roba è?"
"La somma dei due. Ma quando ci sono entrambi, invece di sommarsi semplicemente, si moltiplicano." gli aveva detto Savino, con la massima serietà.
Amedeo sapeva che era vero: il sesso fatto con amore diventa molto più piacevole, l'amore espresso attraverso il sesso diventa molto più forte. Lo sperimentava ogni volta che facevano l'amore.
Anche con Sergio aveva avuto molti incontri di piacevolissimo sesso, ma non si amavano, erano solo amici, perciò il sesso fra loro era rimasto semplicemente gradevole e la loro amicizia si era rafforzata ma certamente non grazie al sesso. Questa era la maggiore differenza con la relazione che aveva ora con Savino.
Logicamente Amedeo non pensava a queste cose mentre si univa con il suo uomo, ne diveniva cosciente solo in altri momenti, ma proprio grazie al fatto che i loro corpi, unendosi, ogni volta avevano detto alle loro anime proprio queste cose.
Davvero l'uomo, grazie al sesso fatto per esprimere l'amore, supera i propri limiti e vive in una dimensione superiore.